Si,
lo so che non ci credete eppure eccomi qua. Scusate, davvero. Non avrei
voluto
fare tutto questo ritardo, ma cause di forza maggiore (alias io che mi
scordo
il quaderno col capitolo al mare *coff*) mi hanno impedito di postare
quando
avrei voluto ç_ç Perdonatemi vi prego u.u
Comunque,
detto questo. Ma... siete sicuri? Cioè, non è che
magari avete lasciato le
recensioni convinti che fossero per un'altra storia? No,
perchè a parte che non
me ne aspettavo così tante, e poi ciò che avete
scritto... Le avrò rilette
tutte almeno tre volte, e ogni volta mi sono commossa. Avete avuto
delle parole
meravigliose per me, che davvero non penso di meritare. In ogni caso,
vi giuro
che farò di tutto per essere all'altezza delle vostre
aspettative perchè,
ripeto, tengo moltissimo a questa storia e il fatto che vi piaccia mi
fa congolare
che manco ve lo immaginate. LOL
AHAHAHAHAHAHAH
okay, basta parlare, vi lascio al capitolo che tra l'altro è
pure un po'
deprimente xD ma porella, ha appena perso il suo ragazzo, concediamole
almeno
un capitolo di disperazione U_U
Vabbè,
ciao. Buona lettura :)
Ah,
e vipregovipregoviprego non ridete mentre leggete la prima parte del
capitolo.
Cioè io al solo pensiero muoio dalle risate ma non avevo
idea di come renderlo
diversamente e... Boh, niente, voi non ridete e
basta u.u
She
will be loved
Alive
or just breathing?
Il
finestrino abbassato. L'aria fresca sul volto in quella serata calda e
afosa.
Il mio sorriso, rivolto al cielo, a Mike, alle nostre mani intrecciate.
La sua
risata. La mia risata. Parlavamo, scherzavamo, ma non sentivo le nostre
voci.
Perché non le sentivo? Eppure ne ero sicura. Ci vedevo,
eravamo proprio lì, di
fronte ai miei occhi. Le nostre labbra si muovevano. Io risi di gusto
ad una
sua battuta, ma non mi sentivo divertita. Era più come se
fossi una
spettatrice. Era più come se fossi in un sogno.
Improvvisamente
due fari mi accecarono gli occhi. Osservai attentamente la mia
espressione e la
sua mutare, in un misto di consapevolezza e terrore, mentre quei fari
diventavano sempre più grandi, sempre più
luminosi.
Gridai.
Spostatevi. Maledizione, spostatevi.
Ma non riuscivano a sentirmi.
E
mentre le luci dei fari promettevano tutto l'orrore di cui erano
capaci, fu
allora che capii. Non si sarebbero spostati. Non ci saremmo
spostati. Perché quelli non eravamo noi, Kristen e Micheal
non esistevano più. Quello era solo un sogno, e sapevo
esattamente come si
sarebbe concluso.
Così
iniziai a pregare. Svegliati. Ti prego,
ti scongiuro, svegliati. Svegliati.
Ma
non mi svegliavo. Ero costretta a rivivere tutto ancora e ancora. Non
riuscivo
mai a svegliarmi. A dir la verità, era come se non mi fossi
mai svegliata, come
se si ripetesse tutto nella mia mente milioni di volte senza che
potessi farci
nulla.
Osserva
in silenzio, piangendo lacrime che nessuno avrebbe asciugato, mentre
guardavo
la fine di Mike, la mia fine, finché tutto non si fece buio.
I
fari scomparvero, al loro posto una luce fioca, così tanto
che credetti di
immaginarla. Ma la luce si faceva sempre più intensa. Non
sapevo cosa avrei
trovato dopo la luce. Volevo restare lì, al buio. Il buio
era confortevole, al
buio sapevo che ci sarebbe stato solo il buio. Solo il dolore. Solo la
sofferenza. Non era una bella prospettiva, ma almeno non avrei ricevuto
sorprese.
Non
sapevo cosa avrei trovato dopo la luce, eppure la seguii. Era intensa,
troppo.
Come quella dei fari, ma era diversa. Mi spaventava, ma non allo stesso
modo.
Strinsi
gli occhi quando la luce mi circondò completamente,
impedendomi di vedere.
