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Autore: 1rebeccam    10/09/2012    14 recensioni
"Sarebbe tutto così semplice. Non ci vuole niente. Un secondo, un secondo soltanto per perdermi nei tuoi occhi e dirti che ti amo... Vorrei avere la forza di aprire la porta e stringerti tra le braccia, perché lo so che sei ancora qui. Ti sento, sento il tuo dolore e anche la tua rabbia."
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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..E se Hemerson non rigettasse le accuse?
Se non permette che torni a casa subito?
Se ti incriminasse per essere scappata e avere intralciato le indagini?
Se…


 

La Resa Dei Conti


*
La Risposta ai 'Se...'

*
36° Capitolo 

 

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In piedi… entra la Corte…
 
Per la seconda volta, nel giro di qualche giorno, un martelletto scandiva il suo tempo e la sua vita, ma stavolta Kate Beckett non aveva sussultato. 
Questa volta non ci sarebbero state attese o dubbi, non si sarebbe stritolata le mani, aspettando che il giudice spostasse gli occhialini più vicini al naso, per scrutare lei e il resto dei presenti, con quella sua espressione seria e irreprensibile. 
Questa volta, guardando alle sue spalle, aveva la certezza assoluta che la sua famiglia era ormai al sicuro; qualunque fosse stata la decisione del giudice, loro non avrebbero più rischiato la vita a causa sua. Il drago era stato sconfitto!
Questa volta Rick non era con lei, ma aveva incrociato comunque due splendidi occhi azzurri: Alexis aveva insistito per accompagnarla, per una maggiore tranquillità di suo padre aveva detto, ma era preoccupata e desiderosa che tutto finisse al più presto anche lei.
Questa volta, Sal non l’aveva condotta nel locale lavanderia per uscire di soppiatto, ma, nonostante l’orda di giornalisti e fotografi radicati davanti al palazzo, le aveva  aperto il portone centrale, sorridente e speranzoso che le cose per la ‘sua eroina’, si sarebbero presto sistemate. 
Questa volta, era seduta in quel tribunale per riprendersi il suo distintivo, la sua pistola, la sua libertà... la sua vita. 
Sentiva, comunque, una strana stretta alla bocca dello stomaco. 
La sua situazione, sull’omicidio di Alec Freeman, era sicuramente migliorata, ma il fatto che fosse scappata, rendeva tutto più difficile e poi, il dottor Jensen non era ancora arrivato…
Che avesse deciso di ritrattare? 
La sua testimonianza era necessaria per avvalorare i motivi che, la sera precedente, avevano spinto il giudice, ad ordinare la seconda autopsia, in caso contrario, niente avrebbe potuto scagionarla dall’accusa di omicidio, nemmeno i documenti trovati a casa del governatore.
 
