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Autore: IaminlovewithPayne    12/09/2012    1 recensioni
Un forte botto riecheggiò nell'aria, costringendomi a guardarmi intorno curioso e..preoccupato.
La fila delle auto si era bloccata, invasa da un'enorme nuvola di fumo grigio che proveniva da dove avrei dovuto recarmi io. Ma che diavolo..?
Sentii qualcosa nascere nel mio stomaco e la paura impossessarsi di me.
Spalancai lo sportello dell'auto e iniziai a zigzagare tra le auto, correndo verso l'origine della nube. Era successo qualcosa di brutto, me lo sentivo.
Maledetto a me, e a queste dannate sensazioni!
Girai l'angolo, e quello che vidi mi pietrificò, bloccandomi il respiro e la corsa. Ebbi una fitta lancinante al cuore e la vista mi si appannò per le lacrime che presero a scendere sul mio volto.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Scesi dal letto -ancora assonnato- avvicinandomi accanto alla finestrella della mia stanza. Mi ravvivai i capelli spettinati, scoprendo che quella mattina il tempo non era dei migliori, come al solito. Ma, nonostante fossi abituato a quel clima orribile, quella mattina sentivo che c'era qualcosa di strano. E quando Niall Horan avverte qualcosa di strano, beh non è un buon segno.
«Tesoro sei già sveglio? Oh bene, menomale. Ti volevo avvisare che sto andando al lavoro, quindi ci pensi tu a chiudere casa dopo, okay? Ci vediamo dopo»
Mia madre sparì, così come era apparsa poco prima, chiudendosi la porta della mia stanza alle spalle. Sospirai guardando l'orologio appeso alla parete della mia stanza, che segnava le sette in punto. Bene, avevo due ore per prepararmi prima di andare a scuola.
Mi feci coraggio e scesi al piano di sotto per fare colazione. Non potei non notare -mentre scendevo le scale- che la casa era stranamente vuota. Ma dove diavolo erano finiti tutti?
Arrivai in cucina, dirigendomi direttamente dal mio adorato frigo. Che ci potevo fare? Io adoravo mangiare, e il frigo era il mio compagno di cibo.
Ognuno ha una particolarità, ed è per questo che nessuno è uguale a nessuno. C'è chi ama cantare, suonare la chitarra, sognare ad occhi aperti, ballare, recitare, dormire etc, e chi ama mangiare, come me.
Scossi la testa per spazzare via quei pensieri, ritrovando un bigliettino -sul tavolo- che attirò la mia attenzione. Portava la calligrafia di papà e mi annunciava che quel giorno a pranzo, sarei dovuto recarmi al suo ufficio, in centro, perché doveva parlare con tutta la famiglia di cose urgenti. Accanto al bigliettino c'era il permesso di uscita anticipata da scuola. Cosa c'era di tanto urgente da discutere?
Scrollai le spalle lasciando sul tavolo i due foglietti di carta e aprendo il frigo per prepararmi la colazione, dato che il mio stomaco mi stava implorando di mangiare, ignorando quella brutta sensazione che, da quando ero sceso dal letto, poco prima, mi stava perseguitando.


«Signor Horan, le sarei grata se lei ci degnasse della sua presenza. Non so quali pensieri turbino la sua mente, ma gradirei che li lasciasse da parte per la fine dell'ora»
La voce della professoressa Mc Gravitt mi risvegliò dallo stato comatoso nel quale mi trovavo, costringendomi a sbattere le palpebre e a guardarmi attorno spaesato.
«S-si» balbettai avvampando e tornando a concentrarmi sulla lezione di spagnolo.
Non era mai successo che venissi sgridato a scuola, ma quel giorno proprio non riuscivo a concentrarmi. La mia mente era occupata a pensare ai probabili argomenti dei quali avremmo potuto parlare con i miei. Il peggiore, quello che mi inquietava assai più degli altri, era quello del trasferimento. Non volevo pensare di lasciare la mia adorata New York, città nella quale ero cresciuto e nella quale avrei voluto vivere per sempre. Adoravo stare l', e per nulla al mondo mi sarei voluto trasferire.
E se invece l'argomento riguardava i soldi? E se mio padre doveva dirci che eravamo rimasti senza fondi?
E non pensare sempre negativo, scemo!
Giusto, magari mio padre voleva avvisarci di aver comprato una villa lussuosissima dall'altro lato della città, o di aver affittato uno stadio per me e mio fratello..
La campanella di fine lezione suonò e io, raccolte velocemente le mie cose, sgattaiolai fuori dall'aula in un baleno. Finalmente l'ora del verdetto era arrivata.
«Si può sapere che hai?» mi domandò una voce femminile.
Sollevai lo sguardo da terra, incontrando gli occhi di Jess, la mia migliore amica.
«Niente, perché?»
Lei mi guardò inarcando le sopracciglia. «Horan non puoi mentirmi!»
Sbuffai. «E va bene, sono solo sovrappensiero. E' tutto a posto»
«Sicuro? Sai che puoi sempre contare su di me..»
Annuii. «Si si, roba in famiglia»
«Oh, okay»
Le sorrisi abbracciandola. «Grazie, perché ci sei sempre»
«E' il minimo che posso fare per il mio migliore amico!» disse sciogliendo l'abbraccio. «Non vieni a mensa?» mi domandò poi quando gli ebbi spiegato tutto.
«No, ora vado. Ci vediamo domani» la salutai correndo via verso la segreteria.
Prima di entrarci, rilessi per bene il permesso, notando che mancava la data. La aggiunsi, cercando di imitare la scrittura di mio padre.
11 Settembre 2001


