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Autore: TheOnlyWay    10/09/2012    7 recensioni
Ho sempre pensato che i ragazzi fossero stupidi e insensibili. Poi ho conosciuto lui e ne ho avuto la conferma: sono dei completi idioti.
E non è colpa loro, probabilmente è una questione genetica, anche se in effetti dovrebbero iniziare a cercare una cura per questa stupidità dilagante.
Insomma, ci sarà pur qualcosa che si possa fare, per evitare che diano aria alla bocca, tanto per dimostrare che sono addirittura in grado di formulare un pensiero coerente.
Quando ho capito che Louis Tomlinson è un idiota?
Non mi ci è voluto molto, se devo essere sincera. È bastato che lo incontrassi nel corridoio, vicino al mio armadietto.
«Ciao, bambolina.»
Era il mio primo giorno nella nuova scuola e tutto ciò che desideravo era diventare invisibile. Essere al centro dell’attenzione non mi era mai piaciuto un granché: preferivo starmene sulle mie, parlare il tanto necessario e ignorare completamente tutto il resto. Louis aveva rovinato i miei piani, perché aveva catturato l’attenzione di tutti i presenti con due semplici parole.
Sorrideva, mentre dietro di lui quattro ragazzi osservavano la scena con particolare interesse. E poi si dice che sono le ragazze a girare in branco.
«Bambolina ci chiami tua sorella, idiota.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '"Like an Hurricane"'
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Chapter 17.

 
  
 
 
Sebbene fossi perfettamente consapevole del fatto che mia madre, prima o poi, si sarebbe fatta viva, sobbalzai come se qualcosa mi avesse punto, quando il mio telefono iniziò a suonare. Presi un respiro profondo, poi mi diressi verso il salotto lasciandomi alle spalle le occhiate preoccupate di tutti i presenti.
L’unico a seguirmi fu Louis, anche se ero certa che avesse detto agli altri di aspettare in cucina per darmi un po’ di tranquillità.
«Mamma?» mormorai, preoccupata.
«Ciao, tesoro.»
«Cosa sta succedendo?» poteva pure fingere che tutto fosse normale, ma non mi avrebbe certo ingannato così facilmente.
«Tuo padre è tornato.»
Semplice, diretta. Ma di che mi sorprendevo? Mamma non era mai stata una persona che girava intorno alla verità. D’altronde, da qualcuno dovevo pur aver preso, no?
Mi sentivo le gambe molli, come se fossero fatte di gelatina, così mi sedetti per terra, prendendo qualche respiro profondo. Porsi il telefono a Louis, perché al momento mi sentivo incapace di pronunciare una frase di senso compiuto.
Lo afferrò senza titubare neanche un attimo e lo portò all’orecchio.
«Ciao, Grace.» lo sentii dire, dopodiché più niente. Smisi di prestare attenzione a Louis nel momento esatto in cui le parole di mia madre risuonarono nella mia mente.
Tuo padre è tornato.” E questo cosa voleva dire? Che erano tornati insieme? Che mia madre si era fatta trarre in inganno, un’altra volta, dai suoi modi gentili? Perché, quando voleva, papà sapeva essere gentile. Perché era tornato? Stava andando tutto così bene, per una volta. Sembrava non avessi nemmeno il diritto di essere felice per più di tre giorni di seguito.
Gettai un’occhiata a Louis, che annuiva con aria grave. Mi accorsi che anche lui mi guardava con la coda dell’occhio, di tanto in tanto, come se temesse che da un momento all’altro sarei scoppiata a piangere, o svenuta.
Ma non avrei fatto niente di tutto ciò. Ero una persona adulta – più o meno – e mi piaceva credere che sarei stata in grado di affrontare qualsiasi altro ostacolo mi si fosse parato davanti. Padre alcolizzato compreso.
Perciò feci qualche respiro profondo, trovai la calma necessaria e mi alzai di nuovo in piedi. Le gambe avevano smesso di tremare ed io dovevo trovare solo il coraggio di tornare a casa. Louis, intanto, aveva terminato la conversazione con mamma e aveva riappoggiato il telefono sul tavolo.
«Tutto bene, piccola?» chiese, prima di circondarmi le spalle con un braccio. Mi baciò la tempia, con una dolcezza alla quale ancora dovevo abituarmi, e mi accarezzò la schiena.
«Si. Mi accompagni a casa?» domandai, sicura.
Louis apparve un po’ sorpreso, ma si sforzò di non darlo a vedere. Annuì.
Quando salii al piano di sopra per cambiarmi, sentii Harry chiedere cosa cavolo stesse succedendo. Louis rispose brevemente che mi avrebbe accompagnato a casa, perché mia madre aveva bisogno di me. Sorrisi, rendendomi conto di come cercasse in tutti i modi di proteggermi.
Prima da Jason, poi da Mallory e da Etienne e, non meno importante, da sé stesso. Credevo che quella fosse stata la cosa più difficile, alla fine dei conti. Quanto poteva essere complicato, voler stare con qualcuno e al tempo stesso tenersene alla larga con la convinzione di non essere adatto? Per mia fortuna, Louis aveva superato l’ostacolo senza troppe difficoltà.
Lo raggiunsi in cucina qualche minuto dopo. Erano tutti lì e mi fissavano con apprensione. Soprattutto Mel, che si torturava le mani con aria preoccupata.
Andai ad abbracciarla, per farle capire che, tutto sommato, ero piuttosto tranquilla.
«Quando torno, vi racconto tutto.» assicurai, con un sorriso convincente che sembrò rasserenarla un po’. Annuì, mi lasciò un bacio sulla guancia e tornò tra le braccia di Liam.
«Be’, noi andiamo.» affermò Louis, prendendomi per mano.
Presi un respiro profondo: avevo la sensazione che, quel giorno, non sarebbe stato affatto facile da sopportare. Aveva tutta l’aria di una resa dei conti.
La battaglia finale, o qualcosa del genere.
 
