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Autore: ChiaKairi    11/09/2012    5 recensioni
Salve a tutti, questa non è la mia prima fanfiction, ma è la prima in assoluto che decido di postare.
Non voglio sprecare troppe parole, ma potrebbe esservi utile sapere che ogni luogo descritto è reale, infatti mi sono ispirata alla mia città di villeggiatura (le foto di mare che inserirò sono state scattate quasi tutte da me e vi aiuteranno ad entrare nella giusta atmosfera).
Questa è una storia di mare, di mistero, di amore e di libertà. E' una storia dove gli Occhi, sono i veri protagonisti.
"Conosci quel suono simile ad un tintinnio, che si percepisce in un posto molto silenzioso? Alcuni dicono che si tratta di una illusione-uditiva causata dalla non possibilità dell’orecchio umano di percepire vibrazioni al di sotto delle frequenze sensoriali. Questo, è completamente sbagliato. Quel tintinnio, copre qualcosa."
Buona lettura e spero di conoscere tante nuove, belle persone qui. :)
Enjoy!
Chiara
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7. Dimostrazioni



Spiegare tutta la faccenda a Jonghyun e convincerlo del fatto che non lo stessero prendendo in giro, fu una questione decisamente spinosa. Rimasero seduti nel salotto di Minho per più di un’ora, squadrandosi. Decisero di iniziare subito a spiegargli che Taemin e Kibum potevano vedere nella mente delle persone, leggerne i pensieri, sentirne i sentimenti e capire la personalità di ciascuno con un solo sguardo. Potevano anche individuare la posizione di una persona, una volta che sapevano distinguere la sua mente da quella di un altro. Era così che Taemin era riuscito a localizzare Minho e Jonghyun quando questi erano in pericolo, perché rimaneva in contatto con le loro coscienze e percepiva il loro terrore e la loro angoscia.
Così anche Kibum aveva sentito, attraverso la mente di Taemin, il suo forte collegamento con un certo Choi Minho e col suo amico Kim Jonghyun. Ed era sempre così, seguendo le tracce della coscienza di Taemin da lontano, che si era imbattuto nella mente familiare di Jonghyun mentre cercava di rintracciare il ‘fratello’.
Credere a tutto questo, per Jonghyun, fu un’impresa titanica.
Fu un’ora di botta e risposta continua fra lui e Kim Kibum. Minho e Taemin si lanciavano occhiate torve, intervenendo di tanto in tanto e tentando di convincere Jonghyun. Il caldo era asfissiante nonostante le finestre aperte, ed entrambi si sentivano stanchi. Minho si passò una mano sul viso mentre Jonghyun gridava: “La vedi questa? Si chiama scatola cranica. Sai cosa c’è qui dentro? Cervello, materia grigia. Non ci sono pensieri. Quelli sono il risultato dell’attività sinaptica e dei neuroni. Nessuno e dico nessuno, può pretendere di poter leggere qui dentro come in un libro! Sapere prima dov’è una persona o chi è o cosa sta sentendo poi… è assurdo! Ed è assurdo che tu ci creda, mi meraviglio di te!”
“Senti hyung… per l’ennesima volta… ti dico che è vero…” mormorò Minho.
“E’ così! Sennò come ti spieghi quei tre che ti hanno assalito? Li ha mandati lui!” ribatté Taemin, infervorandosi.
“Ma chi sarebbe questo fantomatico lui? Eh? Un alieno? Voldemort? Colui Che Non Può Essere Nominato?”
“Calmati…” gli disse Minho.
“No. Noi lo chiamiamo semplicemente Maestro.” Rispose Kibum inaspettatamente. Minho drizzò le orecchie perché nemmeno lui sapeva niente di quest’uomo da cui Taemin era fuggito.
“Si è sempre fatto chiamare così, quindi non sappiamo la sua vera identità. La sua mente è più forte di qualsiasi altra. È lui che ci ha resi così, quindi capirete che per il Maestro è facile oscurare la sua vera identità o personalità. Non credo esista nessuno con un tale controllo sulla psiche umana.”
“Abbiamo provato tante volte a contrastarlo… ma è sempre stato impossibile. Voler penetrare la sua mente è come tentare di spostare una montagna a mani nude. Ci è costato molto provarci.” Si intromise Taemin, a voce bassa.
