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Autore: Mary Sue    11/09/2012    2 recensioni
Ho deciso di raccontare un'altra edizione degli Hunger Games, con personaggi e situazioni inventati da me. Enjoy.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi sveglio. Riluttante ad aprire gli occhi, sento Amber e Diamond che parlano a bassa voce. Mi metto a sedere. Lui le sta medicando la gamba. A giudicare dalle macchie sul sacco a pelo, stanotte la gamba di Amber ha sanguinato ancora, e parecchio. Sono tutti svegli.
- Ciao, Cass.
Alzo la zip che funge da porta per la tenda. Tutta la neve si è sciolta. Una piacevole brezza primaverile mi accarezza il volto. Il terreno è appena umido, le rocce sono asciutte e lo strato di ghiaccio che ricopriva il torrente si è dissolto. Non si direbbe che ieri era tutto sommerso dalla neve.
È incredibile come gli Strateghi possano cambiare radicalmente il clima dell’arena in pochissimo tempo.
Stanotte ho fatto il primo turno di guardia da sola, e nessuno è venuto a farci visita.
- È una giornata perfetta per andare a caccia. dice Mick guardando l’arena e accarezzandosi il sottile strato di barba che gli sta ricrescendo sul mento.
So a cosa si riferisce. Non parla di inseguire conigli. Vuole andare a caccia di tributi.
In un certo senso, è triste assistere alla trasformazione di Mick. In così poco tempo, è passato dal ragazzo gentile e generoso a questo spietato assassino. Gli Hunger Games e la voglia di tornare a casa lo hanno mutato nel profondo. Non è più il Mick che ho conosciuto a scuola, quel ragazzo buono e sempre pronto ad aiutare gli altri. È difficile accettare il cambiamento.
Per colazione mangiamo un boccone di pane abbrustolito sul fornello da campeggio.
Quando il Sole arriva a metà della sua risalita nel cielo, raccogliamo i nostri zaini e le armi e ci accingiamo a partire. Amber, ovviamente, resta a fare la guardia.
- Dove andiamo? chiede Dawn.
- Il primo giorno ho visto qualcuno correre verso il bosco.risponde Mick.
Ci incamminiamo. Oggi, che on siamo intralciati dalla neve, il tragitto sembra infinitamente più breve.
Ci inoltriamo nel bosco. All’ombra degli imponenti abeti, fa decisamente più fresco. I piedi affondano leggermente nella terra del sottobosco, morbida e ricoperta di aghi. Camminiamo guardinghi, sobbalzando a ogni minimo fruscio, scoprendo poi che si tratta di una ghiandaia imitatrice che si posa su un ramo. Di tributi neanche l’ombra. Sono sollevata. Non ho alcuna voglia di uccidere.
- Laggiù! grida Diamond.
Mi volto nella direzione da lui indicata, e riesco a vedere di sfuggita un ragazzo nascondersi dietro un albero.
Corriamo verso di lui, zigzagando tra i tronchi che si fanno sempre più fitti man mano che ci addentriamo nel cuore del bosco. Capisce che l’abbiamo visto, e inizia a correre come se avesse le ali ai piedi. Riusciamo ad accorciare le distanze. Corro a perdifiato, con la lancia alzata per evitare che mi intralci. Siamo vicini.
- Cassie, colpiscilo! grida Diamond.
No, no, no. Assolutamente no. Io non sono un’assassina, che lo faccia fuori lui.
- Avanti! Ci sta sfuggendo!
Riluttante, mi preparo a scagliare la lancia. Sono costretta. Altrimenti, gli altri capiranno che ho intenzione di uccidere meno persone possibili. Verrò reputata inutile per il gruppo e, a meno che io non riesca a fuggire, finirò infilzata dalle lame dei miei alleati.
La lancia vola sibilando e si conficca nel ginocchio del ragazzo, trapassandola. Si ferma per un brevissimo istante. Tenta di saltellare su una gamba sola, ma in pochi secondi Dawn gli è addosso e lo immobilizza a terra. La spada di Ben fa il resto. Il colpo di cannone riecheggia in tutta l’arena grazie all’eco prodotto dalle montagne circostanti, giganti rocciosi protesi sopra di noi.
