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Autore: denna    11/09/2012    2 recensioni
Fanfiction che nasce dalla lettura del capitolo 500 e dalla domanda che ne è scaturita subito dopo.
E se quella spada fosse Pantera?
SPOILER!
Questa fic è ambientata in un momento immediatamente successivo all'invasione della Soul Society.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Neliel Tu Oderschvank, Urahara Kisuke
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Saaalve! Ne è passato di tempo dall'ultimo capitolo, eh? Mi spiace avervi fatto aspettare, ma per colpa dello studio e di Kubo, ovviamente(mamma mia, il capitolo di oggi e della scorsa settimana mi stanno facendo accarezzare l'idea della mia compagna di malefatte Junna, cioè bere un bel bicchiere di candeggina XD) ho subito un calo di ispirazione...  Quindi non vi annoierò ulteriormente (in realtà già l'ho fatto) e vi lascio alla famigerata Part 5 ;). Buona lettura!



Part 5

Dovresti andarci più piano- gli aveva detto.
E tu dovresti farti gli affari tuoi- aveva risposto lui.
Questo era stato l’inizio della conversazione, o meglio, furiosa litigata, che li aveva accompagnati dall’uscita della scuola fino al negozio di Urahara. Più di una persona si era voltata per guardare i due ragazzi dal colore dei capelli alquanto singolare- arancione uno, azzurro l’altro-  intenti a battibeccare come una coppia di bisbetici fidanzati. 
«Sono affari miei: Nel è mia amica e non voglio che si faccia male a causa tua!»
Tutto aveva avuto inizio circa ventiquattro ore prima. Ichigo si era recato all’Urahara shop  per controllare che andasse tutto bene. Anche se da quando Nel si era trasformata la situazione poteva essere definita sotto controllo, passare ogni tanto al negozio era diventata ormai un’abitudine. Sorrise, ripensando a tutte le volte in cui aveva temuto di trovare quel piccolo edificio ridotto ad un cumulo di rovine fumanti.  
«Buonasera, Kurosaki-san, cosa ti porta qui a quest’ora?» lo aveva salutato il caramellaio, appena varcata la soglia.
«Buonasera, Urahara-san, ero solo passato a fare un saluto. Ah, e Karin aveva bisogno di altro repellente per gli…»
Un boato riecheggiò da sotto locale, facendo tremare l’intera struttura.
«Ma che cosa…» esclamò lo shinigami, mentre un altro scoppio sconquassava l’edificio dalle fondamenta. «E’ un terremoto?»
«Oh, pare che sia iniziato l’allenamento.»  commentò Urahara, mentre afferrava al volo un delicato soprammobile di porcellana in procinto di cadere dallo scaffale.
«Allenamento?» chiese il ragazzo, alzando le sopracciglia.
«Si, Nel e Grimmjow si stanno esercitando nella camera  speciale » spiegò l’ex capitano, rimettendo a posto il ninnolo. «Vuoi dare un’occhiata?» chiese.
«Perché no.»
Scesero le scale, raggiungendo il posto dove, quasi due anni prima, aveva ottenuto i suoi poteri da shinigami.
I due espada erano lì vicino, immobili, le katane sollevate in posizione di guardia, attendendo il momento giusto per attaccare. Ichigo li osservò con una punta di preoccupazione: Nel aveva numerosi tagli su braccia e gambe, mentre Grimmjow sembrava stare benissimo, a parte il labbro spaccato e una leggera bruciatura sulla mano sinistra.
Gli arrancar continuarono a studiarsi. Ovviamente, fu la sesta espada a prendere l’iniziativa, gettandosi contro la sua avversaria con la ferocia di un predatore sulla sua preda.
Nel parò il colpo senza scomporsi, poi rifilò all’azzurro un calcio diretto alle costole che venne prontamente intercettato dall’avambraccio di quest’ultimo. Grimmjow fu costretto ad allontanarsi e vibrò un altro fendente, ma la ragazza si portò alle sue spalle con un sonido e levò in alto Gamuza. L’espada si scansò in tempo, evitando di essere mutilato, di nuovo, del braccio sinistro; poi sfruttò l’apertura creatasi per tentare un affondo all’addome che andò parzialmente a segno, procurando l’ennesimo taglio sul corpo della fanciulla. La terza espada strinse leggermente gli occhi, afferrò il polso dell’azzurro e menò un fendente laterale che disegnò una lieve ferita sul torace dell’avversario. Grimmjow emise un verso seccato mentre liberava il braccio dalla sua stretta e le assestava un brutale calcio che spedì Nel a svariati metri di distanza. Si preparò a scagliare un bala.
