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Autore: Deirbhile    13/09/2012    1 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo nove: Stramba, esaltata e irritabile rossa mezza irlandese

 

 

 

 

- Smettila di tossire, Chiara- esclamò con voce roca Roberta, con le orecchie nascoste sotto il suo morbido cuscino. La rossa, sentendosi chiamare in causa, si risvegliò dallo stato di torpore in cui era intrappolata e assottigliò la vista verso la sveglia digitale posta sul comodino.

- Quattro del  mattino- continuò a tossire, dandosi un colpo sulla fronte. Era tutta la notte che andava avanti così, nonostante in mattinata la febbre fosse diminuita. Frustrata, e anche un po’ dispiaciuta per Roberta, si tirò a sedere e sospirò. Sentì  la compagna di stanza gemere disperata  nel dormiveglia.

- Mi dici come facciamo... fra meno di tre ore ci ritroveremo a scorrazzare per le campagne viennesi senza aver chiuso occhio per un’intera notte! Senza contare che stasera c’è la festa in discoteca…- piagnucolò quella, affondando ancora di più la testa bruna fra le coperte. Chiara si alzò, versandosi dell’acqua e ingoiando la pasticca che le aveva prescritto il medico dell’albergo. Tossì di nuovo, sentendo però diminuire il bruciore alla gola.

- Scusa se non ti ho fatto dormire- gracchiò, allentando la sciarpa pesante che le fasciava il collo. Roberta scosse la testa, bisbigliando qualcosa di incomprensibile. La rossa aggrottò le sopracciglia.

- Puoi ripetere? Non ti ho sentito-

- Ho detto che non devi scusarti… non è colpa tua- pigolò quella, quasi imbarazzata. – Ti senti meglio?-

Chiara annuì, un po’ perché sentiva quel groppo in gola disciogliersi e un po’ perché non le andava di lamentarsi ancora con Roberta. In quegli ultimi due giorni non aveva fatto che tossire, starnutire e inveire contro tutto e tutti. Avanzò verso il letto a tentoni, andando a sbattere contro l’enorme valigia di Della Corte. Soffocò un imprecazione poco consona alla sua persona e cadde lungo distesa sulla moquette.

- Aspetta, faccio io- esclamò secca la riccia, mentre scendeva dal suo letto e porgeva una mano alla ragazza. Quella l’afferrò con difficoltà, non vedendo molto nel buio, e si appoggiò alla sua spalla esile. Camminarono così avvinghiate finché Chiara non si lasciò cadere con un tonfo fra le sue lenzuola.

- Allora buona notte-

Anche nelle tenebre riusciva a distinguere perfettamente il sorriso di Roberta stagliarsi luminoso nella stanza. Non l’aveva mai vista sorridere, almeno credeva di non averla mai vista farlo in quel modo.

Chiara aveva sempre pensato che non ci fosse un modo preciso di sorridere, per questo si innervosiva quando sua madre le diceva di farlo bene nelle fotografie di famiglia. Però doveva ammettere che se fosse esistita una maniera giusta di sorridere, Della Corte la conosceva bene.

- Notte- mormorò assorta, mentre osservava la compagna infilarsi nel suo letto. Chiuse gli occhi e cercò di dormire.

                                                                             -

Qualche ora più tardi la camera 47 del terzo piano era già animata da passi inquieti e voci assonnate.

- Stanotte ho dormito si e no tre ore- disse stancamente Roberta dal bagno, passandosi il fondotinta sulle pesanti occhiaie. Proprio in quel momento Chiara andava avanti indietro per il corridoio, con in mano il termometro.

- Fa che io non abbia la febbre, fa che io non abbia la febbre- sussurrava febbrilmente, tenendo il display ben visibile alla luce.

La riccia sospirò, vedendo che l’altra non le prestava minimamente attenzione, e continuò a truccarsi accuratamente. Qualche secondo dopo sentì un urletto acuto provenire dalla stanza da letto e si affacciò.

