La luce di un tiepido mattino di settembre inondò la stanza sgombra. Nel letto, adagiata sopra un groviglio di coperte bianche fresche di bucato dormiva beatamente Lily Evans, i capelli rossi, come il fuoco che bruciava pieno di vita, raccolti in una treccia mezza disfatta, le lentiggini marroni durante l’estate erano raddoppiate e avevano puntellato allegramente il naso e buona parte delle fresche guance rosee.
Lentamente aprì i grandi occhi verdi come il prato, come la speranza che, quella mattina, inondava la stanza con la sua luce e la sua positività. La ragazza sbadigliò sonoramente e stiracchiò l’esile corpo nascosto sotto un pigiama troppo grande per lei.
Stette un attimo ferma a godersi il sole del mattino, poi come fulminata da un pnsiero imrovviso si alzò a sedere e guardò la sveglia.
< Come, come? Già le otto e mezza, omammamia omammamia… calma Lily, calma e sangue freddo, non sei ancora eccessivamente in ritardo…Bagno!>.
Come una furia si fiondò in bagno a lavarsi, spazzolarsi i capelli, dare una passata al viso con la crema e vestirsi.
Una volta terminata la cura dell’aspetto estetico corse nuovamente in camera e svuotò la valigia.
Tra la sera prima e quella mattina l’aveva svuotata e riempita circa cinque o sei volte. Non era colpa sua se aveva paura di aver dimenticato qualcosa!
< Dunque dunque dunque… libri, calderone, bacchetta magica, pergamena, inchiostro, piuma, quaderni, diario, bilancia… vestiti, crema, divise, cappello… dovrebbe esserci tutto>chiuse per l’ennesima volta il baule.
< Magari dopo faccio un altro controllo!>.
Scese velocemente le scale, e andò in cucina, suo padre stava leggendo il giornale, gli occhiali abbassati sul naso.
< ‘Giorno tesoro!>.
< Ciao papà!> gli scoccò un rapido bacio sulla guancia rasata che odorava piacevolmente di dopobarba.
Il signor Evans distolse un momento lo sguardo dal giornale e guardò indagatore la figlia.
< Vedo che sei già pronta! Lily… non è che hai dei pantaloni un po’ meno attillati?>.
Lily rimase di stucco con i biscotti in una mano e il bicchiere del latte nell’altra.
< Pantaloni meno attillati?>si guardò le gambe < Papà, sono dei normalissimi jeans, a Petunia non dici mai niente!>.
< Va bene, ma almeno legati quei capelli!>.
< Non penso che un maniaco mi salti addosso solo perché ho i capelli sciolti!>.
< Tu legateli lo stesso!>.
Lily sorrise e se li legò.
< Buongiorno Lily, già sveglia? Tutto a posto, sei nervosa?>.
La signora Evans entrò in cucina con un sorriso radioso dipinto in faccia e dei calzini in una mano.
< Buongiorno mamma! Io nervosa? Tutt’altro! Perché quei calzini?>.
< Non si sa mai!> disse ficcandoglieli in una mano.
Il signor Evans ridacchiò dietro la pagina del giornale.
< E tu che hai da ridere?>.
< Cara… è da ieri che non fai che rifilarle calzini!>.
< Abbondar non nuoce!>rispose la donna gioviale versando del caffè nella tazza del marito che le sorrise.
Lily rise e immerse il secondo biscotto nel latte, elettrizzata al pensiero che fra poco avrebbe rivisto tutti i suoi amici, non vedeva l’ora di abbracciare Mary e Alice. Avrebbe anche rivisto Remus, Frank ed Emmeline. L’unica nota negativa era caratterizzata da un piccolo problema… no, anzi due piccoli problemi che facevano di nome Sirius Blake e James Potter. Soprattutto quest’ultimo non poteva sopportare: si credeva bellissimo, bravissimo, irresistibile, era un campione in modestia! La importunava dal terzo anno chiedendole ripetutamente di uscire. Questo a Lily dava un fastidio enorme, ma da una parte si divertiva a contare quante volte in un giorno glielo proponeva, il record fino a quel momento era undici.
Era un bullo arrogante, sempre lì ad infastidire Severus… no, non Severus, per lei non era più Severus.
Un altro lato dolente del tornare a scuola e che avrebbe dovuto vedere il suo ex-migliore amico, l’anno prima era stata costretta a tagliare i ponti con lui. Dopo che lei lo aveva difeso da Potter e la sua banda lui l’aveva insultata pesantemente, Lily ricordava ancora perfettamente le parole ed il tono con cui gliel’aveva rivolte:
Era stata quella frase ad aprire completamente gli occhi alla ragazza, già da tempo s’era accorta dell’atteggiamento di Piton e dalla sua ossessione per le Arti Oscure, ma non aveva mai trovato il coraggio di mettere un freno alla loro amicizia. Continuava a ripetersi “ Cambierà, è solo una fase, magari se gli sto vicina…”.