Il giudice prende posto al banco e per un attimo l’espressione di Beckett, diventa tesa.
Stringe le mascelle, si guarda le mani sospirando e tutti i ‘se…’ che Rick aveva messo in dubbio poco prima di lasciarla andare, prendono improvvisamente vita. Il tempo sembra non passare, si è fermato improvvisamente dopo l’arrivo del giudice.
E’ così assorta nei suoi oscuri pensieri, che non sente le porte dell’aula aprirsi e subito dopo richiudersi.
Stan le prende la mano e quando lei si volta a guardarlo, le sorride e le fa cenno di girarsi alla sua destra. Il dottor Jensen è appena entrato in aula e sta prendendo posto dietro alla signora Robinson, tiene per mano una donna, che si siede accanto a lui e sono visibilmente nervosi.
-E’ venuto, hai visto? Quella è la moglie,  non lo ha lasciato da solo un istante, sono delle brave persone. Abbi fiducia Kate, andrà tutto bene.-
Lei annuisce e guarda ancora le mani unite del medico legale e della sua compagna di vita. Riesce a comprendere la paura che ha attanagliato quelle due persone, la stessa che ha avuto lei, nel pensare suo padre e i suoi colleghi in pericolo e non riesce a non provare un’infinita tenerezza nel vederli lì insieme, uniti in quella stretta, a fare la cosa giusta, sorreggendosi a vicenda, proprio come hanno fatto lei e Rick.
-Ho fiducia nella giustizia Stan, quella giustizia insita nel cuore delle persone buone, quella giustizia in cui credeva mia madre… e poi ho fiducia in te, sono sicura che se il giudice non mi dichiara innocente, tu gli martellerai il cervello per il resto dei suoi giorni.-
Stan le fa l’occhietto ridendo e stringe ancora più forte la sua mano.
-Ho un asso nella manica, cosa credi, che stanotte io abbia dormito come avete fatto tu e il tuo scrittore? Quando me ne sono andato da casa di Rick, sono tornato al lavoro.-
Le dice pavoneggiandosi, pieno d’orgoglio e lei non ha il tempo di chiedere spiegazioni, perchè il giudice richiama l’attenzione dei presenti, schiarendosi la voce.
-Lo stato di NY contro Katherine Beckett. L’imputata è già stata rinviata a giudizio ed è in attesa di essere processata. La difesa, però, ha presentato obiezioni importanti sulla validità delle prove a suo carico e ha richiesto di rivedere l’imputazione, che ricordo, al momento, è di omicidio di primo grado. L’avvocato Corbin ha presentato un testimone, che di sua spontanea volontà nel pomeriggio di ieri, in una deposizione formale, avvenuta nel mio ufficio, alla presenza della difesa, del vice procuratore Candice Robinson e del cancelliere che ha redatto ogni parola, ha chiarito dei punti fondamentali sull’omicidio Freeman. Inoltre, la notte scorsa, io stesso sono venuto a conoscenza di nuove prove, che potrebbero cambiare la situazione legale dell’accusata. Mi sono visto costretto, perciò, a indire un’udienza in sessione straordinaria, nella quale questa Corte, si riserva di decidere se confermare il rinvio a giudizio della signorina Katherine Beckett, o se, dopo avere studiato le nuove prove venute alla luce e ascoltato le nuove testimonianze, esista il presupposto effettivo di fare cadere tutte le accuse.-
Hemerson abbassa lo sguardo e si rivolge a Beckett con una strana espressione seriosa.
-Sono contento di vederla seduta in prima fila, spero che la sua latitanza sia stata serena e tranquilla signorina Beckett!-
Kate resta di stucco.
Fa lo spiritoso o mi sta dicendo che mi chiuderà in gattabuia, per questa bravata?!
Nell’aula si solleva un leggero brusio e il giudice alza la mano verso i presenti, per ammonirli e riportarli al silenzio.
-Non ho chiesto opinioni personali signori, questa non è un’udienza interattiva!-
Il silenzio che ne deriva è totale, il giudice annuisce, compiaciuto della sua autorità e si rivolge alla difesa.
-Quest’uomo mi piace. Non sai mai cosa gli passa per la testa, è pericoloso e… mi piace!-
Sussurra Stan all’orecchio di Kate, che cerca di sorridere alla battuta, ma continua ad essere visibilmente tesa.
-Signor Corbin, a lei la parola. Esponga cortesemente, i fatti che saranno discussi in quest’udienza.-
L’avvocato si alza, si abbottona la giacca, si avvicina al centro dell’aula e si rivolge al giudice e ai presenti. A voce alta, spiega velocemente, ma con cura, i passi che lo hanno portato a sospettare che il referto dell’autopsia sul corpo della vittima, potesse essere incompleto, non tanto per un lavoro superficiale, dovuto all’incompetenza del medico legale, quanto per le minacce che il dottor Jensen, avrebbe subito ai danni della sua persona e della sua famiglia.