Vedere cosa? Non c'era nulla da vedere. Se prima c'era solo il buio,
ora c'era
solo la luce. Il bianco.
Tremai.
Volevo tornare al buio. Non mi piaceva, lì. Era tutto troppo
bianco, E dopo il
bianco, ancora bianco. E dopo la luce, ancora luce.
Non
c'era luce, per me. Eravamo morti. Lo avevo visto. Avevo visto l'auto
che si
schiantava contro di noi, rubando tutto ciò che avevamo.
Tutti i nostri sogni,
le nostre speranze, i progetti. Tutto era svanito, come il buio. In
mezzo a
tutta quella luce non riuscivo a vedere nulla, nemmeno me stessa. Avevo
perso
il mio corpo, non lo sentivo più. Non sentivo altro che
dolore. Ma se ancora
soffrivo, allora dov'era il buio? E io? Dov'ero io? E Mike?
Tutto
era svanito.
Per favore,
ridatemi Mike. Rinuncerò
a me stessa, ma a lui no. Ridatemelo, vi prego.
Ma
lui non tornava. Nulla tornava, niente si muoveva. Era insopportabile.
Mi
agitai. Strinsi gli occhi ancora più forte, magari il bianco
se ne sarebbe
andato. Ma non se ne andava.
Tutto
restò uguale per un tempo infinito, finché non
sentii delle voci. Le conoscevo?
Non ne ero sicura, ma non importava. Mi aggrappai a quelle voci per
fuggire da
tutto quel bianco. Magari mi avrebbero riportata da Mike. Quelle
voci... Che si
facevano sempre più nitide nella mia mente, e io facevo di
tutto per non
perderle.
Continuavo
a tenere gli occhi sbarrati, ma non ce la facevo più.
Combattevo per non
aprirli, ma fui vinta dal bianco che mi circondava e aprii finalmente
gli
occhi.
Fu
strano, come rientrare nella propria pelle dopo un'esperienza
extracorporea.
Era stato improvviso, ma allo stesso modo dovevo abituarmi, come se non
mi
sentissi ancora me stessa. Come svegliarsi da un incubo... E trovarsi
dentro
un'altro. Sapevo che l'incubo non era finito. Per me, doveva ancora
iniziare.
Misi
a fuoco e riconobbi il volto di mia madre segnato dalla stanchezza. I
capelli
erano in disordine, e aveva il volto scavato, come se non mangiasse o
dormisse
da chissà quanto.
Ma
non importava. Tutto scomparve quando i miei occhi incrociarono i suoi.
Non
avevo mai visto degli occhi così vivi. Felici
non bastava a descriverli, non gli rendevano giustizia. Ma se stava
così allora
forse non avevo capito niente. Forse Mike non erra stato inghiottito
dall'oscurità, forse ce l'aveva fatta.
"Bambina
mia. Bambina mia. Stai bene, grazie a Dio sei sveglia. Stai bene."
Io
stavo bene. Non ne ero del tutto certa.
Mia
madre continuava a ripetere frasi sconnesse e senza senso, a piangere,
a sorridere,
ma io avevo bisogno di sapere. Non mi importava di me. Dov'era Mike?
Perché non
era con lei?
Provai
a parlare ma avevo la gola troppo secca. Lei capì e dopo
aver asciugato il suo
viso mi avvicinò alle labbra un bicchiere colmo d'acqua.
Provai a deglutire, ma
la gola bruciava.
Ignorai
il dolore.
"Mamma...",
biascicai.
"Oh,
si amore mio. Sono qui. Non ti preoccupare, andrà tutto
bene. Chiamo un medico,
si occuperanno di te. Starai bene, vedrai."
Scossi
la testa, o almeno ci provai. Non era ciò che intendevo.
"Mi..
Mike... Dov'è Mike..."
Le
mie parole si persero nell'aria, ma capii che aveva capito. E capii
anche che
non avevo capito niente. Mi aveva mentito. Non sarebbe andato tutto
bene, io
non sarei stata bene.
Non
avevo bisogno di altre conferme, l'ombra che si posò sul suo
viso fu più che
sufficiente, ma parlò comunque,
"Non
ce l'ha fatta."
