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Autore: IosonoOmbra    13/09/2012    4 recensioni
Vi siete mai chiesti come possa essere stata l'infanzia dell'infido e traditore dio dell'inganno? Avete mai desiderato sbirciare nel passato del potente e superbo dio dei fulmini? E magari, fatemi indovinare, non dispiacerebbe anche sapere cosa sia accaduto a Thor e Loki, una volta tornati ad Asgard dopo il tradimento di Laufeyson. Beh, io so questo e molto altro perciò... non vi resta che leggere...
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Thor, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Balder, il Coraggioso

L’acqua gelida mi riempiva i polmoni come veleno.
Mi bruciava la pelle, e distruggeva la mia volontà.
Quando vidi mio fratello, e lo sentii su di me, pensai che ormai era tutto finito, e che su di lui potevo sempre contare.
Poi avevo visto lo sguardo di Sif, le sue nocche bianche, la sua espressione, e capii che non ce l’avrebbe fatta a reggere entrambi, non ancora per molto, almeno.
Empatia.
Così la chiamano quell’abilità di comprendere le intenzioni dell’altro senza che questo te ne faccia parola. Appena formulai il pensiero di lasciarmi andare vidi gli occhi di Thor colmarsi di un istintivo panico.
“No, Loki. Non ci pensare neanche! So cosa vuoi fare!”
Certo che lo sai.
Non posso nasconderti niente. Forse neanche se avessi il cuore in mano riusciresti a leggermi dentro bene come stai facendo tu ora.
Gli sorrisi per dirgli di non preoccuparsi, e lasciai andare la sua presa.
Le acque vorticanti del fiume mi divorarono con brutale violenza.
Per un attimo pensai che forse sarebbe stato semplice, mi sarei abbandonato alla corrente, perché sapevo era inutile lottare, e tutto sarebbe finito, senza gloria né disonore. In realtà il fiume si rivelò essere un terribile aguzzino. L’acqua ghiacciata conficcava i suoi artigli crudeli nella mia carne come fossi stato un tenero bocconcino. Mi sballottò contro alcune rocce, graffiandomi le braccia e le mani le quali, nonostante io mi sentissi così arrendevole, continuavano a lottare per conto loro. Cercavano di tirarmi fuori dall’acqua, di portare il mio respiro in superficie, ma nulla serviva contro quella violenza di cui non avevo mai sperimentato neppure una stilla.
Alla fine il fiume decise che si era stancato di giocare con me, mi catturò tra le sue grinfie e mi violentò i polmoni, riempiendoli d’acqua fino all’orlo.
Fu una sensazione orrenda e soffocante, ma durò poco, alla fine il pregato oblio avvolse il mio cuore distrutto, e tutto scomparve dove nulla ha nome.
Dove Loki non ha significato, e neppure la parolafratelli.
Dove Thor non porta quelle emozioni tremende, perché non significa nulla.

 
Dopo che Loki fu rubato dal fiume, Thor sembrava fuori di sé.
Ci vollero alcuni minuti per calmarlo, e anche così, sembrava che nel petto avesse un demone che gli stesse mordicchiando il cuore.
La giornata era diventata un inferno dopo l’arrivo di quel pidocchio di suo fratello.
Non solo avevo ferito Thor senza volerlo, ma ora questo!
Non ero così cattiva da desiderare che Loki morisse, ma sarei una bugiarda se dicessi che non avrei preferito che lui non fosse mai nato. Fin da piccola ero rimasta innamorata della solarità del figlio di Odino. Il suo cuore era sempre leggero, di fronte a qualsiasi difficoltà non faceva che sorridere, era un inguaribile, e certe volte quasi seccante, ottimista. Io non ero mai stata così, piuttosto isolata e solitaria, non cercavo molta compagnia, fino a quando arrivò Thor. La sua solare simpatia, e quel sorriso che non lasciava mai il suo volto mi contagiarono, mi riscaldarono il cuore poco a poco.
Per me Thor era il sole.
E quando arrivò Loki, anche se piccola, compresi che era soltanto una grossa Luna che si frapponeva tra me e il mio sole. Ecco perché desideravo che Loki scomparisse, perché volevo che quella luce benefica tornasse a riscaldare soltanto me, come se mi appartenesse.
A quei tempi ero ancora troppo giovane per comprendere la verità più importante. La mia gelosia mi rendeva ceca, e incapace di vedere oltre quella luce così calda e rassicurante che era Thor. Il motivo per cui il dio del tuono era sempre così felice, coraggioso, e spensierato era per suo fratello. Il suo cuore si illuminava di luce riflessa. E compresi che se per me Thor era il sole, Loki per lui non era una luna, o un bitorzoluto asteroide... Loki era tutto, l’intero, sconfinato e bellissimo universo.