Dopo avere scoperto, grazie ad un informatore, che il dottor Jensen aveva trovato il suo cane sgozzato, in un bagno di sangue, davanti alla sua porta, proprio la sera in cui avrebbe dovuto fare l’autopsia, Corbin ribadisce, di essersi immediatamente reso conto, che l’uccisione del cane, non era altro che un atto intimidatorio contro lo stimato professionista, per costringerlo a sabotare il proprio lavoro. I suoi sospetti sono diventati certezza quando, dopo essere andato ad interrogare il dottor Jensen, senza successo, lui personalmente era stato preso di mira come bersaglio. Racconta della sua aggressione per strada da parte di tre balordi, che, dopo averlo picchiato, gli hanno ‘consigliato’ di lasciare perdere le indagini sull’operato dell’anatomopatologo, o gli sarebbe successo qualcosa di più grave di un banale pestaggio.
Per essere più incisivo, mostra il polso ingessato e indica con la mano sana, la benda sul lato destro del suo viso, su cui sono ancora visibili dei lividi.
Corbin procede, chiamando alla sbarra il dottor Jensen, il quale racconta alla Corte il suo ‘calvario’, dal momento in cui è stato chiamato ad occuparsi dell’autopsia di Alec Freeman. Racconta della mail anonima, arrivata al suo indirizzo di posta elettronica privato, con la quale gli veniva  ordinato di alterare il referto dell’autopsia, con la promessa che, se non avesse obbedito, i suoi figli avrebbero fatto la fine del cagnolino. Il dottor Jensen, confessa sotto giuramento che, terrorizzato per l’incolumità dei suoi tre bambini, non ha potuto fare altro che sottostare agli ordini ricevuti, omettendo nel referto dell’autopsia praticata sul corpo di Alec Freeman, particolari importantissimi, che, ai fini delle indagini, avrebbero potuto scagionare l’imputata.
L’avvocato Corbin gli chiede quali fossero questi particolari omessi e Jensen risponde, di avere notato immediatamente che i fori dei proiettili nella schiena del cadavere, si presentavano con un’angolatura obliqua e che, confrontando le misure tra l’altezza della vittima e della presunta colpevole, con l’angolazione d’entrata, l’unica conclusione possibile era che, chiunque avesse ucciso Freeman, gli aveva sparato mentre era già sdraiato a terra. Un altro elemento importante che il medico non ha segnato nel referto, riguardava gli esami tossicologici dei tamponi eseguiti sulla vittima e sulla pelle di Beckett, che non erano negativi, come lui aveva affermato nella sua relazione, ma avevano dato esito positivo al cloroformio, segno che, vittima e presunta colpevole, erano state sedate entrambe, anche se in maniera lieve.
L’avvocato Corbin ringrazia il dottor Jensen e torna al suo posto.
-Non ho altre domande per il dottore, signor giudice.-
Hemerson annuisce  e si rivolge al vice procuratore.
-Signora Robinson?!-
-Nessuna domanda, Vostro Onore.-
-Dottor Jensen, per il momento può tornare la suo posto, ma mi riservo di parlare ancora con lei.-
Jensen sospira e torna a sedersi accanto alla moglie, mentre il giudice si rivolge al cancelliere.
-Venga messo agli atti che ieri pomeriggio, dopo avere ascoltato la deposizione del dottor Jensen nel mio ufficio, ho ordinato, in accordo con la procura, l’esecuzione di una nuova autopsia sul corpo di Alec Freeman. Il tribunale ha assegnato tale compito al dottor Jackson Russel, capo anatomopatologo dell’istituto di medicina legale di Coney Island, che ha eseguito il nuovo esame autoptico ieri sera stesso, portandolo a termine, dopo attenta valutazione, in tarda notte. Invito cortesemente il dottor Russel alla sbarra, perché informi la Corte dell’esito del nuovo referto.-
La testimonianza del dottor Russel, avvalora quella già fatta dal dottor Jensen e cioè che, prese le misure di entrata dei proietti e confrontandole con l’altezza sia della vittima che della presunta assassina, Freeman non poteva trovarsi in piedi, di spalle, davanti alla Beckett. La detective non avrebbe mai potuto sparargli alle spalle, né a tradimento, né per difendersi, perché la traiettoria dei proiettili si presenta obliqua e non perpendicolare. L’unica spiegazione plausibile è che la vittima fosse già a terra, a faccia in giù, quando è stata colpita, ma anche questo è una discrepanza, perché chiunque abbia sparato, doveva essere alto meno di un metro e mezzo, o forse era piegato sulle ginocchia e questo particolare, riporta agli esami tossicologici. Se realmente la Beckett fosse stata sedata, è possibile che fosse tenuta parzialmente alzata, a forza, da qualcuno alle sue spalle, che poi ha usato la sua mano e la sua arma, per sparare a Freeman.
