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Autore: ValeAki    13/09/2012    2 recensioni
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“Non aspettarti quelle due parole, stupida donna.” Sussurra divertito: sarà almeno la ventesima volta che lo dice in quella sera. “Non dire cose che poi non mantieni, Hayato.” Ride lei.
5986 perché si! xD
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Hayato Gokudera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'immagine ispirava, lol.
Non so, ho voluto scrivere qualcosina
ma il risultato non è garantito...
beh, spero che comunque vi piaccia!
Buona lettura ^^


Lo spartito dei ricordi

{Oggi c'ho in testa te, non so perché,
domani chissà... perciò se ti va senti qua:
i ricordi sono in fila e non mi mollano,
ad uno ad uno salgono e mi tormentano.
Sono in para-noia dura, dolce tortura,
paura, come quella sera
indeciso sul baciarti o meno, a parlare sul divano ore,
la prima volta che assaggiavo il tuo sapore
e già ne ero strettamente dipendente,
shhh, cotto immediatamente.}

 
 
Hayato se ne stava seduto sul divano, ad accarezzare con i polpastrelli la carta ruvida che teneva in mano. Un sospiro, poi due, tre passi e il coperchio del pianoforte è già aperto. Si siede sullo sgabello, mette quel pezzo di carta davanti a se e le sue dita scorrono sui tasti con una delicatezza ed un’agilità innaturale. Ha già suonato quel pezzo tante volte e nota dopo nota si avvicina alla fine. Ma il modo in cui si conclude non lo convince mai. Così suona e risuona, e la stanza si riempie di quella soave melodia. E le dolci parole di sua madre gli ritornano in mente.

“Ecco qui, Hayato. Ti piace la musica, vero? Questo spartito l’ho composto io, ma adesso è tuo.” Il piccolo era entusiasta e subito si precipitò a suonare quelle note. Al termine, però, un’espressione insoddisfatta solca il suo viso. “La fine però non mi piace.” Protestò, gonfiando appena le guancie. La ragazza gli sorrise. “Non è ancora finito. Adesso è tuo, lo completerai d’innanzi alla persona che ami.”
Un altro giorno comincia, stessa solita routine.
“Buongiorno, Decimo!” esclama l’argenteo, avvicinatosi al bruno. “Ciao, Gokudera-kun!” E la mattina passa così, tra i saluti e le lezioni a scuola. La campanella ad intervalli regolari lo risveglia dai suoi pensieri, fino al termine delle lezioni. Altri saluti e lo stesso percorso per scortare il Decimo a casa. Ma quella giornata, sarà diversa dal solito.
Si ritrova per le vie tranquille della città di Namimori, intento a tornare a casa. La mente è assente, lo sguardo è spento e rivolto verso terra. Ma dei singhiozzi lo ridestano e subito alza lo sguardo, incontrando una figura familiare. “Stupida donna, che è successo?” domanda, inginocchiandosi vicino ad Haru. “Mi sono fatta male alla gamba, non riesco a camminare.” Spiega, tra un singhiozzo e l’altro. Hayato sospira, aiutandola ad alzarsi. “Che vuoi fare?” chiede lei, indispettita. Ma l’argenteo si limita ad afferrarla e prenderla in braccio. “Ti porto a casa mia e ti curo. E la prossima volta sta’ più attenta.” A nulla servono i divincolamenti di Haru, rimane ben salda tra le braccia dell’italiano. Sbuffa, rendendo quel ritorno ancora più pesante. Giunto a casa, Gokudera la distende nel divano, prendendo la valigetta di pronto soccorso. Dopo aver medicato la ferita, le mette del ghiaccio sopra. “È meglio se ti riposi prima di tornare a casa. Poi ti farà più male. Se vuoi avvisare i tuoi, lì nel comodino c’è il telefono.” Disse solo, indicando il mobile vicino al divano. “G-grazie.” Balbetta, Haru. “Non c’è bisogno che mi ringrazi, stupida donna. Il Decimo avrebbe fatto lo stesso.” Sbuffò, andando nella stanza accanto. << Tsk, sempre il solito...>> Ben presto, Haru si ritrova fra le braccia di Morfeo, addormentata con un’espressione angelica in volto. Gokudera se ne accorse, accennando un mezzo sorriso. Le sistema la testa sotto un cuscino e le stende addosso una coperta; poi, si dirige nel posto dove meglio può esprimersi: il pianoforte. Lo spartito è sempre quello, incompleto, rovinato, con alcuni caratteri italiani a fine foglio. Le note sono sempre le stesse, scorrono delicate. Ed Haru, in quello stato di dormiveglia, ne rimane estasiata. Apre gli occhi, pensando che quello era tutto un sogno ma, appena sveglia, quella dolce melodia invade le sue orecchie. D’un tratto la melodia smette, Hayato sussulta. “Scusa, non volevo svegliarti.” Haru nega, mettendosi meglio seduta sul letto. “Lo spartito sembra incompleto, perché non lo suoni tutto?” domanda. Gokudera sospira. “Lo spartito è incompleto. Mia madre mi disse che le note verranno naturali se suonerò davanti alla persona che amo.” Spiega, con un sorriso malinconico. “Hahi, allora penso che suonarlo davanti a me non serva.” Esclama la ragazza. L’argenteo la guarda divertito. “E chi lo dice?” e riprende a suonare. Le note sono uguali, finché si giunge alla fine. Chiude gli occhi, il suo cuore lo guida. La melodia va avanti, una nota dopo l’altra s’aggiunge, come l’avesse suonate migliaia e migliaia di volte. La fine è semplicemente sublime, Haru rimane a bocca aperta. “Ma, se l’hai suonato davanti a me, significa...” la voce sfuma in sussurro, l’italiano è sempre più vicino. “L’hai capito, stupida donna.” E in un battito d’ali le labbra di Haru vengono a contatto con quelle di Hayato, in un bacio dolce.
La routine è spezzata, lo spartito è completo.
I dolci ricordi della madre sfumano in serenità, la malinconia non c’è più.
Un amore sboccia inaspettato.
“Non aspettarti quelle due parole, stupida donna.” Sussurra divertito: sarà almeno la ventesima volta che lo dice in quella sera. “Non dire cose che poi non mantieni, Hayato.” Ride lei. “Ecco perché ti amo.” E un altro bacio si perde in quella stanza. “Hahi? Mi hai fatto male!” urla indispettita la bruna, per il morso sulle labbra. “È il prezzo da pagare.”
L’amore sboccia ma tutto sembra essere uguale.
E chissà se Haru riuscirà a guarire Hayato dalla sua malinconia, come lui ha curato la sua caviglia, nel giorno in cui tutto è finito e il nulla è iniziato.  
   
 
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