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Autore: _fedss    13/09/2012    22 recensioni
Sono passati cinque anni da quel giorno.
Cinque anni dalla fine di quell'incubo e dall'inizio del grande dolore.
Cinque anni e Richard Castle ancora non riesce a darsi pace.
Continui incubi e tormenti popolano le sue notti.
Si sente seguito, spiato.
Ma non da poi tanta importanza ai suoi timori.
Ormai la donna che ama non c'è più.
E se non fosse così?
Se l'incubo non fosse ancora finito?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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You’re in my veins, and I cannot get you out.


 
 
Sangue.
Sangue sul tappeto di casa sua.
Sangue nella sua macchina.
Troppo sangue.
 
È morta.
Se ne è andata.
Ti ha lasciato da solo con Roy James.
È morta.
 
Non la vedrai più.
Non sentirai più il suo odore alle ciliegie.
Non la potrai più toccare.
 
È morta.
Se ne è andata.
Per sempre.
 
 
Tutto quello che riesce a vedere sono due figure sfocate, che lo scuotono, che gli urlano di svegliarsi. È un incubo. Stava per lasciarla andare. Stava per riuscire ad uscirne. Stava per farcela. E adesso, lei è lì. Davanti a lui. Viva.
 
Non è possibile. È un sogno. Non ci crede. Non ci vuole credere. Eppure sembra lei. Sembrava, ora non riesce a vederla. È tutto troppo sfocato, sta piangendo. Deve riuscire a guardare meglio.
 
Sente ancora due paia di mani forti scuoterlo, fino a quando non si allontanano. Riesce a percepire qualcun altro che si è avvicinato a lui. Sbatte le palpebre, cercando di mettere a fuoco. Poi arriva la scossa elettrica. Una mano fredda si è posata sulla sua guancia. È più delicata, più morbida. È… come la ricordava.
 
È lei.
 
Riesce a dare l’impulso ai suoi muscoli e a scostarsi. Si alza di scatto, facendo cadere indietro la sedia. Adesso la vede bene. È più magra, ha i capelli più chiari e sembra abbronzata. Ha gli occhi rossi, forse a causa del pianto. Due grosse occhiaie, è stanca, sia emotivamente che fisicamente.
 
È bellissima.
 
 
Sangue.
È morta.
Se ne è andata.
Ti ha lasciato solo.
 
 
Il cuore di Rick Castle ricomincia a battere. Le ferite dentro di lui si stanno rimarginando. È felice ma… uno strano senso di rabbia si sta impossessando di lui. Ha voglia di spaccare tutto. Ha voglia di urlare, di piangere, di ridere, di abbracciarla. Ha voglia di chiederle perché.
 
Ha voglia di spiegazioni.
 
Sposta gli occhi sui due detective, che lo guardano preoccupati. Su Lanie, che piange. Sulla Gates, che non esprime emozioni. Apre la bocca per parlare ma la deve richiudere subito dopo. Non ha le parole. O forse non le trova. O forse non ha voglia di dire niente, perché è tutto sbagliato. Tutto dannatamente sbagliato.
 
Però vederla, così vicino, viva, gli sta facendo bene. Si sente già meglio. È così potente l’amore? Non si spegne nemmeno dopo cinque anni di lontananza? Impossibile.
 
«Rick…»
 
Quel suono è musica per le sue orecchie. Anche la sua voce, la ricordava perfettamente. Di notte la sognava, sempre così perfetta, così soave. Così dolce. Il suo nome non veniva pronunciato così bene da cinque anni.
 
«Non ci credo» sussurra scuotendo la testa. «Non ci credo» ripete a voce più alta. Si mette la mani davanti al viso ed inizia a piangere. Cos’è quella? Gioia? Disperazione? Incredulità? Sta per diventare matto.
 
O forse già lo è, ecco perché Kate è lì davanti. Viva.
 
Si volta e si appoggia con le mani al muro, le braccia tese. Si guarda i piedi, prima, e chiude gli occhi, poi. Inizia a respirare lentamente, contando tre secondi ogni volta che inspira. Si deve calmare. Si deve svegliare. È un sogno.
 
E poi, di nuovo, una mano delicata si poggia sulla sua spalla. La sente, sussultare, ritmicamente, in sintonia con i suoi singhiozzi.
 
