Strapparsi la pelle di dosso e rinascere.
Non sarebbe magnifico, bambina?
Come una fenice.


Via questa pelle, sì, via questa pelle che ha ricevuto troppe offese e troppi segni.
Non sarebbe magnifico, bambina?
Come un serpente che muta.


Via le ossa sottili, il bacino largo che, lo sai, un giorno ospiterà una vita. Via i muscoli molli e indefiniti. I capelli, no: quelli sono già corti. Ma via il seno ingombrante, via il sangue ogni mese che urla Sono qui, sei qui, questo corpo sconosciuto è il tuo.
Non sarebbe magnifico, bambina?
Come una dea ricreatrice di vita.


E strapparsi la pelle di dosso.
E strapparsi i capelli, ogni ventotto giorni, perché non è giusto. Non è così che deve andare. Non è così che deve essere.
E piangere e urlare di notte, soffocandosi contro il cuscino.
Oh, bambina, bambina mia.
Come una pazza.


E spezzarsi le unghie contro un muro di sangue.
E ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo è un urlo che ti trapana la mente, perché c’è la lettera sbagliata, il comportamento sbagliato, il corpo sbagliato.
Sei carina, oggi, bambina. Sei bella. Sei simpatica. Sei...
Come una donna.


Il corpo si stringe attorno a te come una morsa, come se fossero dieci cento mille metri in meno di quanto servirebbe.
E soffoca.
E stringe.
E soffoca.
E stringe.
E non puoi fuggire, perché sei tu, bambina. Sei tu.
Non ci credi, bambina? Guarda lo specchio.
Come una cieca che non vuol vedere.


Strapparsi la pelle di dosso e rinascere.
Non sarebbe magnifico, bambina?
Come un uomo.