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Autore: IamShe    10/09/2012    10 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Quattordicesimo capitolo
Parole di metallo

 

“Che accoglienza calorosa.”
Un tono intriso di punte ironiche, come solito di mio cognato, va a sbattere sulle orecchie sorde di Shinichi.
E si schianta su di esse, rimbombando nell’ambiente, come il tonfo di un oggetto. Si avvicina a mio marito, che non smette un minuto di fissarlo, e tenta nuovamente di abbracciarlo, fallendo un’altra volta.
Heiji decide così di allontanarsi di qualche passo e avvicinarsi un po’ a me, cercando di ignorarlo. Mi abbozza un sorriso, ma il suo volto sembra deluso e amareggiato. Shinichi lo segue con gli occhi, immobilizzandosi sull’entrata.
“Tutto bene Ran?” mi domanda mio cognato, tentando di evitare una discussione che sembra sempre più imminente. “Conan come sta?”
“Sta bene. Certo non grazie a te.” Gli risponde con durezza, e con un tono fin troppo tagliente, mio marito. Deglutisco, avvertendo la tensione che si innalza nell’ambiente, pronto a scoppiare da un momento all’altro, come se fosse pullulante di gas.
“Non potevo sapere che l’avrebbero rapito...” prova a scusarsi, ma viene interrotto da Shinichi, che avanza di qualche passo, fino a giungere a pochi centimetri da lui.
“Avresti dovuto immaginarlo.”
Heiji sospira, abbassando lo sguardo.
“Dov’è il piccolo? Dorme?” domanda ancora, ma la sua insistenza non fa altro che peggiorare la situazione.
“Hattori...” fa per farsi notare, col tono rude. “Non cercare di evitare il discorso.”
Heiji si volta verso di lui, assottiglia gli occhi e nasconde le mani in tasca, leggermente seccato. “Cosa c’è? Su, sputa il rospo.”
“Ah, non sai di cosa voglio parlarti, eh?” gli chiede mio marito, leggermente ironico. Sussulto, rendendomi conto improvvisamente quale sia la causa di tale astio incompreso. Quel bacio...
Shinichi, nei panni di Wunderwaffe, vide ciò che stava succedendo, e probabilmente avrà frainteso tutto. Se è così, è mio compito riportare la pace tra i due amici, evitando inutili discussioni.
“Senti... se è per l’altra sera...” comincia a ricordare gli eventi mio cognato, al ché decido di farmi avanti ed intervenire. Ma entrambi veniamo fermati dalle parole di Shinichi.
“E’ per tutto.”
Aggrottiamo le sopracciglia, stupiti. Mi avvicino di qualche passo, ma sento che mio marito non ha nessuna voglia di ascoltare le nostre ragioni. Per cosa poi? Tutto?
Tutto quello che abbiamo scelto di fare io ed Heiji nell’ultimo mese, era stato dettato dalla voglia di vendicarlo e di proteggere i nostri figli.  
“Non riesco a seguirti. Cos’ho fatto?” gli chiede, leggermente esasperato.
“Ah, davvero?” risponde con ironia, come se volesse beffarlo. Poi si avvicina di qualche passo, senza degnarsi di toccarlo. Le sue mani sono ferme in tasca, proprio come quelle di mio cognato.
“Dimmi... tu come reagiresti se chiedessi a Kazuha di infiltrarsi con me in un’organizzazione criminale? Sentiamo.”
Serro le palpebre, un po’ sorpresa.
“Shinichi... Ran era disperata...” prova a spiegargli Heiji, tentando di scusarsi. “Voleva vendicarti!”
“E tu l’hai permesso ben sapendo che non ha nessun’esperienza?!”
Stavolta il suo tono è più alto ed aggressivo del normale, e la sua espressione lascia intendere perfettamente quali siano i pensieri che abitano il suo cervello. Ma, guardando altrove, non riesco a sopportare il volto deluso di Heiji, che osserva mio marito con incredulità, quasi a credere che sia tutto uno scherzo.
“Io non volevo metterla in pericolo! Lo sai benissimo!”
Shinichi ridacchia, ma il suo riso è fin troppo ironico. “Infatti così è al sicuro secondo te... vero?”
“Era con me!” cerca di ribattere Heiji, incominciando ad innervosirsi.
“E’ questo che mi preoccupa Hattori.”
“Non ti fidi di me, Shinichi?!” sbotta il nostro amico, accendendosi.
Mio marito sembra pensarci un attimo, abbassando il capo. “Non più.”