«Fermo!» gridò Ichigo, ora in veste di shinigami, mettendosi tra lui e l’altra arrancar che si stava rialzando.
«Kurosaki.» sbottò Grimmjow, senza abbassare la mano. «Che sei venuto a fare?»
  «Sei per caso impazzito?»
L’arrancar lo guardò un attimo con smarrimento, prima di esibire il solito ghigno sprezzante.
«Vuoi prendere il suo posto?» chiese, mentre il cero scarlatto si materializzava sul palmo aperto.
Ichigo strinse gli occhi, per nulla intimorito,  e afferrò il polso dell’espada.   
«Non mi hai risposto.» sibilò.
L’azzurro ringhiò di rimando.
L’atmosfera nella stanza si era fatta davvero pesante. Kisuke sbuffò infastidito: possibile che quei due non riuscissero a stare più di dieci secondi senza litigare?
«Ciao Ichigo!» lo salutò allegramente Nel «Che bello vederti!» esclamò, circondandolo con un abbraccio che gli mozzò il respiro.
«Anche io sono contento di vederti.» esalò lo shinigami, mentre il suo sguardo si appannava.
Il caramellaio colse al volo l’occasione.
«Grimmjow, ho bisogno del tuo aiuto, verresti di sopra un attimo?» chiese.
L’arrancar lanciò uno sguardo torvo ai ragazzi davanti a lui .
«Tanto qui abbiamo finito.» affermò alzando le spalle, lasciando il dio della morte in balia dell’ex espada.
Ichigo avrebbe voluto dirgli di fermarsi, ma al momento aveva bisogno di tutta l’aria possibile per sopravvivere alla stretta assassina di Nel.
 Gli avrebbe parlato domani a scuola-decise.

***

Andarci piano.
Gli aveva detto di andarci piano.
Che andasse a dirlo ai quincy di far piano!- pensò con rabbia, mentre scendeva le scale della botola.
“Non ti sto chiedendo di smettere; solo... Fa’ attenzione. Nel è già stata ferita troppe volte, non merita di soffrire inutilmente”- erano state le ultime parole del ragazzo dai capelli arancioni.
«Tsk!»
 Lui non aveva intenzione di rammollirsi per andare incontro alle ridicole preoccupazioni di Kurosaki.

***

Nel sedeva su uno dei pochi massi superstiti, tamponandosi una profonda ferita sul braccio. Grimmjow, a qualche metro di distanza, camminava avanti e indietro, lasciandosi sfuggire qualche ringhio tra un passo e l’altro.
L’arrancar sorrise. Sapeva benissimo che non era arrabbiato per la sconfitta subita, ma per ciò che essa avrebbe comportato. La prima volta che l’azzurro l’aveva sfidata, gli aveva proposto un accordo: il vincitore avrebbe deciso cosa fare dopo il combattimento. Era molto contenta che avesse accettato  perché, se si fosse impegnata, avrebbe dovuto affrontare massimo uno o due incontri al giorno, senza dover sopportare le insistenti richieste della sesta espada.
Il problema era- come aveva scoperto poco dopo- che non sempre vinceva lei.
L’affrontare Grimmjow aveva confermato le parole dette da Nnoitra mesi  prima: il tempo era trascorso per entrambi. Mentre lei era imprigionata nella sua forma infantile, i poteri dell’azzurro erano notevolmente aumentati, e i numeri tatuati sulle loro schiene avevano assunto un significato relativo. Erano quasi alla pari. Alcune volte  lo sconfiggeva, e passava il resto del pomeriggio a giocare con le sue fracciòn o a guardare la televisione con Jinta e Ururu, mentre l’ira funesta del suo avversario si abbatteva sulle povere rocce della stanza. Altre volte era Grimmjow ad avere la meglio, ed era costretta a subire una serie di scontri sfiancanti che si protraevano fino a tarda sera.
