- Smettila
di tossire, Chiara- esclamò con voce roca Roberta, con le orecchie
nascoste sotto il suo morbido cuscino. La rossa, sentendosi chiamare in causa,
si risvegliò dallo stato di torpore in cui era intrappolata e assottigliò la
vista verso la sveglia digitale posta sul comodino.
-
Quattro del mattino- continuò a tossire, dandosi
un colpo sulla fronte. Era tutta la notte che andava avanti così, nonostante in mattinata la febbre fosse diminuita.
Frustrata, e anche un po’ dispiaciuta per Roberta, si tirò a sedere e sospirò.
Sentì la compagna di stanza gemere disperata nel dormiveglia.
-
Mi dici come facciamo... fra meno di tre ore ci ritroveremo a scorrazzare per
le campagne viennesi senza aver chiuso occhio per un’intera notte! Senza
contare che stasera c’è la festa in discoteca…-
piagnucolò quella, affondando ancora di più la testa bruna fra le coperte.
Chiara si alzò, versandosi dell’acqua e ingoiando la pasticca che le aveva prescritto il medico dell’albergo. Tossì di nuovo, sentendo
però diminuire il bruciore alla gola.
-
Scusa se non ti ho fatto dormire- gracchiò, allentando
la sciarpa pesante che le fasciava il collo. Roberta scosse la testa,
bisbigliando qualcosa di incomprensibile. La rossa
aggrottò le sopracciglia.
-
Puoi ripetere? Non ti ho sentito-
-
Ho detto che non devi scusarti… non è colpa tua-
pigolò quella, quasi imbarazzata. – Ti senti meglio?-
Chiara
annuì, un po’ perché sentiva quel groppo in gola disciogliersi e un po’ perché
non le andava di lamentarsi ancora con Roberta. In quegli ultimi due giorni non
aveva fatto che tossire, starnutire e inveire contro tutto
e tutti. Avanzò verso il letto a tentoni, andando a
sbattere contro l’enorme valigia di Della Corte. Soffocò un
imprecazione poco consona alla sua persona e cadde lungo distesa sulla
moquette.
-
Aspetta, faccio io- esclamò secca la riccia, mentre
scendeva dal suo letto e porgeva una mano alla ragazza. Quella l’afferrò con
difficoltà, non vedendo molto nel buio, e si appoggiò alla sua spalla esile.
Camminarono così avvinghiate finché Chiara non si lasciò cadere con un tonfo
fra le sue lenzuola.
-
Allora buona notte-
Anche nelle tenebre riusciva a distinguere
perfettamente il sorriso di Roberta stagliarsi luminoso nella stanza. Non l’aveva mai vista sorridere, almeno credeva di non averla mai
vista farlo in quel modo.
Chiara
aveva sempre pensato che non ci fosse un modo preciso di sorridere, per questo si innervosiva quando sua madre le diceva di farlo bene
nelle fotografie di famiglia. Però doveva ammettere
che se fosse esistita una maniera giusta di sorridere, Della Corte la conosceva
bene.
-
Notte- mormorò assorta, mentre osservava la compagna infilarsi nel suo letto.
Chiuse gli occhi e cercò di dormire.
-
Qualche
ora più tardi la camera 47 del terzo piano era già animata da passi inquieti e
voci assonnate.
-
Stanotte ho dormito si e no tre ore- disse stancamente
Roberta dal bagno, passandosi il fondotinta sulle pesanti occhiaie. Proprio in
quel momento Chiara andava avanti indietro per il corridoio, con
in mano il termometro.
-
Fa che io non abbia la febbre, fa che io non abbia la febbre- sussurrava febbrilmente, tenendo il display ben visibile
alla luce.
La
riccia sospirò, vedendo che l’altra non le prestava minimamente attenzione, e
continuò a truccarsi accuratamente. Qualche secondo dopo sentì un urletto acuto provenire dalla stanza da letto e si
affacciò.
-
Niente febbre?- domandò stancamente.
-
Niente febbre! Niente febbre!- canticchiò la rossa, muovendo il bacino a ritmo
di conga. Era così buffa, mentre ballava ancora in pigiama.
-
Vestiti che fra poco andiamo a dare la buona notizia
alla Manzi- sentenziò in tono neutro, dandole un leggero colpetto sulla
testa. Quella protestò con uno sbuffo e cacciò dalla valigia verde una pesante
felpa viola e un paio di leggins neri.
Evidentemente
quello doveva essere il suo giorno fortunato perché il dottore le aveva consigliato di restare ancora un po’ in albergo, ma le aveva
assicurato che quella sera sarebbe potuta andare tranquillamente in discoteca.
A patto che prendesse una di quelle pasticche amare e vomitevoli, ma
questo a Chiara sembrava un giusto compromesso.
