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Autore: lady hawke    13/09/2012    7 recensioni
Benché siamo abituati a vedere Thor e Loki nei panni di due dei asgardiani grandi e forti, c'è stato un tempo lontano in cui erano solo due bambini da poco affacciati alla vita, tempi in cui si sentivano davvero fratelli e in cui combinavano sufficienti guai per far perdere il sonno ad Odino, il Padre degli Dei. Piccole avventure tra rune, spade di legno e boschi.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fandral, Hogun, Loki, Sif, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: In realtà non so bene che note mettere, ma è la mia prima incursione in questo fandom ultimamente tanto gettonato! Confesso che non sono, per ora, una grande esperta di mitologia norrena e non sono, sempre per ora, una grande esperta di fumetti Marvel. In questo caso credo di riuscire a scamparla perchè questa storia è ambientata durante l'infanzia dei nostri simpatici dei asgardiani, dove posso avere tanta libertà d'azione. Non ho molte note da aggiungere, se non che sì, i bambini nelle storie sono una mia perversione da un sacco di tempo, e che Svafnir come nome è molto buffo, ma è norreno per davvero, ed è uno dei nomi di Odino, stando all'Edda poetica, e stando a Wiki, soprattutto. In caso di grandi vaccate all'interno della storia, avvisatemi. In questo fandom sono ancora timida :). Spero vi divertirete quanto io mi son divertita a scriverla. Dedica speciale per questa storia a Charme, Liz, Rob, Rowi e Vane, che ne hanno visto la genesi e che da tempo assecondano o fomentano i miei deliri.





Piccoli Asgardiani Crescono







Benchè sia facile pensare che la vita di una divinità, seppur molto giovane, sia tutta gioia, sollazzo e beato far niente, la realtà è ben diversa. Perciò, sebbene al comune mortale sembri che le sua preghiere rimangano inascoltate per crudeltà, la verità è che il suddetto dio, o dea, possa avere semplicemente altro da fare, tipo buttare giù dal letto i suoi due figli.
- Bambini miei, è ora di alzarsi, avanti. – sussurrò dolcemente Frigga, madre degli dei e sposa di Odino, entrando nella camera dei pargoli.
- Ancora no, mamma, ti prego!
- Mastro Svafnir vi attende, ed è molto scortese farlo aspettare. – continuò imperterrita la dea, mentre faceva cenno ad un’ancella, appena entrata nella stanza, affinché aprisse le imposte. In breve, la stanza si inondò di luce e Thor, che aveva già espresso il suo disappunto, si nascose sotto le coperte e finse di non esistere. Impresa vana: aveva solo sette anni, ma era grande e grosso come un bambino di dieci. Frigga si avvicinò e gli scostò le coperte con un gesto secco, senza dire una parola. Dall’altra parte della stanza dormiva Loki: si era appena messo a sedere, e aveva l’aria di chi avrebbe voluto continuare a dormire a lungo. Aveva solo un anno in meno, rispetto al fratello, ma sembrava più piccolo; i nerissimi capelli, al momento scompigliati, facevano poi apparire la sua pelle pallidissima.
- Thor, su, non fare i capricci, tuo fratello è già sveglio.
- Per forza, lui è un grande amicone di Mastro Svafnir, io no! – sbuffò Thor, togliendosi dalla faccia ciuffi di capelli biondi.
Era sempre difficile convincere Thor a fare qualcosa che non gli piaceva, e Frigga doveva sprecare un bel po’ di tempo per convincere il suo primogenito a scendere dal letto. Questi lunghi patteggiamenti di solito concedevano a Loki il tempo di svegliarsi del tutto e con la dovuta calma, mentre l’ancella andava ad occuparsi della colazione. Quella mattina, però, riprendendosi dall’intontimento, si accorse che il lenzuolo sotto il suo sedere era sinistramente bagnato: “Oh no!”, si ritrovò a pensare, impallidendo ancora di più, doveva essersela fatta addosso.
- Mamma no! Per favore! – continuava a piagnucolare intanto Thor.
Mentre Thor continuava a fare i capricci, Loki si arrovellava per cercare una soluzione. Si sentiva umiliato e avvilito: era abbastanza grande per smettere di fare la pipì a letto, ma continuava ad avere mortificanti incidenti, di tanto in tanto. In un attimo, si rese conto che forse con la magia avrebbe potuto sistemare tutto: se nessuno se ne fosse accorto, avrebbe potuto fingere che non fosse mai successo. Prima che qualcuno si ricordasse di lui si concentrò con tutte le sue forze per far sparire le prove del suo “incidente”; dopo qualche tentativo sentì il tessuto tornare asciutto sotto di lui, e sospirò, soddisfatto.