 
 
***
 
 
 
La famigerata calma che ero riuscita ad ostentare con tanta tranquillità svanì nel momento esatto in cui Louis spense il motore della macchina, proprio davanti al vialetto di casa mia. Con le gambe un po’ instabili, camminai fino alla porta, certa che, se fossi caduta, Louis sarebbe stato pronto a prendermi, come sempre.
Quando mi voltai, però, non c’era.
Era ancora seduto in macchina, e mi guardava con un sorriso incoraggiante. Tornai indietro di corsa.
«Che fai, seduto qui?»
«Credo che dovresti andare da sola.» spiegò, tranquillo.
Io? Da sola?
«Che scherzi? Lou, ho bisogno di te.» supplicai, cominciando a sentire il panico invadermi. Non ero pronta per affrontare tutto quello da sola, avevo bisogno di sapere che Louis sarebbe stato al mio fianco, quando la verità sarebbe venuta a galla.
«Ti prego.» ripetei.
«Non c’è bisogno di pregare, bambolina. Lo sai che sono con te, qualunque cosa accada.» rispose, tranquillo. Gli sorrisi, grata e mi sporsi in avanti per baciarlo sulle labbra, poi, mano nella mano percorremmo di nuovo il vialetto e ci fermammo davanti alla porta.
«Tra un minuto busso.» annunciai, seria. Davvero, mi ci voleva solo un attimo, giusto il tempo di rendermi conto di quello che stava succedendo, prima di affrontarlo a viso aperto.
«Davvero, ora lo faccio.»
Louis ridacchiò.
«L’hai detto anche dieci minuti fa, Cass.» mi ricordò. Aveva ragione, eravamo piantati davanti a casa da dieci minuti, in attesa che io smettessi di comportarmi come una codarda, ma proprio non ci riuscivo. Era più forte di me. Avevo anche perso il conto di tutte le volte in cui avevo allungato la mano verso il campanello. L’avevo sfiorato un sacco di volte, senza mai suonarlo davvero.
«Al tre suono.» ultima chance, Cassidy. Un altro respiro profondo, l’ennesimo, e finalmente riuscii a suonare.
Un minuto dopo, un rumore di passi annunciò che mamma era in arrivo e che aveva piuttosto fretta: mi aspettava.
Strinsi forte la mano di Louis, che non fece una piega sebbene lo stessi stritolando, dopodiché mi sforzai di mettere in mostra un’espressione quantomeno serena.
«Sembra che tu stia per vomitare.» commentò Louis. Nello stesso istante, mamma aprì la porta. Aveva un’aria stanca, ma gli occhi erano lucidi e sul suo viso era comparso un sorriso felice che non le vedevo da tempo. A ben pensarci, l’ultima volta che aveva sorriso così, era stato molto tempo prima di trasferirci a Doncaster.
«Ciao, tesoro. Ciao, Louis.» salutò, felice. Mi abbracciò brevemente e lasciò un buffetto sulla spalla di Louis, dopodiché ci fece cenno di entrare.
Il breve corridoio che separava l’ingresso, mi sembrava lungo duecento metri, anziché quattro. Lo percorsi con calma, costringendo Louis a tenere il mio passo.
«Non sei costretta, Cass. Se vuoi, ti porto via da qui. Devi solo dirmelo.» mi sussurrò all’orecchio, per non farsi sentire da mamma.
Scossi il capo negativamente: era pur sempre mio padre e, in ogni caso, avrei dovuto confrontarmi con lui. Non l’avevo fatto prima di andarcene da Halifax, perciò l’avrei fatto in quel preciso momento.
Papà era seduto al tavolo in cucina, e stava sorseggiando con aria assorta una tazza di tè fumante. Lo osservai con attenzione, cercando di capire cosa ci fosse di diverso in lui. Tanto per iniziare, notai, il suo viso era liscio, pulito e i capelli erano decisamente più corti. L’ultima volta che l’avevo visto, il suo aspetto era in perfetta sintonia con l’immagine del barbone alcolizzato.
