Ceallach e Damhnait arrivarono nel tardo pomeriggio, alle soglie del vespro, quando ormai a testimoniare la vita del villaggio ai viandanti in arrivo non rimanevano che gli ultimi chiarori del sole, sufficienti solo per occhi acuti come quelli elfici. Il Gran Capo era lì, alle porte di Fairórga: la sua sagoma si stagliava sul chiarore della pietra che costituiva il basamento del Palazzo. Ceallach affrettò il passo verso il padre, presto seguito da Damhnait; ne temeva l'ira, ma affrettarsi non gli sarebbe comunque bastato ad evitarla.
- Signore, sono onorata... - cominciò Damhnait. Il Gran Capo non la guardò neppure.
- Ceallach... sono ore che ti aspetto. Dove sei stato? Forse non ti ricordi di quante incombenze ci siano qui? Fin qua giunge la tua incuria?
Ceallach, piuttosto imbarazzato, evitò lo sguardo di Damhnait.
- Perdonatemi, padre, mi trovavo nella foresta e non ho potuto evitare di perdermi nella contemplazione della natura.
- Tutti noi amiamo la foresta, Ceallach, essa è per noi fonte di benessere e di vita; ciononostante non ci si può astenere dal dovere. Ora rifletti su questo e non costringermi a ripetertelo in futuro. Non sei più un infante.
- Avete pienamente ragione. Non accadrà più.
- Lo spero.
Ceallach accompagnò Damhnait a casa; durante il tragitto non disse nulla, imbarazzato per le parole del padre, né lei lo fece. Gli tenne però la mano, come per ringraziarlo tacitamente di aver subito quel richiamo sì per le lunghe corse nei boschi, ma anche per essere stato in compagnia di lei.
I due erano nati e sempre vissuti a Fairórga, eppure ogni volta che ne percorrevano le vie osservavano la forma e la vita di quel luogo come fosse la prima volta che vi si trovavano. Le case erano piccole ma confortevoli, plasmate nei secoli dal lavoro e dal grande senso estetico degli abitanti, abituati fin dall'infanzia a vivere nella bellezza più semplice e più autentica; gli orticelli separavano gli edifici tra loro, i pascoli per gli animali ne esaltavano i colori con tantissimi fiori e gli alberi, il cielo e le montagne creavano uno spettacolo cromatico che veniva recitato ogni giorno, non appena giungeva l'alba, fino a che il disco solare scompariva dietro la sagoma imponente dei monti.
Ceallach ne era profondamente convinto, non esisteva posto più bello per vivere in tutto l'Universo.