Mi avvicino al ragazzo morto. Aveva la pelle scura, un fisico gracile e i capelli crespi.
- Batti cinque, è stato un colpo fantastico. Diamond è felice come una pasqua. Voleva veder scorrere il sangue.
- Per fortuna, non te lo sei tenuta tutto per te.
- Si chiama gioco di squadra.
Pensano che io abbia mirato al ginocchio per fare lavoro di gruppo. Sono riuscita ad ingannarli per questa volta, ma non credo che durerà.
Questa morte mi pesa meno sulla coscienza, perché non ho ucciso direttamente quel ragazzo. Non posso fare a meno di pensare ai due tributi che ho ucciso alla Cornucopia.
Dopo aver mangiato un po’ di carne in scatola, ripartiamo.
Sono passati solo tre giorni, e siamo rimasti in dieci, di cui cinque superfavoriti e altri due ossi duri che hanno stretto alleanza.  Ho la netta impressione che questi Hunger Games saranno molto brevi.
Dawn sta trafficando ai piedi di un albero. Ha trovato dei piccoli cetrioli.
- Potrebbero non essere commestibili.dice Mick sospettoso.
- Lo sono.ribatte lei.
- Come fai ad esserne tanto sicura?
- A differenza tua, mi sono degnata di considerare la postazione di riconoscimento piante, durante l’addestramento. Tu hai pensato solo alle armi.
La tensione sta crescendo. Temo che queste piccole incomprensioni potrebbero trasformarsi in una lotta all’ultimo sangue. Per ora, si limitano a guardarsi in cagnesco.
- Questi li portiamo all’accampamento. Abbiamo già mangiato poco fa. Mette i cetrioli nello zaino.
Setacciamo il bosco per tutto il pomeriggio, ma all’imbrunire non abbiamo trovato nessuno. Ci incamminiamo, guidati dal bagliore dorato della Cornucopia, visibile da ogni angolo dell’arena.
Sento delle fitte al ginocchio destro. Rallento un po’, fino a ritrovarmi circa due metri e mezzo più indietro rispetto agli altri. Non riesco a correre avanti per raggiungerli, quindi tengo le distanze. Quando ormai stiamo per uscire dal bosco, Ben si accorge che sono rimasta indietro e corre da me.
- Va tutto bene? mi chiede. Inizia a battermi il cuore. È così premuroso.
- Mi fa un po’ male il ginocchio. Tutto qui.
- Vuoi che ti aiuti?
- Non fa niente, riesco benissimo a camminare fino alla tenda.
Annuisce. Ma invece di tornare nel gruppo, rimane indietro con me. Non ci diciamo niente.
- Gioco di squadra. Ma chi vuoi prendere in giro? dice all’improvviso, a bassa voce. Oh no, ha capito tutto.
- Non capisco cosa intendi dire. Cerco di usare un tono di voce fermo.
- Tu non vuoi uccidere, e non dirmi che mi sbaglio.
Ormai è inutile fingere. La mia copertura è saltata.
- E va bene, lo ammetto. Adesso cosa farai? Vuoi uccidermi? Pensi che una ragazza buona sia completamente inutile per la nostra alleanza? Ho esagerato. Non voglio affatto lottare con lui.
- No. dice. C’è una nota di tristezza nella sua voce. Mi si stringe lo stomaco al pensiero di averlo offeso.
Un pipistrello sfreccia pochi centimetri sopra la mia testa, ondeggiando da una parte all’altra come se si fosse scolato diverse bottiglie di liquore.
- Io apprezzo il fatto che tu non sia diventata un… un mostro. Continua. Sono contento che tu sia rimasta te stessa, la Cassie dolce che ho conosciuto al centro di addestramento. Mi reputa dolce?
Tra di noi cala il silenzio. Si avvicina e mi cinge le spalle con il braccio, facendomi sussultare. Mi irrigidisco.
