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Autore: REAwhereverIgo    13/09/2012    6 recensioni
Che succederebbe se una ragazza con autostima pari allo zero si innamorasse di un bellissimo motociclista? E se le sue sorelle si mettessero in mezzo per darle una mano, rischiando di peggiorare la situazione?
Spero che questa storia sia di vostro gradimento, io di sicuro mi divertirò a scriverla! Rea
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Rapimento

 

La difficoltà nel capire Rea stava nella sua tendenza a dire il contrario di ciò che voleva. Era triste perché le avevi tolto di bocca l’ultimo pezzo di torta? “Non importa, va bene così”. Era gelosa marcia perché le piacevi ma non voleva dirtelo? “Fai come vuoi, non sei mica il mio ragazzo”.

Fabio aveva capito ciò leggendo in contemporanea il suo diario segreto e il suo romanzo.

Emma e Laura festeggeranno il trentuno con Jason e Johan, e  io rimarrò in casa con mamma e papà. Non importa, andrà comunque bene. Mi hanno invitato con loro, ma non me la sento di fare il quinto incomodo e di aprire lo spumante a mezzanotte con loro che si sbaciucchiano e io da una parte a bere da sola. E poi, l’ultimo ha sempre troppa importanza: perché si deve festeggiare la fine? Al massimo festeggi l’inizio, quindi il primo, inoltre a me le feste in questo giorno mi mettono malinconia. Sì, decisamente è meglio se sto a casa con mamma e papà… meglio…

Questo è ciò che lei aveva scritto nel diario. Ma nel suo romanzo si contraddiceva.

L’anatroccolo cerca di sorridere perché non si vuol far vedere triste, e cerca di farsi andare bene anche ciò che non gli va. Nega che vuole qualcos’altro per semplice paura di disturbare. Più di una volta, infatti, i suoi fratelli, bellissimi pulcini color oro, hanno chiesto se gli serviva altro, ma lui negava perché non voleva assolutamente dare disturbo a qualcuno. O far pesare a loro la fortuna che hanno nell’essere meravigliosi pulcini, mentre lui è solo un insignificante anatroccolo

Quindi adesso doveva trovare il modo per portarla via di casa e farle festeggiare l’ultimo dell’anno.

Potremmo chiedere a mamma e papà se la fanno uscire comunque, e tu poi la vai a prendere alla finestra, fingendo che stia uscendo di nascosto” suggerì Emma.

A lei piacciono queste cose romantiche” aggiunse Laura schifata.

Mi sembra complicato” rifletté Fabio.

Tu hai detto che la vuoi far felice, giusto? Per cui questo è il modo migliore. Fino alle undici e mezzo sta a casa e poi tu la rapisci e la porti via. Una volta mi ha detto che la festa che preferisce è quella in cui un ragazzo la va a prendere a casa senza dirle nulla e la porta chissà dove” ricordò la mora.

Devo, però, trovare qualcosa di davvero speciale

Sono sicura che ce la farai. Sei un genio” lo rassicurò la bionda.

Lui sospirò, poi sorrise sperando che avesse ragione.

 

 

La mattina del trentuno, dopo che era stato pensato un piano ben specifico e dopo che le due sorelle Stevens erano riuscite a rientrare in casa senza che Rea se ne rendesse conto, i genitori delle ragazze furono messi al corrente del piano.

Non deve sapere niente, è troppo importante che tutto rimanga un segreto” si raccomandarono.

Ma quindi l’idea è che noi verso le undici usciamo, lasciandola qui sola…

E Fabio verrà a prenderla poco dopo, portandola a festeggiare” concluse la più alta.

“Mi sembra una bella idea, ma perché non volete dirglielo?” chiese la madre.

Perché rifiuterebbe. Mamma, te l’abbiamo già spiegato: la situazione è complicata e Rea anche di più. Non possiamo fare le cose semplici, purtroppo” sbuffò Laura.

“Ok, ok, era solo una domanda” si scusò la donna.

Quindi siamo state chiare? Alle undici fuori di casa

 

 

Siete proprio belle” commentò la rossa, ammirando le sorelle. Era vagamente invidiosa della loro autostima e del loro riuscire a mettersi i vestiti e a truccarsi senza sentirsi… sbagliate.

Perché non ti metti qualcosa di carino anche tu?” propose Emma.

E a che mi serve? Io festeggio con mamma e papà e basta, quindi non serve che indossi roba troppo particolare. Inoltre lo sai che non mi sento a mio agio vestita da donna” rispose sorridendo. Nelle ultime settimane si era costretta a sorridere, sorridere sempre nonostante tutto.