Era finita, non ci doveva più pensare, aveva fatto la cosa giusta, lui voleva diventare un Mangia-morte, voleva unirsi a Voldemort, lei invece voleva opporsi a Colui Che Non Deve Essere Nomina-to con tutte le sue forze.
Però ogni volta che pensava a lui le veniva un po’ di malinconia perché gli voleva ancora bene, e anche se una parte di Lily voleva perdonarlo, l’altra parte, quella orgogliosa e coraggiosa, continua-va a ripeterle che era meglio così, che doveva essere così.
< Buongiorno!>.
La ragazza fu riscossa dai suoi pensieri da una terza voce: sua sorella Petunia.
< Buongiorno tesoro!>.
< Buongiorno cara!>.
Petunia si aviò verso il frigo, i capelli biondi stretti nei bigodi e il corpo magro e secco infilato in un abito verde che la faceva assomigliare ad una cavalletta.
< Buongiorno ‘Tunia!>cercò di dire allegra Lily rivolgendo un caldo sorriso alla sorella che lo congelò con un’occhiataccia.
Evidentemente era ancora arrabbiata per la sera precedente: non era colpa di Lily se il gufo che le aveva mandato Alice aveva sbagliato stanza e si era fiondato nella camera della sorella inondando tutto di piume e facendole perdere dieci anni di vita.
Avava cominciato a strillare correndo per tutta la casa e quando aveva visto Lily le aveva urlato che era tutta colpa sua, che era sempre piena di sé, che non aveva rispetto per le cose degli altri e aveva terminato le frasi sparate a raffica con un’ultima parola: mostro.
Quell’insulto era risevato solo per Lily, era la sua parola preferita quando si rivolgeva a lei, aveva cominciato ad usarlo alla fermata del treno quando stava per andare ad Hogwarts per la prima volta.
< Lily, va’ a prendere il tuo baule e tutta la tua roba, partiamo tra dieci minuti!>disse il papà Evans.
< Così presto?>.
< Si, prima devo fare una commissione urgente in posta!>.
< Ok, torno subito>.
Dieci minuti dopo il signor Evans stava caricando il bagaglio della figlia e la gabbia del suo gufo Garret in macchina mentre mamma Evans stritolava la figlia in un abbraccio soffocante.
< Fa’ la brava, mi raccomando, scrivici quando arrivi e ricordati di informarci di quello che succede almeno una volta a settimana, per Natale ricordati che devi fermarti a scuola perché saremo dalla nonna Julie che vive in…>.
Fu interrotta da Lily che oramai conosceva quel discordo a memoria.
<…Italia perché dice che il clima mediterraneo aiuta le sue vecchie ossa! Sta’ tranquilla mamma, starò bene!> Lily le sorrise incoraggiante.
Gli occhi della signora Evans si riempirono di lacrime e tra i singhiozzi disse:
< Mi r-raccomando… studia e n-non f-ficcarti nei guai!>.
< Mamma! Non sto mica andando sul patibolo sai!> Lily l’abbracciò e le diede una pacca gentile sulla spalla.
La signora Evans rise e smise di piangere.
< Ci mancherai!>.
< Anche voi! Mi saluti Tunia? Non penso che sia prudente parlarle dopo quello che è successo ieri con il gufo, rischierei la morte anche solo con un’occhiata>.
< Sì, te la saluterò! Ora vai, papà ti aspetta, il treno ti aspetta!>.
< Ciao! Ti voglio bene!>.
Si voltò avviandosi verso la macchina quando la mamma urlò:
< Ah! Lily!>.
< Cosa c’è?> chiese fermandosi di botto sempre di spalle e gli occhi al cielo.
< Ricordati che ti ho messo i calzini vicino alle creme!>.
< Sì>sbuffò.
< E Lily?>.
< Cosa c’è?>domandò strascicando le parole spazienita.
< Mi raccomando, non darla vinta a quel James Potter> fece l’occhiolino.
< Mamma! Ti prego, non ricordarmelo, se penso che dovrò sopportarlo per altri due anni mi viene male!>.
La donna ridacchiò e con un ultimo buon viaggio rientrò in casa.
Intanto dall’altra parte della città in una bella villetta campagnola Sirius Blake e James Potter dormivano beatamente in una camera tappezzata di foto di giocatori di Quidditch, stemmi di Grifondoro, e tre manici di scopa da corsa appoggiati accuratamente su d’una parete.
James cominciò a russare sonoramente svegliando l’amico.
< Ma che…? Oh no! Io lo ammazzo nel sonno!>borbottò con la voce impastata dal sonno stiracchiandosi e sedendosi lentamente sul letto.
Prese una pantofola sul tappeto e la tirò in testa a James che si svegliò di soprassalto, arrandando con le mani in cerca degli occhiali e gridando:
< Chi c’è? Cosa succede?>.
Sirius ghignò davanti a quella scena e commentò:
< Però Ramoso! Urli forte quasi quanto russi!>.