Socchiudo le palpebre, conscia del fatto che la causa del litigio sono unicamente io. Mi sento terribilmente in colpa con Heiji, incapace a difenderlo come si dovrebbe e come, forse, potrei. Non merita nessuna di queste accuse, essendosi preso cura di me per tutto questo tempo, senza alcuna pretesa o richiesta. E’ riuscito ad oltrepassare i limiti del semplice cognato, divenendo un vero e proprio fratello.
Non sopporto gli vengano fatte certe accuse... nemmeno dalla persona che più amo al mondo.
“Ah, è così...” sospira il giovane del Kansai, amareggiato. “Sono il tuo migliore amico, cazzo!”
“Eri...” ci tiene a precisare mio marito, stizzito.
“Ah, ero?” gli chiede Heiji, allibito. “Vuoi buttare a puttane anni di amicizia per questo?!”
“Tu hai buttato a puttane la fiducia che riponevo in te! Io non mi sarei mai comportato in questo modo!”
“Shinichi stai esagerando...” Cerco di farlo ragionare, schierandomi contro le sue opinioni, a favore del mio amico. “Heiji ha fatto di tutto per me.”
“Oh, questo l’ho notato... vi siete anche divertiti in mia assenza.” Afferma con fastidio, coi muscoli del viso tirati dal nervosismo.
Assottiglio gli occhi, seccata. “Se ti riferisci al bacio è stato tutto un equivoco... non fraintendere, per favore!”
Shinichi ci guarda, con aria palesemente infastidita. Ho sempre adorato la sua gelosia e i suoi modi protettivi. Ma come può pensare che tra me ed Heiji ci sia qualcosa?
Sa benissimo che per me è solo un amico, un fratello quasi, proprio come lo considera, o forse, considerava, lui.
“Non mi hai neanche dato il tempo di spiegarlo! Ti sei scagliato contro di me come una furia!”
“Infatti tu saresti restato calmo se avessi visto me e Kazuha baciarci, eh?” lo canzona mio marito, leggermente arrossito.
“No, però...” prova a spiegarsi Heiji, in imbarazzo.
“Però nulla! Non avresti dovuto farlo!” sbotta stavolta, innalzando la voce.
“No, aspetta, sono stata io a baciarlo!” preciso, nel tentativo di migliorare la situazione. Ma non faccio altro che aggravarla.
“Che?”
“Sì... ma era come se stessi baciando te!”
Shinichi mi guarda perplesso, incurvando un sopracciglio. “Ma se io per te ero morto!”
“Sì... ma quando ti manca una persona la cerchi ovunque.”
Ridacchia con ironia, come se stessi raccontando una marea di stupidaggini. “E mi hai cercato anche in Gin?”
Annuisco ed arrossisco un po’, imbarazzata. “Ovunque.”
Ma lui non sembra per nulla preso dalle mie parole. Anzi, dai suoi occhi trapela solo rabbia e frustrazione. “E’ per questo che ti sei fatta quasi violentare?!”
Sussulto al pensiero di quell’azione. Ricordo solo che nel preciso momento che quell’uomo poggiò le sue mani sul mio corpo, sentii quanto Shinichi potesse mancarmi e quanto fosse inutile sperare di rivederlo. Come può accusarmi senza sapere cosa si prova in momenti come quelli che ho vissuto io?
“No...” rispondo, leggermente delusa. “Ma ti volevo, e tu non sei venuto.”
“Beh, neanche Heiji è venuto a salvarti... dove cazzo eri mentre violentavano mia moglie?!”
“Ehi... eravamo andati tutti fuori, a prendere un po’ d’aria. Poi sono scomparsi prima Gin e poi Kemerl.” Risponde mio cognato, cercando di rinfrescargli un po’ la memoria.
“Appunto... chissà per quale santo Kemerl ha deciso di interromperlo. Se non l’avesse fatto, o se peggio ancora avesse approfittato della situazione per fare qualcosa di ancora più malato... mi dici che sarebbe successo?!”
Stavolta le sue grida sono rivolte a me, come se io fossi la colpevole di ciò che mi è successo.
Rimango in silenzio, per qualche minuto, incapace a rispondergli. Mi imita Heiji, evidentemente deluso ed amareggiato. Ma è ancora una volta lui a prendere parola, e a passarsi una mano sul viso.
“Hattori... avevi un solo compito, uno solo. Quello di proteggere Ran e Conan, e cercare di non metterli nei guai. Hai fatto l’inverso, hai agito di testa tua, e non hai pensato alle conseguenze... Come hai potuto credere che Ran avesse un minimo di credibilità travestita? Non ha nessuna esperienza! E come se non bastasse, Kemerl ci ha messo due secondi a capire chi foste quando siete venuti! Vi è andata bene, ma non dovevi implicare lei... lo sai, lo sapevi che io non avrei mai voluto...”
