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Autore: cecchino_2028    11/09/2012    2 recensioni
Cesare Borgia è a Blera, accompagnato dall'amico Giovanni De' Medici, quest'ultimo gli rivela un pensiero, che scatenerà nel giovane -ma già sofferente- figlio del papa tristi ricordi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
- Questa storia fa parte della serie 'Els germans de sang'
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Cesare cade a peso morto sulla panca della piccola cappella, si passa una mano tra i lunghi capelli castani e sospira, la lunga tunica nera col colletto bianco sfiora il pavimento lastricato di peperino. La porta di legno si spalanca cigolando sinistramente, il giovane paffuto Giovanni De' Medici entra nella chiesa, sorride all'amico e si siede vicino a lui, nella panca appena dietro la porta, accanto al confessionale.
"Dove siamo esattamente?" domanda il figlio del Magnifico.
"A Blera ... Giulia Farnese proviene da un paese non lontano da questo!" esclama sorridendo il maggiore dei figli del papa.
"E tu come lo conosci?" chiede curioso il ragazzo paffuto.
"Vivono poche anime qui, tutti contadini, pieni di fede -certo- ma nessuno di loro ha mai visto il papa, tantomeno suo figlio! Quindi posso venire qui quando ho bisogno di pensare, o di allontanarmi da mio padre, che vuole farmi diventare un cardinale ..." risponde Cesare gettando il capo all'indietro e fissando il soffitto. "Stanno per distruggere questa chiesa, per costruirne una nuova!"
"Qui a Blera, ci sono delle belle fanciulle giovani ..." getta noncurante Giovanni.
"Ricordati, però, che a Roma qualcuno ti aspetta ..." replica fissandolo truce il Borgia. Cesare ci tiene a quel paese sconosciuto, quasi dimenticato dal mondo e dal papa che ne detiene i diritti. Blera è un paese di neanche quattrocento anime, per lo più contadini che coltivano i campi tutt'attorno al piccolo villaggio, c'è una sola locanda, ma che ogni sera si riempie, ci sono bambini che corrono, di uomini che bevono e di donne che parlano. Ma quel che Cesare preferisce del paese, è la piccola chiesa intima che sta per essere ditrutta, e questo fa stringere il cuore al giovane, che adora pregare lì dentro, perché è intima, soprattutto un'ora prima del tramonto, quando nella piccola cappella c'è solo l'anziano sacerdote che prepara le candele per i vespri. Neanche il sacerdote l'ha mai riconosciuto come il figlio del papa, ma questo a Cesare non interessa, non vuole tappeti rossi, non vuole calici d'oro ed il miglior vino, vuole solo sentire il calore umano, quello con cui i cittadini lo salutano ogni volta che arriva in paese, sotto le mentite spoglie di un Alessandro qualsiasi.
"Intendi quella giovane cortigiana?" domanda Giovanni ridestando il figlio di Vannozza dai suoi pensieri.
"Proprio lei, come si chiama? Lisabetta? Eleonora?" chiede passandosi una mano sul mento Cesare.
"Rebecca ..." replica socchiudendo gli occhi e sospirando il fiorentino.
"Ho l'impressione che questo non sia un sospiro d'amore!" dice perplesso il romano.
"Non lo è per niente ... Ora che frequenta il bordello più famoso di tutta Roma, ha imparato a scrivere, ma soprattutto a leggere ..." mormora sconsolato il figlio del Magnifico.
"E dov'è il problema, Giovanni? Tuo padre ti ha circondato fin da bambino dei migliori pensatori del nostro tempo!" esclama aggrottando la fronte Cesare.
"Sì, ma ora Rebecca legge le poesie che nobilitano l'amor cortese, che trattano le donne da angeli, e si crede uno di loro! Non dico che non lo sia, ma sta diventando un po' troppo avventata, dato il suo rango!" replica mordendosi il labbro inferiore Giovanni.
"Da quando i poeti scrivono e le donne leggono, le hanno chiamate talmente tante volte angeli che effettivamente loro hanno prestato fede a questo complimento, dimenticando che i poeti, per denaro, hanno sempre chiamato Nerone un semidio..." conclude sorridendo malinconico Cesare. Il De' Medici gli sorride, si alza e se ne va, facendo cigolare -di nuovo- la grande porta. Il futuro duca di Valentinois si passa una mano sul volto e sospira, proprio come se non fosse accaduto nulla, come se quelle parole -in cui ha visto la sua amata Drusilla per l'ennesima volta- non ci fossero mai state. Meglio dimenticare, chi per corruzione, ha chiamato angelo un demone che gli ha risucchiato la gioventù.








Angolo autrice:
La frase "Da quando i poeti scrivono e le donne leggono, le hanno chiamate talmente tante volte angeli che effettivamente loro hanno prestato fede a questo complimento, dimenticando che i poeti, per denaro, hanno sempre chiamato Nerone un semidio... " è tratta da "Un eroe del nostro tempo" di M. J. Lermontov

Blera è il mio paese ^^
   
 
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