Inoltre la mancanza di altre ferite o lividi sul corpo della vittima, prova che l’uomo non è caduto per il contraccolpo dei proiettili. Se fosse stato così, avrebbe dovuto riportare delle escoriazioni, almeno sulla parte destra del volto, che invece era solo sporca di residui di terra. Il dottor Russel, dichiara di essere arrivato alla conclusione che, anche Freeman sia stato sedato e adagiato a terra a faccia in giù, prima di essere ucciso.
Dopo la deposizione del dottor Russel, l’avvocato Corbin richiede nuovamente la parola.
-Con il permesso della Corte, signor giudice, vorrei mettere al corrente i presenti anche dei fatti accaduti la notte scorsa, riguardo la morte del governatore Jordan, fatti che sono strettamente legati al caso Freeman e all’accusa rivolta alla mia cliente.-
Il giudice fa segno con la mano che può continuare.
-Quello che è successo la notte scorsa, nella residenza del governatore Victor Jordan, è ormai di dominio pubblico. La sua doppia vita a spiazzato tutti noi. Non tutti però, sono ancora a conoscenza del fatto che Jordan, era l’uomo che la mia cliente ha sempre chiamato il drago. Si è scoperto, senza nessuna ombra di dubbio, che il governatore Jordan era il mandante dell’omicidio di Johanna Beckett, di conseguenza, anche l’uomo che voleva uccidere Katherine Beckett, per impedirle di arrivare alla verità. Non tirerò in ballo la documentazione trovata in casa del governatore, non riguarda questo caso ed è di competenza dei federali, ma voglio soffermarmi sugli interrogatori avvenuti questa notte stessa, al ventunesimo distretto e che hanno portato alla luce un particolare importantissimo, che proverà del tutto e senza alcun dubbio, l’innocenza di Katherine Beckett.
Il detective Nesbit ed io personalmente, abbiamo interrogato per ore le guardie di sicurezza arrestate ieri sera e una di loro, alla fine, si è convinta a confessare. Con il permesso della Corte, vorrei chiamare al banco il detective Jason Nesbit e ascoltare la confessione giurata e firmata della guardia giurata, che in questo momento si trova agli arresti nella prigione di Stato.-
-Proceda pure avvocato. La Corte chiama a deporre il detective Jason Nesbit.-
Il detective, prima di accomodarsi, consegna nelle mani del giudice una confessione firmata, il quale la passa immediatamente al cancelliere perché la metta agli atti.
-Prego detective, a lei la parola.-
Nesbit racconta che, alle 5 del mattino, Frank Swany, una delle guardie di sicurezza al servizio del governatore, dopo un lunghissimo interrogatorio, fatto solo di silenzi e mezze promesse di una riduzione di pena, confessa che l’omicidio di Alec Freeman era stato deciso ed ordinato dal governatore Jordan in persona. L’uomo si era bruciato, dopo avere sbagliato mira contro la Beckett, all’organizzazione non serviva più, ma poteva ancora essere utile per incastrare e togliere di mezzo per sempre, ed in maniera pulita, la poliziotta che non voleva smettere di indagare sull’omicidio della madre. Il governatore si era interessato di fabbricare tutte le prove a carico e di occuparsi di prevedere ogni imprevisto ed ogni intoppo. La detective Beckett doveva finire in prigione, o morire. Swany si era occupato di sedare Freeman, facendo attenzione a non ferirlo o a lasciare sul suo corpo segni di alcun genere, mentre la guardia rimasta uccisa insieme al governatore, Logan, aveva il compito di occuparsi di sedare lievemente Beckett. La donna si era accasciata tra le sue braccia e Logan, aveva premuto il grilletto della pistola dalla sua stessa mano, uccidendo Freeman.
L’asso nella manica dell’avvocato Corbin, non lascia più alcun dubbio sull’estraneità dei fatti della detective Beckett nella morte di Alec Freeman e conferma che tutte le prove a carico, sono state fabbricate dal vero mandante, il governatore Jordan.
Il detective Nesbit viene congedato ed essendo la sua, l’ultima testimonianza, Stan si rivolge alla corte.
-La difesa ha finito signor giudice.-
Hemerson annuisce e dopo un attimo di silenzio, durante il quale l’avvocato torna al suo posto, si rivolge al vice procuratore distrettuale.
-Signora Robinson, come intende procedere la procura?-
La donna si alza, austera e sobriamente elegante, la penna stilografica tra le mani come fosse parte integrante delle sue dita, rivolge lo sguardo severo su Beckett, la guarda seria per un paio di secondi, poi il suo viso accenna un che di dolcezza e si rivolge alla Corte.
