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Autore: _fedss    10/09/2012    17 recensioni
Sono passati cinque anni da quel giorno.
Cinque anni dalla fine di quell'incubo e dall'inizio del grande dolore.
Cinque anni e Richard Castle ancora non riesce a darsi pace.
Continui incubi e tormenti popolano le sue notti.
Si sente seguito, spiato.
Ma non da poi tanta importanza ai suoi timori.
Ormai la donna che ama non c'è più.
E se non fosse così?
Se l'incubo non fosse ancora finito?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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People say goodbye, in their own special way.

 
 
La lapide davanti a lui è fredda, grigia e fredda. Uno degli abbinamenti peggiori che ci possano essere. Nemmeno le decine di fiori appoggiate sopra, rendono quel blocco di pietra un po’ meno triste.
 
Richard sfiora le lettere incise sul marmo, sussurrandole, in modo che nessuno possa sentire.
 
“Avevi ancora molto amore da dare. Continua a vegliare su chi ami, anche da lassù.
Detective Katherine Beckett, madre, compagna, figlia e amica.
Sempre.”
 
Lascia un bacio sulla foto che raffigura Kate e smette di trattenere le lacrime. Scivolano veloci sulle sue guance e finiscono sul prato, scomparendo. È da più di dieci minuti che è inginocchiato davanti a quella tomba.
 
La gente che passa lo guarda, con tenerezza, comprendendo, forse, le pene del povero uomo. Nessuno si ferma a fissarlo. Quello è un momento intimo, nessuno vuole disturbare.
 
Solo una donna, nella penombra di un albero, lo osserva da quando è arrivato. Vorrebbe andare da lui, asciugargli quelle lacrime che non può vedere ma, che sa essere presenti. Vorrebbe farlo rivivere.
 
Manca poco.
 
Guarda lo scrittore poggiare due fogli sulla tomba, fermandoli con un sasso per non farli volare. Lo guarda lasciare un’ultima carezza sulla foto e poi lo vede alzarsi, lentamente. È stanco. Invecchiato più del dovuto. Vorrebbe abbracciarlo, stringerlo. Vorrebbe baciarlo. Non ha dimenticato il sapore di quelle labbra perfette.
 
 
 
 
La Ferrari è parcheggiata davanti al cancello del grosso college.
 
Una ragazza rossa, si affaccia dalla finestra e vede l’uomo appoggiato all’auto. Non riesce a trattenere un gridolino di gioia ed inizia a correre. Giù per le scale, lungo i corridoi, fuori dal portone di pietra.
 
Castle aspetta con un sorriso smagliante aperto sul volto. La ragazza arriva dal padre e si fionda tra le sue braccia. Poggia la testa sul petto dell’uomo e lo stringe forte.
 
«Quanto mi sei mancato… è da più di un mese che non ti fai vedere!» Sembra lo stia sgridando e, invece, continua a sorridere. Poi, si scosta dal corpo di Rick e lo guarda con gli occhi ridotti a fessura.
 
«Papà… un mese! Cosa è successo? Prima ci vedevamo ogni settimana!» gli fa notare triste.
 
L’uomo abbassa lo sguardo, scalcia via un sassolino solo per perdere tempo. È terribilmente mortificato.
«Scusa, Al.. questo periodo è stato piuttosto pieno di impegni, Roy sta crescendo e… ci sono anche delle novità.»
 
«Novità? Di che tipo?»
 
«Facciamo così, andiamo a mangiare insieme e ti racconto tutto con calma. Ti ricordi quel ristorantino che ci piace tanto, a due passi da qui? Scommetto che lasciano ancora libero quel tavolo per lo scrittore Richard Castle!» le dice convinto, pur sapendo che la sua carriera da scrittore è forse finita da un po’ di tempo.
 
Non scrive un romanzo da anni.
 
Alexis annuisce, fa il giro della macchina ed entra nel posto accanto a quello del guidatore, senza attendere il padre.
 
Richard, si guarda intorno. Qualcosa ha attirato la sua attenzione, ma niente sembra sospetto. Fa per salire in macchina, quando nota la figura di una donna che cammina velocemente. È strano, pensa. Non fa molto freddo, eppure è incappucciata e tiene una sciarpa che le copre il volto.
 
È un attimo.
 
La donna si gira e, due occhi verdi, incontrano quelli blu dello scrittore. Persino il tempo sembra fermarsi, i due rimangono a fissarsi per attimi che paiono durare ore. Ma passano solo pochi secondi poi, la donna corre via svoltando l’angolo, sparendo dalla vista di Rick Castle che viene chiamato dalla figlia.
 