Avevo
chiesto il buio ed ero stata accontentata. In un secondo
l'oscurità calò su di
me.
Mike
era morto. Era davvero la fine.
**********
I
giorni successivi al mio risveglio furono tutti uguali e tutti diversi.
Ero
stata in coma per due giorni. Lo venni a sapere quando fui abbastanza lucida
quantomeno da capire ciò
che mi succedeva intorno, dopo essermi risvegliata la seconda volta,
quando mi
avevano dovuto sedare per calmarmi. Probabilmente non volevano darmi
notizie
scioccanti tutte insieme. Ma il fatto di essere stata in come non mi
aveva
scioccata. Sapevo di essere rimasta incosciente per un po'. Volevo solo
che
durasse più di quel che è durato effettivamente. Per sempre mi sarebbe andato
più che bene.
In
compenso era tornata l'oscurità, il buio. Ma era tutto nella
mia testa.
Non
sopportavo l'idea di dover rimanere in ospedale troppo a lungo,
così non appena
stetti meglio firmammo i moduli e tornai a casa mia.
Ma
casa era piena di colori. Non li volevo, mi ricordavano troppo
ciò che avevo
perso... Tutta la mia vita. Stridevano col mio reale stato d'animo e mi
facevano stare anche peggio. Mi dicevano "Ehi,
c'è un mondo intero lì fuori, fuori della tua
finestra. C'è una vita intera.
Che aspetti a viverla?"
Mike.
Aspettavo Mike.
Anche
mia madre me lo diceva sempre. Non a parole, no. Ma i suoi occhi...
Quegli
stessi occhi così pieni di vita al momento del mio risveglio
mi imploravano di
aprire uno spiraglio a quel mondo che stava fuori della mia finestra. E
vedevo
la vita scorrere via anche da lei, man mano che il tempo passava e io
mi
sentivo sempre più morta.
Come
mi sentivo morta quando gli avevo detto addio.
Avevano
aspettato a fare il suo funerale. Non so chi prese la decisione. Forse
sua
madre, che non era ancora pronta a salutare suo figlio; forse la mia,
come a
sperare che mi sarei svegliata presto per potergli dire addio. Mi ero
svegliata, ma non potevo comunque. Non ero pronta. Nessuno lo era.
Ascoltai
le parole di parenti, amici, perfino un paio di colleghi di lavoro.
Avevano
tutti parole così belle per lui. Ma erano così
tristi. Come se fosse la loro
ultima possibilità.
Tutti
si facevano avanti mentre io restavo seduta sulla mia sedia a rotelle
alla
quale ero costretta per il momento. Respiravo a fatica, guardavo il
braccialetto d'argento che mi aveva regalato per i miei sedici anni,
ascoltavo.
Quando
tutti smisero di parlare, strinsi il bracciale tra le dita come se
fosse la sua
mano.
"Kristen?"
Riconobbi
il mio nome e alzai lievemente il capo per guardare dritto negli occhi
del
prete, che mi guardava con sguardo compassionevole.
Non
risposi. Non rispondevo più a nessuno da quando mi ero
svegliata.
"Vuoi
dire qualcosa? Dare il tuo ultimo saluto a Micheal?"
Un
conato di vomito mi bloccò il respiro per un secondo. Quello
non sarebbe stato
il mio ultimo saluto.
Scossi
il capo iniziando a tremare.
"No..
No.. No, no. No.."
Erano
le prime parole che pronunciavo da giorni.
"Non
voglio. Non posso, non è un addio... Non... Noi ci amiamo.
Lui tornerà da me,
tornerà..."
Provai
ad alzarmi ma sentii una fitta lancinante alle costole, che ignorai.
Non era
nulla a confronto della fitta che avevo al petto, e poco aveva a che
fare con
le mie ossa rotte.
Una
presa decisa ma delicata allo stesso tempo mi impedì di
farmi male alzandomi
dalla mia sedia a rotelle.
Mio
fratello si chinò e mi abbracciò con dolcezza,
attento a non ferirmi,
carezzandomi lievemente il capo, mentre avvertivo intorno a noi la
presenza del
resto della mia famiglia.
"Shh,
basta. Kris, basta. È finita. Non puoi fare nulla."