- Niente febbre?- domandò stancamente.

- Niente febbre! Niente febbre!- canticchiò la rossa, muovendo il bacino a ritmo di conga. Era così buffa, mentre ballava ancora in pigiama.

- Vestiti che fra poco andiamo a dare la buona notizia alla Manzi-  sentenziò in tono neutro, dandole un leggero colpetto sulla testa. Quella protestò con uno sbuffo e cacciò dalla valigia verde una pesante felpa viola e un paio di leggins neri.

Evidentemente quello doveva essere il suo giorno fortunato perché il dottore le aveva consigliato di restare ancora un po’ in albergo, ma le aveva assicurato che quella sera sarebbe potuta andare tranquillamente in discoteca.  A patto che prendesse una di quelle pasticche amare e vomitevoli, ma questo a Chiara sembrava un giusto compromesso.

 

Sistemò  accuratamente i vestiti che aveva accumulato in quei sei giorni sulla sedia di fronte alla scrivania. Piegò le maniche della sua t-shirt con la mela e la ripose nella valigia, frugandoci dentro alla ricerca di qualcosa. Chiara tirò fuori con uno scatto secco il vestito che avrebbe indossato quella sera alla festa. La stanza era silenziosa, di tanto in tanto qualche starnuto riempiva l’aria e lo sciabordare dell’acqua che cadeva dal cielo rendeva l’atmosfera  più pesante. Il freddo della stanza e il suo precedente malessere non toccò con un solo brivido la pelle di Chiara, mentre questa si sfilava velocemente i vestiti e si osservava in biancheria intima allo specchio del bagno. Si mise di profilo, allungando le punte dei piedi nudi per sembrare più alta e tirando in dentro la pancia pressoché inesistente. Sorrise soddisfatta quando vide che i capelli rossi le arrivavano fino al seno e quel giorno erano particolarmente ondulati. Spostò lo sguardo verso i suoi stessi occhi riflessi. Le piaceva osservarsi, non per narcisismo, semplicemente era un modo per capire meglio se stessa e il corpo in cui si trovava. Era cambiata così tanto e così velocemente in quegli ultimi anni che si era alzata spesso la  mattina con la paura di essere in un corpo del  tutto nuovo. Non aveva più nulla della piccola ragazzina indifesa che aveva attraversato, forse un po’ prematuramente, le porte del liceo e lei non poteva che esserne felice. I capelli, che allora le arrivavano miseramente sotto le orecchie in un caschetto ordinario, ora ricadevano selvaggi e sciolti e tutte quelle lentiggini avevano finito per confondersi con la pelle chiara.

“ Sei di una bellezza particolare, che non colpisce subito… ma la seconda volta che ti si guarda camminare per una strana non si può far a meno di toglierti gli occhi di dosso” le aveva detto sua sorella Benedetta, quando aveva cominciato a vedere nella sorella quattordicenne cambiamenti evidenti. Aveva sorriso, con un modo di fare molto più caloroso di Chiara, e le aveva dato una pacca sulla spalla.

Restò a scrutarsi attentamente, facendo scivolare gli occhi su ogni piccolo difetto del viso ovale, quasi dimentica di essere reduce dall’influenza e per lo più scalza. Non sapeva nemmeno dove s’era andata a cacciare Roberta, era da quella mattina che non la vedeva. Erano andati a fare una gita fuori città, perché la Morra e la Manzi erano convinte che sarebbe stato formativo per gli alunni osservare il lavoro dei pochi contadini austriaci nelle fattorie. Lei ovviamente era dovuta rimanere in albergo, ma siccome il medico non aveva specificato di dover restare in camera, era scesa a far colazione verso le undici ed era rimasta a leggere su uno dei divanetti all’ingresso. Erano quasi le sette ed era strano che non fossero ancora tornati, avevano appuntamento con gli insegnati giù nella hall alle otto e mezzo per andare al Laderaum.