- Stai tranquilla. sussurra.
Alzo la testa e lo guardo negli occhi. Lui mi sorride. Mi rilasso. Sentire il suo braccio che mi stringe a sé diventa piacevole, e accanto a lui mi sento al sicuro. Torna la sensazione di tepore che ho provato al centro di addestramento, mentre mi insegnava a fare quel movimento con la spada. Mi avvicino ancora di più a lui, e mi accorgo che sto tremando.
Non c’è niente da fare, sono cotta di lui. Mi sono innamorata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
È triste che io non possa fidarmi ciecamente di lui. Questi sono gli Hunger Games, potrebbe far parte della sua strategia: sfruttare la mia attrazione nei suoi confronti, per poi pugnalarmi alle spalle. Devo tenere gli occhi bene aperti.
- Ce ne andiamo? mi bisbiglia nell’orecchio.
- Cosa?
- Tu ed io. Scappiamo. Formiamo un’alleanza, solo noi due. C’è intesa tra noi, non pensi anche tu? Inizio a considerare l’idea. Non è una pessima prospettiva, passare le ultime giornate della mia vita con un ragazzo che mi piace. Riconsidero però il fatto che probabilmente mi sta usando.
- Solo se mi prometti che uccideremo esclusivamente se necessario.
- Mi va benissimo.
Arrossisco. Rinuncia ad andare a caccia solo perché io mi rifiuto di uccidere; lo fa per farmi un piacere. Questo è molto carino da parte sua.
- Stanotte facciamo il secondo turno. dico. Lui afferra al volo e mi fa l’occhiolino.
Quando arriviamo nella tenda, ormai è buio. Amber è sdraiata nel sacco a pelo; ha un colorito cereo, ansima e suda freddo. Ha la febbre talmente alta che sento il calore della sua fronte semplicemente avvicinando la mano. Ha perso ancora molto sangue durante la nostra assenza.
- Non dovrebbe prendere una medicina? dico preoccupata.
- Di solito le medicine per la febbre si prendono a stomaco pieno. risponde Dawn, avvicinandosi ad Amber. Ti piacciono i cetrioli? Ha un tono di voce dolce e rassicurante, come quello di una madre che parla al figlio malato.
- Non molto. dice flebilmente.
- Mangiane uno, ti farà bene. La aiuta a sedersi e le porge un cetriolo.
Amber mette in bocca il cetriolo e ne stacca un piccolo morso.
- Ha un sapore orribile.
- Non importa. Mangia, ti sentirai meglio. insiste Dawn.
Lo mastica per un po’, poi ingoia il boccone. Inizia a tossire e a respirare a fatica, lascia cadere a terra quel che rimane del cetriolo e si porta le mani alla gola. Si accascia a terra e si contorce, rantolando.
- Amber! Diamond è sconvolto. Si precipita accanto a lei, che continua a contorcersi, la schiuma alla bocca. Mettiti seduta. La sorregge, mentre lei cerca invano di dare aria ai polmoni. Il suo corpo è scosso da tremiti e convulsioni. le pupille sono rivolte verso l’alto, e quello che riusciamo a vedere dei suoi occhi semichiusi è bianco. È una scena terrificante, e non possiamo intervenire. Amber si rilassa e lascia cadere la testa all’indietro. I suoi respiri sono brevi e superficiali. Poi, il colpo di cannone.
- Sei davvero un’esperta di piante, Dawn. dice Mick con aria beffarda. Lei si limita a sorridergli.
- Tu… tu sapevi che quei cosi erano velenosi!
- Amber ormai era inutile.
- E se qualcun altro avesse mangiato quei cetrioli? Pensa al rischio che avremmo corso! si intromette Ben. Le sta gridando in faccia. Dawn si limita a fare spallucce.