Quel giorno corsi a chiamare aiuto, spiegando la situazione ai genitori di Thor. E tutti accorsero per le ricerche. Cercammo Loki per tutta la mattina, e spesso mi avvicinavo al piccolo dio del tuono e gli dicevo di stare tranquillo, perché sicuramente suo fratello stava bene. Thor allora mi rivolgeva uno sguardo vuoto, spento come non lo avevo mai visto. Mi spaventavo e allora allontanavo lo sguardo, vagamente consapevole del fatto che se Loki non fosse stato ritrovato, del Thor che conoscevamo un tempo, ci sarebbe rimasto solo il ricordo.

 
Labbra dolci e morbide come miele sulle mie.
Qualcuno che mi butta dentro aria con violenza.
Cosa volete ancora da me? Non sono bastate le vostre sevizie, e i vostri giochi crudeli?
Ho messo in pegno la mia vita per quella di mio fratello, ma l’ho fatto perché lo volevo.
Ora cosa volete ancora da me?
Non potrò più vedere il suo sorriso dorato, non è questa la peggiore delle punizioni?
Perché questa condizione è una tortura... e ora, solo di una cosa mi chiedo:
Cosa ho fatto di sbagliato per meritarmi questo?
“Puoi farcela, piccola, riportalo alla vita.”
“Io posso farcela, ma sembra che lui non voglia...”
“Convincilo a tornare.”
Di nuovo quel tocco, quelle labbra gentili, e l’aria che prepotente strazia i miei polmoni già pieni d’acqua.
Lo stimolo ha il suo effetto perché tossisco, e il fiume esce da me con la stessa prepotenza con cui è entrato.
Non ho la forza per tornare cosciente, mi limito a reagire istintivamente, cercando di respirare e di tornare a quel mondo asciutto e rassicurante.
L’aria entra più naturalmente ora, ma i miei polmoni bruciano, come se fossero coperti da scottature.
Cerco di capire dove mi trovo, ma non riesco ad aprire gli occhi.
Sento solo dell’erba umida sotto di me, e qualcuno che mi sorregge la testa.
“Grazie agli dei... sta bene.”
“Sei stata brava. Le vostre vite saranno legate per sempre.”
“Ora cosa devo fare?”
“Aiutalo, è il tuo destino. Tu sei l’unica che può farlo. Ricordi le parole della profezia?”
“Certo che lo ricordo...
Quando l’arroganza del tuono oltrepasserà il limite, il segreto dimenticato tra i ghiacci verrà rivelato.
Allora il cuore straziato del buffone ribalterà il mondo.
Tutti gli volteranno le spalle, il fratello amato diverrà il boia, e i suoi figli saranno divorati.
Quando tutti vorranno la sua fine, solo il cuore di un’iniziata a Freya gli resterà legato, la sua mano sosterrà il suo corpo, e allontanerà il crudele veleno dal suo viso.


Ci fu una pausa solenne, durante la quale la ragazza che aveva parlato mi accarezzò la testa, passando le dita dolcemente tra i miei capelli bagnati.
“Chi sei?” riuscii infine a chiedere.
“Sono una giovane seguace di Freya, dea dell’amore e della magia. La dea aveva predetto questo incontro, ma non abbia timore, la proteggerò sempre da questo giorno in avanti, e le sarò eternamente devota, mio signore. Il mio nome significa amica della vittoria. Il mio nome è Sigyn.”
Quello fu un incontro che da subito mi cambiò la vita, in questo caso salvandomela.
Persi conoscenza, e solo un po’ di tempo dopo riuscii a recuperare abbastanza forze da aprire gli occhi.
Sentii un venticello leggero carezzarmi il viso, e coriandoli di luce filtrare tra le spesse fronde degli alberi. Cercai di tirarmi su, e mi accorsi di trovarmi su una specie di giaciglio, morbido come piuma, ricoperto da un telo bianco.
“Fai attenzione...” disse una voce gentile e timorosa vicino al mio capezzale.
Alzai lo sguardo e incontrai quello curioso di una bambina più o meno della mia età.
Aveva un viso morbido e talmente dolce da sembrare che fosse fatto di burro, capelli color vaniglia, quasi bianchi, legati in una treccia al cui interno erano state infilate rose selvatiche e frutti di bosco, aveva delle orecchiette leggermente a sventola, e un’aria curiosa ma al contempo intimorita. Sembrava volesse leggermi dentro con lo sguardo ed allo stesso tempo che stesse per scoppiare a piangere.
“Come ti senti? Ti ho curato le ferite...”
Guardai dove mi aveva indicato, e in effetti vidi che avevo le bracca fasciate da verze di lino che profumavano di mela e cannella. Dovevo essermele graffiate nel fiume, mentre cercavo di nuotare o anche soltanto restare a galla. Quindi, oltre alle varie ferite sparse in giro per il corpo, mi sentivo discretamente bene.