- Andiamo Loki, scendi dal letto.
Ubbidiente, il piccolo asgardiano, senza più paura che qualcuno scoprisse il suo segreto, scese dal letto, lasciando che l’ancella potesse rifare il letto. Anche Thor, ormai, era stato buttato giù dal suo rifugio, e si dirigeva ciondolante verso l’altra stanza, dove il tavolo era stato apparecchiato per lui e il fratello.
- Mia regina? – chiamò con voce perplessa l’ancella.
- Sì, Agata? – la madre degli dei si voltò verso la ragazza, chiedendosi perché la sua voce fosse così incrinata. Agata teneva sollevate le lenzuola del letto di Loki, che mostravano una macchia verde fosforescente al centro.
- Per tutti gli dei, Loki, che hai combinato? – la voce della madre raggiunse il bambino come un colpo di frusta.
- Io?
- Mica mi chiamo Loki, io. – rispose Thor, rientrando in camera. – Che hai fatto? Pipì verde? Forte! – esclamò, scoppiando a ridere sonoramente.
- Io non ho fatto pipì verde, sta’ zitto! – sibilò il bambino, mentre arrossiva vistosamente. – Io… io… - sentiva su di sé lo sguardo dell’ancella accanto al suo letto, del fratello sulla soglia della stanza, e della madre di fronte a lui.
- Opera tua, però, non è così? – chiese la madre al figlio.
- Io non ne so niente. – rispose. Avrebbe mentito, mentito e mentito. Non avrebbe ammesso nulla.
- Loki, suvvia. È il tuo letto.
- Ma io dormivo. Non so cos’è successo.
- Loki, sai che non mi piacciono le bugie. – insistette Frigga.
- Ecco… - Loki tentennò. - … ecco… io ho avuto un incidente, stanotte. – cominciò a dire.
- E… ? – lo incalzò sua madre.
- E ho cercato di nascondere le prove. – concluse Loki, a voce bassa.
- E ha funzionato a meraviglia, eh? – disse Thor, ridendo.
- Chiudi il becco, Thor! – alle parole del fratello, il piccolo Loki aveva ritrovato la voce tutta in una volta. L’aver confessato non gli piaceva, sarebbe stato preso in giro a lungo per questo, pensò, mentre Agata si preparava a cambiare il letto del giovane principe.
Fu una colazione travagliata: Thor non faceva altro che fare le boccacce al fratello, dandogli del “piscia-a-letto-come-i-lattanti”. Loki sopportò stoicamente le ingiurie mantenendo un dignitoso silenzio, ma quando andarono nella sala da bagno per essere lavati, vestiti e pettinati, l’acqua che fu usata per Thor fu sempre solo e soltanto gelida.
- Smettila! So che sei tu. – tuonò Thor, mentre gli veniva la pelle d’oca.
- Io non sto facendo proprio niente. – rispose serafico il bambino, mentre la madre gli pettinava i capelli neri, più unici che rari, ad Asgard. – Madre diteglielo voi!
- So che sei stato tu: è magia, questa! – insistette il bambino.
- Può darsi che l’acqua della fonte fosse più fresca, oggi. – tagliò corto Frigga: dare spago ai bisticci dei bambini avrebbe significato sopportarli per ore, e la madre degli dei avrebbe volentieri lasciato questo onore a Mastro Svafnir. Non appena furono pronti, li accompagnò personalmente nella sala dove i suoi figli facevano scuola assieme ad un paio di ancelle: benchè molto piccoli, era già capitato che si dessero alla fuga per il palazzo. Senza di lei o senza il loro padre, Odino, tendevano a diventare incontrollabili.
- Buongiorno, miei principi. – li accolse il maestro, quando li vide entrare. – E buongiorno a voi, Madre degli dei.
- Buona mattina a voi, Mastro Svafnir. Le lascio queste due pesti per la mattina, spero si vorranno comportare bene. – diede un buffetto ad entrambi i suoi figli e se ne andò, lasciando i piccoli liberi di studiare in pace. Thor sbuffò, andandosi a sedere: detestava con tutte le sue forze il dover rimanere seduto e fermo per ore ed ore ad ascoltare Svafnir, un uomo sì gentile, ma che dava dolorosissime bacchettate sulle mani, rivelando un’agilità che non ci si aspetterebbe da un uomo con l’aspetto di un pluricentenario. Accanto invece, nonostante la giovane età, Loki stava seduto composto, pronto per una fruttuosa mattinata di studio. Anche in questo aspetto i due fratelli erano così diversi: il figlio cadetto di Odino aveva una dedizione allo studio e una sete di sapere che lo rendevano senza dubbi l’alunno preferito di Svafnir.
- Bene, miei giovani figli di Odino, iniziamo con il ripasso delle rune.