«Vai via, Kate…» sussurra. «Ti prego, non ce la faccio…»
 
Lei non si muove anzi, lo abbraccia da dietro, poggiando la sua testa sulla schiena dell’uomo e cingendogli la vita con le braccia.
 
È dimagrito, pensa. Sa del suo periodo nero. Sa che non mangiava, che beveva. Sa che Lanie si prendeva cura di lui come meglio poteva. Sa che si è fidanzato e che suo figlio adora quella donna. Sa che ha provato, in tutti modi, a dimenticarla. Sa anche che non ci è riuscito.
 
Inizia ad accarezzargli l’addome, i pettorali, rimanendo appiccicata a lui.
 
Gli altri si sentono improvvisamente di troppo, così escono, silenziosamente, lasciandoli da soli. Kate li ringrazia mentalmente. Rick non ci fa caso, troppo occupato a riassaporare la sensazione di avere le sue mani addosso. È passato così tanto.
 
Si gira, finalmente, facendola allontanare da se. Lo guarda preoccupata, mortificata. Piange. È costretta, poi, ad abbassare lo sguardo. Non riesce a sostenere gli occhi di lui. Blu, troppo profondi, troppo tristi, troppo spenti. Quel colore lo ricordava più chiaro, più gioioso, più accesso.
 
«Dimmi solo perché… dimmi solo perché» le dice, supplichevole.
 
«Ho dovuto farlo, Rick» risponde, entrambi continuano a sussurrare. «Il drago, vi avrebbe ucciso.»
 
«E’ servito a qualcosa?» chiede. Kate non risponde, riabbassa il capo dopo averlo alzato per un secondo. Castle le scuote le spalle, non violentemente, non con forza. Solo per invitarla a rispondere. Lei sta per spingerlo via ma i suoi polsi vengono fermati dalle mani dell’uomo.
 
«L’ho preso, Rick. L’ho preso, il drago non c’è più…»
 
«E chi era?» di nuovo non risponde. «Ho già un presentimento e, almeno questo, Kate, me lo devi». Pensa di sapere chi sia. La tragedia che da poco ha segnato la città di New York, non ha lasciato indifferente nessuno, lui compreso.
 
«Il tuo amico sindaco, Rick. L’ex sindaco di New York. C’era lui dietro a tutto. C’è sempre stato lui. Ai telegiornali hanno detto che è morto, non è vero. È in un carcere di massima sicurezza, ha finto la sua morte e…»
 
«Non è stato l’unico» la interrompe bruscamente. È freddo, la guarda con disprezzo, adesso. Come ha potuto? Si allontana da lei, lasciandole i polsi e dirigendosi verso le porte. Non riesce a perdonarla, non riesce a capire che l’ha fatto per salvare lui e il loro bambino. Così Kate glielo ripete.
 
«Rick, l’ho fatto per noi. L’ho fatto per Roy… ti prego…»
 
«Cinque anni, Kate!» urla voltandosi di scatto. «Cinque anni sono tanti, sono troppi! Sai come sono stato? Hai la minima idea di come possa esser stato? All’inizio volevo morire anche io, Kate! Poi ho pensato a Roy ma.. ho iniziato a bere e non sono stato un buon padre… forse solo all’inizio, ma non è stato giusto per lui! Mi sembrava inutile la vita senza di te, ho perso degli amici, non ho scritto più un libro! Sono stato malissimo! Non sono riuscito ad avere una relazione con una donna per tre anni! »
 
La vede rimpicciolire sotto le sue urla. La vede iniziare a piangere, tenendosi una mano sulla pancia come se stesse per sentirsi male. La guarda disperato mentre capisce quello che gli ha fatto passare.
 
«Mi dispiace Kate, io ti amavo e...»
 
«Mi amavi?» gli chiede allarmata. Si asciuga gli occhi con una mano. «Non mi ami più? Non... non sei più innamorato di me?» È terrorizzata. Le gira la testa. Le viene da vomitare. Vorrebbe tornare indietro nel tempo e non fingere di morire. Vorrebbe tornare indietro e accontentarsi di vivere la sua vita con l’uomo che ama senza aver catturato l’assassino di sua madre. Forse non era abbastanza. Ma ne è valsa veramente la pena?
 