Mi guardai un momento attorno, e vidi che mi trovavo in una specie di radura in mezzo ad enormi salici piangenti. L’aria profumava di muschio e mughetto selvatico. L’erba cresceva rigogliosa e timide lucciole si nascondevano tra le foglie degli alberi; sembrava quasi un luogo fatato.
Rivolsi di nuovo il mio sguardo verso quello annaspante di meraviglia della mia salvatrice, e vedendo che continuavo ad osservarla senza dire nulla il suo viso prese fuoco come un fiammifero sfregato.
“R-Ricordi... q-qualcosa di q-quello che ti è successo? Hai sbattuto la t-testa e...”
“Ricordo tutto grazie. Tu sei Sigyn, non è vero? Sei stata tu a tirarmi fuori del fiume?”
In risposta la bambina mi guardò con due grandi occhioni marroni, e poi scosse freneticamente la testa in segno di assenso.
Mi chiesi il motivo di quella reazione esageratamente timida e vergognosa, ma alla fine pensai che dipendesse dal carattere introverso della ragazza.
“Quindi mi hai salvato... beh, grazie per averlo fatto, Sigyn.”
Sorrisi, mostrandole la mia riconoscenza.
“Non mi ringraziare, mio signore. Non ho fatto niente di speciale...”
“Ah, a proposito... perché continui a chiamarmi mio signore?”
“Beh, ecco...”
“Sai come mi chiamo? Io sono Loki... anche se sono il figlio di Odino tu sei la mia salvatrice! Perciò ora siamo amici.”
“A-Amici?”
“Certo.”
Non so perché, ma mi sentivo stranamente in pace in sua compagnia. Sembrava che tutti i problemi, quelli almeno che può avere un bambino di cinque anni, svanivano come per magia.
La ragazzina abbassò gli occhi e cominciò a balbettare cose senza senso, poi rivolse lo sguardo verso il fitto del bosco, e i suoi occhi si riempirono di panico.
“Mio sign... ehm, volevo dire... Loki, ora devo scappare!”
Si alzò in piedi e fece per andarsene, quando le chiesi:
“Come posso ritrovarti?”
Lei si fermò e voltandosi ci pensò un attimo.
“Dammi la mano.”
Lo feci senza pensarci, perché sapevo non avevo nulla da temere.
Lei la prese, la chiuse a pugno e vi soffiò dentro.
Quando la riaprii dentro c’era una sfera di cristallo azzurro con venature rosa.
“Quando hai bisogno di me, torna in questo posto e scuoti questa sfera. Produrrà una specie di melodia, io riuscirò a sentirla ovunque mi trovi, e tornerò.”
Detto questo sparì tra gli alberi, in quello che mi sembrò un lampo di luce.
Pensai cosa fosse successo, e chi fosse quella strana creatura che ora cominciavo a dubitare fosse asgardiana, quando sentii un rumore di passi pesanti fuori della radura.
Non sapevo cosa aspettarmi ma in quel momento sbucò fuori Heimdall, con la sua solita espressione illeggibile.
“Signorino, finalmente l’abbiamo trovata.”
Da dietro Heimdall sbucò mio fratello che appena mi vide, sul suo viso esplose una stella di gioia.
“Fratello! Stai bene!”
Mi corse incontro e quasi mi soffocò abbracciandomi. Sembrava essersi più agitato del solito, nonostante non fosse la prima volta che facevo preoccupare Thor con le mie azioni.
Intanto mi controllò la testa, le braccia, e neanche per un istante si chiese chi avesse curato le mie ferite, o come avessi fatto ad uscire tutto intero dal fiume.
A lui bastava che stessi bene. A quei tempi era tutto molto più semplice.

 
Era lì, seduto tranquillo, con le mani in grembo e lo sguardo smeraldino, a fissarmi. Appena lo vidi corsi verso di lui, finalmente sollevato di trovarlo sano e salvo.
Incrociai il suo sguardo e sembrava mi dicesse “Cosa succede fratello? Perché tanto baccano?”.
Compresi che lo stavo stritolando contro di me solo quando emise un piccolo rantolo di dolore.
“Scusa. Perdonami... è che... ho avuto paura.”
Al suono di quelle parole l’espressione perplessa di Loki si rasserenò, diventando atrocemente amorevole.
“Ma ora stiamo bene entrambi. E di nuovo insieme.”
Annuì, felice come una pasqua di aver ritrovato quella piccola peste, ma alla fine notai che era bendato in molti punti, e su alcune ferite sembrava essere stato messo un medicamento a base di erbe.
“Chi ti ha curato, Loki? Sei stato tu?”