“Il Maestro ci ha scelti quando avevamo solo pochi mesi di vita. Non sappiamo chi siano i nostri genitori o quali siano le nostre origini, non sappiamo nemmeno se lui abbia modificato le loro o menti e li abbia costretti a lasciarci o se ci abbia davvero trovato in degli orfanotrofi, come sostiene.” Continuò Kibum. “Questo vale per me e un altro ragazzo. Per Taemin invece è stato diverso.”
“Hyung, non c’è bisogno che…”
“Se devo raccontare, è giusto che sappiano tutto.” Ribattè Kibum. “Taemin è stata colpa mia.”
“No, non è vero…”
“Invece sì. Il Maestro mi ha mostrato attraverso un immagine mentale la personalità di un bambino, e mi ha anche fatto vedere come sarebbe diventato. Anche io ero solo un bambino all’epoca. Dopo avermi mostrato Taemin, mi ha chiesto se mi piaceva. Io ho risposto di sì, senza pensarci. Era una bella mente, gentile, luminosa. Eppure apparteneva ad un bambino sfortunato, perché lui mi ha detto che i suoi genitori erano morti in seguito ad un incidente d’auto e che era rimasto solo.”
“Questo è vero. Io me lo ricordo, l’incidente. È solo un flash di luce perché ero molto piccolo… ma lo ricordo.” Disse Taemin.
“Beh, io non pensavo che stesse cercando qualcun altro oltre a me. Invece, girovagando tra le menti del mondo, aveva trovato Taemin. E ne era ormai ossessionato.” Kibum fece una pausa, come se ricordare fosse doloroso per lui. “Se io avessi detto che no, quel bambino non mi interessava, il Maestro avrebbe dimenticato la questione. Ne sono certo, perché me l’ha rivelato lui. Dice che si fidava cecamente di me e che non gli serviva nessun altro. Nel suo piano originario non era previsto un altro allievo. E invece io ho detto che mi piaceva. E quando mi ha mandato a prenderlo, non ho opposto nessuna resistenza. Ero giovane e ignorante, non avevo mai visto niente al di fuori di quel luogo dove lui ci teneva, Volevo solo poter uscire. Andai dove il Maestro mi indicò, conquistai le menti di chi aveva conosciuto il bambino e delle inservienti dell’orfanotrofio dove lo avevano mandato da pochi giorni, dopo l’incidente… e lo portai da lui.” Kibum sospirò e prese una mano di Taemin. “E’ colpa mia se ora è qui, in questo inferno. Se lui ora è così.”
“Non avresti potuto fare altrimenti. Non è colpa tua.”
“Sono stato superficiale ed egoista. Ma io sono un po’ così, non è vero Taemin?” un sorriso pungente si formò sulle labbra di Kibum.
“No hyung. Non più. Tu sei tutt’altro.” Kibum sospirò e ritrovò il suo contegno, il ciuffo che gli copriva un occhio felino.
“Ad ogni modo, così sono andate le cose. Siamo cresciuti con il Maestro, senza mai lasciare l’isola che lui si era scelto come dimora. Fin da bambini ci ha insegnato i segreti della mente. Come sfruttarli a nostro piacimento. Ci ha addestrati, perché imparassimo ciò che lui sapeva dalla nascita, per puro istinto. Per questo è superiore, oltre che per il fatto che ha alle spalle molti anni di esercizio più di noi.”
“Quest’uomo… volete dire che sa leggere nella mente dalla nascita? E che è grazie a lui che avete imparato anche voi come fare?” chiese Minho, che era rimasto col fiato sospeso per tutto il racconto.
“Esatto. Lui ci ha resi così.” Rispose Kibum.
“Ma perché?”
“Ci sono diversi motivi.” Kibum sospirò di nuovo, l’espressione seria. “La solitudine è difficile da sopportare, per chiunque. Il Maestro è sempre vissuto da solo, per studiare i suoi poteri e capire come incrementarli. Dopo anni passati con se stesso, girando il mondo per testare le sue capacità sulla gente, si è ritrovato completamente privo di qualsiasi contatto umano, e questo lo ha spaventato. Anche il fatto di essere diverso, l’ha sempre reso un emarginato. Prima o poi, le persone si accorgevano che aveva qualcosa di strano. Quindi ha deciso di istruire qualcuno in modo da non essere più l’unico.”