«Niall dove sei? Ti stiamo aspettando tutti..»
«Sto arrivando mamma» risposi riagganciando il telefono e gettandolo sul sedile del taxi nel quale mi trovavo.
Sospirai. L'ansia mi stava uccidendo, e la brutta sensazione di quella mattina si stava facendo risentire, ma questa volta più forte. Come se mi volesse mettere in allarme..si, ma da cosa?
Un forte botto riecheggiò nell'aria, costringendomi a guardarmi intorno curioso e..preoccupato.
La fila delle auto si era bloccata, invasa da un'enorme nuvola di fumo grigio che proveniva da dove avrei dovuto recarmi io. Ma che diavolo..?
Sentii qualcosa nascere nel mio stomaco e la paura impossessarsi di me.
Spalancai lo sportello dell'auto e iniziai a zigzagare tra le auto, correndo verso l'origine della nube. Era successo qualcosa di brutto, me lo sentivo.
Maledetto a me, e a queste dannate sensazioni!
Girai l'angolo, e quello che vidi mi pietrificò, bloccandomi il respiro e la corsa. Ebbi una fitta lancinante al cuore e la vista mi si appannò per le lacrime che presero a scendere sul mio volto.
Respirare era diventato difficilissimo, e fui costretto ad accasciarmi sul marciapiede. Non riuscivo a crederci. No, non poteva essere successo davvero.
Il palazzo dell'ufficio di mio padre era crollato, e con lui quello affianco, provocando polvere e detriti dappertutto. Quella non sembrava più la via del lavoro di mio padre..sembrava una scena di guerra.
E la mia famiglia era morta..crollata appresso a quel palazzoni enormi.
«No!» urlai più forte che potessi, fino a sentire la gola raschiare. «No!» ripetei sbattendo un pugno al suolo.
Mia madre, mio padre e Greg, oh Greg, mio fratello, erano morti. Se ne erano andati via senza che io potessi salutarli, senza che potessi vederli per l'ultima volta. Mi avevano lasciato solo, orfano. Che senso aveva adesso la mia vita? Che senso aveva ancora vivere dato che avevo perso tutte le persone alle quali volevo più bene, esistenti sulla faccia della Terra? Se soltanto fossi arrivato prima. Se soltanto non mi fossi fermato a parlare con Jess, ma fossi corso via, adesso io sarei morto con loro. Era tutta colpa mia, se non avevo potuto guardarli in faccia per l'ultima volta e sorridergli, dimostrargli quanto bene gli volessi.
«Non è giusto!» urlai «Uccidetemi non è giusto!»
Perché? Perché? Perché loro? Che egoista che ero! Io stavo continuando a vivere, a respirare, e loro erano chissà dove, sotto quelle macerie, senza più vita.
Mi sollevai di scatto e presi a correre verso la direzione opposta, scansando la gente che si era avvicinata per vedere quello spettacolo orribile. Non potevo restare lì, non volevo continuare a vedere quanto cattivo ed egoista ero. Non badavo nemmeno a dove stavo andando, correvo e correvo, e piangevo, speranzoso di..di che cosa? Non lo sapevo nemmeno io. Sapevo soltanto che dovevo correre e basta.
Mi schiantai contro qualcuno, che mi strinse al petto. Era Jess.
«Niall, Niall stai calmo. Non è colpa tua, shh. Non potevi saperlo..»
La abbracciai più forte che potevo, continuando a singhiozzare. «Non è giusto, è colpa mia. Perché? Dimmi perché?»
«Shh..»
Ci accasciammo a terra e restammo lì a lungo, mentre mi facevo consolare da Jess. Anzi no, Jess consolava Niall. Io non ero più Niall. Lui era morto con i suoi genitori. Io ero quell'egoista che non era arrivato in tempo all'appuntamento con i suoi e che aveva lasciato che morissero.
In seguito scoprimmo che quello alle torri gemelle era stato un attentato organizzato da Al-Qaeda, e che in quello stesso giorno morirono circa 2.752 persone. Vittime innocenti del terrorismo. E io piansi, piansi e piansi per giorni, per quelle povere anime e per la mia famiglia che ormai non c'era più.


Premetto che non so da dove mi sia uscita sta cosa AHAHAHAHAHAH
Boh, ieri era l'anniversario dell'attentato alle torri gemelle e ho preso spunto per scrivere questa os.
Avrei tanto voluto pubblicarla ieri, ma non ho fatto proprio in tempo, quindi lo faccio stamattina. E dato che ci sono ne approfitto per dirvi che non ho fatto in tempo a finire di scrivere il capitolo dell'altra ff, e quindi lo pubblicherò mercoledì prossimo. Sorry :)
Allora..non so che dirvi. Fatemi sapere cosa ne pensate, magari con una recensione!
E se volete passate a leggere l'altra mia ff, qui sotto trovate il banner. Cliccateci sopra.
Buon inizio di scuola a tutte (tranne a me che devo aspettare ancora martedì prossimo) C:
Baci, Elena.


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