Mio fratello si portò una mano sulla fasciatura alla fronte.
“Ah, questo?”
Sembrò pensarci su un attimo, poi il suo sguardo si sciolse come se stesse ricordando qualcosa di piacevole.
“È stata una Naiade, una ninfa delle acque con proprietà guaritrici. Mi ha salvato, tirandomi fuori del fiume, e poi mi ha curato. Vedi? Questo è un suo dono.”
Mi mostrò una piccola sfera luccicante, simile ad una perla screziata.
“Una Naiade? Loki lo sai che non devi dire le bugie... quante volte te l’ho detto?”
Le sue guance si imporporarono subito, a causa del giovane orgoglio ferito.
“Thor! Io non dico bugie! Sei mio fratello e ti voglio bene, non ti mentirei mai...”
Se ripenso a quei momenti, la sincerità con cui Loki manifestava i propri sentimenti era per me quasi disarmante.
Mi ritrovai a ridere nervosamente, e a chiedere scusa per il mio errore.
Lui sorrise, dimentico di tutto, e mi abbracciò senza pensare.
Loki... hai davvero incontrato una ninfa?
Mio fratello fu infine riportato al castello che era quasi notte fonda.
Lo trasportai io stesso a letto perché era talmente stanco che vedevo non riusciva più neanche a tenersi in piedi.
Dormivamo ancora nella stessa camera da letto, ma ora Loki aveva un grande letto tutto suo, con soffici guanciali ricamati, e coperte di seta raffiguranti situazioni mitiche del passato.
Lo posai delicatamente sul suo letto, ma quando feci per andarmene, sentii qualcosa trattenermi per la veste. Con mia grande sorpresa vidi che Loki era ancora sveglio e mi tratteneva con una mano.
“Resta con me...”
Fu la semplice richiesta che formularono le sue labbra.
Io non me lo feci ripetere due volte, e mi stesi accanto a mio fratello.
Loki si appallottolò contro il mio petto e io lo catturai nel mio abbraccio.
“Diventi ogni giorno più forte.” Sussurrò, con la voce impastata di sonno.
“Anche tu, fratellino.”
Lui scosse la testa, affondandola ancora di più contro il mio petto.
“No... tu diventi forte, coraggioso, hai degli amici... io sono debole...”
Poggiai una mano sulla testa di mio fratello, e accarezzai i capelli corvini. Non so nemmeno io quante cose avrei voluto dire. Come potevano le parole spiegare quello che sentivo per quello scricciolo dalla bellezza ambigua e la lingua più aguzza di una spada?
“Diventerai anche tu forte, Loki. Sei ancora piccolo, devi crescere. Ma non ti devi preoccupare di questo. Qualsiasi cosa succeda ti proteggerò io.”
“Qualsiasi?”
“Sempre...”
Lo sentii sorridere contro il mio petto, ed emettere un lento sospiro.
Poi non disse più nulla, e io pensai che si fosse addormentato, ma non era così.
“Thor?”
“Che c’è?”
“Perché Sif mi odia?”
“Non ti odia... lei è così con tutti...” mentii.
“Non ti credo.”
“Dalle tempo, sono sicuro che quando ti conoscerà cambierà atteggiamento.”
Non mi rispose e rimase ancora un momento in silenzio, poi sussurrò ancora più piano:
“Thor...?”
“Cosa?”
“...mi racconti la storia di Balder, il Coraggioso?”
Risi a quelle parole.
La storia di Balder il Coraggioso era una delle preferite di Loki, tra quelle che ci raccontava nostra madre la sera, prima di andare a letto. Per tutte le volte che l’avevamo ascoltata la ricordavamo a memoria, e a Loki piaceva sussurrare di nascosto, mentre nostra madre leggeva, le frasi di quell’eroe.
“D’accordo, ma cerca di dormire...”
E accoccolandosi contro di me credo che non arrivò neppure al terzo capitolo, che si addormentò, o forse era solo Loki che voleva la pensassi così.
 
Una Naiade...
L’avevo detto sul momento, credendo fosse divertente.
In realtà ora che ci pensavo, mi convincevo sempre di più che lo fosse.
Era una creatura comparsa dai boschi, che mi aveva salvato, curato, e che sapeva usare la magia. Era l’unica spiegazione logica che mi era venuta in mente!
Durante la colazione rimuginai sulla questione, facendo rotolare la piccola sfera tra le dita, e ogni tanto la avvicinavo all’orecchio e la scuotevo, cercando di sentire se producesse qualche suono particolare.
“Figlio mio, sei più silenzioso del solito, c’è qualcosa che non va?”
La mia attenzione fu richiamata dallo sguardo gentile e comprensivo di mia madre, che mi aveva rivolto la parola.