Sentì scattare improvvisamente la serratura, mentre si tirava indietro i capelli e cercava di entrare nel suo abito nero.

Si coprì il reggiseno giallo alla meglio, mentre Della Corte entrava imperterrita nella stanza.

-       Sono mezza nuda, ti dispiacerebbe lasciare almeno che mi vesta?- domandò istericamente Chiara. Il suo volto assunse una smorfia infastidita mentre la compagna scoppiava a ridere.

-       Non ce n’è bisogno, non sono mica un ragazzo- buttò lì sprezzante Roberta, avanzando sicura verso la sua valigia. Quel ragionamento non faceva una piega, così la rossa si chiuse frettolosamente la zip dietro la schiena. Era un vestito molto semplice, un corpetto faceva leggera pressione sul suo busto e ricadeva fino al ginocchio con una gonna attillata. Tirò fuori dalle coperte eternamente sfatte una grande cintura squadrata, dello stesso colore, e se la infilò.

-       Carino…- mormorò dall’altra parte la riccia, voltandosi per vedere meglio il corpo della compagna. Chiara si sentì lievemente a disagio in  balia del suo sguardo indagatore, ma poi vide che quella abbassò lentamente il capo senza dire nulla. Si diresse in bagno, decisa a truccarsi e a sottrarsi al giudizio accurato di quegli occhi azzurri.

 

 

                                                                      -

 

Il Laderaum era molto spazioso, un grande locale posto su una nave, proprio come diceva la guida turistica di Chiara. Era completamente in legno e prima della vera e propria sala adibita a discoteca, c’era un pub strapieno di ragazzi e turisti, dove il tedesco si mischiava con miriadi di lingue diverse. Le professoresse avevano storto il naso nel sentire il volume della musica così alto, decidendo che sarebbe stato meglio per loro aspettare la mezzanotte nel piccolo bar di fronte. Dopo aver raccomandato a tutti di non bere e di non parlare con gli sconosciuti, erano scomparse con grande sollievo di Flavio. Il ragazzo quella sera indossava dei jeans neri molto attillati, con una camicia chiara sbottonata fino alla terza asola e i capelli scuri lisciati da una parte, e con atteggiamento da seduttore cercava di attirare l’attenzione di alcune ragazze dell’altra sezione. Chiara camminava con al fianco Sabrina e Carmen, evidentemente indaffarate a controllare il loro aspetto a vicenda, mentre Ivan si apriva un varco fra la folla. Per un momento, oltre gli strass dell’ abito della sua migliore amica, alla rossa sembrò di scorgere i bagliore degli occhi di Roberta, al di là di un gruppo di turisti. Non la rivide, però, nemmeno nella grande sala da ballo dove un giovane DJ dai capelli colorati faceva partire musica a tutto volume. Si sentì stordita da quelle luci multicolori che deformavano i volti dei suoi amici e li facevano sembrare pagliacci mostruosi appena sbucati dall’incubo di un bambino. Erano ipnotiche, psichedeliche, e Chiara dovette sforzarsi di non perdere l’equilibrio sui suoi tacchi, mentre ballava con Ivan e Sabrina agitava a ritmo il braccio sfiorandole ripetutamente i capelli. Tutto attorno a lei era un caos di visi, persone, voci e corpi che si scuotevano come animati dalle vibrazioni della musica stessa. Ballò per un po’ con i suoi amici e salutò allegramente Andrea e la sua ragazza, che subito si unì a loro.

 

-       Ti diverti?-  Flavio aveva fatto irruzione fra di loro all’improvviso, passandosi una mano fra il gel dei capelli e sorridendo ammiccante alla rossa. Chiara era scoppiata a ridere, guadagnandosi uno sguardo interdetto da parte dell’amico.