“Vedere nell’anima della gente fa sentire potenti, ma rende anche schiavi.” Spiegò Taemin. “Capisci quanto le persone siano false e disgustose. Quanto non ci sia niente di vero.”
“Tutta questa conoscenza è difficile da sostenere, se si è soli.”
Minho annuì. Gli occhi di Taemin erano sempre velati da una malinconia lontana, una tinta amara che ormai aveva imparato a conoscere bene.
Ecco cos’era. Era il sapore della solitudine, della diversità. Erano degli occhi di bambino inquinati da una conoscenza che nessun uomo avrebbe mai dovuto avere.
“Il Maestro, come lo chiamate… è un’aberrazione. Un mostro.” Disse Minho, con parole dure. Taemin ebbe un sussulto, come se fosse stato colpito da una sberla. Kibum, che gli sedeva affianco, lo strinse a sé con un braccio.
“Se la pensi così, anche noi lo siamo, perché siamo uguali a lui.” Spiegò Kibum, asciutto.
“Ma… no, voi siete scappati.” Tentò di rimediare Minho, dispiaciuto.
“Sono diciannove anni che viviamo… che sopravviviamo con quel mostro. Il nostro dono è una condanna. E il Maestro, non è stato certo magnanimo con noi.” Una mano di Taemin si strinse a pugno. Non era più in quella stanza, i suoi occhi erano distanti. “Ci sono stati momenti in cui eravamo affascinati dal Maestro. È un uomo intelligente, chi mai più di lui poteva ridurci ad ascoltarlo, a credere ad ogni sua parola come se si trattasse di verità divine… il Maestro per noi era tutto. Era il mondo.”
“E’ stato Kibum a ribellarsi per primo.” Affermò Taemin all’improvviso. “Ha capito il marcio che c’era sotto e mi ha aperto gli occhi. Mi ha mostrato i suoi ricordi di quando era bambino, prima che venisse preso dal Maestro.”
“Vedete, per quando possano sembrare perfetti i suoi ragionamenti, per quanto la sua forza mentale possa essere devastante… a lungo andare, si notano dei buchi, delle storture in ciò che dice il Maestro. Inevitabilmente.” Tentò di chiarire Kibum, gesticolando in maniera animata. “Erano anni che bevevamo ogni sua parola ed ogni suo gesto senza mai porci domande, ma poi… tutto era così chiaro!”
“Le persone cambiano, non sono sempre le stesse, così anche la loro personalità può cambiare, con il tempo, con il succedere delle cose.” concluse Taemin. Era come se si completassero le frasi a vicenda, come se la loro mente fosse un tutt’uno.
“Se una persona ha commesso un errore, le tracce di quell’errore rimangono nella sua personalità. Ma non per questo quell’individuo deve per forza essere giudicato solo perché porta in sé i segni di quel dolore passato.” Continuò Kibum. “Vi faccio un esempio: se una persona ruba una mela, fa qualcosa che non dovrebbe fare. Potrebbe succedere che il senso di colpa per aver rubato quella mela renda la sua anima oscura. Ma se il ladro avesse agito solo perché aveva fame? O se fosse stato l’unico furto mai commesso nella sua intera vita? Voi direste che quella persona è cattiva o malvagia solo per quell’unico avvenimento? Ora ho usato l’esempio di una mela per semplificare, ma la verità è che tutti commettiamo errori, e tutti abbiamo segreti nascosti dentro di noi, cose che vorremmo che non si sapessero. Non per questo siamo persone orribili e da cancellare dalla faccia della terra come ci ha sempre fatto credere lui.”
“No.” Sussurrò Minho. “Un singolo errore non fa una persona.”
“Esatto! È proprio questo che intendevo. Il Maestro ci mostrava solo i lati negativi, istruendoci su come sfruttarli a nostro piacimento per arrivare a controllare meglio gli altri. Siamo cresciuti con l’idea che tutto è male e niente è come sembra. Ma non poteva essere così, vero Taemin?”
“No… l’anima di un uomo è molto più complessa. E poi c’erano i bambini! Crescendo, quando abbiamo iniziato a prendere possesso dei nostri poteri, a imparare, ci siamo messi a cercare da soli. E ogni volta riuscivamo a spingerci più in là con la mente, a trovare più persone da analizzare. E i bambini hanno catturato subito la nostra attenzione. La maggior parte di loro era del tutto innocente. Nessuna ombra da sfruttare, nessun desiderio inconfessabile. Sarebbe stato impossibile comandarli con la mente, anche per lui. Semplicemente perché non c’era niente di male in loro. E a volte succede anche con i più grandi. Come con Jonghyun, ad esempio.”