Non mi aspettavo una cosa del genere da parte di Dawn. Pensavo che, nel nostro gruppo, quelli più inclini ad eliminare gli elementi deboli fossero Mick e Diamond. Ma guardandolo negli occhi velati di lacrime, capisco che il ragazzo del Distretto 1, forte come un diamante, non avrebbe mai ucciso la sua compagna. Probabilmente si conoscevano da tempo. Raccoglie con delicatezza il corpo di Amber e lo porta fuori, cosicché l’hovercraft possa recuperarla.
- Ben, fai il primo turno? chiede Dawn, come se non fosse successo nulla.
- No. Preferisco il secondo. il suo sguardo incontra il mio.
- Ehm… anch’io faccio il secondo turno.
Sentiamo l’inno di Capitol City. Usciamo. Nel teleschermo vediamo prima il volto di Amber, poi quello del ragazzo che abbiamo ucciso stamattina, proveniente dal Distretto 6.
- Chi è rimasto? chiedo.
- Noi, due alleati piuttosto forti e due perdenti che si nascondono da qualche parte. risponde Dawn.
Il terzo giorno è finito, e quindici di noi sono già morti. Questa edizione degli Hunger Games procede a ritmo serrato.
Sento un bip intermittente sopra di me. Alziamo la testa e vediamo un contenitore appeso ad un piccolo paracadute argentato. Diamond lo prende al volo.
- C’è il simbolo del Distretto 4. Me lo lancia.
Svito lentamente il coperchio, e la prima cosa che vedo è un bigliettino con scritto: Stai in guardia. M.
- È per me. dico.
È ovvio che il dono è per me. Il biglietto è firmato da Magnus, e ovviamente con quel Stai in guardia si riferisce a Ben e all’eventualità che mi stia usando.
Nel contenitore c’è una busta di plastica con cinque biscotti alla scorza di limone, un dolce tipico del mio Distretto. Ne tolgo uno dalla busta.
- Ne vuoi uno? offro il biscotto a Mick.
- E me lo chiedi?
Prendo un altro biscotto e vado a riporre la busta nel mio zaino. Mi infilo nel sacco a pelo e mangio il biscotto lentamente, assaporandone l’aroma delicato. Con la mente, torno nel Distretto 4. Sento la fragranza invitante della bottega del fornaio, il tintinnio della campanella che suonava quando qualcuno apriva la porta. Vedo i colori sgargianti dell’insegna. Vengo assalita dalla nostalgia dei giovedì pomeriggio, ad aspettare il mio turno per comprare il pacchetto di biscotti appena sfornati per i ragazzi che uscivano da scuola. Il biscotto finisce; apro gli occhi e vedo la tela grigia della tenda.
Mi addormento, in attesa che Diamond venga a chiamarci quando il suo turno di guardia finisce.

***

Io e Ben arriviamo alle rovine dell’edificio. Le prime luci dell’alba iniziano a farsi strada attraverso le montagne. La costruzione è circondata da una cancellata coperta di ruggine e da una giungla di erbacce che un tempo doveva essere un giardino. Muovo dei passi cauti in mezzo alle macerie, cercando di fare meno rumore possibile. Vedo una cassettiera sfondata. Doveva essere una bella cassettiera, dal momento che è percorsa da intricati intagli che non riesco a decifrare a causa della mancanza di luce. In un cassetto semiaperto vedo qualcosa che potrebbe essere un lenzuolo, oppure una tovaglia. In un angolo c’è un divano coperto di pulviscolo; è quasi interamente squarciato, e ne fuoriescono l’imbottitura e le molle, come se fosse stato sviscerato. Sul pavimento ci sono diverse cornici con delle tele strappate. I quadri sono del tutto ricoperti dal grigio pulviscolo delle macerie che aleggia nell’aria; sono talmente consumati che ormai sembrano raffigurare delle scene viste da dietro un cartoncino grigio. Le scale che portano al piano di sopra sono in parte crollate, così come buona parte del piano, in cui si apre un foro enorme.
Vedo un’ombra che si allunga verso di noi. Mi volto, e su ciò che rimane del piano di sopra c’è un ragazzo alto e muscoloso, con in mano un’ascia. Incocco la freccia e lo colpisco in piena testa. Cade in avanti e atterra sulla cassettiera, disintegrandola ulteriormente. Sentiamo lo sparo in lontananza.