«Papà! Papà, andiamo?»
 
«S-si, io…» sale in macchina. Infila le chiavi e accende il motore. Sta per partire quando si gira verso Alexis, che lo sta guardando curiosa.
 
«Al, l’hai... l’hai vista anche tu?» le chiede timoroso.
 
«Visto cosa?»
 
«Quella donna.. sembrava.. sembrava Kate.»
 
Alexis non risponde. Guarda davanti, sussurra un andiamo quasi non udibile e rimane in silenzio per tutto il tragitto. La scomparsa della detective ha sconvolto anche lei. Ha smesso di credere tre anni prima alle teorie assurde del padre, convinto che Kate non fosse realmente morta.
 
 
La giornata, per Richard Castle, non è una delle migliori.
 
Il pranzo con Alexis, non si è concluso come lui sperava. La figlia non ha preso molto bene la notizia dell’imminente matrimonio, Richard non riesce a scacciare dalla sua mente le parole della ragazza.
 
Non commettere lo stesso errore che hai fatto con la mamma. Per quale motivo vuoi sposare Melanie?
Lei… lei mi fa sentire meglio.
Tutto qui? Anche il mio migliore amico mi fa sentire meglio, ma non voglio sposarmelo!
Non è la stessa cosa, Al…
Ah, no? E allora dimmi, la ami?
Al, è complicato…
Va bene papà, ma non venire poi a lamentarti da me.” Si era alzata ed aveva afferrato la sua borsetta. Aveva fatto per andarsene, quando il padre le aveva sussurrato:
Non mi basta più il suo ricordo…
L’aveva guardato dall’alto, con tenerezza. Poi se ne era andata, lasciandolo lì da solo, non prima di avergli detto: “Devi superarla, una volta per tutte.
 
Quell’ultima frase gli rimbomba in testa. Guida nel traffico senza prestare veramente attenzione alle macchine, alla strada che deve prendere. Parcheggia sotto il palazzo senza riflettere, sale le scale senza prima salutare il portiere.
 
Si sente svuotato, anche quelle poche certezze che si era creato in questi difficili cinque anni, lo hanno abbandonato. Non sa più se sposare Melanie sia la cosa giusta da fare. Non sa se, casomai succedesse, avrebbe ancora il sostegno della figlia. È preoccupato.
 
L’indomani avrà un colloquio con la Gates e non sa per quale motivo. Non sa il perché di tutte quelle domande. Non sa perché, dopo tempo che non succedeva, ha pensato di aver visto di nuovo Kate.
 
Non è possibile.
 
Eppure quegli occhi verdi, limpidi, segnati d’oro… erano così uguali a quelli di lei. Ogni sfumatura che ricordava, era al posto giusto.
 
Si fionda nella sua camera e si butta sul letto, a peso morto. A pancia all’aria, con le braccia aperte, lo occupa interamente. Chiude gli occhi per riflettere ma subito viene interrotto da un leggero rumore che proviene da dietro la porta. Non fa in tempo a chiedere chi sia, che una testolina sbuca nella camera.
 
«Ciao papà» dice timidamente.
 
Richard non alza la testa, non si muove minimamente. Rimane sdraiato, con gli occhi chiusi, ma sorride. Batte una mano sul letto e lo invita a mettersi vicino a lui. Roy non si fa aspettare.
 
Salta sul letto e si accoccola accanto al padre, poggiandogli la testa sul petto e la mano sulla pancia. Sta così bene lì, vicino al papà. Manca solo una cosa per rendere il tutto più perfetto. La mamma.
 
«Papà, perché non mi sei venuto a salutare? Ti ho fatto arrabbiare?» chiede il bambino, triste.
 
«No tesoro, non sei tu» gli dice scompigliandogli i capelli pigramente, con una mano. «E’ che papà oggi è stanco e voleva riposarsi prima di cucinare la cena per il nonno!»
 
«Non cucina zia Mel, stasera?»
 
«No, tesoro. Melanie arriva tardi, sta organizzando il matrimonio» gli spiega lui. È così curioso quel bambino. Ha cinque anni e fa un sacco di domande, parla tantissimo e vuole sapere ogni cosa accada intorno a lui. Ma nonostante tutto, è un angioletto.
 