Heiji sospira, socchiudendo le palpebre. “Anche io non avrei mai voluto che il mio migliore amico non mi dicesse nulla sul suo piano! Dannazione!”
“Non vi ho detto nulla perché eravate controllati! E poi dimmi, cosa avresti potuto fare? Almeno Kid...” comincia a dire, ma si blocca improvvisamente, quasi impaurito dall’espressione di Heiji. I suoi occhi sembrano lanciare fuoco e fiamme, nel stesso istante in cui ha sentito dalla bocca di Shinichi il nome del complice.
“Cosa?! Kid?! Kaito Kid?!” sbotta, mentre sul suo collo spunta una vena, che comincia a pulsare insistentemente.
“Sì. Lui.” Risponde Shinichi con sicurezza, fissando lo sguardo su di lui.
Heiji sembra affannarsi qualche istante, indietreggiare di qualche passo, serrare le palpebre. Sembra, insomma, deluso. Ma forse non solo deluso... anche tradito.
“Tu! Tu sei andato a fidarti di un ladro, e non di me?!?” sbotta nuovamente, stavolta riavvicinandosi e prendendogli le spalle, scuotendole poi con forza.
“Dannazione Kudo! Sono io il tuo migliore amico!”
“Senti, Hattori...” prova a svincolarsi dalla presa mio marito, senza alcun risultato.
“Ma ti sembra il modo?!? E ti permetti anche di dirmi cosa dovevo o non dovevo fare?!?”
“Hattori!”
Mi avvicino ai due, al contempo divertita e sorpresa dalla situazione che è divenuta quasi comica.
“Hattori un corno!”
“Ragazzi... abbassate la voce...” cerco di calmarmi, mentre un sorrisetto ironico nasce sul mio viso. “Di là c’è Conan... ragazzi...”
“Si vede che lui è più capace di te!” urla Shinichi, ma in un modo così netto e duro, che le sue parole riescono a far crollare la presa del nostro amico, e farlo zittire per qualche minuto.
E’ indietreggiato nuovamente, ma stavolta con gli occhi fissi su quelli di mio marito.
“Ah... è così?” bisbiglia, visibilmente offeso. “Questo è quello che pensi di me... perfetto.”
E senza un respiro di più, decide di lasciare l’appartamento, prima scaraventando il pacchetto di cornetti contro il muro, poi dirigendosi di fretta verso la porta, e sbattendola violentemente. Delle sue parole non è rimasto che l’eco, che adesso si fa gioco del silenzio che la sua presenza ha lasciato.
Guardo Shinichi, e mi accorgo che, per la prima volta nella mia vita, non sono dalla sua parte. Riesco a provare ribrezzo per le parole che ha inferto senza alcuna ragione ad Heiji, e sento di non riuscire a trattenermi da non dirglielo.
Lui, infondo, sembra scosso dal momento, ma dal suo volto continua a non trapelare nulla. Ho sempre odiato quel suo modo di mascherare qualsiasi emozione, sentimento o pensiero, dietro una stupida maschera. E’ arrivato il momento di distruggerla, e di portare a galla quel che prova, di denudarlo dalle sue barriere.
“Allora, non dici nulla?” gli chiedo, ma con una voce fin troppo amara e stizzita. Lui sembra accorgermene, e mi guarda incerto, spaesato.
“Cosa dovrei dire?”
“Ti sembra il modo di comportarti? Ha fatto di tutto per me e per Conan, e tu così lo ringrazi?”
“Ah..” sospira, ironico e amaro. “Sei dalla sua parte, allora...”
“Certo che sono dalla sua parte! Chi credi abbia cercato di tirarmi su di morale mentre tu giocavi al finto zombie?!”
“Io non stavo giocando, era tutto organizzato per difendervi!”
“Anche Heiji lo ha fatto! Ha messo da parte il dolore ed ha pensato a noi!”
“Certo. Quello l’ha fatto bene...” continua, con il solito accento.
Lo guardo sconcertata. Il suo atteggiamento è a dir poco fastidioso, e in un momento come questo, lui riesce a pensare solo a come Heiji abbia potuto consolarmi o no. C’è la vita di tutti in gioco, e per colpa sua, e lui continua a mostrarsi geloso per una stupidaggine.
