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Autore: cometa91    12/09/2012    0 recensioni
Lunghe ali candide, un petto piumato e arruffato dalla
mia inutile lotta con le lenzuola, zampe palmate. Provai ad articolare un suono, senza cercare di comporre le parole
come avevo fatto prima, ne uscì qualcosa di rauco e indefinito che mi ricordava un giornata in riva al mare.
Mare mare mare... non sono mai stata una esperta in uccelli acquatici ma avrei riconosciuto immediatamente un gabbiano.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il secondo capitolo della mia storia, vengono introdotti alcuni personaggi importanti e la nostra protagonista (che ora sapete come si chiama) dovrà vedersela con i nuovi "nemici naturali".Buona lettura! :)

Ali sull'acqua


Cap.2 Primo volo
Fissavo lo specchio trattenendo il respiro.
Era IMPOSSIBILE.
Non potevo essere diventata un gabbiano. assolutamente inconcepibile, doveva trattarsi di un sogno!
Provai a ricordare come diavolo avessi fatto a cacciarmi in quella situazione.
Cos'era successo ieri sera?
Ricordavo di essere uscita con Richard, di aver cenato insieme e poi.... ero nervosa. Si ero nervosa per qualcosa.
Ma cosa? 
Ah si! Come avevo fatto a dimenticarlo! Io e Richard avevamo litigato per l'ennesima volta.
I miei pensieri furono interrotti dal rumore di qualcosa che sbatteva su del vetro. Mi voltai e scorsi un uccello
"bussare" con il becco alla finestra della mia stanza.
"ehi!" strillò l'uccello che osservando meglio riconobbi subito come un altro gabbiano.
*toc toc toc* continuava imperterrito a bussare.
"ehi dico a te! come sei entrato li? c'è del pesce?"
oh mio Dio... lo capivo! Capivo il significato dei "versi" che emetteva! 
Provai a rispondergli, forse se ero un gabbiano "fuori" lo ero anche "dentro".
"pesce? ma dico non lo vedi che è una camera da letto?" 
"e cos'è una camera da letto? si mangia?" rispose con fare curioso.
Mi capiva. Parlavo il gabbianese! 
"certo che non si mangia!"
"dai fammi entrare! non sono mai stato in una casa di umani" proseguì schiacciando il becco sul vetro
feci per avvicinarmi alla finestra ma mi bloccai immediatamente sentendo dei passi salire su per le scale.
Oh no, mia sorella! Doveva essersi svegliata a causa di tutto quell'inutile "beccare".
La porta venne aperta di scatto e Jane, capelli biondi all'aria e pigiama azzurro sgualcito comparve sulla soglia.
All'inizio parve non scorgermi poi posò gli occhi su di me e assunse un'espressione inorridita.
"CHE SCHIFO! SPORCO UCCELLACCIO ESCI ESCI SUBITO!" Strillò cercando di prendermi a cuscinate.
"Jane jane fermati sono io! Sono Lucy!" ma tutto ciò che uscì fuori dalla mia bocca, ops, becco, fu un garrito
stridulo.
Jane di rimando agitò il cuscino con maggiore violenza, corse alla finestra, il gabbiano di prima era evidentemente
fuggito, l'aprì di scatto e mi gettò fuori afferrandomi violentemente per un'ala. 
Poi richiuse le ante.
Fui sbalzata sulle tegole del tetto graffiandomi una zampa tra le scheggie di legno.
"ah eccoti allora sei viva!" il gabbiano di prima atterrò con grazia al mio fianco. 
Ora, senza l'ingombro della finestra potevo osservarlo meglio. Era un... bel gabbiano. Bianco con le ali lucide
e grandi, il becco di un giallo/arancio intenso e i profondi occhi neri. Appena sopra il becco spuntava una grossa
macchia color cioccolato.
"ti sei fatta male?" mi chiese osservando la mia ferita.
"oh non preoccuparti, non è nulla" provai a posare la zampa sulle tegole e ne ottenni una fitta di dolore.
Dolore... ma allora non poteva essere un sogno! 
"pensi di riuscire a volare con quella ferita?"
"volare? ma io non posso volare!"
"ehi credi che quelle ali siano lì per nulla?" rispose ridacchiando "eppure mi sembri grandicella, non sei certo
un pulcino!"
"no no, io non posso volare perchè sono una donna! un essere umano! non un uccello!" risposi con enfasi
"a me sembri proprio un gabbiano" disse scrutandomi
un rumore ci vede voltare di scatto. Il sangue mi si gelò nelle vene nel vedere cosa avevo di fronte.
"Meeeeeoww!" un grosso gatto nero con gli occhi gialli ci si stava avvicinando con sguardo affamato
"scappiamo!" urlò il gabbiano al mio fianco, prese la rincorsa e spiccò il volo "presto muoviti!"
"ma come faccio io NON SO VOLARE!" risposi cercando di allontanarmi dal felino che affilava gli artigli pronto 
all'attacco. 
"provaci! prendi la rincorsa e quando arrivi al bordo datti la spinta con le zampe e sbatti le ali più forte
che puoi. muoviti se non vuoi diventare cibo!"
Il gatto intanto, artigli sguainati, mi aveva allungato un paio di zampate che ero riuscita miracolosamente a 
scansare; presi la rincorsa con tutta la forza che avevo nonostante il dolore alla zampa e arrivata al bordo mi
lanciai, consapevole di precipitare dal quello che era il quarto e ultimo piano di casa mia.
Chiusi gli occhi pensando che fosse molto meglio morire spiaccicata al suolo che mangiata da un orrendo gattaccio.
Ma non caddi. Quando li riaprii mi libravo in aria, di fronte a me il cielo.
  
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