«Kate...» prende un profondo respiro. «Sono fidanzato, sto per sposarmi.»
 
Cos’è questo dolore lancinante che la donna sente all’altezza del petto? Cos’è questa lama che la sta lacerando, piano, lentamente, senza fretta? Cos’è questa sensazione che le blocca il respiro, il cuore e i muscoli? Cos’è che le sta facendo venire voglia di piangere ancora? Fa così male essere innamorati?
 
«Ah» riesce solo a rispondere. L’unica cosa sensata che il suo cervello riesce a formulare. «Allora… allora immagino che non ci sia più niente da dire.» Si asciuga finalmente tutte le lacrime che le bagnano il viso e impedisce alle altre di uscire. Maledetto orgoglio femminile.
 
«Vorrei rivedere mio figlio, Castle, appena pensi sia il momento adatto. Ti auguro tutto il bene di questo mondo.»
 
Lo sorpassa, stando molto attenta a non toccarlo. Mette una mano sulla maniglia, sta per aprire ma si blocca. Rimane a fissare il pavimento mentre dice: «Non potevo fare altrimenti. Ci avrebbe ucciso tutti.»
 
Esce lasciando l’uomo dietro di se di nuovo vuoto, di nuovo distrutto. Non la chiama nemmeno, sa che sarebbe inutile. Si riappoggia alla sedia dove prima era svenuto.
 
Lanie e Ryan entrano, silenziosi come quando sono usciti. La dottoressa va ad abbracciare l’uomo e gli accarezza i capelli. Ryan rimane ad una certa distanza, non volendo rovinare quel momento.
 
«Cosa è successo, Rick?»
 
«Le ho detto che mi sto per sposare. L’ho ferita, si. Ma il suo dolore non è nemmeno paragonabile a quello che ho provato io» dice solo prima di alzarsi ed andarsene. Non saluta la Gates ed Esposito. Non vuole parlare con nessuno. Anche loro sapevano e non gli hanno detto.
 
Guida veloce nel traffico, con gli occhi offuscati dalle lacrime. Svolta a destra, poi a sinistra, poi va dritto. Sono passati solo pochi minuti quando ferma la macchina. C’è un grande prato davanti a lui, che si affaccia sull’Hudson. Si sporge sulla ringhiera e guarda l’acqua. Vede il suo volto riflesso ed ecco la rabbia che torna. Va a sdraiarsi sull’erba, chiude gli occhi, per non pensare.
 
 
 
«Richard…»
 
Si passa le mani sul volto, la luce del sole gli da fastidio. Si tira su a sedere di scatto e si guarda intorno. È ancora seduto sulla riva, ma c’è qualcuno inginocchiato accanto a lui.
 
«Lo sapevi, vero?» le chiede con voce roca.
 
Abbassa la testa ed annuisce. La chioma rossa si muove in contemporanea con lei.  «Si, Richard. Lo sapevo… Come ti senti?»
 
Ferito, inutile, confuso, solo, tradito, depresso, ansioso, abbattuto, patetico, col cuore spezzato, schiacciato, rifiutato, vuoto, sconfitto. Come se stessi per cadere. Per morire.
 
«Bene.»
 
«Richard, di la verità a tua madre». Gli accarezza la fronte e manda il ciuffo di capelli indietro. Gli prende le mani fra le sue e se le porta alle labbra. «Ti prego.»
 
L’uomo inizia a piangere, si appoggia con la testa sul petto della donna. «Sto male. Sto malissimo.»
 
 
 
 
Angolino della Fe! :)
Io dico, ma come poteva pensare Kate di essere perdonata?
Ha ragione Rick. Cinque anni sono tanti, sono troppi! D:
 
Che dire, ho pubblicato un giorno prima così Martina non mi assilla più! u.u
Voglio ingraziare infinitamente Gabriella per queste immagini stupende, Marta per avermi istruito, *piccole sadiche crescono*, Diletta perché è la mia tr*** preferita e Sofia perché mi fa compagnia durante gli scleri :’)
 
Uh, anche Agata! Spero di non deluderti :)
 
Grazie mille anche per le recensioni, sono tantissime! Piano piano vi risponderò :D
 
Un bacio,
Pom… Fede!
   
 
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