Una
parte di me se ne rendeva conto, ma tutto il resto semplicemente non
era pronto
ad accettarlo.
Mi
appoggiai alla spalla di Cam e piansi.
Piansi
mentre tornavamo a casa. Piansi quando andai a dormire e sognai dei
suoi occhi
prima che si chiudessero per sempre. Piansi quando mi svegliai e
rivissi tutto
nella mia testa.
Piansi,
finché ormai non mi restavano più lacrime da
versare.
Ma
il mio cuore... Quello avrebbe continuato finché avessi
avuto sangue da pompare.
Ogni
battito era una pugnalata, ognuno in più del mio cuore era
uno in meno del
cuore di Mike.
**********
Non puoi
continuare così.
Devi andare
avanti.
Devi
dimenticarlo.
Lui non vorrebbe
questo.
Quante
volte avevo già sentito quelle parole? Centinaia, migliaia
di volte. Le
detestavo.
Cosa
ne sapeva la gente di quello che avrebbe voluto? Come si permetteva di
dirmi
come avrei dovuto sentirmi? Non ero un robot, non funzionavo a comando.
Non
potevo mettere in stand-by il cuore anche se mi sarebbe piaciuto. Non
sentire
niente. Sarebbe stato meraviglioso. Mille volte meglio che sentire
tutto quel
dolore.
Tutto
ciò che volevo era riavere Mike indietro. Sarebbe stato
l'unica cosa in grado
di scacciare via il male che avevo nel petto, ma sapevo che non sarebbe
mai
successo.
A
volte invece accadeva che davvero non sentivo nulla. Vuoto totale. E
invece
avrei voluto sentire, sentire qualunque cosa. Non c'era spazio per
niente nel
mio cuore. Spesso mi sembrava di non avercelo nemmeno più,
un cuore, sepolto
sotto lo strato di corazza che lo avvolgeva, proteggendolo da altro
dolore.
Quello per Mike era più che sufficiente.
Qualcuno
bussò alla mia porta.
Non
diedi alcun consenso, ma evidentemente quel qualcuno aveva interpretato
il mio
silenzio come un invito ad entrare.
"Kristen,
tesoro? Vieni a mangiare?"
"Si,
arrivo", sospirai.
A
dirla tutta, non avevo affatto fame. Ma avevo già saltato il
pranzo con la scusa
di aver fatto un'abbondante colazione, che in realtà
consisteva in mezzo
pacchetto di cracker al riso soffiato. Non potevo saltare anche la cena.
Mi
alzai e camminai svogliata verso la cucina. La sedia a rotelle era
fortunatamente ormai un lontano ricordo, e tutte le mie ferite, o
almeno quelle
visibili, erano guarite.
Mi
misi a tavola senza dire nulla e presi a giocare col cibo nel piatto.
La
sola vista di quei maccheroni mi dava allo stomaco, ma tentai un
boccone per
far contenti i miei.
Indossavo
sempre vestiti un po' larghi, e con tutto il peso che avevo perso
Taylor una
volta aveva scherzato dicendo che di quel passo sarei scomparsa dentro
la mia
felpa. Sapevo però che la sua era solo una battuta, sapevo
che erano realmente
preoccupati per me.
Imboccai
un'altra forchettata, e poi un'altra e un'altra ancora. Erano senza
sapore ma
mi riempirono lo stomaco. Non sarei riuscita a mangiare anche il
polpettone che
aveva preparato.
Restai
comunque a tavola a far loro compagnia anche se non parlai molto.
Nemmeno
loro erano così loquaci da un po', temevano sempre di dire
qualcosa di
sbagliato.
"Kris,
allora?"
"Come?",
chiesi confusa sentendo il mio nome farfugliato. Sorrisero come a dire non importa, poi Dana proseguì.
"Stiamo
uscendo. Vuoi venire anche tu?"
Sbattei
le palpebre. La tavola era già sparecchiata e loro erano
pronti per uscire. Beh,
lo erano già da prima in realtà, ma ci facevo
caso davvero solo in quel
momento.
"Io..."
"Dai,
vieni. Ti farà bene uscire un po'"
Mi
morsi un labbro, non del tutto certa delle loro parole.
"Non
mi va", bisbigliai.