Sistemò
accuratamente i vestiti che aveva accumulato in quei sei giorni sulla sedia di
fronte alla scrivania. Piegò le maniche della sua t-shirt con la mela e la
ripose nella valigia, frugandoci dentro alla ricerca
di qualcosa. Chiara tirò fuori con uno scatto secco il vestito che avrebbe
indossato quella sera alla festa. La stanza era silenziosa, di tanto in tanto
qualche starnuto riempiva l’aria e lo sciabordare dell’acqua che cadeva dal
cielo rendeva l’atmosfera più pesante. Il freddo della stanza e il suo
precedente malessere non toccò con un solo brivido la
pelle di Chiara, mentre questa si sfilava velocemente i vestiti e si osservava
in biancheria intima allo specchio del bagno. Si mise di profilo, allungando le
punte dei piedi nudi per sembrare più alta e tirando in dentro la pancia
pressoché inesistente. Sorrise soddisfatta quando vide che i
capelli rossi le arrivavano fino al seno e quel giorno erano particolarmente
ondulati. Spostò lo sguardo verso i suoi stessi occhi riflessi. Le
piaceva osservarsi, non per narcisismo, semplicemente era un modo per capire
meglio se stessa e il corpo in cui si trovava. Era cambiata così
tanto e così velocemente in quegli ultimi anni che si era alzata spesso
la mattina con la paura di essere in un corpo del tutto nuovo. Non
aveva più nulla della piccola ragazzina indifesa che aveva attraversato, forse
un po’ prematuramente, le porte del liceo e lei non poteva che esserne felice.
I capelli, che allora le arrivavano miseramente sotto le orecchie in un caschetto ordinario, ora ricadevano selvaggi
e sciolti e tutte quelle lentiggini avevano finito per confondersi con
la pelle chiara.
“
Sei di una bellezza particolare, che non colpisce subito… ma la seconda volta
che ti si guarda camminare per una strana non si può far a meno di toglierti
gli occhi di dosso” le aveva detto sua sorella
Benedetta, quando aveva cominciato a vedere nella sorella quattordicenne
cambiamenti evidenti. Aveva sorriso, con un modo di fare molto più caloroso di
Chiara, e le aveva dato una pacca sulla spalla.
Restò
a scrutarsi attentamente, facendo scivolare gli occhi su ogni piccolo difetto
del viso ovale, quasi dimentica di essere reduce
dall’influenza e per lo più scalza. Non sapeva nemmeno dove s’era andata a
cacciare Roberta, era da quella mattina che non la vedeva. Erano andati a fare
una gita fuori città, perché
Sentì
scattare improvvisamente la serratura, mentre si tirava indietro i capelli e
cercava di entrare nel suo abito nero.
Si
coprì il reggiseno giallo alla meglio, mentre Della Corte entrava imperterrita
nella stanza.
-
Sono mezza nuda, ti dispiacerebbe lasciare almeno che
mi vesta?- domandò istericamente Chiara. Il suo volto assunse una smorfia infastidita mentre la compagna scoppiava a ridere.
-
Non ce n’è bisogno, non sono mica un ragazzo- buttò lì
sprezzante Roberta, avanzando sicura verso la sua valigia. Quel ragionamento
non faceva una piega, così la rossa si chiuse
frettolosamente la zip dietro la schiena. Era un vestito molto semplice, un
corpetto faceva leggera pressione sul suo busto e ricadeva fino al ginocchio
con una gonna attillata. Tirò fuori dalle coperte
eternamente sfatte una grande cintura squadrata, dello stesso colore, e se la
infilò.
-
Carino…- mormorò dall’altra parte la riccia, voltandosi per vedere meglio il
corpo della compagna. Chiara si sentì lievemente a disagio in balia del
suo sguardo indagatore, ma poi vide che quella abbassò lentamente il capo senza
dire nulla. Si diresse in bagno, decisa a truccarsi e
a sottrarsi al giudizio accurato di quegli occhi azzurri.