-Visti i nuovi sviluppi e ascoltate le testimonianze del dottor Russel e del detective Nesbit, non ho nulla in contrario ad accettare la richiesta della difesa. Per la procura non esistono più i presupposti per confermare il rinvio a giudizio dell’imputata.-
Il giudice annuisce e batte leggermente la mano sul banco per riportare il silenzio interrotto dal solito brusio dei presenti e fa loro cenno di alzarsi in piedi.
-Visti i nuovi sviluppi del caso, ascoltate tutte le testimonianze a favore, questa Corte ritiene che tutte le prove di colpevolezza a carico dell’imputata, siano da considerare nulle, per questo motivo, dichiara che Katherine Beckett, non sarà processata per l’omicidio di Alec Freeman, in quanto innocente del reato prescrittole.-
Le poche persone presenti in aula non possono fare a meno di applaudire, mentre Kate con occhi lucidi, abbraccia il suo avvocato e il giudice è costretto per l’ennesima volta a riportare l’ordine in aula.
-Seduti e silenzio… non ho detto di aver finito. Signorina Beckett per quanto riguarda la sua fuga…-
Si abbassa ancora gli occhialini sulla punta del naso e china la testa in avanti per guardarla dritta negli occhi, Kate sostiene il suo sguardo, può davvero darle qualche anno di prigione per questo e soprattutto, potrebbe avere ripercussioni pericolose per il suo reintegro al lavoro.
-Per quanto riguarda la sua fuga… viste le condizioni in cui si è conclusa, visto che la sua famiglia era realmente in pericolo, visto che suo padre ha rischiato di essere ucciso e visto che i lividi che si porta addosso possono essere considerati già una punizione più che sufficiente, questa Corte ha deciso, in accordo con la signora Robinson, di non procedere in alcun modo. Lei è una donna libera signorina Beckett e verrà reintegrata nel suo ruolo di pubblico ufficiale al più presto.-
Kate sorride a Hemerson, un sorriso luminoso e pieno di gratitudine, tanto che il giudice si schiarisce la voce, imbarazzato dalla bellezza di quel sorriso rivolto alla sua persona.
-Prima di dichiarare chiusa l’udienza, c’è un’altra questione di cui parlare.-
Rivolge lo sguardo all’altra parte dell’aula.
-Dottor Jensen…-
Il medico legale si alza in piedi e tutti si voltano a guardarlo, compresa Kate; continua a tenere la mano della moglie, ma il suo viso adesso è tranquillo, come se, dopo essersi liberato del peso della menzogna e sapere la sua famiglia al sicuro, non gli importasse di nient’altro.
-Dottor Jensen. La sua posizione di fronte alla legge è grave, lei se ne rende conto?-
-Si signore, sono consapevole di avere infranto la legge e sono pronto a qualunque decisione prenderà la Corte nei miei confronti.-
-In un caso normale lei finirebbe in prigione e meriterebbe anche di essere radiato dall’albo…-
Stan si alza in piedi e interrompe Hemerson.
-Signor giudice, con il suo permesso…-
-No signor Corbin, nessun permesso, aspetti prima che io finisca, poi potrà chiedere  o dire tutto ciò che vuole, si sieda per favore!-
Stan non può fare altro che obbedire ed il giudice si rivolge di nuovo a Jensen.
-Dicevo… in un caso normale… ma questo caso non è mai stato normale, fin dall’inizio, anzi, ha avuto dei risvolti che si ripercuoteranno sull’intera città per chissà quanto tempo, perché legato alle attività illecite di cui si occupava il nostro governatore. Lei ha subito delle minacce pericolose, sono padre anch’io e sapere i miei figli in pericolo, mi annienterebbe. Certo non la sto giustificando, ma nonostante la paura e un momento di sconforto, lei ha avuto il coraggio di dire la verità e questo le fa onore. Forse la stampa e l’opinione pubblica, mi crocifiggeranno per quello che sto per fare, ma mi dispiacerebbe molto se questa comunità perdesse un uomo con la sua integrità morale e la sua professionalità sul lavoro. Per questo motivo, non intendo procedere penalmente contro di lei. Questa Corte, in accordo con la procura, la condanna ad una sospensione amministrativa di 2 mesi, che purtroppo macchierà il suo stato di servizio, ma la Corte, non può astenersi anche da questo. Durante la sospensione sarà tenuto a prestare servizio come volontario in una struttura sanitaria di sua scelta. Le ore che dovrebbe dedicare al suo lavoro, le dedicherà alla comunità. Dalla sua scheda vedo che lei presta già qualche ora del suo tempo libero ai bambini del reparto oncologico dell’ospedale universitario, perciò sono certo che la mia punizione non le dispiacerà.-
Il dottor Jensen è visibilmente commosso, china la testa e guarda la sua Rose, poi solleva i suoi occhi lucidi sul giudice e riesce solo a lasciare uscire un sussurro dalle sue labbra.