“Che?” il ragazzo saltò su. Era rimasto in silenzio fino ad allora, rapito dalle parole dei due ragazzi biondi.
“Non hai segreti da nascondere, nessuna particolare paura, nessuno scheletro nell’armadio. La tua anima è difficile da controllare per noi.”
“Scusa, ma tu che ne sai?” Taemin rise.
“Una sera sulla spiaggia, mentre parlavamo e Minho era a correre. Mi sono permesso di dare un’occhiata. Ma è stato solo un istante, e solo per sicurezza. Una veduta generale sul tuo essere in pratica, un po’ come ho fatto con Minho.” Jonghyun deglutì a fatica.
“Non ci credo…”
“Come siete riusciti a scappare?” chiese Minho. Kibum prese la parola.
“Come dicevamo prima… le persone cambiano. E noi siamo cambiati. Ma il Maestro non se ne è accorto, non subito per lo meno. Il suo controllo sulle nostre azioni e sui nostri pensieri quindi, è diminuito senza che lui se ne rendesse conto. Per questo abbiamo pensato di poter scappare da lui. L’isola su cui siamo cresciuti è al largo di questa costa. Nessuno la conosce, perché il Maestro ha fatto in modo che non ci si possa avvicinare, nemmeno per sbaglio. Semplicemente, nessuno si ricorda della sua esistenza. Non è molto grande, ed è ben protetta. Ho deciso di mandare avanti Taemin perché lui… lo stava consumando. Con me è sempre stato più crudele, ma la personalità di Taemin è più fragile della mia e quindi… ho temuto che potesse cedere.”
“Io… non ce la facevo più. La sua presenza era diventata nauseante. Non potevo più respirare.” Disse Taemin, in un sussurro quasi impercettibile. Kibum gli accarezzò una spalla mentre il più piccolo parlava.
“Il Maestro è possessivo con tutti noi, ma con me è sempre stato diverso. È convinto che noi gli apparteniamo, ma io… io devo essere solo suo. Avevo sempre le sue mani addosso, soprattutto dopo che io e Kibum abbiamo iniziato a porci delle domande e contestare il suo pensiero. Era soffocante.”
“L’ho mandato via, mentre il Maestro dormiva, schermando la mente di Taemin in modo che non si accorgesse che lui si stava allontanando. Nel sonno, sono riuscito a nasconderlo. L’unico modo era mandarlo a nuoto, sperando che poi qualcuno lo trovasse. Ho guidato i suoi movimenti fino a quando ho potuto, -Taemin non sa nuotare-, ma poi il Maestro ci ha scoperto. Questo è il risultato.” Kibum si voltò e alzò velocemente la canottiera: Minho distolse lo sguardo e inorridì quando intravide una lunga linea violacea che andava dalla spalla sinistra dei ragazzo fino al suo fianco destro, macchiando la pelle lattea.
“Dio…” esalò Jonghyun.
“Non è niente. L’importante è che Taemin era lontano e ormai, con il mare di mezzo, per lui è difficile costringerci a tornare. Io sono riuscito a fuggire solo qualche giorno fa, perché la sua pressione mentale su di me è aumentata ovviamente, dopo la fuga di Taemin. Ma sono più forte. Ho sfruttato un’altra sua lievissima distrazione… e ora sono qui. Per fortuna sono riuscito a condurre da me una barchetta di pescatori. Non mi andava di nuotare fino a riva.” Taemin e Kibum si sorrisero.
Per un minuto, nella stanza ci fu silenzio.
Troppe cose, troppi pensieri.
“E questa è tutta la storia, la vera storia, caro Kim Jonghyun, che tu ci creda o no.”
 
“Quindi quegli uomini erano controllati da questo ‘Maestro’. Ma perché adesso ce l’ha con me e Minho?” chiese Jonghyun, esitante.
“Sì. Non so cosa abbia in mente di preciso, ma di sicuro non ci lascerà andare così. Non ci lascerà mai.” Rispose Kibum, perfettamente calmo. “Non si allontana mai dall’isola, ed ora che siamo lontani e che siamo forti, non può controllarci fisicamente, ma in un confronto faccia a faccia ci annienterebbe comunque. Vuole solo farci tornare, ed in fretta. I bersagli più vicini e più vulnerabili ora, siete voi. Ma per fortuna il nostro Taeminnie vi ha tenuto d’occhio a quanto vedo.” Taemin rise, mentre Kibum lo stringeva.