“Senti, Shinichi... smettila di fare il paranoico...” gli dico, seccata.
“Ah, io sarei paranoico?!” sbotta, avanzando verso di me. I nostri volti si avvicinano, mentre i suoi occhi azzurri si fiondano nei miei, e mi immobilizzano, straripanti di rabbia. La sua voce si ingrossa, il suo viso si infiamma, angosciato.
“Tu cosa credi che io abbia provato nel ritrovarti nuda con Kemerl? Eh?! E scoprire che stavi per essere violentata?! Sotto i miei occhi... Sotto i miei occhi, Ran! E non potevo fare nulla! Non credi avrei voluto spaccargli la faccia e tutte le ossa a quel deficiente?! E invece no, ho dovuto trattenermi! Sai cosa significa trattenere la rabbia, Ran?! Lo sai?! Senti scoppiarti dentro, la ragione abbandonarti e il fisico tormentarti! Stavo per svenire sul serio in quel momento! E tu mi dai del paranoico?!”
Non ho il coraggio né il tempo di rispondere, che Shinichi torna a sfogarsi, afferrandomi il polso.
“E Kemerl? Che mi ha aiutato, portandomi fuori?! Ti rendi conto?! Kemerl!”
Prende fiato, ma il suo sguardo è sempre fisso sul mio, e non lo lascia un attimo.
“E poi torno in stanza... e vedo te e lui, intenti a baciarvi! Mia moglie e il mio amico! Prima entrate nell’organizzazione, e a me è venuta l’angoscia ogni singolo minuto al pensiero che potessero scoprirvi... e tu vieni quasi violentata, e a me stava per venire un infarto... e poi ti ritrovo pure a baciarlo, e avrei voluto spaccare la faccia anche a lui!”
Si ferma qualche istante, lasciandomi il polso e voltandosi di lato, passandosi le mani sulla faccia.
“Dulcis in fundo... mio figlio viene rapito, ed io non sapevo più cosa fare! E tu pensi che io sia paranoico!” continua a sbraitare, lasciando che le sue ansie lascino il suo corpo, rilassandolo.
“Come credi che debba stare?!? Non paranoico... sono incazzato, incazzato nero!”
E sbattendo contro le mie spalle, fugge via dal salone, rintanandosi in cucina, chiudendo dietro di sé la porta con violenza. Rimango ferma qualche minuto su quei pochi centimetri cubi del pavimento, fissandoli con insistenza. Rimugino sulle sue parole, le accolgo nella mia mente, le decifro, le ripeto ad alta voce. Infondo non ho mai pensato al suo stato d’animo, troppo impegnata a dimenticarmi del mio. Vorrei andare da lui, e stargli vicino, ma ho quasi paura che la mia presenza lo innervosisca. Decido quindi di lasciarlo un po’ solo, e di dirigermi in stanza da letto, per controllare Conan. Sospiro nel camminare, con passo titubante, ma mi blocco nell’osservare la figura di mio figlio, all’in piedi, appoggiato ad un pilastro della casa, con dipinta sul viso un’espressione inquietante ed impaurita, rigata da qualche lacrima.
“Conan!”
Mi avvicino a lui velocemente, mi sostengo sulle ginocchia, e lo trattengo con le braccia.
“Tesoro che c’è?! Perché piangi?!”
Lo scrollo delicatamente, inducendolo a parlare. Anche se qualche sospetto già ce l’ho...
“Perché papà litiga con zio e poi anche con te?”
Ci avrei scommesso che le urla l’avrebbero svegliato. Ed ovviamente, tocca a me tentare di rassicurarlo, quando al momento, un po’ di parole dolci le vorrei sentire anch’io. Ma infondo, mi basterebbe vedere il viso di mio figlio illuminarsi e sorridere per stare meglio. La sua felicità è la mia, e la sua serenità è un compito che spetta a me donarglielo.
Gli passo quindi una mano sul viso, portandogli via le lacrime, e poi tento di sorridergli, mostrandomi più dolce che posso.
“Ma no Conan... non è nulla. Stavamo solo discutendo.”
“Ma stavate urlando! E’ per colpa mia che stavate litigando?” Mi chiede dagli occhi lucidi e grossi di lacrime.
“Ma no... cosa ti passa per la testa?!” lo ammonisco dolcemente, portandolo verso di me.
“Perché è colpa mia se mi hanno rapito...e quindi... i-io sono un disturbo per voi...” afferma, così convinto del suo pensiero, che riesce a strapparmi una lacrima.
