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Autore: valli    13/09/2012    8 recensioni
Inizi del '900, Chicago (Illinois). Un matrimonio combinato, la finzione di un amore, il dolore di una donna. Finirà tutto così? Le cose si possono sistemare?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Old loves they die hard;
Old lies they die harder.


Capitolo XVII: home sweet home.
 
Regina
Il mio sguardo era fisso sul calendario attaccato al muro.
Era da settimane che temevo questo giorno, temevo il dolore e i ricordi che mi avrebbe provocato.
Era il tre marzo del 1919, un anno fa a quest'ora mi svegliavo emozionata attendendo di sposare Alexander Woods, il ragazzo che amavo, il mio principe.
Un principe delle tenebre, pensai.
«Tanti auguri, Regina, ma niente fiori e cioccolatini per te, oggi» mi dissi.
Scoppiai in una risata isterica pensando a quanto potessi sembrare pazza in quel momento.
Bevetti qualche sorso di the come colazione, non riuscendo a mangiare altro, e poi vestii, non molto pronta ad una nuova giornata di lavoro.
Lavoro che era diventato la mia vita, che aveva riempito le mie giornate concedendomi momenti spensierati.
Mi trovavo bene, i primi momenti di tensione si erano via, via sciolti ed avevo iniziato ad adorare l’aggiustare vestiti, modificarli, consigliare donne e ragazze.
Quel giorno, però, non avevo molta voglia di chiacchierare e sorridere. Dovevo andare, però, mi costrinsi ad uscire perchè non potevo e non dovevo chiudermi in casa e seppellirmi sotto le coperte con un libro ad intristirmi e pensare.
A testa alta mi diressi verso il negozio e salutai tutte le dipendenti che, come me, stavano arrivando in quel momento.
Ed un'altra giornata ebbe inizio.
 
~
 
Essendo il negozio e casa mia abbastanza vicini, nella pausa pranzo mangiavo lì e un paio di volte avevo anche invitato due o tre ragazze con cui avevo un po' legato.
Niente di che, un rapporto cordiale e amichevole: per lo meno loro non mi guardavano dall'alto in basso e nemmeno volevano parlarmi solo per sapere come erano davvero andate le cose con Alexander.
Quel giorno, comunque, l'avrei passato da sola.
Avvicinandomi a casa cercai nella borsa le chiavi, non accorgendomi delle occhiate che mi lanciavano i miei vicini.
Le notai solo quando, trovato ciò che cercavo, mi fermai davanti al mio piccolo cancello e vidi la mia vicina osservarmi incuriosita dalla finestra.
Appena si accorse del mio sguardo, chiuse la tenda e scappò via.
 Sbuffai, chiedendomi perchè, dopo quasi un anno, la gente ancora parlava delle mie faccende.
Aprii il cancelletto e camminai sul vialetto per raggiungere la porta; infilai la chiave e... non entrò.
Riprovai più volte, ma niente.
Sembrava ci fosse qualcosa che la bloccava dall'altra parte.
Mi irrigidii preoccupata ma poi capii: i miei genitori, non avevano voluto lasciarmi sola nonostante avessi detto loro di non venire.
Difatti abbassai la maniglia e la porta si aprì.
«Mamma? Papà? Vi avevo detto di non venire...» dissi chiudendo la porta dietro di me ed appoggiando chiavi, borsa e giacca sul mobiletto in entrata.
Mi insospettii nel non ricevere risposta.
«Mamma?!» ripetei entrando in cucina.
«Non ci sono i tuoi...» disse una voce maschile dietro di me.
Mi irrigidii nel riconoscerla, ma non mi girai, credendomi pazza.
Non poteva essere...
L'uomo mi camminò di fianco, arrivando di fronte a me.
No, non poteva essere...
«Alexander...?»
«Ciao, Regina.»
 
~
 
Credetti seriamente di svenire.
Mi girò la testa, sicuramente, e vidi nero per qualche minuto però riuscii a combattere le ombre e mi ripresi.
Lui si era avvicinato, forse preoccupato che mi potessi sentire male e quindi per sorreggermi.
Lo allontanai con una mano, sentendo la sua consistenza sotto il palmo: era vero. Non era un incubo.
Ma quale scherzo del destino l'aveva fatto presentare qui il giorno del nostro anniversario?
O aveva fatto apposta, il maledetto?
«Cosa... Perchè sei...?» balbettai avvicinandomi ad una delle sedie intorno al tavolo per sedermi.
«Dovevo» sussurrò.
«Oh, no...» mormorai, «Sono state molte le cose che avresti dovuto fare, ma questa... proprio no.».
Uno strano rumore dal salotto mi fece voltare il capo verso quella sala.
«Cosa...?»
«Scusami un attimo.»
Parlammo insieme, ma lui si alzò e se ne andò verso l'altra camera.
Piano mi alzai anch'io, sentendo i suoi sussurri e volendo farmi male. Volendo vedere la causa del mio dolore.
Alexander mi dava le spalle, ma sentendo i miei passi si era voltato d'istinto, mostrandomi con espressione sorpresa e colpevole quello che teneva fra le braccia.
«Regina... Lui è Andrew, mio figlio.»
 