Come vuoi. Se cambi idea, sai dove si trova la roba, giusto?

Sì, tranquilla” annuì ridendo.

Suonarono il campanello due volte nei cinque minuti successivi: prima arrivò Johan con un mazzo di rose per Laura, che si gettò tra le sue braccia, seguito subito dopo da Jason, vestito con lo smoking e la cravatta (la stessa, le parve, che aveva trovato in camera della sorella la settimana prima).

Allora noi andiamo. Ciao a tutti!” salutarono le ragazze, ognuna stretta al proprio fidanzato. Dato che Emma non poteva andare troppo in giro con Jason, avrebbero festeggiato nell’appartamento del professore, così che nessuno li avrebbe visti.

Rea mantenne un sorriso cordiale stampato sul volto fino a che non le vide svoltare l’angolo, poi una solitaria lacrima le passò sul viso. Mi sono imposta di non stare più male. Non posso continuare così, sempre a piangere. Devo riuscire ad essere forte nonostante sia sola” si sgridò, asciugandosi gli occhi.

Per superare quella piccola crisi, si mise a cucinare con la madre. Non ne era capace e rovinò l’impasto della torta tre volte, ma non importava: fare quello significava non avere tempo di pensare e non avere tempo di pensare significava non stare male.

Buon appetito!” annunciò verso le otto ai genitori, che si guardavano sorridendo da quel pomeriggio presto. Mancavano solo tre ore…

 

 

“Rea, tesoro, noi dobbiamo uscire” le disse il padre alle undici. Lei, che era seduta sul divano a leggere un libro, guardò l’orologio.

Perché?” chiese tristemente.

“Ci hanno chiamati i genitori di Johan per chiederci se avevamo voglia di festeggiare con loro. Hanno detto che là ci sono tutti i loro amici e che stanno giocando a carte. Ti vuoi unire?” le propose. La ragazza scosse la testa.

No, non mi divertirei e sarei solo di peso” rispose, sorridendo.

L’uomo andò in camera e rise sottovoce.

“Se avesse detto di sì saremmo stati fregati” lo sgridò la moglie.

“La conosci anche tu, non avrebbe mai risposto affermativamente. Lo sai che non sopporta di stare con le persone più grandi” le ricordò, dandole un  bacio sulla guancia.

“Non importa, è comunque stato un terno al lotto. Forza, muoviamoci a uscire, altrimenti quello arriva e noi siamo ancora tra i piedi” lo affrettò. Lui si mise la giacca, poi guardò preoccupato la donna.

“Non è che stanotte… da soli in casa…”

“Che ti importa? Ha diciotto anni, lo sa come funziona” lo prese in giro lei.

“Ma è la mia bambina! Non voglio uscire sapendo che uno scapestrato la… la… non riesco nemmeno a dirlo!” esclamò.

Shhh! Ma che urli? Vuoi che ti senta? Tu non te ne interessare, andiamo via” ordinò sua moglie, spingendolo verso la porta.

“Ciao amore, ci vediamo più tardi” la salutarono.

Ciao, divertitevi” ricambiò lei. “Da quando se ne vanno conta un minuto” si impose. Tese l’orecchio e ascoltò la macchina andarsene, poi contò fino a sessanta nella sua testa.

Alla fine, arrivata al cinquantanovesimo secondo, lasciò andare il libro sulle gambe e si mise le mani a coprire gli occhi.

Sola” pensò, semplicemente.

 

 

Probabilmente si era addormentata. Sentiva gli occhi gonfi e la testa pesante, ma c’era un rumore rimbombante che non le permetteva di riposarsi per bene.

Alzò la testa dal cuscino del divano: quanto tempo era passato? Che ore erano? Il nuovo anno era già arrivato?

Si guardò intorno e il rumore si fece più forte. “Ma che diavolo è?” si chiese. Spaventata ma anche curiosa, si mise in piedi e andò in cucina. Sapeva che la mamma teneva il mattarello nella credenza vicino ai piatti, quindi aprì il mobile e lo prese. La prudenza non è mai troppa.

Si avvicinò al corridoio e chiuse gli occhi, ascoltando il rumore. Sapeva per esperienza che, per cercare la fonte di un suono, si dovevano eliminare tutti gli altri sensi possibili e poi muoversi solo con le orecchie. Fece un passo in avanti, si fermò. Altri due passi in avanti e ora uno sulla destra. Quando fu certa che la causa di quel rimbombo era davanti a lei rimase a occhi chiusi e respirò. “ORA!” ordinò a sé stessa. Strinse il mattarello e aprì gli occhi, fissando la finestra che aveva di fronte. L’utensile le cadde di mano dalla sorpresa.