Si, perché di pause non se ne parlava. Non importava che fosse ferito, spossato o che avesse i muscoli talmente irrigiditi da non riuscire più a sollevare la zanpakuto, l’espada continuava a combattere come se ne valesse della sua stessa vita. Sapeva essere davvero irritante.
Anche se, col senno di poi, aveva avuto modo di apprezzare il fatto che Grimmjow fosse praticamente instancabile.
Si lasciò sfuggire un risolino malizioso.
Uno sbuffo seccato la distolse da suoi pensieri. Il ragazzo aveva smesso di vagare come un’anima in pena si era seduto, non prima di aver conficcato Pantera nel terreno come se quest’ultimo gli avesse fatto un gravissimo torto personale.
Quel giorno era più irritabile del solito. Nel era sicura che ci entrasse la discussione avuta in privato con il sostituto shinigami.
 Scosse la testa.
Ichigo era gentile a preoccuparsi per lei, ma doveva capire che non era più la bambina che aveva incontrato nell’Hueco Mundo. Era in grado di difendersi da sola. Inoltre,l’unico allenamento intrapreso da Grimmjow negli ultimi mesi era stato uccidere i quincy che tentavano di catturarlo; il fatto che non l’avesse fatta a pezzi come il capo della Jagdarmee costituiva già un gran risultato.
Il taglio sul braccio iniziò a pulsare, come ad esprimere il proprio disaccordo.
La ragazza strinse i denti, distogliendo lo sguardo dalla sesta espada.
Non la uccideva, ma nemmeno si sognava di andarci piano. La colpiva ogni volta che si presentava l’opportunità, tentava con ogni mezzo di spezzare le sue difese, e spesso derideva il fatto che fosse-secondo lui- troppo buona. Non le riservava un trattamento di favore solo perché erano…
Cosa erano?
Compagni? Amanti? Fidanzati?
Preferiva non chiederselo, e non chiedersi se Grimmjow conoscesse il significato di almeno una di quelle parole.
Nonostante facessero… Beh, cose, l’azzurro non si dimostrava granchè affettuoso. Quando gli faceva qualche moina, lui ricambiava, dopo una resistenza iniziale, ma toccava sempre a lei prendere l’iniziativa.
 A meno che non si trattasse di sesso, ovviamente. Lì era più che collaborativo.
Poi c’era stato quel bacio. Ma non si era fatta illusioni. Sapeva che quando voleva ottenere qualcosa, Grimmjow sapeva trasformarsi in un fine stratega.
Gli voleva bene lo stesso e gli piaceva così com’era. Anche se a volte avrebbe dato qualsiasi cosa per capire se l’arrancar della distruzione tenesse a lei almeno un pochino. Ogni ferita inflitta faceva vacillare anche l’unica prova tangibile che aveva avuto.

***

La vita nell’Hueco Mundo procedeva con relativa tranquillità. Nel, Pesche e Dondochakka avevano capito- a loro spese- che fregare la zanpakuto al nuovo arrivato per convincerlo a giocare ad acchiapparella eterna era una pessima idea. L’espada voleva essere lasciato in pace e rimaneva spesso in disparte. I tre hollow si domandavano, allora, perché non se ne andasse. Dondochakka era fermamente convinto che Grimmjow aspettasse il momento adatto per farli fuori, Pesche sosteneva che non avesse altro posto dove andare, mentre Nel riteneva che l’arrancar, semplicemente, non volesse restare da solo.
Tuttavia, la permanenza di Grimmjow aveva i suoi lati positivi: da quando era con loro, gli altri hollow li evitavano come la peste; persino gli arrancar esitavano ad avvicinarsi, intimoriti dalla reiatsu della sesta espada e quelli abbastanza coraggiosi-o stupidi- da attaccar briga con lui facevano una brutta  fine.
Quel giorno stavano giocando a rincorrersi come al solito, quando udirono un grido che fece gelare loro il sangue nelle vene. Al primo urlo ne era seguito un altro. Nel giro di un minuto, un mare di grida lancinanti sommerse il deserto, gettando gli hollow nel panico totale.
«Cosa sta succedendo?» gridò l’hollow-formica.
«Pesche, ho paura!» strillarono in coro Nel e Dondochakka.
Un arrancar correva a perdifiato verso di loro. gli hollow non riuscirono ad udire quello che stava strillando, poiché una freccia azzurra lo trafisse alla gola, facendolo crollare a terra esanime.