“Tu... tu non le devi nemmeno pensare queste cose! Tu non c’entri assolutamente nulla con tutta questa storia! Averti qui, è la cosa più bella che potesse capitarci in questo momento!”
“Ma... papà ha detto che quando mi hanno rapito non sapeva più che fare... quindi forse il suo piano era saltato a causa mia!” esclama, rabbuiandosi di nuovo.
“No, Conan... Lo ha detto perché ha avuto paura che ti succedesse qualcosa che lui non avrebbe potuto evitare... non credere minimamente che lui non ti voglia con sé!”
Lo porto verso di me, stringendolo con forza tra le mie braccia e donandogli alcuni baci sulla testa, tra i capelli castani. Mio figlio si lascia andare nel mio abbraccio, avvertendo i singhiozzi man mano diminuire, e le lacrime svanire.
Mi distanzio un po’ da lui, passandogli un dito sotto le palpebre, e sorridendogli. Il mio piccolo mi imita, e ciò mi permette di ridere ancora di più.
“Mostriciattolo andiamo a lavarci?”
“Ma non ho cambi mamma...”
“Sì, è vero...” Ricordo con delusione, mettendomi a guardarlo. Non posso farlo rimanere per sempre con quei vestiti... dovrò pur comprarne degli altri.
“Mamma ho fame, c’è qualcosa da mangiare?”
Strabuzzo un po’ gli occhi, quando all’improvviso mi torna in mente Heiji e il suo pacchetto.
Annuisco, ridente.
“Certo tesoro. Ci sono i cornetti di zio, ce li mangiamo?”
Conan annuisce contento, ma prima che riesca ad alzarmi e prenderlo per mano, sento la porta dell’appartamento aprirsi, e scricchiolare lungo il pavimento. Nessuno ha le chiavi, tranne che noi. Quindi, qualcuno sta per uscire...
“Shinichi... dove vai?!” domando mentre mi affretto a raggiungerlo, lasciando che mio figlio mi segua dietro correndo.
“Esco. Aspettami qui.” Mi ordina duro, ma con la voce di Wunderwaffe. Chiude la porta dietro di sé, obbligandomi a meditare una lastra di legno che, ad ogni colpo infertogli oggi, sembra cadere da un momento all’altro. E’ Conan a farmi riprendere, attirando la mia attenzione con un cenno della mano.
“Mamma, dove va papà?”
Lo guardo un po’ spaesata, incapace a rispondergli. Poi, riprovo a sorridergli, in modo da rassicurarlo.
“Non lo so, ma torna subito.” Lo avverto, dirigendomi in cucina, afferrando la busta di croissant - palesemente stropicciata - che mio cognato ci aveva gentilmente portato.
“Adesso mangiamo i cornetti... o quel che è rimasto di essi.”

*

Sono passate due ore da quando Shinichi è uscito con quell’aria misteriosa e furtiva dall’appartamento. Il non vederlo ritornare, sentir scattare la chiave, avvertire anche solo il suo respiro vicino a me, mi sta tartassando la testa e il corpo, in continua tensione sul divanetto dell’appartamento. Ho il respiro affannoso, ma cerco di non farlo notare a Conan che intanto, ha trovato il modo di distrarsi, dedicandosi a dei cruciverba di un giornaletto.
Il mio sguardo si sposta dalla porta a mio figlio, e da mio figlio alla porta con una velocità impressionante e tormentata, che neanche più io riesco a sopportare.
Ma nel suono del televisore acceso, sento il campanello della porta suonare con insistenza.
Esulto per un attimo, illudendomi che sia mio marito, ma ragiono repentinamente, chiedendomi il perché lui debba suonare, essendo provvisto di chiavi.
Mi alzo dal divanetto, osservando Conan e intimandogli di fare silenzio, con un dito sulle labbra, e mi dirigo verso l’occhiello della porta, intenzionata a scoprire chi sia. Ma il visitatore mi risparmia la fatica.
“Sono Kemerl.”
Stringo i denti, socchiudendo le palpebre. Corro verso la maschera, la indosso con non curanza, e la medesima cosa faccio col cambia voce, che posiziono molto maldestramente sul mio orecchio. Poi, osservando Conan, avanzo verso di lui e mi inginocchio, sussurrandogli alcune parole.
“Tesoro tu non dire nulla su me e papà, capito?”
“Sì mamma, lo so.”
Gli sorrido, scompigliandogli i capelli, e mi dirigo verso la porta, facendo sì che il mio ex fidanzato possa entrare in casa. 