- Però, stai migliorando. commenta Ben.
- In che senso?
- Non ti sei fatta scrupoli ad ucciderlo.
- Era grosso, ed era armato. Mi sono sentita minacciata. ribatto acida mentre tolgo l’ascia di mano alla mia vittima. Sfilo la freccia dal cranio del ragazzo e la ripulisco con una federa che ho trovato nella cassettiera, se quella carcassa di legno può essere ancora definita tale.
Ben spinge il divano accanto alla scala.
- Cosa stai facendo?
- Vado al piano di sopra.
Sale sullo schienale del divano, e da lì salta sul primo gradino, che un tempo doveva essere stato il quinto. Lo seguo.
Di quello che c’era al piano di sopra, solo la camera da letto e il bagno si sono salvati, per così dire. Nella camera da letto sono rimasti solo il letto sfondato e dalle sbarre arrugginite, e un armadio completamente svuotato. Il bagno, invece, è stato vittima di un’invasione di ratti, ragni, scarafaggi e altri animali disgustosi.
- Chiudi la porta, prima che queste bestie ci attacchino.
Negli Hunger Games, c’è il rischio che ogni animale che abita l’arena sia un ibrido di Capitol City, che non vede l’ora dei succulenti banchetti a base di tributo che potrebbero capitargli.
Ben inizia a sistemare le cose che abbiamo rubato dalla tenda del bottino. Io esco e mi faccio strada tra le piante selvagge del giardino per controllare se c’è qualcosa di commestibile. Sul retro, ci sono dei cespugli di more. La mia attenzione viene attirata da un nano da giardino in pietra. La vernice è sbiadita, ma posso capire che indossava un berretto rosso, una camicia blu e dei pantaloni marroni con le bretelle. La cosa che mi colpisce sono gli occhi. Le pupille sono rimaste di un nero intenso; la vernice lì non si è consumata. Mi inginocchio per guardare più da vicino, e mi accorgo che sono telecamere. In questo momento, l’intera nazione avrà un’ottima visuale del mio viso e della mia espressione incuriosita. Lory e Nessie si staranno sicuramente sbellicando.

***

Nel primo pomeriggio, mentre sono seduta sulle scale a spiumare un’anatra vittima del mio arco, udiamo una voce femminile inespressiva che sembra arrivare dal cielo.
- Attenzione, tributi. Vi comunico che siete invitati al festino che si terrà domani all’alba alla Cornucopia. Possa la fortuna essere sempre a vostro favore.
Se hanno organizzato un festino, significa che sono rimasti i migliori, e di conseguenza che questi Hunger Games sono ormai agli sgoccioli.
- Ci andiamo? chiede Ben.
- Non so. Tu vuoi andarci?
- Propongo di nasconderci dietro una di quelle grosse rocce intorno alla Cornucopia, e di lanciarci nella mischia solo se lo riteniamo opportuno.
Mi sembra un’ottima idea.
Vado a prendere il mio arco e la faretra, un paio di coltelli e l’ascia.
- Dove vai? chiede Ben.
- A caccia. Mi è sembrato di vedere un cervo, oggi. Vieni anche tu?
- Non ho molta voglia.
- Allora finisci di spiumare l’anatra.
Prende l’anatra per il collo e inizia a strappare le piume sul petto.
Entro nel bosco camminando con passo felpato, l’odore degli abeti nelle narici. Cammino per circa venti minuti. Sento uno strano fruscio sopra di me, e sobbalzo. Alzo la testa ma non riesco a vedere cosa abbia fatto scricchiolare leggermente i rami dell’abete. Fischio una breve melodia. La cosa che ha fatto quel rumore ripete. È solo una ghiandaia imitatrice.
Dopo un po’ di tempo, vedo la coda del cervo a una ventina di metri da me. Mi avvicino con passo furtivo, cercando di non farmi vedere. Incocco una freccia e miro alla gamba dell’animale.