Un gruppo di individui in mantellina si materializzò intorno al cadavere. Poi uno si accorse di loro e gli scagliò contro un dardo.
Veloce. Troppo veloce.
Grimmjow sbucò fuori dal nulla e deviò la freccia poco prima che si piantasse nella testa di Nel.
 Pesche strabuzzò gli occhi.
Li aveva appena salvati?
L'espada fissò serio il gruppetto di nemici che camminava tranquillamente verso di loro.
«Sai chi sono?» chiese titubante l'hollow-formica.
«No, mai visti.» rispose a sorpresa l'azzurro, senza perdere di vista le sagome in bianco.
Anche Pesche posò lo sguardo su di loro.
Eppure avevano qualcosa di familiare...
Le urla crebbero in numero e volume. Grimmjow percepì una gran quantità reiatsu aumentare e spegnersi come un fuoco di paglia.
Che cazzo sta succedendo?
«Impressionante» esordì uno dei forestieri, un uomo dai lunghi capelli neri, staccandosi dal gruppo e avvicinandosi ulteriormente agli hollow «hai respinto il mio colpo senza usare la tua arma.»
Non aveva la maschera, quindi non poteva essere un arrancar e la sua forza spirituale era diversa da quella di uno shinigami.
«Sembri forte, arrancar» continuò l'uomo «Quindi voglio proporti un accordo.»
L'espada aggrottò le sopracciglia, ma rimase in silenzio.
«Arrenditi.» dichiarò, puntandogli il dito contro.« Se ci seguirai senza opporre resistenza, avrai l'onore di entrare nel nostro esercito, e divenire una preziosa pedina al servizio di Sua Maestà.»
«E se rifiutassi?» chiese l'azzurro, con un sorriso sarcastico.
Anche lo straniero aveva sorriso. «In tal caso dovremmo usare la forza.» affermò, lanciando un'occhiata eloquente al cadavere dell'arrancar ucciso.
Grimmjow aveva poggiato la mano sull'elsa della zanpakuto.
«Fuori dai piedi.» ordinò, rivolto agli hollow tremanti al suo fianco.
«Subito!» esclamò Pesche, trascinando con sé i suoi amici.
«Mi eri sembrato più intelligente.» affermò lo sconosciuto, mentre faceva un cenno con la mano ai suoi uomini. «Noi siamo la Jagdarmee, l'unità specializzata nella cattura degli arrancar, preparati a soccombere!»
«Non mi importa chi siete» ghignò Grimmjow  «Non cambia il fatto che sto venendo ad ammazzarvi!» gridò, mentre scattava in avanti, sguainando Pantera.
Gli uomini in mantellina materializzarono degli archi di particelle spirituali e scagliarono un nugolo di frecce azzurre nella sua direzione, prontamente evitate grazie al sonido. Protese in avanti la mano e scagliò un Cero che si scontrò contro la seconda raffica. L'esplosione sollevò la sabbia di diverse decine di metri. Si materializzò dietro uno dei nemici e lo trafisse con la zanpakutò.
Fuori uno.
Sorrise soddisfatto e attaccò l'avversario successivo.
Una dardo sibilò vicino al suo orecchio e colpì il terreno, mentre la lama fendeva il petto dell’uomo. Si voltò e spiccò il volo in direzione del colpo. La donna trasalì e lanciò un’altra raffica che fu evitata senza difficoltà. Un quarto individuo si frappose tra lui e la compagna, mulinando un’arma simile a un tridente. Il clangore di acciaio contro acciaio riecheggiò nel deserto, sovrastando per un attimo le grida. Un’altra freccia gli sfiorò la tempia.
Pesche osservava tremante la battaglia aerea. Grimmjow era un combattente letale, ma anche gli sconosciuti erano forti. La situazione rimaneva disperata.
Erano cinque contro uno, non avrebbe mai vinto.  