< Felpato, io giuro che ti ammazzo!> s’infilò gli occhiali e si gettò addosso a Sirius in una lotta corpo a corpo priva di regole.
< Mi ha tirato in testa una pantofola!> esclamò James con gli occhiali storti e un braccio di Sirius attorno al collo.
< Stava russando e mi ha sveglaito, per la seconda volta, prima ha descritto il suo amore per la Evans>si difese Sirius ridendo alla faccia paonazza dell’amico per lui simile ad un fratello.
< Non è vero> gli tirò uno scappellotto in testa.
Le labbra assottigliate dalla rabbia della signora Potter tradirono un sorriso appena accennato, guardò James e poi Sirius, che ormai era diventato un po’come un figlio che non aveva mai avuto, voleva bene a tutti e due, era naturale che con James era diverso, però voleva bene a tutti e due allo stesso modo.
< Va bene, va bene, ora però basta, queste baruffe avrete il modo di farle ad Hogwarts nel vostro dormitoio, senza la mia presenza, però ora è proprio lì che dovete andare, quindi lavatevi e vestitevi che sotto è già pronta la colazione. Avete già finito di preparare i bauli?>.
< Ehm> dissero all’unisono i due ragazzi.
Gli occhi indagatrici della signora Potter individuarono subito il cumulo di libri e vestiti ammassati sulla scrivania.
< Molto bene, ho capito, niente colazione finchè non avete finito di fare i bagagli!>.
< Non vedi l’ora di averci fuori dai piedi, eh mamma?>.
< Non ne hai idea, davvero, non so come faccio a sopportarvi tutte le estati!>.
< Bhe, allora signora, sarà felice di non averci quest’inverno!> aggiunse un Sirius con un ghigno malandrino.
< Alleluia!>rispose prontamente la donna controllando una maglietta.
Poi, più dolcemente aggiunse:
< James ti ho lucidato lo stemma di Capitano, Sirius, non ti dispiace vero se ti ho comprato un nuovo manello? Era un po’sgualcito al fondo!>.
< Nessun problema signora!>.
< Ehi, perché a Sirius hai comprato un mantello nuovo e al mio ti sei limitata a ricucirgli l’orlo?>.
< Perché, caro il mio James, non è stato Sirius l’altro giorno a distruggere mezza staccionata del vicino!>.
< Ma…ma è stato un incidente, non l’ho fatto apposta a rompere il manico della sco-pa!>ribattè il ragazzo indignato e offeso incrociando le braccia.
< Comunque ora vado, mi aspetto che quando scenderete a colazione i bagagli saranno già stati fatti>e con quest’ultimo avvertimento usci dalla stanza lascindo il figlio basito e l’amico che rideva con quella sua risata così simile ad un latrato.
< Tu che hai da ridere?>.
< Fratello, quella è l’unica donna che riesce a farti stare zitto!>.
Il ragazzo tirò un pugno alla spalla di Sirius.
< Ehi!>.
< A cuccia Sirius, da bravo cagnolino>.
< Ah ah ah, attento a quelle corna, Ramoso, ho paura che la tua attuale ragazza te le stia facendo crescere!>.
Sirius andò in bagno e cominciò a specchiarsi mentre si pettinava i capelli neri come la pece, gli occhi grigi però erano concentrati su altri pensieri: come avrebbe fatto senza quel ragazzo dai capelli neri arrufati, gli occhiali storti e gli occhi color cioccolato? Che tra l’altro non perdeva occasione di fregargli i vestiti, un momento, ma quelli che si stava infilando, non ernao i suoi pantaloni?
< Ehi, i miei pantaloni!>.
< Eddai Felpato, è solo un piccolo prestito!>.
< Ladro!>.
La questiobe cadde lì, non era una cosa grave se si scambiavano i vestiti, tanto erano quasi fratelli.
< Però tu mi presti la tua maglia bianca? Mi risalta il viso?>.
< Felpato, ma ti senti? Stai parlando come una donna!>.
< Scusa, hai ragione, non è colpa mia se sono bellissimo però…>.
< …e vanitosissimo!>.
< Da che pulpito viene la predica!>commentò sarcastico Sirius appiattendo un ciuffo che continuava imperterrito a non stare al suo posto.
< Almeno io ho un motivo per essere vanitoso!>.
< Ah sì? Sentiamo un po’: chi ha più spasimanti?>.
Silenzio.
< Chi ha ricevuto più lettere d’auguri a San Valentino l’anno scorso?>.
Silenzio.
Sirius sogghignò soddisfatto.
< Aspetta a ridere Felpato, quest’anno sarò io a ricevere più lettere>.
< L’importante nella vita è essere convinti!>.
Spero che vi sia piaciuto l'inizio, mi è piaciuto molto scriverlo, in particolare mi sono divertita a scrivere i dialoghi tra James e Sirius, li adoro tutti e due!!! Pubblicherò il secondo capitolo il prima possibile!!!!