-
Il
Laderaum era molto spazioso, un grande
locale posto su una nave, proprio come diceva la guida turistica di Chiara. Era
completamente in legno e prima della vera e propria sala adibita a discoteca,
c’era un pub strapieno di ragazzi e turisti, dove il
tedesco si mischiava con miriadi di lingue diverse. Le professoresse avevano
storto il naso nel sentire il volume della musica così alto, decidendo che
sarebbe stato meglio per loro aspettare la mezzanotte nel piccolo bar di
fronte. Dopo aver raccomandato a tutti di non bere e di non parlare con gli
sconosciuti, erano scomparse con grande sollievo di
Flavio. Il ragazzo quella sera indossava dei jeans
neri molto attillati, con una camicia chiara sbottonata fino alla terza asola e
i capelli scuri lisciati da una parte, e con atteggiamento da seduttore cercava
di attirare l’attenzione di alcune ragazze dell’altra sezione. Chiara camminava
con al fianco Sabrina e Carmen, evidentemente
indaffarate a controllare il loro aspetto a vicenda, mentre Ivan si apriva un
varco fra la folla. Per un momento, oltre gli strass dell’ abito
della sua migliore amica, alla rossa sembrò di scorgere i bagliore degli occhi
di Roberta, al di là di un gruppo di turisti. Non la rivide, però, nemmeno
nella grande sala da ballo dove un giovane DJ dai
capelli colorati faceva partire musica a tutto volume. Si sentì stordita da
quelle luci multicolori che deformavano i volti dei suoi amici e li facevano
sembrare pagliacci mostruosi appena sbucati dall’incubo di un bambino. Erano
ipnotiche, psichedeliche, e Chiara dovette sforzarsi di non perdere
l’equilibrio sui suoi tacchi, mentre ballava con Ivan e Sabrina agitava a ritmo
il braccio sfiorandole ripetutamente i capelli. Tutto attorno a lei era un caos
di visi, persone, voci e corpi che si scuotevano come animati dalle vibrazioni
della musica stessa. Ballò per un po’ con i suoi amici e salutò allegramente
Andrea e la sua ragazza, che subito si unì a loro.
-
Ti diverti?- Flavio aveva fatto irruzione fra di
loro all’improvviso, passandosi una mano fra il gel dei capelli e sorridendo
ammiccante alla rossa. Chiara era scoppiata a ridere, guadagnandosi uno sguardo
interdetto da parte dell’amico.
-
Hai bevuto per caso?- la voce roca del ragazzo si alzò, cercando di farsi
sentire meglio. Chiara scosse la testa, ancora in preda a risolini.
-
No, è solo che con me non attaccano i trucchetti da
quattro soldi che utilizzi per rimorchiare-
Flavio
mutò letteralmente espressione, abbassò gli occhi e smise di dimenarsi in modo
arrogante. Sembrò per un attimo un ragazzino colto a fare qualcosa di proibito.
-
Sei sempre stata una tipa strana tu, eh?- domandò, riacquistando in un attimo
la sua caratteristica giovialità. Chiara per tutta risposta continuò a ballare,
muovendo freneticamente le gambe, lasciando che i capelli le ricadessero
lentamente sulle spalle nude.
-
Guarda, lì c’è una ragazza carina… magari è anche straniera, potresti
avere una chance in più- urlò, mostrando una fila di denti regolari nel
sorridere. Il ragazzo, scrollando le spalle, si allontanò
nella direzione indicata dalla rossa e per un attimo esitò.
-
Mi piacciono le strane- ci provò per un’ultima volta,
ma quando vide Chiara ricominciare a ridere fece lo stesso e si allontanò.
Probabilmente
era la quarta o quinta canzone che ballava di seguito e una sete lancinante le
prese la gola. Si staccò da quella massa di gente scatenata e cercò di farsi strada fino al pub adiacente, in cerca magari di una
coca cola.
Sentì
il cellulare vibrarle nella sua pochette e lasciò perdere
per un attimo la sua sete.
“Ti diverti, piccola rossa? E’ l’ultimo giorno, finalmente
domani torni!”
Lesse
e non ebbe bisogno di chiedersi chi era il mittente: Riccardo. Le venne in
mente quel pomeriggio al parco, le sembrava passato un secolo eppure era appena
una settimana. Sentì qualcosa di simile alla nostalgia bloccarle lo stomaco e
si rese conto che in quel momento l’unica cosa che l’avrebbe potuta
rilassare era uno degli abbracci di Richi.
Uscì
dal locale nella fredda brezza notturna decisa a rispondergli, quando sentì una
voce familiare provenire dall’ingresso dei bagni.
-
Lasciamo stare, Massimo! Non voglio ballare, non mi va….
E non toccarmi!- esclamò stizzita Roberta, senza che
però Chiara riuscisse a vederla.
-
Andiamo… fa vedere a tutti che splendida ragazza che ho- quella sentì la
voce untuosa del ragazzo avvolgerla come le spire di un serpente. Poi uno
scatto secco, come un colpo e imprecò qualcosa.
-
Che palle, non ti va di fare mai nulla… chiamami quando
la smetti di fare la suora-
La
rossa si allontanò velocemente da quel corridoio esterno e si allungò sul
parapetto, perdendo i pensieri fra le onde calme del fiume. Sentì un corpo
sfiorarla in una fuga rabbiosa e quando si voltò, vide Massimo sparire fra la
folla. Di Roberta nessuna traccia. Avrebbe dovuto
andare a cercarla? Perché dovevano sempre parlarsi quando
una delle due stava male? Inviò una risposta a Riccardo e, dopo aver reperito un bicchiere di coca cola, tornò lì dove aveva
sentito quelle voci. Aspettò alcuni secondi, poi la vide.