L’uomo armato di tridente cadde a terra con tonfo ovattato.  L’espada stava per avventarsi sulla ragazza quando un lampo azzurro lo colpì al braccio sinistro. Si girò e incrociò lo sguardo dell’uomo che gli aveva parlato. I freddi occhi neri lo studiavano con interesse, mentre sulla bocca si disegnava un sorriso di sfida. Furente, Grimmjow scese in picchiata brandendo la zanpakuto. Anche il suo avversario sguainò la spada e parò il colpo senza il minimo sforzo. L’arrancar non si fece impressionare, nemmeno quando fu spinto indietro di qualche metro. Stava per tentare un nuovo assalto, ma il nemico si materializzò davanti a lui, anticipandolo. Sollevò in tempo la lama di Pantera, deviando l’affondo e ricevendo un taglio sulla spalla. Tentò di contrattaccare, ma percepì una presenza alle spalle. Il colpo gli mozzò il respiro e lo fece ruzzolare a terra. Si rialzò immediatamente, rimettendosi in guardia. Trasalì.
Accanto al moro, c’era il primo uomo che aveva trafitto.
 Impossibile. Era certo di averlo ucciso.
«Sembri confuso.» dichiarò il capo, continuando a sorridere,mentre si riavviava una ciocca corvina.
«Nah. Solo seccato perché dovrò uccidervi di nuovo» replicò l’azzurro.
«Sei troppo ottimista, o troppo stupido, se pensi che basti così poco per farci fuori.» commentò il moro tornando serio, mentre gli altri tre compagni lo raggiungevano.
Il combattimento riprese più accanito di prima. Per quanto continuasse a colpirli, gli stranieri continuavano a rialzarsi, tuttavia, la potenza dei loro attacchi si era ridotta. Si portò alle spalle del tipo col tridente e riuscì a decapitarlo.
«Vediamo se ti rialzi ancora!» sbottò, mentre osservava la testa e il corpo precipitare al suolo.
Evitò l’assalto rabbioso di un altro avversario e con un fendente laterale gli portò via lo scalpo.
A quanto pare, l’unico modo per ucciderli definitivamente era farli a pezzi.
Bene- pensò sorridendo, mentre l’ennesima freccia lo sfiorava e si piantava nel terreno sottostante.
L’uomo dai capelli neri si lanciò in un nuovo attacco che l’azzurro riuscì a parare. Il fendente fu abbastanza forte da fargli perdere quota e raggiungere il terreno.
«Tsk! Pensi che basti così poco?» gridò l’espada, atterrando in piedi.
Il moro lo raggiunse immediatamente e colpì. Le lame delle katane stridettero, mentre i proprietari ingaggiavano una prova di forza.
«No» rispose sorridendo. «Penso basti questo.» E lo spinse indietro. Il piede dell’espada calpestò qualcosa di simile al vetro. Abbassò lo sguardo, confuso.
Una freccia?
L’asta azzurra deflagrò, seguita immediatamente dalle altre dozzine infisse nel terreno. Un’ondata di luce cerulea lo accecò.
No, una mina.
Lo aveva spinto su una cazzo di mina!
Una mina che ne aveva attivata un’altra, poi un’altra e un’altra ancora.
Ecco perché quella donna continuava a mancarlo. Si diede mentalmente dell’idiota per non essersi accorto prima del tranello. Tentò di rialzarsi, ma ogni fibra del suo essere si rifiutò di obbedirgli, ancora sconvolta dal dolore.
Una voce ovattata disse qualcosa d’incomprensibile.
«Certo che ho piazzato abbastanza mine!» sbottò offesa la ragazza, mentre si chinava su di lui per sfilargli Pantera dalla mano.
«Non volevo dubitare di te, Raina, non offenderti.» ridacchiò il capo.
«Non scusarti Christoph. Anch’io sono abbastanza perplessa.» disse lei con tono più morbido.
« Un arrancar sarebbe già morto o mutilato. Questo qui è solo stordito.» commentò una voce cavernosa nelle vicinanze.
«Cos’ha sulla schiena?»
Qualcuno gli  sollevò l’orlo della giacca, rivelando il tatuaggio.
«Ecco la risposta alla parziale efficacia delle tue bombe: è un espada» disse Cristoph, realmente sorpreso.
« Ma credevo fossero morti tutti! L’unico espada superstite è la donna che Sua Maestà ha sconfitto e catturato!» esclamò Raina.
Halibel era stata sconfitta?
« Il numero sei… » mormorò la ragazza, percorrendo con le dita il contorno della cifra.
«Il re sarà contento di avere un altro espada nelle sue fila.» affermò l’uomo corpulento.