“Niente... stavo solo pensando a ieri...”
“Ti sei spaventato molto, non è vero, tesoro?”
Per un momento non seppi cosa rispondere.
Mi ero spaventato, davvero?
Non ci avevo pensato, e a dire il vero non sapevo esattamente cosa significava spaventarsi.
Feci segno di sì, credendo che quella fosse la reazione più naturale e comprensibile, e quando mia madre sorrise, serena, capii di aver risposto nel modo giusto.
 
Quel giorno uscii dal castello evitando i servitori che mi dovevano tenere d’occhio, essendo ancora troppo piccolo per girovagare da solo. Ma ormai sapevano bene che non c’era modo di fermarmi, se volevo scomparire e uscire da palazzo senza essere visto.
Sta di fatto che mi ritrovai svogliatamente sdraiato sul giardino di casa, a giocare con delle piccole piante.
Piantavo dei semi di papavero, che mi aveva regalato mia madre, e posavo la mano sopra la terra, concentrandomi.
Chiudendo gli occhi quasi riuscivo a sentire la terra vibrare sotto le mie dita, e dopo un po’ il naso curioso di una gemma sbucava dal terreno.
Allora alzavo la mano e il fiore continuava a crescere, metteva foglie, il bocciolo cambiava colore e diveniva rosso come il sangue fresco.
Alla fine si apriva e mostrava i suoi morbidi e così fragili petali, alla mia mano aperta, quasi in segno di riconoscenza.
Era un gioco, un semplice gioco innocuo, e mai avrei pensato che ci fosse qualcosa di stupefacente in tutto questo, né tanto meno di utile.
Il gioco sul fiume invece aveva fatto serpeggiare nella mia mente un pensiero, un’idea innocua che prese forma e forza. Il fatto che forse, soltanto per via ipotetica, le mie capacità potessero essere sviluppate e utilizzate per qualcosa d’altro.
Mi tirai su a sedere sul prato, e il mio sguardo cominciò a perdersi sui boschi lontani.
Forse la forza che posseggo io è diversa da quella di mio fratello... lui ha i muscoli, mentre io ho...
Non mi lasciai neppure il tempo di finire quel pensiero che corsi verso la foresta.
Dovevo assolutamente ritrovare quella piccola radura nel bosco, e chiedere a Sigyn di insegnarmi. Lei mi aveva detto che era un’iniziata a Freya, dea dell’amore e della magia! Avrei potuto chiedere di diventarlo anch’io, e se anche mi avesse mentito... dopotutto Sigyn era una Naiade, una creatura magica, sicuramente sapeva come sviluppare le mie doti!
Corsi a perdi fiato, talmente emozionato da dimenticarmi di essere cauto, e di non farmi vedere da nessuno. Attraversai il villaggio, e molti si voltarono, riconoscendo il figlio di Odino, ma nessuno mi fermò. Dopotutto non avevo la notorietà di mio fratello, ero ancora piccolo, ma tutti gli sguardi che mi venivano rivolti, sembravano freddi, scostanti, come se non si fidassero di me. Non mi hanno mai concesso un grammo della loro fiducia, porci ipocriti di quegli Asgardiani... anche voi avete contribuito a creare il mostro contro il quale ora inveite.
Quel giorno corsi fino al fiume senza che nessuno mi fermasse, lo costeggiai senza paura, e arrivai al ponte grazie al quale per un istante avevo creduto di avere salva la vita. Gli lanciai solo una veloce occhiata ed infine ritrovai la strada per la radura.
Il sole di quel mattino d’inverno entrava attraverso i rami dei salici, e l’aria sembrava quasi brillare come ghiaccio, di fronte a quei chicchi di luce.
Presi la piccola sfera dalla tasca, e la osservai un istante, poi la scossi leggermente.
Solo allora quella emise un suono, simile a bicchieri di cristallo che tintinnano ed echeggiano di musica.
Il suono si ripercosse come amplificato per tutta la radura, fu assorbito dai salici e lo sentii continuare vibrando lontano, come se il suono proseguisse veloce il suo cammino per raggiungere tutta Asgard.
Rimasi così meravigliato da quel prodigio da non notare subito che in fondo alla radura si era accesa una specie di fiaccola azzurra.
Quando la vidi corsi verso di lei, notando soltanto quando fui ad un passo da lei che volteggiava nell’aria senza alcun sostegno.
“Un... fuoco fatuo?” bisbigliai, senza pensarci, ricordando fin troppo bene le storie di magia che ci raccontava nostra madre la sera.
Lo toccai ma la fiamma non mi bruciò, anzi sembrò arrampicarsi sulla mia mano, e divertirsi arrotolandosi tra le mie dita, facendomi il solletico; alla fine scomparve, e riapparve qualche metro più avanti.