Non mi va era
più o meno la mia risposta fissa
per tutto.
I
loro sguardi tristi e delusi mi attraversarono. Quanto avrei voluto che
non mi
toccassero davvero. Ma non era così. Dio, non era
già abbastanza quello che
provavo? Perché dovevo sentirmi anche peggio quando facevo
solo quello che mi andava
di fare - niente? Perché gli volevo bene, e loro ne volevano
a me. Ecco perché
ci provavano ogni volta, nonostante la risposta fosse sempre la stessa,
non mi va.
Avevo
perso parecchio. Molti dei miei amici
dopo un po' si erano stufati di aspettare che guarissi e avevano smesso
di
telefonare per sapere come stessi. Io non li avevo mai richiamati.
Certo,
quella era la mia famiglia, ma il modo in cui si preoccupavano per me
mi
commuoveva ogni volta, come se ci fosse ancora qualcosa in me che
valesse la
pena.
E
immaginai che se non mi aveva ancora ucciso l'incidente, con tutte le
sue
conseguenze, una serata fuori accompagnata da un gelato non lo avrebbe
fatto di
certo.
"Okay,
come vuoi. Vuoi che rimanga qualcuno con te?"
Stavo
torturando il mio povero labbro mentre rispondevo "No, io... Vengo con
voi."
Lo
sguardo di mia madre e mio padre si illuminò.
"Davvero?",
chiesero, e potevo vedere uno stralcio di quella vita che scorreva nei
loro
occhi quando avevano saputo che sarei stata bene, prima di scoprire che
in
realtà il peggio che potesse capitarmi era ancora iniziato.
Annuii
debolmente.
"Datemi
solo il tempo di andare a mettere qualcosa."
Salii
le scale senza troppo entusiasmo, mentre infilavo un paio di jeans e
delle
scarpe da ginnastica, ripetendomi che lo facevo per loro, soltanto per
loro, e
che avrei dovuto sforzarmi un po', visti tutti gli sforzi che facevano
per me.
"Eccomi."
Ricambiai
debolmente il loro sorriso.
Erano
così felici, nonostante un'uscita non fosse questa gran
cosa. Perché non potevo
esserlo di nuovo anche io? Un tempo riuscivo a trovare la
felicità anche in un
gelato, ora non ricordavo nemmeno cosa si provasse ad esserlo.
Camminavamo
per le strade di Los Angeles lentamente, parlando un po'. Arrivammo
alla solita
gelateria, dove il proprietario mi salutò per nome.
"Kristen!
Era un po' che non ti si vedeva da queste parti. Il solito?"
Annuii
ringraziando mentre mi porgeva il mio gelato, fragola e nocciola.
Lo
conoscevo, più o meno. Da bambini andavamo sempre in quella
gelateria, e poi ci
fermavamo a giocare al parco lì di fronte per delle ore. La
tradizione è andata
avanti per un po', e spesso ci tornavamo a fare una passeggiata, a
chiacchierare, a respirare la vita dell'uomo che stava dietro al
bancone e
trovava la forza di sorridere nonostante gli fosse stata portata via la
moglie
da una malattia, la vita di tutte le persone che passavano di
lì.
Eppure
non riuscivo più a sentirmi così.
Mi
portava sempre bei ricordi passare del tempo lì, anche solo
per pensare. Invece
da un po' gli unici ricordi che la mia mente riusciva ad evocare erano
tristi,
brutti, e sempre gli stessi. Ovunque.
"Ricordo
che da bambina passavi giornate intere qui. Ci venivi sempre, ti
fermavi a
chiacchierare col proprietario del bar, prendevi il tuo gelato. Eri
così
spensierata. Eri così... Viva."
Sussultai
alle parole di mia madre.
Eravamo
usciti per andare a sederci su una panchina poco lontano.
Lei
si era seduta accanto a me, aveva il suo cono in mano ma lo stava
lasciando
squagliare, persa nei ricordi, proprio come me. Allora non ero l'unica
ad
averci pensato.
"So
che lo hai fatto per noi", continuò. "Ma devi capire... Che
non devi
farlo. Non se non è per te stessa. Non devi uscire solo
perché fa piacere a
noi, ma perché ti fa bene. Respirare un po' di aria
pulita... Magari aiuta a
scacciare i brutti pensieri."