E’ nascosto sotto il cappuccio della maglia blu, e dietro una sciarpa azzurra che va a coprirgli buona parte del viso, tranne gli occhi. Si avvicina a me, e nel chiudersi la porta alle sue spalle, si libera dei suoi veli, mostrandomi un volto pallido e lievemente smagrito, ma cominciando a sorridermi beffardo. Lo osservo, leggermente impaurita che possa fare qualcosa a Conan, giusto nel momento in cui il padre non c’è. Lui non c’è mai quando dovrebbe esserci.
“Ehi, ti sei mangiata la lingua?” mi chiede, con tono cordiale. “Che c’è? Wunderwaffe non ti tratta bene?”
Sussulto, sospirando. “No, no... è che non mi aspettavo di vederti qui.”
“Beh.. volevo vedere il prigioniero come sta.” Dice, sempre ironicamente.
Si fa spazio nell’appartamento, mettendosi ad osservare Conan, ancora seduto sul divano, indaffarato nel suo cruciverba. Ma nel sentirlo avvicinarsi, mio figlio alza il capo, facendo in modo che i loro sguardi possano incastrarsi.
“Ciao piccolo. Cosa stai facendo?” gli chiede, affiancandolo, e sorreggendosi al poggiolo del salotto. Mi avvicino anche io, e prendo posto vicino a Conan, dall’altra parte del divano.
“Un cruciverba.”
“Oh... sei davvero intelligente allora.” Continua, sorreggendosi la testa con una mano. Il suo volto ancora pallido, tirato. I suoi occhi incavati, stanchi.
“Certo.” Risponde Conan, con dolcezza.
“Sai, io non riesco nemmeno a finirli più.” Gli dice, sorridendogli amaro.
“Perché?”
Io, intanto, osservo la scena basita. Kemerl non risponde alla domanda di Conan, ma continua a sorreggersi la testa con le mani, mentre le dita vanno ad insinuarsi tra i suoi capelli. Non so perché, ma provo un infinito senso di tristezza nei suoi confronti. Sarà che sono troppo sensibile, ma è da un po’ di tempo che mi chiedo cosa gli stia accadendo. Non assomiglia per nulla a quell’uomo spietato che mi regalò un pugno al ventre sette anni fa.
“Perché vorrei che fosse mio figlio a finirli.” Dice poi, abbassando il capo e gli occhi al pavimento.
Deglutisco, e senza neanche rendermi conto, mi alzo dal divano, un po’ nervosa.
“Vuoi un bicchiere d’acqua?” Gli domando, azzardando un sorriso. “Ti vedo... un po’... stanco.”
Mi guarda, e mostrandomi i suoi occhi lucidi, mi sorride, alzandosi dal divano.
“Sì,... no, è che... è da stamattina che ho un terribile mal di testa...” prova a spiegarmi, mentre mi segue in cucina, lasciando che Conan resti da solo nel soggiorno.
Apro il frigo, e gli verso l’acqua, per poi porgergliela. Aspetto che prenda posto su una delle sedie, e lo imito, sedendomi di fronte a lui.
Più lo guardo, e più mi fa una gran pena. Non capisco se sono io ad essere troppo sensibile, o è lui a stare davvero male.
“Grazie.” Mi risponde, mandando giù, molto lentamente.
“Di niente.”
Lo sento deglutire, continuare a reggersi il capo, per poi guardarmi, sforzandosi di sorridermi.
“Come stai adesso?” Mi chiede, ma sembra che la sua domanda pretenda una risposta con un altro senso.
“Bene.” Annuisco, convincente.
“Non mi riferivo a Vanille, ma a Ran...” mi rivela, facendomi sussultare. Mi guardo intorno, evitando il contatto con i suoi occhi, che mi scrutano indagatore.
“Sarai al settimo cielo per averlo rivisto.”
Non oso fiatare, e punto il mio viso verso il basso, leggermente impaurita. Non so se assecondarlo o negare. Shinichi non c’è, e Conan è nelle mie mani.
“Oh, Ran?” mi chiama, costringendomi a guardarlo. “Non mi rispondi neppure?”
Sospiro, palesemente in difficoltà. Poi annuisco, mordendomi un labbro.
“Sì, sono felice che sia vivo.”
“E sarai felice di stare sia con lui che con il bambino dopo tanto tempo. Come una famiglia.”
“Lo sono.” Annuisco, senza guardarlo negli occhi. “G-grazie.” Continuo poi, dicendoglielo per la seconda volta.
“Per cosa?” mi domanda, fingendo, probabilmente.
“Beh... per avermi dato l’opportunità di stare con loro. Non me l’aspettavo...” gli rivelo, sincera.