Di nuovo un fruscio tra i rami. Fischio di nuovo la melodia di prima, e l’animale tra gli alberi per tutta risposta emette un ringhio sommesso. Ho già sentito quel suono, quando Peanut andò ad importunare un grosso gatto a macchie che dormiva sullo zerbino di casa nostra. Mi volto, e vedo un orrendo gatto spelacchiato che si tuffa dall’albero e atterra senza un graffio proprio davanti a me. Gli occhi giallo limone esprimono tutta la rabbia, la cattiveria e l’odio che un felino può provare. Con un agile balzo, si avventa su di me facendo presa con gli artigli. Lascio cadere l’arco e la freccia per la sorpresa. Sento un bruciore lancinante tra le clavicole. Il gattaccio mi sta graffiando ripetutamente in quel punto con entrambe le zampe anteriori, quasi come se stesse scavando. È uno schifoso ibrido di Capitol City, un gatto normale non riuscirebbe mai a lacerare la carne in questo modo. Riesco a staccarlo dal mio corpo e mi butto in terra, tenendo ferma la creatura che si contorce cercando di liberarsi. Estraggo un coltello e lo conficco nella nuca del gatto, spingendolo in profondità finché non vedo la punta uscire dal suo collo. Emette un miagolio strozzato, e il terreno si bagna del suo sangue color fango.
Sfilo il coltello dal corpo dell’ibrido e lo pulisco alla meglio strofinandolo sul muschio che ricopre una grossa roccia. Raccolgo l’arco e la freccia e, premendomi la mano sui graffi che sanguinano copiosamente, torno alle rovine.
Corro per un po’, ma quando arrivo al limitare del bosco le energie mi vengono meno. Cammino sempre più lentamente fino alle rovine.
Salgo con fatica sulle scale, camminando a zig-zag a causa dei capogiri. Ben, vedendomi con la canottiera intrisa di sangue, impallidisce. Mi lascio cadere su un materasso in lattice per due persone che deve aver tolto dal letto. Ben si avvicina a me, mi toglie la canottiera cercando di farmi meno male possibile ed inizia a tamponare la ferita. Sta cercando di tranquillizzarmi. Io rimango sdraiata, inerme, senza la forza di alzare un dito. La vista inizia ad offuscarsi, e le parole di Ben mi arrivano come un eco lontano. Perdo i sensi.

***

Mi sveglio nel tardo pomeriggio, quando il Sole sta per sparire dietro le montagne. Indosso la canottiera di ricambio; sotto, il mio petto è quasi interamente avvolto dalle bende. Le ferite bruciano leggermente, ma nulla di più.
La canottiera è stesa sul corrimano delle scale. Ben deve aver tentato di lavarla, ma l’alone è rimasto. Accanto al materasso, c’è un paracadute argentato.
Alzo la testa, e vedo Ben che traffica intorno al fornello da campeggio. Quando si accorge di me, un sorriso a trentadue denti gli si stampa in viso.
- Si può sapere che cosa ti è successo?
- Sono stata attaccata da un ibrido.
- Ti fa molto male?
- Brucia un po’. Che cosa mi hai fatto?
- Oh, mentre cercavo di medicarti, è arrivato un paracadute con un unguento. Era una confezione monodose, appena sufficiente per la tua ferita.
Mi porta una ciotola con dell’anatra alle erbe e un po’ di piselli. Ho una fame da lupi; divoro l’anatra e i piselli senza curarmi del sapore disgustoso – evidentemente Ben non è il miglior cuoco di Panem. Mi alzo, mi avvicino al mio zaino e prendo un biscotto. Mi basta sentirne l’odore per sentirmi meglio.
- Ben, posso chiederti una cosa?
Lui si siede accanto a me.
- Ti piace uccidere?