~
 
Era un bambino.
Un piccolo primogenito maschio.
Lo teneva con tenerezza e cura tra le braccia cullandolo per farlo addormentare.
Appena chiuse gli occhi, lo posò sul divano sistemando i cuscini attorno a lui per precauzione.
Un papà premuroso e amorevole.
«Non volevo lo vedessi così... Mi spiace» sussurrò venendomi vicino.
«Perchè sei qua? Perchè sei tornato? Non potevi restartene dov'eri, con Elizabeth e il vostro...»
«L'avrei fatto,» mi interruppe. «L'avrei fatto ma... Elizabeth... Elizabeth è morta mettendo al mondo Andrew» sussurrò portandosi le mani al viso.
Era morta.
Non mi sentii crudele a non sentire dispiacere o dolore.
Non provai nemmeno felicità, s'intende, ma restai apatica a guardare Alexander che cercava di riprendere il controllo di sé.
«Dovresti andare dalla sua famiglia a dire queste cose, non a me.»
«Ho inviato loro una lettera, ma non ho mai ricevuto risposta» replicò.
«Credevi davvero che qualcuno avrebbe preso bene la notizia della vostra fuga? Credevi che tutto sarebbe rimasto uguale, senza rancore, rabbia e... Diavolo, solo tua madre...» presi dei profondi respiri per cercare di calmarmi. «Vai dai tuoi genitori, Alexander, non voglio vederti qui.» conclusi girandogli le spalle.
«Questa è casa mia, Regina» mormorò.
Strinsi le labbra, colpita dall'ennesima umiliazione, ricordando le parole di mio padre in proposito.
«Allora me ne andrò io.»
 
~
 
Avevo preso un borsone e avevo gettato qualche indumento a caso, senza badarci troppo, mentr Alexander dietro di me mi chiedeva di non farlo e di aspettare.
Aspettare cosa?!
Uscii dalla nostra camera e lui mi fermò afferrando il mio polso.
«Ti prego, Regina, aspetta. Non voglio che tu lasci una casa che è anche tua. Per favore, fammi spiegare...» mi pregò.
«Mi spiace, Alexander, ma o tu o io. Non c'è un noi, per te non c'è nemmeno mai stato! È questo quello che volevi, no?» esclamai.
«Noi... saremmo sposati...» disse.
Risi amara, «adesso te ne ricordi? Dopo un anno?».
«Regina, io... Non puoi capire quanto vivevo male questa situazione, ed Elizabeth...» iniziò a spiegarsi.
«Potevi parlarmene!» esclamai furente, «Potevi spiegarmi tutto, avremmo cercato di... di sistemare le cose! Ma tu, no, sei scappato, ti sei rifugiato tra le gambe di un'altra donna e poi sei fuggito del tutto. Io non potrò mai perdonarti, tu mi hai rovinato la vita» conclusi piano come a volergli imprimere bene quelle parole nella mente.
«Non parlare così di lei. Insulta me, ma non... Lei non c'è più» concluse prendendosi il capo fra le mani. «Sono rimasto solo con Andrew e non so cosa fare...» aggiunse.
«Non è un mio problema. Fatti dare una mano da tua madre, o chissà magari trovati un'altra donna...» sibilai maligna, voltandogli le spalle per scendere le scale.
«No, ti prego. Dammi una mano tu.» asserì.
Questa volta mi bloccai io, sconvolta dalla sua richiesta.
«Ma stai scherzando?!» strillai. «Non crescerò mai quel bambino, frutto del tuo adulterio!»
«Non mi costringere a passare per vie legali, Regina, sai cosa ne risulterebbe. Sono un bastardo, lo so, mi pento di come sono andate le cose ma... non posso pentirmi di avere un figlio. Non posso pentirmi di avere amato Elizabeth. Tu sei mia moglie e lo sarai sempre. Non ti chiedo di... di assolvere a tutti i tuoi doveri, ti chiedo solo di restare qui ed aiutarmi con... con Andrew.» concluse affannato.
«Davvero una piccola richiesta…» sospirai sarcastica.
Lasciai cadere a terra il borsone e scesi le scale diretta alla porta.
«Dove vai?» mi chiese.
«Dai miei genitori, mi è concesso?» chiesi ironica.
«Ovvio. Gli dirai...?» chiese indicandosi.
«Sì. E ti conviene andare dai tuoi genitori prima che uno dei nostri vicini glielo riferisca» risposi raccogliendo le mie cose all'entrata.
Infine uscii senza aggiungere altro, e mi diressi a capo chino e passo svelto verso la mia vecchia casa.
Corsi sul vialetto e quando suonai la porta già trattenevo a stento le lacrime.
«Signora...? P-Prego, entri sua madre è nel salottino.» disse la governante con fare preoccupato.
Annuii in ringraziamento ed entrai nell'altra stanza.
«Regina? Tesoro, cos'è successo?» chiese preoccupata.
«È tornato, mamma. Alexander è tornato.»


§§§


Buongiorno.
Ta-dan! Alexander è tornato.
Ne siete felici? Cosa ne pensate?
Ditemi, dai, tiratemi su il morale, per favore.
Quante di voi hanno iniziato scuola come me, mercoledì? Come sempre in Italia a seconda della regione c'è un giorno diverso ma so che in generale si è iniziato mercoledì o venerdì, cioè domani.
In entrambi i casi, buona fortuna!
Vi abbandono, la mia professoressa di inglese ha già dato compiti e mi sono ripromessa di impegnarmi quest'anno causa esami di maturità.
Argh.
Spero di riuscire a continuare ad aggiornare con regolarità, altrimenti vi prego di scusarmi già da adesso.
Buona giornata,
a presto!
   
 
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