«E’ vero, Jacob. Sempre che sopravviva alla selezione del comandante.» asserì il moro, riavviandosi i capelli. «Sarà divertente vedere questa testa calda alle prese con Opie-sama»
Jacob rimase in silenzio, mentre strattonava l’arrancar per i vestiti, costringendolo a rialzarsi. L’hollow barcollò leggermente e l’omone lo afferrò, bloccandogli le braccia dietro la schiena.
Cristoph si avvicinò sorridendo beffardo, gli occhi neri fissi nelle iridi azzurre dell’espada.
«Benvenuto nel Vandenreich, Grimmjow.»
Quanto avrebbe voluto cancellargli quell’odioso sorriso a suon di Cero.
«Vaffanculo.»
Un lampo di irritazione percorse gli occhi d’ebano del ragazzo, mentre gli mollava un cazzotto in piena faccia.
«Quelli come te mi danno sui nervi!» esclamò, dandogli un calcio sulle costole, senza ottenere nessun lamento. «E’ inutile fare il duro.»
L’arrancar rimase impassibile, continuando a fissare il suo nemico con odio.
Non stava facendo il duro, era talmente incazzato che se avesse provato anche solo un briciolo di paura non se ne sarebbe accorto, perché sarebbe affogato nell’oceano di rabbia che si agitava nel suo animo. Non poteva accettare di essere destinato a seguire sempre gli ordini di qualcun altro. Si era appena liberato di Aizen ed ora arrivavano questi stronzi a pretendere che entrasse nel loro esercito, e magari che li ringraziasse anche per il grande onore ricevuto. Era al limite della sopportazione. Un sordo ringhio uscì dalle fauci serrate, mentre sentiva la stretta sulle braccia farsi più salda.
Spazientito, Cristoph afferrò la parte di maschera sulla mascella dell’hollow.
«Cosa succede ad un arrancar quando gli viene strappato via l’ultimo pezzo di maschera?» chiese con tono retorico. «Sarei curioso di vedere che razza di bestia eri prima di diventare la patetica imitazione di un essere umano.»
 Non gli sfuggì il fremito che attraversò le iridi azzurre di Grimmjow. Sorrise cattivo.
«Allora, anche tu hai paura di qualcosa…»
«CERO SINCRETICO!»
Il moro venne colpito in pieno dal raggio giallo e viola che lo fece volare a una ventina di metri di distanza.
«Christoph!» gridò Jacob, preoccupato.
Grimmjow approfittò della distrazione e gettò indietro la testa con tutta la forza possibile. Lo scricchiolio e la bestemmia che ne seguirono gli fecero capire di aver fatto centro.
Bawabawa arrivò di gran carriera, travolgendo l’energumeno e Raina prima che potessero contrattaccare.
«Lo abbiamo preso, adesso scappiamo!» strillò Pesche mentre si sporgeva dalla schiena del verme, afferrando al volo l’espada ancora intontito dall’esplosione e dalla testata.
Il gigantesco hollow ruggì il suo assenso e invertì la rotta.
«Non mi acchiappare così!» protestò l’arrancar, intanto che veniva issato sulla groppa del mostro.
«La situazione è terribile!» gridò la formica senza ascoltarlo. «Stanno sterminando gli hollow e portano via gli arrancar!»
«E’ la fine del mondo, non lo sai?» ululò un frignante Dondochakka vicino a loro.
«Sei ferito?» chiese Nel, trotterellando verso di lui. L’espada scosse la testa.
«Li avete uccisi?» domandò alle due fracciòn sull’orlo di una crisi isterica.
«E chi si è fermato a controllare?» sbottò Pesche, risentito.
Poteva almeno ringraziarli per averlo salvato.
«Eccoli laggiù! Ci stanno inseguendo!» esclamò la bambina, indicando tre sagome bianche che correvano dietro di loro.
«Ne stanno arrivando altri! Devono aver chiamato i rinforzi.» constatò l’hollow a pois che continuava a grondare lacrime.
«Non riusciranno a raggiungerci a piedi.» affermò Pesche, osservando le candide figure rimpicciolirsi. «Per quanto vorranno seguirci?».
Una freccia delle dimensioni di un palo del telefono attraversò l’aria, conficcandosi nella coda di Bawabawa. Il verme ruggì in preda al dolore prima di accasciarsi a terra, rischiando di far cadere i quattro hollow sulla sua schiena.
