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Autore: The queen of darkness    11/09/2012    2 recensioni
Un ragazzo con una voce straordinaria. Una ragazza che ne rimane affascinata. Un amore indissolubile. E la nascita di un mito inventata da me.
[questa è la mia prima Fanfiction e, vi prego, recensite! :)]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Per Brian fu molto difficile dormire, quella notte. Anzi, fu pressoché impossibile. Dopo ore interminabili e strazianti giunse finalmente il mattino, e lui ne approfittò per lavarsi, rasarsi e cambiarsi in tutta calma. Si sentì stupido per aver portato solo vestiti scuri, ma si rese conto di possedere solo quelli, ormai. "Pronto per un funerale", ironizzò l'eterno ragazzo, sentendosi come un verginello al primo appuntamento. Lui e Carol erano infatti d'accordo di trovarsi in un parco là vicino nella tarda mattinata. Cercò di essere il più sobrio possibile sull'abbigliamento: non voleva farla sentire a fianco di un fenomeno da baraccone. Optò per una camicia bianca e dei pantaloni neri, dal momento che non aveva altro. I bottoni erano minuscoli teschietti, e sperò che nessuno ci facesse caso. Gli mancava un po' il trucco; un po' per abitudine, un po' per nascondersi, sentiva il bisogno dell'eye-liner ora più che mai. Hey, si ammonì, devi fare la persona normale, ricordi? Così lasciò perdere, anche se a malincuore. Fu dura occupare tutto quel tempo senza avere nulla di concreto da fare. Passò in rassegna tutti gli abiti che si era portato, la biancheria e i soldi, ma finì penosamente presto di controllare tutto. Così, inforcati gli occhiali da sole, decise di andare circa tre ore prima dell'appuntamento sul posto, giusto per studiare la situazione. Si rese improvvisamente conto, che da quando aveva iniziato la carriera di cantante non era mai entrato in un parco. Una volta, per fare gli scemi, lui e Jeordie avevano passato la serata in un luna-park, ma non era la stessa cosa. Nonostante la frescura del mattino, trovò il luogo molto rilassante. C'era uno stagno con delle anatre dentro, e alcuni bambini correvano sul bordo per tirare loro delle briciole di pane, ridendo e scherzando. Fantasticò che fossero figli suoi, mentre rideva con loro e Carol al suo fianco, una busta marrone in mano a porgergli il cibo per gli animaletti. Meglio di no, pensò poi, non sono stato in grado di gestirne uno, figuriamoci tre. Camminò un altro po' , guardando alcuni malati di fitness fare jogging a quell'ora scandalosa, e si sedette su una panchina. All'altro lato c'era una signorina semi-celata dal bavero del cappotto, alzato quasi fin sopra la testa ma che non impediva comunque ai capelli di svolazzare in giro. Aveva visto ben poche persone, però, tenersi il cappotto in quel modo singolare: le spalle erano alzare per far scivolare il più possibile le mani nelle maniche e il bavero era tirato al massimo. E quei capelli...-Carol?- disse. In caso contrario avrebbe fatto una figuraccia. La ragazza invece si voltò verso di lui e strabuzzò gli occhi. -Brian?- disse, sorpresa. Si sistemò meglio sulla panchina, voltandosi verso di lui. Poteva vedere il suo imbarazzo dal fatto che si mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, anche se il vento gliela strappò via ancora. Fosse stato per lui, sarebbe rimasto volentieri a godersi lo spettacolo per tutta la giornata, perché era bellissimo vederla litigare coi capelli, però decise che non era un buona idea. -Vuoi che ci sediamo là dietro? È più riparato- disse. La vide annuire ed entrambi si spostarono. Anche lui si strinse nel cappotto: faceva davvero freddo. Trovarono una panchina all'ombra, e se ne stettero in silenzio per un po'. Il laghetto si vedeva anche da lì, in mezzo agli alberi, però c'era meno vento, fortunatamente. La loro contemplazione venne interrotta da lei. -Ho pensato...ehm...alla tua visita di ieri. A quello che mi hai detto. - fece una pausa, ma non volle esse interrotta. -Brian, io...quando Richard mi chiese di sposarlo, accettai subito, perché era un uomo straordinario, e mi amava davvero. Però, proprio mentre mi trovavo a camminare nella navata centrale, col mio bel vestito bianco e Alex in braccio a Nina, per un attimo...ho visto, te al posto suo, sull'altare- fece una lunga pausa. La vide che stava combattendo contro le lacrime. -Mi sono data della stupida non so quante volte, dopo d'allora. In cuor mio sapevo che non saresti mai più tornato e che...ero solo un'illusa. Ma non credere che sia stato facile. Perché...ho sempre sperato che tu tornassi da me-. Non pianse, non aggiunse nulla. Semplicemente, continuò a guardare assorta il paesaggio, come se avesse parlato a sé stessa. -All'inizio ero così drogato da non sapere cosa stessi facendo- era il momento delle confessioni? Bene, erano anni che doveva espiare i propri peccati. -Un fottutissimo tossicomane. Bello, no? Non distinguevo il giorno dalla notte. Delle volte credevo di averti a fianco, ma era solo un'illusione. Poi, quando abbiamo tagliato con la roba, mi sono accorto di ciò che avevo fatto, e per poco non morii sul serio. Stavolta fu la musica a salvarmi ma credimi: l'avrei lasciata volentieri per stare con te.-. Carol si voltò a guardarlo, ma non aggiunse nulla. Lo vide come un'incitamento a continuare. -Invece che cercarti, ho preferito il senso di colpa, fino a quando non divenne troppo tardi per..entrambi. Ma l'idea di mio figlio era così...lacerante che non ho potuto ignorarla-. Tacque. -Non credo che mi perdonerai-. La guardò abbozzando un sorriso. Era così tremendamente bella....-Baciami- disse lei, all'improvviso. Lui la guardò, spaesato. -C-Cosa?- balbettò. -Hai forse dimenticato come si fa?-chiese la ragazza con tono di sfida. Poi, visto che Brian non si era mosso, continuò. -Andiamo, ci siamo fottuti l'esistenza per queste cose. E allora...al diavolo!- esclamò. Non l'aveva mai sentita dire parolacce, ma doveva dire che gli piaceva un sacco. -Allora obbedisco- disse tutto d'un fiato, e in un rapido movimento la prese con una mano dietro la nuca e la baciò con passione. La assaporò in ogni millimetro, lasciando che fosse lei a condurre il gioco. Le era mancata così tanto, che ora risentirla su di sé era una gioia immensa. La baciò, la accarezzò e godette del suo contatto fino in fondo. Non c'era nulla nella vita di più sublime e meraviglioso, niente che potesse eguagliare quel fuoco ardente e passionale, inestinguibile ed eterno. Niente.
  
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