-Grazie! Io… io non so che altro dire… grazie!-
-Svolga il suo lavoro nel migliore dei modi e nel rispetto della legge, quando finirà la sospensione, la Corte le chiede solo questo.-
Fa segno con la mano a Jensen di accomodarsi e si rivolge a Stan.
-Bene avvocato Corbin, adesso ha il permesso di parlare, ha altro da aggiungere?-
Stan si alza in piedi e con l’aria molto seria annuisce, Hemerson sospira e alza gli occhi al cielo.
-Lo sapevo che non mi sarei liberato di lei… sentiamo!-
-Non mi ero mai sentito orgoglioso, come in questo momento, di essere un uomo di legge. Oggi, in quest’aula, è stata fatta giustizia, nel senso letterale del termine. Sentivo il dovere di ringraziare per questo, soprattutto lei, Vostro Onore!-
China la testa in segno di rispetto e torna a sedersi, mentre Hemerson lo guarda da sotto gli occhialini con un’aria soddisfatta sul viso tondo.
-Bene! Questa Corte dichiara l’udienza conclusa ed il caso definitivamente chiuso.-
Batte il martelletto sul banco e prima che qualcuno possa anche solo muoversi, tuona improvvisamente.
-E adesso fuori e non fatevi più vedere, soprattutto lei avvocato Corbin!-
Prima di uscire, Beckett segue con lo sguardo Esposito che stringe la mano a Nesbit e si avvicina anche lei.
-Detective Nesbit, volevo ringraziarla anch’io.-
Kate gli porge la mano e Nesbit gliela stringe serio, poi abbozza un sorriso.
-Lei è stata proprio una spina nel fianco detective Beckett. Mi ha fatto diventare i capelli bianchi… e anche i baffetti.-
-Lo prendo come un complimento!-
Risponde lei sorridendo ed Esposito gli dà una pacca sulla spalla.
-Vedrai che con questa storia diventi davvero capo della polizia.-
-Non ci tengo Javier! Preferisco la strada e l’adrenalina degli arresti, che stare seduto dietro una  scrivania di mogano pregiato. Ieri notte abbiamo fermato il capitano Johnston mentre cercava di tagliare la corda dal dodicesimo, aveva preso armi e bagagli, documenti e altro di compromettente contro di lui, con l’intento di svignarsela. Quando ha cercato di opporre resistenza, la mia adrenalina ha cominciato ad esultare; è stata una goduria mettergli le manette e stringerle tanto da fargli male, meglio di una boccata di nicotina!-
I tre sorridono, mentre il dottor Jensen si avvicina al gruppetto.
-Detective Beckett, mi permetta di…-
Kate non lo fa finire, sa che il medico sta per scusarsi, ma lei non glielo permette.
-Dottor Jensen, sarei venuta io a ringraziarla tra un attimo, se non fosse stato per lei e per il suo coraggio, non ci sarebbe stata la seconda autopsia.-
Gli tende la mano con un sorriso e il dottor Jensen risponde allo stesso modo.
-Lei vuole ringraziarmi? Detective io ho fatto una cosa riprovevole…-
-Lei ha fatto quello che credeva giusto per la sua famiglia, nessuno più di me può capirlo, perciò vediamo di dimenticare questa brutta storia, che ne dice?-
Jensen annuisce e tutti insieme escono finalmente dall’aula per la gioia del giudice Hemerson. Nel corridoio la voce di Ryan li raggiunge alle spalle.
-Oh… accidenti… siamo arrivati tardi!?-
Si voltano e le labbra di Kate si aprono in un altro meraviglioso sorriso.
-Papà!-
Corre ad abbracciare un Jim Beckett con la spalla tenuta in sicurezza da un tutore.
-Non dovevano dimetterti oggi pomeriggio?-
-Ho mentito, volevo farti una sorpresa e il detective Ryan è stato tanto gentile da venirmi a prendere, ma siamo arrivati tardi a quanto pare e tu non sei sotto la scorta di due guardie, significa che è tutto finito?-
-Niente guardie signor Beckett, sua figlia è una donna libera!-
S’intromette Stan, mentre sentono la voce di Alexis parlare a voce alta al telefono.
-Papà! Papà… mi senti… papà… oh andiamo papà, stavo solo scherzando… ci sei… papà sei ancora vivo?!-
Le si avvicinano visibilmente preoccupati, soprattutto Kate, mentre lei chiude la comunicazione e continua a guardare il telefono con aria mortificata.
-Alexis che succede?-
-Credo di avere ucciso mio padre!-
Risponde la ragazza sempre fissando il telefono.
Kate le prende il viso tra le mai e la guarda negli occhi.
-Alexis, riprendi fiato e spiegami di cosa stai parlando!-
-Ho chiamato papà per metterlo al corrente dell’udienza e scherzando gli ho detto che il giudice aveva confermato le accuse e che adesso ti avrebbero portato in prigione, lui ha fatto uno strano verso, con la voce credo, poi ho sentito un tonfo e nient’altro… non mi ha più risposto… credo sia svenuto… ma era solo uno scherzo…-
 