«Bawabawa!» strillò la piccola arrancar.
«Riesci a continuare? Fai uno sforzo, ti prego!» urlò la formica, dando una pacca all’animale.
Il mostro alzò faticosamente il capo, ma ricadde a terra spossato.
«Stanno arrivando!» gridò Dondochakka. «E’ la fine davvero…»
«Ehi, Tu! Dove stai andando?» gridò Pesche rivolto a Grimmjow che intanto era sceso a terra.
«Vado ad affrontarli.»
«Ma sei matto? Prima erano in cinque e ti hanno sconfitto, adesso sono anche di più; vuoi per caso farti ammazzare?» esclamò l’hollow-formica, mentre scendeva a sua volta, chiedendosi se l’espada, oltre ad essere psicolabile, avesse tendenze suicide.
L’arrancar si girò seccato.
«Quello che faccio sono affari miei. Voi andatevene pure, io rimango.»
Pesche sussultò. Si stava per caso sacrificando per farli scappare?
«Devo ammazzare il bastardo che mi ha spinto sulle bombe.»
 No, voleva solo vendicarsi dei tizi di prima.
«Almeno prendi questa.» disse riscuotendosi, mentre gli porgeva Pantera.
Stavolta fu il turno dell’espada di essere sorpreso. Afferrò l’elsa della katana, intanto che le iridi azzurre incrociavano gli occhi gialli dell’hollow. Fece un breve cenno col capo che Pesche interpretò come un ringraziamento.
«GRIMMJOW!»
Nel si era lanciata dalla testa di Bawabawa. L’arrancar parò l’assalto e l’afferrò.
«Che vuoi?» disse esasperato.
«Perché vuoi lasciarci?» strillò, le lacrime che le scendevano copiosamente sulle guance. L’azzurro sgranò gli occhi, mentre la teneva a distanza di sicurezza per evitare eventuali smoccolamenti, o peggio, bava.
«Non te ne andare!» continuò ad urlare disperata la bambina «Ti prego, vieni con noi!»
Pesche osservava divertito l’espressione perplessa e a tratti imbarazzata sul volto dell’espada.
Grimmjow si ricompose e posò Nel a terra.
«Ti sembro il tipo che scappa?» ghignò, prima di fare dietrofront e correre verso i nemici.
 

***

Quella era stata l’ultima volta che l’aveva visto, finché non era arrivato e aveva ucciso Kirge Opie. Si massaggiò le tempie.
Fantastico, non bastava la ferita, ora le aveva fatto anche venire l’emicrania. Basta mentire a se stessa. Non voleva accontentarsi, voleva una prova e la voleva subito. Si alzò e si diresse verso l’azzurro.
«In guardia!» disse sorridendo e sguainando Gamuza.
Grimmjow trasalì per un attimo, ma non fece domande e balzò in piedi, entusiasta.
Andarono avanti così per un po’: attacchi, parate, finte e schivate, senza che nessuno prevalesse sull’altro.
Adesso- pensò la fanciulla, adocchiando un sasso che sporgeva dal terreno. Finse di inciamparci e mise la testa, la parte coperta dalla maschera, nella traiettoria di Pantera. Mancarla era impossibile.
Il piatto della katana cozzò sull’osso, producendo un suono argentino, ma senza farle male.
Cadde sulle ginocchia, stupita.
Grimmjow si ergeva sopra di lei con un’espressione di disappunto sul viso.
«Che schifo. Come hai fatto a rimanere viva fino ad oggi?» disse acido, poggiando la zanpakuto sulla spalla.
Nel non lo sentì nemmeno, mentre si sentiva invadere dalla felicità.
«Beh, che hai da sorridere come una scema? Ho vinto io, quindi ricominciamo.»
«Va bene!» trillò l’ex espada, rimettendosi in piedi.
L’arrancar alzò  un sopracciglio,  mentre si rimetteva in guardia.
Mah, donne.

Note di una fangherla.
Allora, spero che questo chapter sia valso l'attesa e che vi sia piaciuto. Come al solito ringrazio chi mi ha messo tra le seguite e i preferiti e chi mi legge solamente ;).
Ci sentamo, un baciooooo!

  
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