Scossi
le spalle. Nemmeno io stavo più mangiando il mio cono.
Ascoltavo le sue parole,
riflettendo sul loro peso.
"Sono
sempre lì, mamma. Sempre. Non basta una passeggiata e di
colpo svanisce
tutto."
"Lo
so. Ma non puoi nemmeno continuare in questo modo, sai? Tu non... Non
sei più
tu. È come se fossi morta in quell'incidente, come se non ti
fossi mai davvero
svegliata."
Strinsi
un pugno e iniziai a muovere il ginocchio, in una sorta di tic. Ero a
disagio,
non sapevo come rispondere per cui scelsi di restare in silenzio. E
cosa avrei
potuto dirle?
"Mi
dispiace" fu tutto quello che riuscii a sussurrare.
Lei
sospirò. Capì che andando avanti con quel
discorso non sarebbe arrivata da
nessuna parte.
"Lo
so. Anche a me."
La
sua voce era leggermente incrinata, e capii che quella di prima era
solo una
facciata. Come potevo sperare di farli contenti uscendo una sera se era
come se
non fossi lì con loro? Non gli bastava, eppure era tutto
ciò che ero in grado
di offrire loro.
Tornammo
a casa poco dopo.
Io
corsi subito in camera mia, senza dar loro il tempo di dir nulla. Non
che ce ne
fosse il bisogno. Sapevano che in fondo non è stato un
grande passo in avanti.
Me ne ero restata per conto mio tutto il tempo.
Quella
sera, però, avevo un motivo diverso. Non ero riuscita a
togliermi dalla testa
le parole di mia madre.
È
come se fossi morta in
quell'incidente, come se non ti fossi mai davvero svegliata.
Riuscivo
a rendermi conto quanto avesse dannatamente ragione.
Io
stessa lo pensavo sempre.
A
volte mi trovavo, stupidamente, a chiedermi se fossi davvero io, se non
mi
trovassi in un universo parallelo o qualcosa del genere. Magari ero
ancora in
coma e non lo sapevo. Non che facesse molta differenza.
Avevo
i ricordi confusi. È stato come svegliarsi da un grande
incubo, ma non
ricordare cosa fosse successo, cosa mi aveva davvero spaventata.
Ricordavo però
il senso di smarrimento, la paura, il vuoto che nulla riusciva a
colmare. Il
buio dentro e la luce fuori. Mi circondava ma dentro era sempre e
comunque solo
buio, non mi scalfiva nemmeno. Riusciva a mettermi solo una gran paura.
Come il
mondo. Come la vita che prima davo così per scontato e ora
invece non riuscivo
nemmeno a pensarla.
No,
effettivamente non era poi tanto diverso da quel limbo.
Okay,
come avrete capito (spero .-.) Kristen è rimasta in coma per
un paio di giorni,
nulla di grave. Non ho approfondito l'argomento perchè so
che avrei finito con
lo scrivere una marea di stronzate per cui è tutto molto
accennato. Il periodo
del "durante" però l'ho voluto scrivere e mi sa che facevo
meglio a
farmi gli affari miei perchè, come vi ho detto, tutto quel
"vedo una
luce" mi fa ridere troppo LOL spero che voi siate un minimo
più normali di
me e cogliate la vena drammatica della scena xD a meno che non sono
proprio io
a essere un'incapace, cosa probabile.
Tranquille,
comunque, che già dal prossimo capitolo le cose si
movimenteranno un po' :)
Comunqueeeeeeee
niente, grazie ancora davvero per le recensioni, le seguite, preferite
eccetera. Mi fate un monte felice
ç_ç
Vabbè,
io non penso di avere altro da dire, a parte che ovviamente se volete
lasciare
una recensione e dirmi che pensate del capitolo non vi morde nessuno u.u
E
poi vi ricordo:
Il
mio profilo
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Il
Mio profilo
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Il
gruppo facebook, per spoiler, o per chiedermi quello che vi
pare, o anche solo
per rompermi xD (io fossi in voi non mi perderei lo spoiler del
prossimo
capitolo u.u)
Ciao
a tutti!
XOXO
Giuls