- Sai, Cass… È questa la mentalità del Distretto 2. Nel nostro Distretto, vengono addestrati i Pacificatori. Fin dalla tenera età, veniamo bombardati di stimoli a diventare degli assassini. Ci mostrano continuamente scene di guerra e di lotta in televisione. Durante il nostro addestramento, cercano in tutti i modi di insegnarci ad odiare. Penso che ti sarai accorta, in diciotto anni di Hunger Games, che i tributi del Distretto 2 sono sempre i più spietati e sanguinari.
Rabbrividisco pensando a Dawn ieri sera.
- Insomma, quando arriviamo nell’arena, dentro di noi ribolle l’odio per gli altri ventidue ragazzi che ci stanno intorno. Continua. E se uno manca della giusta dose di ‘sana cattiveria’, come la chiamano da noi, diventa lo zimbello di tutti.
- Ti ricordo che anch’io faccio parte dei ventidue ragazzi.
- Tu sei speciale.
Sto arrossendo, lo sento.
- Durante il mio addestramento, ho dovuto imparare a celare il fatto che non voglio essere una macchina di morte manovrata dall’odio. Io non sono come Dawn. A lei non interessa nulla dei sentimenti degli altri. Ma in fondo, non è colpa sua. Conosco i suoi genitori, e ti posso dire che sono cento volte peggio di lei.
Ricordo che durante le interviste, Dawn dichiarò che intendeva vincere per ottenere gloria e denaro. Ben, invece, si è offerto volontario per ottenere dei soldi per guarire suo fratello.
- È per questo motivo che ho cercato di mantenere la tua copertura con gli altri. Noi due siamo più simili di quanto tu non creda.
Si avvicina, e mi dà un bacio sulla guancia.

***

La temperatura è precipitata. Siamo nei sacchi a pelo, abbracciati, e abbiamo steso due coperte sopra di noi. Dalla posizione in cui ci troviamo abbiamo una visione privilegiata del teleschermo che mostra il volto del ragazzo del 9, quello che ho ucciso stamattina. Mi addormento con la testa poggiata sul petto di Ben.
Ben mi sta scuotendo.
- Ehi, Cassie! Svegliati!
- Che succede?
- Guarda.
Mi indica un buco nella parete. Nel prato davanti alla Cornucopia, bagnato dalla luce della Luna, una decina di figure che camminano a quattro zampe si dirigono verso la tenda dove vivevamo fino a ieri. Nonostante sia notte e il prato sia piuttosto lontano da qui, gli ibridi-gatto sono inconfondibili. Si avventano sulla tenda, lacerando la tela. Le urla dei nostri ex alleati riecheggiano per tutto lo spiazzo. Li vedo lottare, travolti dalle creature di laboratorio. La scena della lotta si fa sempre più confusa. Sento un colpo di cannone. Un hovercraft passa silenziosamente sopra di noi, dirigendosi verso la tenda ormai distrutta. I tre o quattro gatti sopravvissuti fuggono nel bosco, mentre i miei vecchi compagni giacciono nell’erba sporca del sangue sia dei gatti che dei ragazzi. Il corpo di uno dei tre viene sollevato dall’hovercraft, mentre io spero che la vittima non sia Mick.



Buonsalve lettori :D
Ci ho messo un sacco ad aggiornare, negli ultimi giorni sono stata in giro a fare compere per la scuola. Domani inizierò la prima liceo linguistico. L'estate è finita. *si porta la pistola alla tempia*.
Comunque, questo capitolo è molto Bessie (il nome della coppia l'ha inventato quella drogata di fanfiction di mia cugina), perché negli altri capitoli dell'arena non ho accentuato molto la loro love story (?)
Ed era da un sacco di tempo che morivo dalla voglia di sbatterci dentro un attacco di ibridi *u* Mi è venuta l'ispirazione vedendo la mia gatta che faceva la cacca (?)A proposito di animali domestici, è arrivata la mia nuova cagnolina kjdhfkdjhgkjsa è tutta nera con le zampe bianche, sembra che ha i calzini *-* Le ho dato un nome di Hunger Games: Alma, come Alma Coin.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
May the odds be ever in your favor.
   
 
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