“Loro sono miei amici, non lascerei che nessuno gli facesse del male.” Spiegò il più piccolo.
A Minho si strinse il cuore.
Con che coraggio si poteva fare una cosa del genere a delle persone… a dei bambini. Non osava immaginare cosa avevano dovuto passare quei due.
Anche lui ne aveva sopportate tante da piccolo, ma forse loro lo superavano.
“Prove. Datemi prove.” Sbottò improvvisamente Jonghyun. Era tornato il sorriso sornione sulle sue labbra, lo sguardo malandrino.
“Lo squarcio sulla mia schiena è una prova sufficiente, non trovi?” ridacchiò Kibum. I due si fulminarono, tanto che Minho ebbe paura che se si fosse trovato in mezzo ai loro sguardi, sarebbe morto carbonizzato.
“No. Tu non mi piaci, Kim Kibum. Ci sono mille modi in cui potresti essertela procurata, e tutti e mille sarebbero più credibili di questa storia che ci vuoi rifilare. Dammi la prova dei tuoi strabilianti poteri e ti crederò.”
“Vedi Jonghyun… se usiamo la nostra mente lui se ne accorge, e saprà più con chiarezza dove siamo e su chi la usiamo. Per questo è meglio di no.” intervenne Taemin, notando l’irritazione del suo amico.
“Non mi interessa, tanto l’hai detto anche tu no? Ormai ci ha trovati.” Rispose Jonghyun.
Cocciuto.
“Ascolta Jjong…” tentò Minho, ma quello non gli diede il tempo di aprir bocca.
“No, ascoltami tu. Di me hanno detto tutte quelle fandonie, ma di te? Ti sei mai chiesto perché non hanno fatto nessun commento su di te?”
Sì, Minho se l’era chiesto. Ma aveva così paura della risposta che aveva preferito non pensarci. Minho si irrigidì.
“No Jonghyun. Questa non me la puoi fare. Non tu.” Jonghyun lo prese per le spalle, serissimo.
“Amico mio, davvero credi a ciò che dicono? Se sapessero davvero… ti assicuro che non si comporterebbero così con te.” il ragazzo lo lasciò e tornò a rilassarsi sul divano.
“Io gli credo, e va bene così.”
E invece Minho aveva paura. Una paura folle che loro lo scoprissero.
Sentì lo sguardo curioso di Taemin su di sé e si mosse sul divano, inquieto.
“Senti, io voglio le prove. Tu fai quello che vuoi. Credi anche al fatto che gli asini volino o che alla fine dell’arcobaleno ci sia una dannata pentola piena d’oro, ma io no.” Incrociò le braccia muscolose e abbronzate, risoluto.
Kim Kibum si alzò in piedi, le mani puntate sui fianchi.
“Va bene, razza di scimmione. L’hai voluto tu.” Minho soffocò una risata. Non si aspettava quella reazione.
“No, hyung dai!” lo implorò Taemin, ma Kibum lo ignorò. Anche Jonghyun si alzò in piedi, fumante. Era comunque più basso del ragazzo biondo ma entrambi erano decisamente minacciosi.
“Come mi hai chiamato, scusa?”
“Scimmione.” Minho represse un altro scoppio di risa.
“Buoni…”
“Ma da dove è uscito questo? Come osa parlarmi così poi, con quei capelli da pazzo che si ritrova?” Kibum si sistemò istintivamente il ciuffo.
“I miei capelli sono perfetti e tu sei uno scimmione. Razza di imbecille… credi davvero che uno si potrebbe inventare tutta questa storia solo per fare uno scherzo a te?”
“E che ne so, c’è tanta gente pazza al mondo! Sei da ricovero…”
“Ok, basta adesso!” Minho si alzò in piedi e, con uno sforzo di coraggio, si mise tra i due. “Non è il caso eh…”
“Vuole una prova, la avrà! Che c’è di tanto difficile?”
“Hyung, è meglio di no…” ripeté Taemin.
“Sono pronto!” esclamò Jonghyun, e guardò Kibum negli occhi. Poi scostò Minho con un braccio.