Era vestito semplicemente, con un paio di jeans scuri e una camicia azzurra. Non aveva niente dell’uomo che era stato nell’ultimo anno e la cosa, a primo impatto, mi lasciò stordita e disorientata.
Non appena mi vide, si alzò e fece per avvicinarsi. Istintivamente, mi accostai a Louis, che non si mosse di un millimetro, se non per circondarmi le spalle con un braccio. Era tremendamente serio, come non l’avevo mai visto.
Papà interruppe la sua avanzata verso di me.
«Ciao, Cassidy.»
«Ciao, papà.»
Mamma, che si era appoggiata con la schiena al muro, alzò gli occhi al cielo. La guardai, confusa. Perché sembrava così contenta?
«Diglielo, Max.» lo incitò.
Papà sospirò, tornò a sedersi e fece cenno a me e Louis di accomodarci davanti a lui.
«Grace mi ha detto che ti sei preso cura di Cassidy.» disse, rivolto a Louis, che annuì.
«Grazie.»
Mi venne da piangere, ma mi sforzai di trattenere le lacrime per dopo. Ero forte, mi dissi. E non avrei più permesso a papà di ferirmi. Tantomeno mi sarei illusa che fosse cambiato.
«Diglielo, Max.» ripeté ancora mamma. Il suo sorriso, intanto, si era allargato ancora.
Un po’ irritata da tutto il suo buonumore, la fulminai con un’occhiataccia.
«Dopo che ve ne siete andate…» cominciò papà «mi è caduto il mondo addosso.»
Inarcai un sopracciglio. Davvero? Perché secondo lui per noi era stato facile, scappare di punto in bianco? Louis strinse la presa sulla mia mano, probabilmente per consigliarmi di stare zitta.
«All’inizio ho dato la colpa a tua madre, poi mi sono reso conto che, in effetti, tutta la colpa era mia.»
«Vorrei vedere.» celiai, sarcastica. Louis rafforzò la presa e mamma mi allungò un coppino. Papà, sorprendentemente, rise.
«No, ha ragione. Il problema, Cassidy, è che accettare di essere un totale fallimento come marito, come padre e come uomo, non è stato semplice.»
«Non ho mai pensato che tu fossi un fallimento, fino a che non hai provato a picchiarmi.» rivelai, sincera. Volevano parlare? Beh, avrebbero dovuto ascoltare anche quello che io avevo da dire. Altrimenti, che senso aveva?
«CASSIDY!» mamma era scandalizzata, senza ombra di dubbio. Mi guardò severamente, poi osservò papà, temendo forse che ci fosse rimasto male.
«Grace, lascia che parli. Ha tutto il diritto di odiarmi.»
«Non ti odio, papà. Non potrei mai. Però… non so se potrò dimenticare tutto.»
Papà rimase in silenzio per qualche istante, poi riprese a parlare.
«Non ti chiedo di farlo. Io stesso non dimenticherò niente. Però, vorrei avere una seconda possibilità, Cassidy. Non bevo da cinque mesi e ho trovato lavoro poco lontano da qui.»
«Ora devo andare.» farfugliai, infine. Scattai in piedi e mi precipitai fuori casa, in tutta fretta. Sentii appena Louis che assicurava a mia madre che mi avrebbe parlato, poi entrai in macchina e chiusi gli occhi.
Non mi ero neanche accorta di aver trattenuto il respiro, fino a quando sentii il bisogno di incamerare un po’ di ossigeno.
«Cass…»
Louis mi accarezzò i capelli con dolcezza, cercando di calmarmi.
«Lo so, non dovevo andarmene così…» risposi. Sentivo che stavo per piangere e, se avessi continuato a parlare di papà, probabilmente avrei iniziato nel giro di dieci secondi.
«Tuo padre capirà.» concluse Louis.
 