-       Hai bevuto per caso?- la voce roca del ragazzo si alzò, cercando di farsi sentire meglio. Chiara scosse la testa, ancora in preda a risolini.

-       No, è solo che con me non attaccano i trucchetti da quattro soldi che utilizzi per rimorchiare-

Flavio mutò letteralmente espressione, abbassò gli occhi e smise di dimenarsi in modo arrogante. Sembrò per un attimo un ragazzino colto a fare qualcosa di proibito.

-       Sei sempre stata una tipa strana tu, eh?- domandò, riacquistando in un attimo la sua caratteristica giovialità. Chiara per tutta risposta continuò a ballare, muovendo freneticamente le gambe, lasciando che i capelli le ricadessero lentamente sulle spalle nude.

-       Guarda, lì c’è una ragazza carina… magari è anche straniera, potresti avere una chance in più- urlò, mostrando una fila di denti regolari nel sorridere. Il ragazzo, scrollando le spalle, si allontanò nella direzione indicata dalla rossa e per un attimo esitò.

-       Mi piacciono le strane- ci provò per un’ultima volta, ma quando vide Chiara ricominciare a ridere fece lo stesso e si allontanò.

 

 Probabilmente era la quarta o quinta canzone che ballava di seguito e una sete lancinante le prese la gola. Si staccò da quella massa di gente scatenata e cercò di farsi strada fino al pub adiacente, in cerca magari di una coca cola.

 Sentì il cellulare vibrarle nella sua pochette e lasciò perdere per un attimo la sua sete.

 

“Ti diverti, piccola rossa? E’ l’ultimo giorno, finalmente domani torni!”

Lesse e non ebbe bisogno di chiedersi chi era il mittente: Riccardo. Le venne in mente quel pomeriggio al parco, le sembrava passato un secolo eppure era appena una settimana. Sentì qualcosa di simile alla nostalgia bloccarle lo stomaco e si rese conto che in quel momento l’unica cosa che l’avrebbe potuta  rilassare era uno degli abbracci di Richi.

Uscì dal locale nella fredda brezza notturna decisa a rispondergli, quando sentì una voce familiare provenire dall’ingresso dei bagni.

-       Lasciamo stare, Massimo! Non voglio ballare, non mi va…. E non toccarmi!- esclamò stizzita Roberta, senza che però Chiara riuscisse a vederla.

-       Andiamo… fa vedere a tutti che splendida ragazza che ho-  quella sentì la voce untuosa del ragazzo avvolgerla come le spire di un serpente. Poi uno scatto secco, come un colpo e imprecò qualcosa.

-       Che palle, non ti va di fare mai nulla… chiamami quando la smetti di fare la suora-  

 

La rossa si allontanò velocemente da quel corridoio esterno e si allungò sul parapetto, perdendo i pensieri fra le onde calme del fiume. Sentì un corpo sfiorarla in una fuga rabbiosa e quando si voltò, vide Massimo sparire fra la folla. Di Roberta nessuna traccia. Avrebbe dovuto andare a cercarla? Perché dovevano sempre parlarsi quando una delle due stava male? Inviò una risposta a Riccardo e, dopo aver reperito un bicchiere di coca cola, tornò lì dove aveva sentito quelle voci. Aspettò alcuni secondi, poi la vide. Roberta stava sporta a guardare l’acqua incresparsi, in una posa simile a quella che aveva assunto lei prima. Aveva una sigaretta in mano e, di tanto in tanto, ne aspirava il fumo grigiastro tossendo.

-       Non dovresti fumare- disse decisa Chiara, camminando con calma alle sue spalle.

-       E tu non dovresti comparire sempre all’improvviso- Sembrava leggermente scossa. La rossa le si accostò, guardando anche lei il Danubio.

-       Coca cola?- Le allungò il bicchiere, nella speranza che servisse a staccarla da quella maledetta sigaretta.