“Non ringraziarmi. I figli dovrebbero stare con i propri genitori, a prescindere da qualsiasi cosa.” Dice poi, appoggiando il capo sulla tavola.
“Nessuno ha il potere di dividerli.” Continua, muovendo solo le labbra.
“Troppe persone credono di poterlo fare a questo mondo.”
Lo lascio parlare, rimanendo in silenzio, colpita dalle sue parole. Sembra sincero, seriamente convinto di quello che sta dicendo. Ma il flusso dei suoi pensieri viene bloccato dall’improvviso aprirsi della porta di casa, che continua a scricchiolare con sempre più forza.
“Mi sa che è ora di andare.” Dice, alzandosi dalla sedia. “Ciao Ran.”
Mi saluta, ma non fa in tempo a guardare oltre, che si trova di fronte il viso incredulo e basito di Wunderwaffe, fermo sullo stipite della porta che separa i due ambienti. 
“Cosa vuoi?” gli chiede Shinichi, indietreggiando di qualche passo, fungendo da scudo per il corpo di Conan. Kemerl avanza e lo supera, ma non gli risponde subito. Si dirige verso la porta e la apre, ma prima di andarsene, ci rivolge un’occhiata ambigua.
“Sei proprio un padre fortunato.”
Ci saluta con un cenno della mano, e sparisce, chiudendo la porta dietro di sé. Rimaniamo per un po’ senza parlare, sorpresi dal suo comportamento, e lasciamo che il silenzio ci avvolga come una coperta.
“Papà dove sei andato?”
La voce di Conan attira l’attenzione di Shinichi che, sfilandosi la maschera, ignora la domanda del figlio, guardandomi preoccupato.
“Che ti ha fatto? State bene? Cosa voleva?” domanda a raffica, boccheggiando quasi.
“Nulla. Ha parlato un po’ con Conan e con me, ed ha bevuto un bicchiere d’acqua.” Lo avviso, con un tono leggermente freddo. Dovrebbe ancora scusarsi per quel che ha detto, e il perdono non sarà così facile...
“Ma ti ha fatto qualcosa?!” chiede ancora, allarmato.
“Ti ho detto nulla.”
“E perché è venuto?!”
“Non saprei.”
“Sicura?”
Lo guardo torva, mandandogli un’occhiataccia. Perché mai dovrei mentirgli io? Non sono come lui infondo. Non ne sono capace così tanto.
“Certo che ne sono sicura.”
Mi libero della maschera e del cambia voce, poggiandoli sul tavolo della cucina. Mio marito resta fermo a guardarmi per un po’, leggermente scioccato. Gli sventolo una mano davanti agli occhi, per farlo rinvenire.
“Tu invece... dove sei andato?” gli domando, un po’ stizzita.
Shinichi torna indietro, verso l’entrata, ed afferra dal pavimento una busta bianca abbastanza grande.
“A casa nostra.” Afferma, contento.
“Come a casa nostra?!” sbotto, allarmandomi io adesso. Do uno sguardo ai monitor, e ricordo perfettamente che altri ce ne sono alla base.
“E’ pieno di telecamere!” Continuo, impaurita.
Shinichi mi guarda con sicurezza, per niente turbato. “Guarda che le telecamere le ha comunque messe Wunderwaffe, ovvero io, e so dove puntano.”
Resto in silenzio per qualche istante, imperterrita. Poi sento la paura tornare a prendermi, al pensiero di quello che scoprii con Heiji qualche settimana fa.
“Shinichi, ma lì è pieno di cimici! Ti avranno sentito!!” lo informo, portandomi una mano sulla bocca, e strabuzzando le palpebre. Mio marito mi guarda per un po’, per poi scoppiare a ridere per qualche minuto. Assottiglio gli occhi, seccata. Che ha da ridere?
“Ehm... le cimici le ho messe io.” Afferma, continuando a ridacchiare.
“Cioè Wunderwaffe?”
“No, no... proprio io.”
“Cosa?!?” sbotto, allarmata.
“Beh, volevo mettervi paura.”
“Che?”
“Sì, volevo che ve ne andasse da Tokyo. Magari alle Hawaii... che ne so. Lontani. Sarebbe stato più difficile per l’organizzazione trovarvi, ma tu hai deciso di traslocare da Hattori!”
“E TU COSI’ VOLEVI DIRCELO?!?” urlo, lasciando che la paura prenda lui.
“Ma non avevo altri mezzi... Su, su calmati!”