“Anche io.”
“Hyung! Bah…” Taemin si risedette con un gesto di stizza. Minho gli si accovacciò vicino.
“E adesso?”
“Razza di bambini testardi…” brontolò Taemin.
Con grande sorpresa di Minho, gli occhi di Kibum divennero da marroni ad azzurri, mentre li fissava in Jonghyun come se volesse sondargli l’anima. Il ragazzo impallidì leggermente ma non si mosse.
Che coraggio.
Mentre i minuti passavano e nessuno si muoveva, una leggera smorfia di dolore si dipinse sul volto del ragazzo moro. Poi, prima che Minho potesse dire o fare qualsiasi cosa, Jonghyun imprecò e si prese la testa fra le mani, rigettandosi a sedere sul divano.
“Ah, cazzo… ho un coltello nella testa!”
“L’hai voluto tu, ora non ti lamentare. Comunque passa subito.” Anche Kibum si risedette, un’espressione soddisfatta sul viso. Minho scivolò accanto all’amico.
“Ehi, che ti ha fatto?”
“Quel bastardo… non so come sia possibile ma mi ha parlato…”
“Cosa? E che ti ha detto?”
“Che avrebbe voluto farmi fare un bel tuffo in mare, così da schiarirmi le idee, e che… che sono uno scimmione cocciuto.” A quel punto Minho, sentendo quelle parole dal suo amico, non poté soffocare una risata. Si tenne la pancia mentre scoppiò a ridere disteso sul pavimento. Jonghyun lo tempestò di pugni.
“Non ti ci mettere anche tu, dannazione! Io quello lì non ce lo voglio in casa mia!”
“Non dovrai sopportarmi molto, vedrai, e comunque mi trovo volentieri un’altra sistemazione.” Rispose Kibum, tagliente. Le sue parole, fecero tornare Minho coi piedi per terra.
“Cosa… cosa avete intenzione di fare ora? Ve ne andrete?”
“No.” Rispose Taemin.
“Sì.” Rispose Kibum.
In contemporanea.
“Oh oh…” sussurrò Jonghyun, quasi compiaciuto. Kibum lo fulminò ancora.
“Taemin, è meglio se ci allontaniamo. Siamo ancora troppo vicini a lui, capisci?”
“Non si è mai mosso dall’isola e mai lo farà hyung, quindi per ora che stiamo qui o che ce ne andiamo è lo stesso. Fino a quando non troviamo un modo per vincere su di lui, per lo meno…”
“No Taeminnie, vedi, più noi ci allontaniamo meno lui riuscirà a sentirci. Saremo più al sicuro se partiamo.”
“Sì ma cosa ne sarà di loro?”e indicò Jonghyun e Minho. “Non possiamo lasciarli così.”
“Se non saremo più con loro, anche il Maestro li lascerà in pace.”
“E se non lo facesse? Potrebbe benissimo usarli contro di noi. Appena ci allontaneremo la loro mente sarà esposta.” Kibum ebbe un’esitazione. “Se ci ritrovassimo a combattere contro di loro hyung, io non potrei fargli del male.” Kibum guardò il più piccolo per un lungo istante, poi sospirò e lo abbracciò brevemente.
“Sei troppo buono, Taeminnie. Non dovresti essere così.”
“Che vuol dire il biondone, che lui ci farebbe ammazzare senza problemi?” sbottò Jonghyun. Kibum sembrò non sentirlo. Era troppo preso a coccolare il suo ‘Taeminnie’.
Da dove esce quel nomignolo. Si chiese Minho, infastidito.
 
La loro discussione continuò fino a sera inoltrata e quando Minho guardò per caso fuori dalla finestra, si accorse che era già buio e la luna già alta.
Quel pomeriggio l’aveva sfiancato, ma era passato in un baleno.
Kibum e Taemin erano ancora raggomitolati uno vicino all’altro, sulla poltrona. Guardandoli, Minho si accorse che quando c’era l’altro ragazzo, Taemin non gli riserbava più le attenzioni che ormai era abituato a ricevere da lui.
Con frustrazione, si rese conto che la cosa gli dava fastidio.