“Seguimi...” disse una voce impalpabile come quella di una fata.
“Seguirti? Dove?”
Mi avvicinai ancora e la fiamma ripeté la sua mossa, scomparendo e riaccendendosi poco più lontano.
“Seguimi...” rispose, con semplicità.
Acconsentii e mi misi a seguire quella piccola fiammella dispettosa, inoltrandomi sempre più in profondità nel bosco. Solo per un istante mi chiesi come avrei fatto a tornare indietro, e a ritrovare la strada di casa, ma fu soltanto il pensiero di un momento, dato che ben presto la meraviglia sommerse qualsiasi altra cosa.
Intanto attorno a me il paesaggio cambiava, gli alberi diventavano sempre più radi, rivelando un paesaggio che non avevo mai visto prima; sembrava quasi che mi stessi inoltrando a piedi in un altro mondo.
Alla fine gli alberi scomparvero del tutto, ed io mi ritrovai con le caviglie immerse in una sabbia talmente rossa da sembrare che fosse fatta di rubini sbriciolati.
Il cielo era ricoperto da stelle pulsanti, e ad un primo sguardo poteva sembrare fosse notte fonda. In realtà sopra di me non c’era nessuna luna, ma soltanto quella nube vorticante di stelle iridescenti che con la loro luce riuscivano ad illuminare quella strana terra desolata. Anche il cielo in lontananza sembrava sfumare dai toni del blu e dell’azzurro diventando improvvisamente rosso acceso. Mi guardai attorno e riconobbi quel posto come essere un deserto, con le sue enormi dune sibilanti.
“Seguimi...” disse la fiammela, richiamando la mia attenzione.
Spostai i miei occhi sgranati sul fuoco fatuo e continuai a seguirlo.
Mi costrinse ad arrampicarmi sopra una duna, e quando finalmente arrivammo in cima, e potei vedere oltre, d’avanti ai miei occhi si aprì uno spettacolo ancora più sorprendente:
In mezzo a quella distesa di sabbia c’era una specie di piccolo specchio d’acqua, una fonte dentro la quale brillavano tante pietre luccicanti come diamanti.
Ero troppo lontano per vedere chi fosse la piccola figura che si stagliava contro la sabbia rossa, ma vedevo che ogni volta che alzava un braccio, una di quelle pietre schizzava fuori dall’acqua, su nel cielo, e poi prendeva fuoco esattamente come una stella cadente. Dopo di ciò la pietra, raggiunta una certa altezza, esplodeva in mille pezzi fiammeggianti, in un arcobaleno di colori.
Il fuoco fatuo scomparve, e compresi che aveva adempito il proprio compito.
Io non aspettai neppure un secondo che corsi verso quella fonte, con la meraviglia nel cuore e negli occhi.
“Perdonami, ti avevo detto che sarei venuta io... ma Freya non mi ha permesso di allontanarmi.”
La sua voce mi raggiunse prima che potessi riconoscerla d’aspetto.
Sigyn indossava un lungo vestito rituale, con rune incise sul bordo, e nastri tra i capelli che le scendevano sulle spalle scoperte.
Mi sorrise con il suo solito fare impacciato ma gentile.
“Che cos’è questo posto?” chiesi, senza altre parole.
“Oh, questo è una specie di dimensione intermedia tra i regni, e uno dei tanti posti dove Freya mi porta per esercitarmi con la magia.”
Poi parve infervorarsi tutta e disse emozionata:
“Mio signor... ehm, Loki! Guarda cosa ho imparato a fare!”
Si concentrò portando le mani di fronte a sé, chiuse gli occhi, e pronunciò alcune parole che non compresi.
In quel momento un altro diamante, più grosso del precedente, schizzò in aria, prese fuoco ed esplose, per poi ricadere in tanti brillanti frammenti come neve su di noi.
“Che ne dici?”
Io rimasi in silenzio, e Sigyn lesse questa mia reazione come una cosa negativa.
“Ah... naturalmente devo ancora migliorare... ho davvero tanto da...”
“È fantastico...” sussurrai, con lo sguardo perso verso il cielo.
“Cosa?”
Presi le mani di Sigyn e gli feci fare una specie di giro tondo, mentre nella mia voce nasceva una risata scoppiettante.
“È fantastico, assolutamente fantastico! Non avevo mai visto una meraviglia del genere, Sigyn! È stata la cosa più bella che avessi mai visto!”
Gli sorrisi, non riuscendo proprio a contenere quell’euforia.
Lei avvampò tutta, e prese a ridere anche lei, senza riuscire tuttavia a spiccicare parola.
“Ti prego, Sigyn, mi devi insegnare...”
Lei a quelle parole mi guardò un attimo, e poi disse:
“Scusa Loki, ma io non posso... non sono in gradi di insegnarti...”