A quelle parole, Thor sbuffò. Detestava imparare a memoria formule e definizioni, erano così noiose.
- Thor Odinson, iniziamo da te, sembri esserne il più bisognoso. – avvicinandosi Svafnir fece ondeggiare la sua tunica dolcemente. Non aveva un aspetto spaventoso: i suoi capelli e la sua lunga barba erano bianchi da tempo immemore, ma era molto alto, e quando raggiunse il banco a cui sedeva il bambino si ritrovò a torreggiare su di lui. Estrasse da una tasca una piccola pietra su cui era incisa una runa, e la posò sul tavolo. – Cos’è?
Thor abbassò lo sguardo: a lui non pareva nient’altro che una croce incisa su un sasso qualunque come quelli che si potevano raccogliere nel fiume fuori le mura del palazzo. Accanto, Loki si stava sporgendo per vedere meglio, un atteggiamento che il fratello trovò fastidioso.
- Io lo so cos’è. – disse Loki con voce incolore.
- Ma l’ha chiesto a me!
- Oh non c’è bisogno di litigare. Ascolterò la tua risposta, Thor, e poi quella di Loki. – a quelle parole Loki incrociò le braccia, annoiato. Suo fratello non avrebbe mai e poi mai indovinato la risposta.
- Io… ecco… - tentennò il bambino. – Immagino sia una runa. – disse Thor.
- Acuta osservazione. – annuì Svafnir, mentre Loki alzava gli occhi al cielo. – Che altro?
- Oh be’… io…
- Io lo so. – insistette Loki, convinto.
- Bene allora, mio giovane principe. Di che runa parliamo? – chiese il maestro, rivolgendosi al suo unico altro discepolo.
- E’ Gyfu, indica dono o generosità. È una delle rune più positive che si possano incontrare. Se compare scrutando il futuro è un ottimo segno beneaugurate. – recitò compito, prima di voltarsi verso Thor e fargli una linguaccia.
- Molto bene, Loki. – Svafnir sorrise compiaciuto, prima di voltarsi verso il primogenito di Odino. – Gyfu è una runa molto importante, e anche semplice da ricordare. Mi sorprendi, Thor.
Il bambino abbassò lo sguardo per un momento, sentendosi deluso. Loki non lo fissava più, ma guardava in faccia il suo maestro, con aria fiera. Questo non gli piaceva. Decise di provare a difendersi.
- Ma a che può servire una runa, se il tuo nemico ti punta contro una lancia? È solo un sasso!
- Questo è il punto di vista del guerriero. – ammise Svafnir, cominciando a camminare per la stanza. – La forza e l’ardore in battaglia sono fondamentali, questo è vero, ma le rune permettono di carpire il futuro, come la magia può servire per decidere gli esiti di una battaglia. – con un movimento sinistramente rapido per la sua età, Mastro Svafnir ricomparve davanti a Thor, sbattendo la bacchetta sul suo banco, ma senza colpirlo. Entrambi i bambini sussultarono per la sorpresa. – Vedi? – disse il maestro. – La forza non è tutto. Agilità, velocità, acume e ingegno. Un guerriero forte e basta è un guerriero morto. Perciò, Thor, imparerai le rune.
- Le imparerò. – concesse il bambino. – Ma restano trucchi.
Svafnir bacchettò di nuovo il banco, senza colpire il principe, e si mise a raccontare degli inganni della maga Gullveig, che causarono la prima guerra tra i Vanir e i Æsir. Loki, invece, fissò a lungo il fratello con aria quasi di sfida. Per lo meno, l’infamante episodio della pipì fosforescente era stato accantonato. Il resto della mattinata, però, fu produttivo: mentre Thor si appassionava a racconti di guerra truci e sanguinolenti, a Loki era permesso esercitarsi con la magia, purché però prestasse orecchio alle parole di Mastro Svafnir. Precauzione inutile: il bambino, per natura silenzioso, era abituato ad ascoltare con attenzione tutto quello che veniva detto dagli adulti. Così, mentre ascoltava di teste mozzate, di uomini forti come tori e alti come montagne, lui si divertiva a mutare forma agli oggetti che Svafnir gli aveva posato sul banco, a farli sparire e a farli riapparire in un altro posto. Le arti magiche non erano un dono comune, ad Asgard, e in genere non erano abilità che i guerrieri utilizzavano, soprattutto se si trattava della progenie di Odino, ma Loki se ne era dimostrato affascinato fin dalla sua prima infanzia. La magia, con lui, andava d’accordo. E benché fosse inusuale, era una buona arma da sfoderare per un bambino piccolo e gracile, che non avrebbe mai raggiunto la forza dei suoi coetanei, fratello in primis.

  
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