Alzandosi, propose di andare a letto, ognuno nelle proprie case. Era stata una giornata stressante per tutti. Kibum sembrò sollevato nel sentirglielo dire. Doveva essere molto stanco. Jonghyun se ne andò con il ragazzo, imbronciato. Gli disse –con molto sarcasmo-, che si sarebbero sentiti dopo, non appena avrebbe mostrato la casa ‘al suo nuovo, graditissimo coinquilino’. Taemin e Kibum si salutarono con altrettanto calore di quanto avevano dimostrato non appena si erano ritrovati e, a malincuore, Taemin lo lasciò andare.
Minho e Taemin rimasero nuovamente soli, nel silenzio del loro appartamento. Minho si sedette pesantemente sul divano, la testa gettata all’indietro. Taemin lo guardava, in silenzio.
“Non mi avevi mai parlato di lui.” Disse Minho. Non voleva suonare sgarbato e si trattenne.
“E’ parte di me. Kibum ed io siamo le due facce della stessa moneta.”
“Questo l’ho intuito.”
“Hyung, sei arrabbiato?” Minho esitò.
Era arrabbiato?
“No. Sono solo sorpreso. E stanco.”
“Mmm.”
“Quando hai detto di essere solo… non era vero.”
“Come?”
“Non è vero che sei solo. Tu hai lui.”
“Non sapevo se mi avrebbe raggiunto in tempo.” Minho non rispose. “Anche tu non sei solo ma hai Jonghyun.” Minho avrebbe voluto replicare, ‘ma con lui è diverso’.
“Sembrate molto uniti.”
Che cosa idiota da dire.
“Beh sì… Minho.” Il ragazzo più grande alzò il viso per guardarlo. “Sei geloso?”
“Ma di chi scusa?”
“Di… di me.”
“Taemin. Che dici. Tu non sei mio. Non è che posso essere geloso.”
“Non importa se puoi o non puoi, importa se lo sei o no.”
“No, non lo sono.”
Silenzio. Taemin si accovacciò con le gambe strette al petto, come faceva sempre.
“Per me lo sei…”
“Ti dico di no!”
“A me piaci hyung, io sarei geloso se ti vedessi con qualcun altro.”
Ma se non mi hai nemmeno guardato per tutto il giorno.
“Ero geloso anche di quella tua amica, Yuri! Non mi è mai piaciuta.” Minho rise.
“Ma come?”
“Lei è innamorata di te! Ma lo so che tu non la vedi in quel modo…”
“Hai guardato nella testa di Yuri?”
“Non l’ho fatto apposta, ho dovuto, quando dentro di lei c’era anche il Maestro. O non sarei riuscito a liberarla.” Minho scosse la testa.
“Bah.”
“Io sarei geloso se tu guardassi qualcuno in quel modo, ma so che tu non pensi a lei come lei pensa a te.”
“E anche se io mi innamorassi di lei, scusa? Non ci sarebbe niente di strano.” Disse Minho.
“No, ma…”
Ma cosa?Minho si mise a guardarlo, i gomiti sulle ginocchia. Taemin si mordeva un labbro.
“Taemin. Che stai dicendo. Io sono un maschio, tu sei un maschio. Io devo stare con una donna. Che stai dicendo, diamine…” Minho tornò a rovesciare la testa sul divano.
“Maschio o femmina non conta così tanto. Sono i sentimenti che contano.”
Minho arrossì. Per fortuna era buio. Gli era tornato in mente quel dannato sogno.
Tutto troppo strano.
“Senti Taemin, non pensi che io ne abbia avute abbastanza di sorprese per oggi? Andiamo a dormire, eh?” fece per alzarsi ma il ragazzino corse da lui e si mise a cavalcioni sulle sue gambe.
“Che fai?” esclamò Minho. Lui gli prese il viso tra le mani.
“Non guarderò dentro di te, ma sappi che in questo momento vorrei davvero farlo. Tu nascondi più cose a te stesso che agli altri, ma io ti vedo lo stesso, sai?” quella frase fece perdere la testa a Minho e per un attimo non seppe più cosa fare. Rimase a guardare gli occhi di Taemin e vi si perse.
Troppo vicino.
Troppo bello.
Taemin si alzò, leggero e silenzioso come un’ombra e si diresse in bagno per mettersi il pigiama.
E Minho riprese a respirare.

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Eccoci con un nuovo aggiornamento.
Presto arriveranno nuovi personaggi, quindi non temete. Sono contenta di sapere che state seguendo la mia storia!
Vi amo :)
A presto!
Chiara
 
  
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