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Autore: Maricuz_M    13/09/2012    1 recensioni
Un uomo, un pastore tedesco ed una panchina.
Ogni volta che passavo per quella strada, alla mia destra si presentava sempre la solita scena. In un qualsiasi giorno della settimana, purché l’orologio segnasse un’ora tra le diciotto e trenta e le diciannove, una figura maschile sedeva su una panchina all’ombra degli alberi che aveva intorno con il suo compagno a quattro zampe. Il busto piegato in avanti, gomiti sulle ginocchia e testa rivolta verso l’orizzonte.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La panchina

 
Un uomo, un pastore tedesco ed una panchina.
Ogni volta che passavo per quella strada, alla mia destra si presentava sempre la solita scena. In un qualsiasi giorno della settimana, purché l’orologio segnasse un’ora tra le diciotto e trenta e le diciannove, una figura maschile sedeva su una panchina all’ombra degli alberi che aveva intorno con il suo compagno a quattro zampe. Il busto piegato in avanti, ginocchia sui gomiti e testa rivolta verso l’orizzonte.
Un giorno mi capitò di perdermi ad osservare il resto del mondo che scorreva aldilà del finestrino, e l’occhio mi cadde casualmente su quell’unica persona, distante da qualsiasi altra presente nella pineta.
Un paio di giorni dopo, successe nuovamente.
Da quel momento, senza che riuscissi a spiegarmene il motivo, in quel tratto di strada puntavo lo sguardo alla mia destra, gesto che diventò una vera e propria abitudine. Per due o tre secondi dedicavo tutta la mia attenzione a quell’uomo e al suo cane a me sconosciuti, che si appostavano ogni volta alla stessa panchina nella stessa fascia oraria delle volte precedenti.
Dell’uomo non sapevo assolutamente niente: non il nome, non l’età, non la nazionalità, non la professione.
Avevo ben poche certezze. Senza dubbio era adulto, a giudicare dalla stazza del corpo, poi aveva i capelli corti e scuri, un cane.. Ed era solo.
Ogni settimana, ogni mese, ogni stagione lo vedevo su quella panchina, con la sola compagnia del suo pastore tedesco. Quando realizzai ciò, mi venne naturale fantasticare sulla sua vita e, condizionata dall’unica immagine che avevo di lui, non riuscivo a vederla come felice.
Lo vedevo, senza volto, svegliarsi in un letto utilizzato esclusivamente da lui la mattina ed entrare in una casa vuota nel pomeriggio, dopo una giornata di lavoro, e uscire di nuovo con il cane al guinzaglio, che scodinzolante seguiva il suo padrone.
Immaginavo quali fossero i suoi pensieri mentre guardava il cielo, perché ero convinta che lo facesse tutto il tempo. Magari ripercorreva la propria giornata, pensava a quando avrebbe dovuto pagare la bolletta, a quando avrebbe avuto bisogno di rifare la spesa. O forse rifletteva sul suo passato, sulle decisioni e le rinunce che l’avevano portato a quel punto.
Magari ad una persona. Ad una persona amica che non vedeva da tanto o che aveva perso tempo prima, ai suoi familiari, alla persona che amava o aveva amato.
Mi sentivo incredibilmente cattiva a pensare cose del genere. Per quanto ne sapevo, poteva essere l’uomo più fortunato e soddisfatto sulla faccia della terra, eppure quella sua abitudine mi sapeva di malinconia. Anzi, forse era proprio quella ad attirarmi così tanto, a farmi incuriosire. Non riuscivo neanche a sperare per lui. Non mi concentravo sul fatto che la situazione sarebbe potuta cambiare in futuro, ma sul perché del suo presente.
E, influenzata dall’atmosfera da lui creata inconsapevolmente, mi ritrovavo a spegnermi io stessa, inondata da domande e risposte sul mio, di stato, che riempivano la mia mente per tutto il resto del tragitto in macchina.
Ero condizionata da quella figura.
Per questo motivo, mesi e mesi dopo, sorrisi.
Una donna, in piedi accanto alla panchina, stava parlando e ridendo con l’uomo, quel pomeriggio. Per stirare le labbra mi era bastato il tempo di realizzare il cambiamento della solita scena. Era stato così spontaneo che inizialmente neanche me ne resi conto.
E cominciai ancora una volta a fantasticare su di lui e su quale fosse il rapporto con la donna, se ipoteticamente ce ne fosse stato uno. Solo dopo un po’ mi accorsi che, in realtà, non mi importava.
Decisi di prendere tutte le immagini custodite nella mia mente e di metterle in ordine in un album astratto, solo per avere la soddisfazione di vedervi, in fondo, la mia conclusione: tutte le cose, le condizioni, le situazioni cambiano, anche quelle che sono apparentemente ormai immutabili.
E sebbene quella fosse una cosa appurata da centinaia di anni, imparai sul serio la lezione allora, grazie a quell’uomo sconosciuto che mi aveva messo la realtà davanti agli occhi senza neanche saperlo.

 


Ci tengo a sottolineare una cosa, prima di tutto: è tratto da una storia vera.

Comunque, ciao a tutti. :D
Non so bene cosa dire, e penso che fondamentalmente non ci sia niente da dire. 
Spero solo che vi sia piaciuta la one-shot, anche se non è niente di elaborato o emozionante. Sentivo l'ispirazione e l'ho buttata giù, tutto qua.
L'immagine là sopra è un mio scarabocchio, fatto pensando proprio a ciò che hanno visto i miei occhi. Mi sembrava carino metterlo. .__.

Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate. :)
Se volete leggere qualcos'altro di mio, basta andare sul mio profilo. E' tutto lì. :)

A questo punto, me ne vado.

Grazie mille a chi ha letto! 

Maricuz

   
 
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