Roberta stava sporta a guardare l’acqua incresparsi, in una posa simile a
quella che aveva assunto lei prima. Aveva una sigaretta in mano e, di tanto in
tanto, ne aspirava il fumo grigiastro tossendo.
-
Non dovresti fumare- disse decisa Chiara, camminando
con calma alle sue spalle.
-
E tu non dovresti comparire sempre all’improvviso-
Sembrava leggermente scossa. La rossa le si accostò,
guardando anche lei il Danubio.
-
Coca cola?- Le allungò il bicchiere, nella speranza che servisse a staccarla da
quella maledetta sigaretta.
-
Ho già bevuto della vodka, lascia stare- biascicò,
chiudendo gli occhi. Aveva un viso stanco, i ricci neri sempre impeccabili e un
vestitino color prugna che le fasciava il corpo.
-
Non dovresti nemmeno bere-
-
Chi sei, la mia coscienza?- domandò quella irritata,
tossendo ad una boccata di fumo.
-
Peggio, sono una tua amica-
Quella
frase le era uscita dalle labbra senza che Chiara se ne fosse
davvero resa conto. Poteva considerarsi una sua amica o almeno qualcuno
autorizzato a far parte della sua vita? Roberta a quelle parole si girò verso
il suo viso, sorridendo per un secondo.
-
Io non ho amiche- mormorò poi fredda, portando gli
occhi azzurri lontano dai suoi castani.
-
Che è successo con Massimo?- la rossa la ignorò,
andando dritta al punto.
-
Forse ha bevuto troppo-
-
Devi lasciarlo, sennò continuerai a star male-
Questa
volta Chiara pronunciò con veemenza ciò che pensava,
soffermandosi su ogni parola. Vanessa non si era fatta scorgere quella sera,
era scomparsa non appena avevano messo piede in quel locale. Forse era
l’assenza delle amiche di Della Corte ad infonderle
tanto coraggio.
-
Lo so- si rassegnò Roberta, rigirandosi fra le piccole
mani il mozzicone di sigaretta. Chiuse di nuovo gli occhi e si massaggiò le
tempie, storcendo la bocca.
-
Stai bene?- chiese preoccupata l’altra, sorreggendola
con una mano.
-
Ho sonno, in effetti- ridacchiò quella, poi spensa la risata in un sospiro stanco.
Chiara
scosse la testa e, vedendo una panchina, la fece sedere vicino a lei. Stettero
in silenzio per alcuni minuti, guardando le nubi che macchiavano a sprazzi la
notte.
Ripensò
a sua madre, a suo padre che non vedeva quasi mai, ai
Natali in cui le sue cugine irlandesi solevano criticare la sua scompostezza e
alla sua chitarra che probabilmente giaceva abbandonata sul suo letto in paese.
-
Pensi mai che se avessi fatto altre scelte,
probabilmente saresti diversa da come sei ora?-
La
rossa modulò la sua voce in modo che i suoi timori
fossero accuratamente nascosti. A Roberta occorse un po’ per rispondere, dopo
di che scrollò le spalle e si girò verso Chiara.
-
Può darsi, ma tutti quando scegliamo qualcosa escludiamo
tutte le altre. E' così che decidiamo chi essere. Io ho deciso di essere una stronza, acida, avvenente ragazza di provincia. Tu hai
scelto di essere una stramba, esaltata e irritabile rossa mezza
irlandese…-
Parlava
alla notte, come un sussurro flebile rivolto più a se stessa che all’altra.
-Non
ho scelto mica io di essere rossa- scherzò Chiara,
rimirandosi una ciocca ramata che le cadeva sulle spalle.
-…
Ma va bene così. In fondo non avrei comunque
potuto essere diversamente. Immagini una Della Corte buona e amichevole con
tutti?- Roberta stessa scoppiò a ridere, quasi amaramente, come se la negata
possibilità di cambiare la opprimesse.
-Immagini
una Torri ordinata e altezzosa?-
-Comunque
è vero quel che si dice…- ricominciò la riccia, con
aria maliziosa.
-Che si dice?-
-Che
Flavio sia cotto di te, ha detto praticamente a mezza
scuola che tu hai delle gambe da urlo-
La
rossa assunse un’espressione fintamente scandalizzata.
-Non
è il mio tipo-
-In effetti non ha tutti i torti…- Roberta continuò a
parlare, senza ascoltare le ultime parole dell’amica.
-Hai davvero delle gambe da urlo- sentenziò poi.
-Mi
sa che anche tu hai bevuto un po’ troppo-
Le
loro risate si persero nel buio, mentre da qualche parte una coppia si baciava
appassionatamente e la musica scuoteva ancora l’aria.