TU?!” esclamò. Un sorridente Fabio le faceva cenno di aprirgli per farlo entrare.

Cosa vuoi?” domandò sospettosa. Il ragazzo si mise a parlare, ma non si sentiva niente, quindi spalancò le persiane e lo guardò.

Che diavolo ci fai a casa mia a quest’ora di notte?” lo aggredì, impedendogli l’entrata.

Prima di risponderti mi faresti venire dentro? Ho piuttosto freddo e sono qui da almeno venti minuti” la implorò. Aveva le labbra livide e le mani tremavano, e Rea fu impietosita. Si spostò e lo aiutò a scavalcare la finestra.

Tu non sei molto normale, lo sai?” lo accusò una volta che lo ebbe tirato dentro.

Sì, direi che l’avevo capito sette o otto anni fa” ammise lui, togliendosi il cappotto congelato e i guanti intirizziti.

Buona educazione vorrebbe che io ti offrissi una tazza di tè o una coperta calda, ma tu mi sei appena entrato dalla finestra, per cui mi scuserai se sono un po’ sospettosa e non ti accolgo con gli onori dovuti” gli disse stizzita.

Nessun problema, ci penso io a scaldarmi mentre tu ti cambi” le assicurò.

Mentre io faccio cosa?” chiese lei, alzando involontariamente il tono di voce.

Cambiati, e fai veloce che non ho tutta la notte” ripeté Fabio. Controllò l’orologio.

Per la precisione hai quindici minuti al massimo, poi dobbiamo uscire. Forza, non mi guardare con codesti occhi a cerbiatta e togliti il pigiama” ordinò. Rea incrociò le braccia.

Cerbiatta? Ma per te io sono uno zoo o una persona?” si irritò.

Poco importa. Tic-tac, il tempo corre” la prese in giro. Il ragazzo si sedette sul letto, ma lei rimase ferma.

Qualche problema?” s’informò fissandola.

Sì, un paio, ma hanno poca importanza. Quello che importa ora è che questa è camera mia e io devo cambiarmi qui. Per cui esci dalla mia stanza se vuoi che mi sbrighi!” gli urlò contro, infuriata. Lui arrossì e poi rise.

La sbornia ti è sicuramente passata, l’altra sera volevi spogliarti davanti a me. Fai veloce, mi raccomando” la salutò, chiudendosi la porta alle spalle.

Cosa?!” gridò lei, avvampando alle sue parole. Rimase da sola a fissare il punto in cui lui era sparito, poi si voltò verso l’armadio. “E ora che faccio?” si chiese in preda al panico. Non poteva uscire per l’ultimo dell’anno con i suoi soliti vestiti indosso.

Se cambi idea, sai dove si trova la roba, giusto?la voce di sua sorella le rimbombò nella testa. Respirò a fondo e poi si affacciò in corridoio: Fabio non era nei paraggi. Entrò in camera di Emma e sperò con tutta sé stessa di trovare qualcosa che le stesse bene e che non la facesse sentire una balena.

 

 

Il ragazzo controllava febbrilmente l’orologio ogni minuto: avevano solo dieci minuti prima che scoccasse la mezzanotte e dovevano arrivare a casa sua. Meno male che aveva la moto.

Ok, sono pronta” affermò Rea, apparendo in salotto. Lui si voltò.

Era l’ora, sei in ri….” La voce gli morì in gola quando la vide con lo sguardo rivolto verso il basso e le guance arrossate dall’imbarazzo: aveva addosso un lungo vestito di lana grigia e un paio di pantacollant neri, che la facevano quasi sembrare più magra. Si era truccata leggermente, mettendo in risalto gli occhi e le labbra.

Che c’è? Sto  male, vero?” domandò lei, impaurita. Fabio si schiarì la gola e scosse la testa.

No, sei… sei perfetta” balbettò. Rimase fermo a fissarla e la ragazza sbuffò.

Mi hai detto che eravamo in ritardo, giusto? Quindi muoviamoci! Mi disturba che tu mi guardi con insistenza, mi mette l’ansia!” esclamò. Camminava sugli stivali con i tacchi con passo un po’ incerto, ma, tutto sommato, con tranquillità.

Si mise la giacca a vento, prese la borsa e le chiavi e poi si mise le mani sui fianchi.

Forza, andiamo a festeggiare la morte di quest’anno

 

  
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