-       Ho già bevuto della vodka, lascia stare- biascicò, chiudendo gli occhi. Aveva un viso stanco, i ricci neri sempre impeccabili e un vestitino color prugna che le fasciava il corpo.

-       Non dovresti nemmeno bere-

-       Chi sei, la mia coscienza?- domandò quella irritata, tossendo ad una boccata di fumo.

-       Peggio, sono una tua amica-

Quella frase le era uscita dalle labbra senza che Chiara se ne fosse davvero resa conto. Poteva considerarsi una sua amica o almeno qualcuno autorizzato a far parte della sua vita? Roberta a quelle parole si girò verso il suo viso, sorridendo per un secondo.

-       Io non ho amiche- mormorò poi fredda, portando gli occhi azzurri lontano dai suoi castani.

-       Che è successo con Massimo?- la rossa la ignorò, andando dritta al punto.

-       Forse ha bevuto troppo-

-       Devi lasciarlo, sennò continuerai a star male-

Questa volta Chiara pronunciò con veemenza ciò che pensava, soffermandosi su ogni parola. Vanessa non si era fatta scorgere quella sera, era scomparsa non appena avevano messo piede in quel locale. Forse era l’assenza delle amiche di Della Corte ad infonderle tanto coraggio.

-       Lo so- si rassegnò Roberta, rigirandosi fra le piccole mani il mozzicone di sigaretta. Chiuse di nuovo gli occhi e si massaggiò le tempie, storcendo la bocca.

-       Stai bene?- chiese preoccupata l’altra, sorreggendola con una mano.

-       Ho sonno, in effetti- ridacchiò quella, poi spensa la risata in un sospiro stanco.

 

Chiara scosse la testa e, vedendo una panchina, la fece sedere vicino a lei. Stettero in silenzio per alcuni minuti, guardando le nubi che macchiavano a sprazzi la notte.

Ripensò a sua madre, a suo padre che non vedeva quasi mai, ai Natali in cui le sue cugine irlandesi solevano criticare la sua scompostezza e alla sua chitarra che probabilmente giaceva abbandonata sul suo letto in paese.

-       Pensi mai che se avessi fatto altre scelte, probabilmente saresti diversa da come sei ora?-

La rossa modulò la sua voce in modo che i suoi timori fossero accuratamente nascosti. A Roberta occorse un po’ per rispondere, dopo di che scrollò le spalle e si girò verso Chiara.

-       Può darsi, ma tutti quando  scegliamo qualcosa escludiamo tutte le altre. E' così che decidiamo chi essere. Io ho deciso di essere una stronza, acida, avvenente ragazza di provincia. Tu hai scelto di essere una stramba, esaltata  e irritabile rossa mezza irlandese…-

 

Parlava alla notte, come un sussurro flebile rivolto più a se stessa che all’altra.

-Non ho scelto mica io di essere rossa- scherzò Chiara, rimirandosi una ciocca ramata che le cadeva sulle spalle.

-… Ma va bene così.  In fondo non avrei comunque potuto essere diversamente. Immagini una Della Corte buona e amichevole con tutti?- Roberta stessa scoppiò a ridere, quasi amaramente, come se la negata possibilità di cambiare la opprimesse.

-Immagini una Torri ordinata e altezzosa?-

-Comunque è vero quel che si dice…- ricominciò la riccia, con aria maliziosa.

-Che si dice?-

-Che Flavio sia cotto di te, ha detto praticamente a mezza scuola che tu hai delle gambe da urlo-

La rossa assunse un’espressione fintamente scandalizzata.

-Non è il mio tipo-

-In effetti non ha tutti i torti…- Roberta continuò a parlare, senza ascoltare le ultime parole dell’amica.

-Hai davvero delle gambe da urlo- sentenziò poi.

-Mi sa che anche tu hai bevuto un po’ troppo-

Le loro risate si persero nel buio, mentre da qualche parte una coppia si baciava appassionatamente e la musica scuoteva ancora l’aria. 

 

  
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