«Papà, zia Mel mi piace tanto! Le voglio tanto bene, cucina benissimo e mi canta delle canzoni fantastiche!» afferma convinto. «Ma… secondo te la mamma non si arrabbia se la sposi? C’è… la maestra mi ha spiegato, sai? Quando ti sposi è per sempre, non puoi stufarti come io con la mia fidanzata…»
 
«Ahh, così tu avresti una fidanzatina?» lo schernisce Rick, divertito e sorpreso da quel discorso allo stesso tempo.
 
«Si papà, ma non cambiare argomento, non siamo qui per parlare di me» dice serio. Si alza dal petto del padre e si mette seduto, a gambe incrociate, sulla pancia dell’uomo che, non trattiene una smorfia di dolore.
 
«Guarda che non sei più leggero come una volta» fa notare a Roy. «Comunque, secondo te la mamma si arrabbia?»
 
«No, non penso si arrabbierà… però quando ritorna potrebbe non essere d’accordo… c’è… vorrebbe sposarsi lei con te, no?»

«Roy, a questo proposito…» finalmente Castle si mette seduto, continuando a tenere il figlio su di se. Gli accarezza i capelli e prende un profondo respiro. «Roy, papà ti deve dire una cosa importante…» lo fissa intensamente negli occhi azzurri, non trova le parole giuste.
 
«Amore mio, ti ricordi quando ti dicevo che la mamma sarebbe tornata presto, che non è qui con noi perché è andata a lavorare lontano?» Roy annuisce e Rick continua. «Beh… non ti dicevo la verità.»
 
Il piccolo si alza lentamente dalle gambe del papà. Rimane in piedi davanti al letto con lo sguardo triste. «In che senso?» chiede.
 
«La mamma non è a lavoro. La mamma è andata in un posto migliore…» il bambino arretra lentamente, sentendo le parole del padre. Non gli piace quella storia che gli sta raccontando. Non vuole più sentire.
 
«La mamma non tornerà più, Roy James.»
 
E’ un attimo. Il piccolo Castle si gira e corre fuori dalla stanza del padre. Si rintana nella sua cameretta, afferra il suo cuscino preferito, quello a forma di distintivo di polizia, e si butta sul letto stringendolo forte. Piange.
 
 
La cena con Jim Beckett è stata tranquilla. Aveva voglia di vedere il nipotino ma, Roy Castle, se ne è stato tutta la sera rinchiuso nella sua stanza.
 
Richard è assente per tutta la sera. Ripensa alla discussione con la figlia, all’espressione delusa del figlio e a quegli occhi verdi. Proprio, non riesce a levarseli dalla testa.
 
Quando Jim se ne va, bussa alla porta della cameretta del suo bambino. Non attende una risposta che sa non arriverà. Entra e si siede sul letto, accanto a Roy, che si è rifugiato sotto le coperte. Gli accarezza la schiena attraverso il piumino e sospira.
 
 «Mi dispiace così tanto, Roy» gli dice.  «Ma vedrai, ce la faremo, insieme. Buonanotte.»
 
Quando capisce che il piccolo non ha intenzione di rispondere, si alza ed esce dalla stanza, sconsolato. Va in cucina ed apre la dispensa. Afferra la bottiglia e si chiude nello studio.
 
 
 
 
«Amore, ti squilla il cellulare.»
 
Lanie da un bacio sulle labbra al marito e si alza dal letto, lo guarda sistemarsi meglio sotto le coperte, assonnato, e poi corre in salone.
 
Afferra il telefono, sul display lampeggia la scritta ‘sconosciuto’. Risponde.
 
«Pronto?»
 
«Lanie…»
 
«Chi parla?» chiede titubante. Quella voce le sembra di conoscerla, eppure…
 
«Lanie, sono… sono Kate.»
 
Il telefono le cade dalla mano, le gambe cedono sotto il suo peso e si inginocchia per terra. Sente i passi dell’uomo raggiungerla, preoccupato. Ha sentito il tonfo del cellulare. Si siede accanto a lei.
 
«Lanie, amore, chi è al telefono?»
 
«Javier… è Kate.»
 
 
 
 
 
Angolino della Fe! :)
Ok, è finito “una settimana da Dio” e io posso aggiornare..
Beh, pensavo di aver scritto solo un capitolo di passaggio ma, dopo averlo riletto, l’ho trovato come dire, tosto?
Si, piccolo Castle è più maturo di grande Castle (la prima cosa che ha notato la Martha *-*)!
E… rullo di tamburi, avevate ragione. Ormai si può dire, ha anche chiamato Lanie!
KATE E’ VIVA!
Ma come la prenderà Castle?
Mhhhh, chi lo sa u.u
Buonanotte e alla prossima :)
Fede.
   
 
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