Per un istante non riuscii a trattenere un moto di delusione al mio cuore, però pensai che non tutto era perduto.
“E se provassi a chiedere a Freya? Secondo te acconsentirebbe?”
La ragazza fece un’espressione incerta.
“Non so... non sono sicura che...”
“Ti prego Sigyn, ti prego, ti prego, ti pregooo... in nome della nostra amicizia!”
Lei sbuffò, imbarazzata, e poi brontolò un d’accordo.
“Prova a chiederglielo, è proprio dietro di te.”
Mi girai, fingendo di credere in quello che pensavo fosse uno scherzo.
Ma quando vidi, su un trono fatto di oro liquefatto, una donna bellissima che mi osservava con un accennato sorriso sulle labbra, rimasi ancora senza parole.
“Ciao, piccolo figlio di Odino... cosa volevi chiedermi?”
“... sei Freya?”
Quella donna era bellissima, aveva lunghi capelli rossi, mossi come le dune di quel deserto. Occhi verdi screziati di azzurro, e una bocca rossa e piena. La sua pelle era diafana, e alla luce delle stelle sembrava rilucere di una propria luminescenza.
Teneva le mani affusolate compostamente in grembo, la testa reclinata di poco lasciava intravedere il collo sottile e delicato.
Mi si sciolse il cuore al solo guardarla, e pensai che nessun’altra donna sarebbe potuta essere la dea dell’amore più di quella che mi si presentava di fronte.
“Sì, sono io... ma non è questo che volevi chiedermi...”
Deglutii e mi feci coraggio, nonostante quella creatura mi mettesse una certa soggezione.
“Volevo imparare l’arte della magia! E speravo che tu me la potessi insegnare...”
Lei mi rivolse uno sguardo dolce, simile a quello di mia madre, ma privo di carezze.
“Lo vuoi veramente, Loki Odinson? Voglio essere sincera con te... sappi che il tuo destino è già stato scritto dalle Norne, coloro che tutto vedono. Sapevano che ti saresti recato da me per imparare l’antica arte, quella magia che ti scorre nelle vene assieme al sangue, ma sapevano anche che questo sarebbe stato uno dei primi passi che ti avrebbe condotto verso la rovina... vuoi davvero proseguire per questa strada?”
Le sue parole mi lasciarono turbato, ma non riuscii a comprenderle fino in fondo, così le chiesi:
“Se non percorressi questa strada... cosa ne sarà di me?”
“Avrai un futuro molto meno inglorioso, ma al contempo il tuo nome verrà dimenticato, come se tu non fossi mai esistito. Comprendo che tu sei ancora molto piccolo per decidere una cosa del genere, perciò fai solo ciò che il tuo cuore ti consiglia.”
In pratica Freya mi stava dicendo che se avessi iniziato il suo tirocinio avrei vissuto una vita ricolma di sofferenza? Per un istante tentennai, poi mi ricordai di Balder il Coraggioso. La sua storia parlava di come quel guerriero avesse combattuto fino alla morte per i suoi ideali. A causa delle sue azioni il suo nome divenne così disonorevole per chi lo pronunciava che fu messo al bando. Si narra che contro Balder fu mandato un intero esercito, e che lui da solo continuò a combattere, e ad uccidere uomini per tre giorni e tre notti. Alla fine del terzo giorno, con un braccio ormai fuori uso, e privo di un occhio, il resto dell’esercito ormai lo guardava con lo stesso timore reverenziale con cui si guarda lo spirito immortale del più valoroso tra i guerrieri.
Balder si ergeva sopra la montagna di cadaveri di uomini che lui stesso aveva ucciso. Ormai era giunta la sua ora, sentiva di non poter resistere ad un atro fendente, anche se ci avrebbe provato, il nero esercito di uomini si accalcò attorno a lui, e Balder, dalla cima della sua montagna, innalzò la spada e urlò con tutta la forza che si trovava in corpo.
L’esercito terrorizzato, fece alcuni passi indietro, e a causa della loro paura decisero di ucciderlo da lontano, a causa della propria vigliaccheria.
Balder fu assalito da un oceano di frecce nere, che posero fine alla vita di quell’uomo.
Il grido di Balder era stato un atto di coraggio, di forza, era il grido di un guerriero che sputava in faccia al destino e al contempo dichiarava a gran voce che nulla lo spaventava. Balder aveva seguito i suoi ideali fino in fondo, senza paura, affrontando il nemico con la spada in mano e gli occhi accesi di gloria.
Avrei seguito il suo esempio.
“Voglio imparare la magia. Ho deciso.”
Freya sorrise e disse:
“Una decisione del degno figlio di Odino. Pregherò per te affinché le Norne cambino idea sul tuo destino... ma ora va e torna a casa, ti farò chiamare da Sigyn quando sarò pronta ad insegnarti.”