In effetti Castle non era morto, era semplicemente riuscito, ancora una volta, a complicarsi la giornata. Aveva il cellulare tra orecchio e collo, mentre con una mano teneva una tazza piena di camomilla bollente e con l’altra cercava di metterci dentro un cucchiaino di zucchero, quando Alexis aveva pronunciato la parola prigione, sapeva benissimo che stava scherzando, ma aveva sussultato comunque, il cucchiaino gli era sfuggito dalle mani, per cercare di riprenderlo aveva rovesciato la camomilla, scottandosi le gambe, a quel punto aveva sollevato la testa imprecando e il telefono era arrivato a terra facendo un tonfo.
Tornati a casa, avevano trovato Martha intenta a cambiare le lenzuola e lui seduto, con un’espressione sconsolata, sulla poltroncina.
Alexis era sollevata, felice di non essere diventata una patricida e lui non aveva rivolto la parola a nessuno, offeso, perché quando erano rientrati, non avevano fatto altro che ridere di lui e delle sue disgrazie, compresa Kate… E pensare che voleva bere la camomilla, perché era nervoso e spaventato per la sorte della sua donna e loro invece se la ridevano… meno male che il broncio era durato soltanto il tempo di rifare il letto, poi sua figlia aveva cominciato a coccolarlo per farsi perdonare e lui, una volta risistemato sotto le lenzuola pulite, profumate e soprattutto asciutte, aveva ritrovato il buon umore, specie dopo aver visto che assieme a loro c’era anche Jim Beckett, sorridente e malconcio…
Insieme a Stan Corbin erano davvero una bella squadra, in tre riuscivano a racimolare un uomo intero e senza ferite.

  
Continua…
 


 
Angolo di Rebecca:
 
Katherine Beckett è finalmente, una donna libera.
Libera di tornare alla sua vita, al suo lavoro, al suo amore…
E Richard Castle, grazie al cielo, non è morto :p
 
Nota:
Questo capitolo è stato proprio una spina nel fianco, come Beckett per Nesbit!
Fin dalla prima stesura non mi è mai piaciuto, 
mi sono detta che col passare del tempo lo avrei sistemato per bene,
 ma arrivati all’aggiornamento, continua a non piacermi. 
Questi giorni sono stati frenetici e non ho avuto molto tempo e anche lo stato d’animo non mi ha aiutata,
perciò mi scuso per l’aggrovigliamento dell’udienza, 
non so se sono stata chiara e forse mi sono dilungata in ripetizioni continue,
posso solo dire che ho fatto del mio meglio.
Spero che almeno alla fine, abbiate sorriso un po’ *-*
 
Un grazie speciale a Vulpix <3 “Vale… tu sai perché…”, non solo per il titolo :)
  
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