“Quindi hai ascoltato tutti i miei lamenti?” domanda, ma più a me stessa che a lui. Un rossore improvviso mi prende il volto, infiammandolo.
“Qualc...” comincia a dire, ma si ferma nell’osservare il mio sguardo infuocato. “Quasi nessuno.”
“Non ci posso credere...” recito, ma Shinichi finge di ignorarmi.
“Cos’è questa?” S’intromette all’improvviso Conan, indicando la busta bianca. Ancora paonazza, mi volto anch’io a guardarla. Shinichi si abbassa, facendo leva sulle ginocchia, e comincia a sciogliere il nodo che ha tenuto stretto ciò che la busta custodiva.
“Beh... dovrai pur cambiarti, mostriciattolo...” Afferma Shinichi, ridente.
Sorrido divertita, nel momento in cui dal pacco fuoriescono i vestiti che mio figlio non aveva portato con sé a Niigata. Conan esulta gioioso, affondando le mani dentro alla busta, tirandone fuori le felpe che più gli piacciono. Shinichi lo imita, ricercando qualcosa, e trovandola, me la porge divertito. E’ un altro pacchetto, azzurro stavolta, ma dello stesso materiale.
“E questo?” chiedo, curiosa e sospetta.
“Anche tu dovresti cambiarti ed indossare vestiti un po’ meno... sì, insomma... più coperti di come hai fatto in questo periodo... Sai, fa freddo...”
E dicendolo, si mette ad osservare ciò che ho indossato stamattina e negli ultimi giorni. Top molto attillati e pantaloni molto stretti, maglie abbastanza scollate e tacchi alti... tutto per avvicinarmi al ruolo della femme fatale. E lo fa con un’espressione così infastidita, che non posso fare altro che ridere e giocarmi della sua gelosia. Non mi ero mai accorta di quanto fosse peggiorato in questi anni, ma infondo, tutte queste attenzioni non mi disturbano più di tanto.
“Che premuroso che sei.” Lo prendo un po’ in giro, ghignando.
Shinichi mi si avvicina, e senza farsi vedere da Conan, mi porge qualcosa fra le mani, un tessuto. Tastandolo meglio, capisco che non è propriamente stoffa, ed osservandolo, arrossisco, togliendolo dalla visuale di mio figlio. E’ un tanga.
“Shinichi!” gli bisbiglio, per poi scoppiare a ridere.
Ma mio marito mi si avvicina, e ridendo, mi sussurra all’orecchio, facendomi rabbrividire.
“Con me puoi scoprirti però.”
In fondo, il perdono, potrebbe essere più vicino che mai...

 


Angolino autrice:
Lo so!!! Sono in un ritardo pazzesco! Ma è che ultimamente ho avuto tantissimo da fare, e poco tempo da dedicare alla scrittura! Mettiamoci che questo capitolo mi ha dato parecchi problemi per via del dialogo Shin/Heiji... (Lo scrivevo e mi veniva da piangere XD Infatti l’ho reso più soft del previsto, mi veniva da urlare: “no, non litigate ragazzi! No!!!” XD) e allora ci ho messo tanto! Spero mi perdonerete :(
Allora... Shinichi ed Heiji hanno litigato. Ran da ragione ad Heiji, e voi? Chi credete sia più nel giusto?
Come avrete capito Shin non è arrabbiato solo per il bacio, ma anche per “l’irresponsabilità” dell’amico nel coinvolgere la moglie in tutto ciò.
Poi, passiamo a Kemerl, che in questo chap da alcuni segnali della ragione della sua “stranezza”... poi capirete XD Infondo non siamo tanto lontani dalla fine... dovrebbe arrivare nel giro di qualche capitolo. Non so quanti però... XD
E poi... scopriamo che Shin era l’artefice delle cimici, e perché le aveva messe...
Dulcis in fundo, un momento un po’ più dolce e comico per i due sposini... chissà quanto ci metterà Shin a farsi perdonare, eh? XD
Va beh... adesso me vi saluta.
Ringrazia e saluta i recensori dello scorso capitolo: aoko_90, LunaRebirth_, Martins, Kaori_, Delia23, 1sere1, Black_Princy, xthesoundofsea e Scandal!!!
Grazie mille *___*
E grazie infinite a Black_Princy, Ile cullen, Kaori_ e Martins per averla inserita tra le preferite!!!
Grazie mille! *si commuove*
Grazie infinite! *si inchina*

Ok, vi ho rotto, quindi me ne vado :D
Ci vediamo alla prossima, con un nuovo e scoppiettante capitolo!

Tonia

 

 

   
 
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