Detto questo restò immobile, quasi fosse diventata una statua di pietra, e Sigyn mi portò via con sé, camminando verso una duna.
“Certo che è strana quella dea...”
“Su, non dire così, Loki. È una brava insegnante, e vedrai che ti piacerà.”
Sorrise e quindi aggiunse:
“Sai, sono contenta di averti rivisto così presto.”
Oh, piccola Sigyn... mi sei sempre rimasta accanto. Avresti meritato qualcosa di molto meglio di un dio sbruffone e fuori di senno come lo sono io...
Quel giorno le sorrisi, e dissi che lo ero anche io.
“Ora ti rimando a casa. D’accordo? Chiudi gli occhi e conta fino a 7. Però non sbirciare, mi raccomando!”
Sorrisi a quell’eventualità.
“Sono due giorni che mi conosci e già non ti fidi di me?”
“Non è così, Loki. Io vorrei fidarmi di te, ma so che non devo. Perciò fa’ come ti dico.”
Mi coprii gli occhi con le mani e cominciai a contare ad alta voce.
Una volta arrivato a 7 tolsi le mani e dissi:
“Ma allora, Sigyn, cosa...”
Ma la voce mi fu mozzata non appena misi a fuoco il posto nel quale mi trovavo.
Ero tornato alla radura e, a giudicare dalla luce, doveva essere trascorsa qualche ora.
Con un sorriso stampato in faccia corsi fino a casa, il cuore che mi scoppiava di emozione. Quel giorno mentre giocavo con Thor mi chiese molte volte perché fossi così di buon umore, ma io riuscivo sempre ad ingannarlo, o a fargli dimenticare che dovevo dargli una risposta. Bastava un sorriso e un ti voglio bene, e il cervello di Thor andava subito in tilt, sommerso dal suo cuore.
Già allora avevo capito quale fosse il tuo punto debole,fratello... il tuo fragile cuore sospirante ti è sempre appartenuto. Non capisci che è una debolezza?! L’amore è per i bambini e tu non sei mai cresciuto... io invece l’ho fatto.
Nonostante tutto quello che ti ho fatto mi hai sempre voluto bene, e continui a volermene... Thor... sei un idiota.
 


Il soltio angolino:
Bestemmiare quando hai scritto tutto sull'editor di efp, il computer si spegne e non ti ha salvato nulla.. e devi ricominiciare da capo.. NON HA PREZZO CON MASTERCARD!!
ok.. basta cazzate.. iniziamo con le cose serie.. vi piace il nuove layout? Se sì lo farò sempre così.. con questa specie di casella testo.. lasciare il cap sparso per tutta la pagina mi risulta scomodo.. almeno è quello che penso io quando leggo qualche cosa qui.. ma vabè...
ah, prima che mi scordo..! vi chiedo scusa in ginocchio per non avervi ringraziato singolarmente per le recensioni del cap precedente.. ma vi giuro che le ho lette tutte.. e quindi per ora farò così:
GRAZIE A TUTTI PER I GENTILISSIMI COMMENTI VI AMOOOOOOO!!! XD
ok, dopo aver perso l'unico pezzo penzolante di faccia che mi rimaneva.. vi commento il capitolo vero e proprio che ne dite?
Ingredienti della mia zuppa:
allora, intanto Sigyn, lei è nella mitologia la moglie ufficiale di Loki (già perchè poi il nostro simpaticone dio un dio ha fatto il cattivello varie volte, facendosi ospitare da una gran quantità di letti, ma questa è un'altra succosa storia.. eheh..), con la poverina ha sfornato due bei fanciulli.. e dopo queste inormazioni essenziali sono andagta a fare qualche ricerca sul conto di Sigyn solo per scoprire che non c'è quasi niente nella mitologia che la riguardi.. così sono andata di fantasia.. perdonatemi.. discorso diverso per Balder.. nella mitologia costui è il fratello di Thor.. io per la leggenda però ho ripreso solo il nome.. Balder il coraggioso non ha nulla a che vedere con il suo omonimo della mitologia.. poi.. in alcune parti la narrazione vi risulterà.... strana? Perchè ho voluto che la narrazione sembrasse condotta da un Loki e un Thor ormai cresciuti, che con il senno di poi ricordano il loro passato....  Freya è l'unica poraccia che non ho toccato.. e a cui mi sono rifatta abbastanza fedelmente..

ora, di certo mi sono dimenticata qualcosa.. ma al momento mi sembra di aver detto tutto.. perciò passo e chiudo..  grazie ancora a tutti.. prometto che vi ringrazierò ad ogni commento questa volta.. ;)

Jack

   
 
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