 

***
 
 
 
 
«Stai da schifo.»
Niall si guadagnò un pugno sul braccio e un pizzicotto sulla coscia, dopodiché si tappò la bocca e la finì di dare aria alle corde vocali.
Io e Louis eravamo appena rientrati e i ragazzi mi avevano letteralmente preso d’assalto per sapere cosa stava succedendo. Avevo lasciato a Louis il compito di spiegare ogni cosa, perché io proprio non me la sentivo di affrontare tutto da capo.
Tuttavia, ancora non avevo avuto nessuna reazione isterica. Anzi, mi ritenevo piuttosto soddisfatta di me stessa.
Stavo accettando lo svolgersi della situazione come una persona matura e non come una bambina, il che era molto meglio di quanto mi aspettassi. Forse Louis mi aveva davvero aiutato a crescere. O, forse, a farmi crescere erano state tutte le situazioni più o meno complicate che la vita mi aveva presentato.
«Perciò, alla fine, tuo padre è tornato.» concluse Niall.
Annuii, concentrata sui capelli di Melanie, che mi aveva chiesto di farle una treccia elaborata. Avevo capito che voleva distrarmi e le ero davvero grata: pensare sempre alla stessa cosa non era affatto un bene, per la mia salute mentale. E, in ogni caso, era inutile rimuginare di continuo. Ormai era andata.
«E adesso cosa succederà?» domandò Zayn, un po’ preoccupato.
«Non ne ho la più pallida idea.»
Feci spallucce, poi guardai prima Louis, poi Melanie, Harry, Niall, Liam e Zayn.
Sorrisi, perché c’era una cosa di cui ero del tutto certa: se loro fossero rimasti al mio fianco, sarei riuscita a superare qualunque cosa.
 
 
 
***
 
 
 
Questo capitolo è stato un parto. Davvero, è stato il più difficile di tutti e mi lascia con un senso di vuoto che non riesco a descrivere.
Non mi sento del tutto soddisfatta, se devo dire la verità, ma poco importa. L’ho scritto e riscritto un numero infinito di volte – un po’ perché il mio pc non l’ha salvato, un’altra volta perché per sbaglio non l’ho salvato io.
Vi rendete conto? La storia è finita. Sul serio. Manca solo l’epilogo, che pubblicherò settimana prossima e poi Like an Hurricane è conclusa. Non posso nemmeno pensarci. È la mia prima long, che porto a termine, e mi sono affezionata ai personaggi. Forse ci ho messo così tanto a finire di scriverla perché non volevo che finisse. Sono triste, cavolo.
Be’, niente, perdonatemi se questo capitolo fa un po’ schifo, ma sono depressa.
Well, i ringraziamenti li lascio al prossimo capitolo!
Per adesso, please, fatemi sapere se questo è così illeggibile, o se può andare.
 
Much love,
Fede <3
 
 
 
 
   
 
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