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Autore: EnricoZapping    14/09/2012    2 recensioni
Si prospettava una normalissima gita.
Inutile dire che non lo sarebbe stata.
Questa è la storia di una nuova avventura semidivina in America, con protagonisti interamente nuovi. Sono passati 8 anni da quando Percy Jackson ha fatto sancire il patto degli déi, e ora un altro evento farà vacillare la pace nel mondo degli déi e degli uomini.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Professoressa Whistle, cosa intende per... semidei?", chiese Austin.
"Pensavo che lo sapessi... Eri sempre stato bravo quanto a mitologia..."
"Intende dire che siamo figli... di un dio e di un essere umano?"
"Non è possibile!!", sclerava (sì, sclerava, né più né meno) Robert.
"Possibilissimo."
"Ma gli déi olimpici non stanno in Grecia?"
"Ne è passato di tempo, da quando stavano in Grecia... La Grecia era l'Occidente di due millenni fa.. Ma l'Occidente col tempo si sposta... Si è spostato verso Roma qualche secolo dopo, e ora è qua, in America. Il Monte Olimpo è al seicentesimo piano dell'Empire State Building, ad esempio."
Austin e Robert la guardarono come se avesse appena detto che la Luna è fatta di formaggio. (Uhm, buona! ndEnrico)
"Allora, quella era una Furia.. Giusto?", cercò di coordinarsi le idee Robert.
"Sì, esatto.. Fin qua ci siamo..", disse la professoressa Whistle.
"E... ce ne sono molte, di robe del genere?"
"Di Furie, solo tre. Ma mostri, quanti ne vuoi!", e la cosa peggiore è che sorrideva mentre lo diceva.
Austin era spaventato, non voleva che la sua vita fosse una battaglia continua, lui era sempre stato un ragazzo pigro, non un guerriero esperto.
In quel momento, Austin voleva illudersi di essere in un incubo, un orrendo incubo da cui si sarebbe risvegliato a breve, ma purtroppo, sapeva benissimo che non era così, era la vita reale, e il cuore gli salì in gola al solo pensiero di dover combattere.
Certe creature lo spaventavano, questa era una Furia, ma lui conosceva bene la mitologia greca, c'erano cose molto peggiori, come il Minotauro, o i Titani, o, ciò che lo spaventava maggiormente, l'Ade e tutti i suoi gironi infernali. Non voleva fare quella fine.
Voleva vivere come un ragazzo normale, sposare una bella ragazza e morire felice di vecchiaia, non in un combattimento all'ultimo sangue contro chissà quale creatura!
"Ehi, Austin!", disse Robert, che evidentemente aveva captato il panico che lo attanagliava, "Ma mica li devi combattere tutti tu! Quell'Arpia ci avrà trovato per pura fortuna! In fondo, saremo uno su un milione..."
"Ah-hem", intervenne la professoressa Whistle, "mi dispiace, ma purtroppo i mostri sentono il vostro.. odore semidivino, per così dire... Vi distinguono, vi trovano.."
A quel pensiero, Austin, iniziò a piangere e singhiozzare, i suoi occhi si riempirono di paura.
“Come possono sapere dove siamo?! E' una ..catastrofe! Non abbiamo nessuna possibilità, moriremo!” urlò Austin, in pieno stato confusionale.
Non capiva più nulla, il terrore offuscava la sua mente. Anche Robert era terrorizzato, ma non tanto quanto lui. La professoressa Whistle aveva ancora quel fottutissimo sorriso stampato in faccia.
”Ma non preoccupatevi” ci disse,“E’ solo questione di tempo prima che le Aurai (plurale di Aura) vi portino al sicuro.”
“Aurai? Spiriti del vento, se non erro …” rispose Robert.
“Sì, in genere a recuperare e mettere in salvo i Mezzosangue sono i satiri, ma quest'anno il Campo Mezzosangue, un rifugio e campo addestramento per semidei, ha fatto gli straordinari.”
"E...Quando arriveranno?"
"Ma sono già qua!", rispose la professoressa Whistle.
"Dove?"
"IO sono già qua!", rispose nuovamente la professoressa.
Davanti ai loro occhi, le gambe della professoressa svanirono, i vestiti da professoressa divennero veli e iniziò a levitare sfruttando il vento, facendo sventolare la gonna di velo bianco.
La cosa iniziava a farsi surreale.
“Volete andare adesso al Campo Mezzosangue?”, chiese la profess-ehm,Aura Whistle (suona malissimo …).
Austin e Robert si guardarono.
Poi Robert rispose.
Sì.
“Molto bene.”, disse la Whistle, poi si mise quattro dita in bocca e fischiò.
Dal finestrino dell’autobus videro qualcosa che li lasciò a bocca aperta.
Dei cavalli alati, Pegasi, stavano atterrando accanto all’autobus.
Non erano candidi come se li aspettavano. Non tutti, almeno.
Uno sembrava un grosso stallone arabo con due ali di corvo formato XXL attaccate ai fianchi, un altro era bianco pezzato di pelo bruno e un ultimo, più minuto, era colore del latte.
Uscirono dall’autobus.
“Saltate su”, disse la Whistle, come se fosse la cosa più naturale del mondo, salendo sul pegaso bianco.
Un po’ titubanti, un po’ emozionati, un po’ chiedendosi come mai nessuno si chiedesse cosa ci faceva un autobus parcheggiato di sbiego da mezz’ora davanti alla Casa Bianca, e come mai nessuno avesse notato i pegasi, Austin salì sullo stallone nero e Robert sul pezzato.
Fu un viaggio memorabile. Avete mai viaggiato in aereo? Beh, è un’esperienza di volo completamente diversa.
Con l’aereo, siete seduti su un comodo sedile mentre guardare dal finestrino, magari mentre un hostess vi serve di ciambelline e pastefrolle.
A cavallo di un pegaso, aspettatevi di sentirvi il vento che vi fischia nelle orecchie e vi scompiglia i capelli, la vostra cavalcatura che ondeggia ad ogni battito d’ali, e l’umidità delle nuvole che vi zuppa i vestiti. Ma non c’è dubbio alcuno: cavalcare un pegaso è molto più emozionante che farsi un volo in aereo, anche se ha i suoi svantaggi.
Nonostante il bellissimo volo, l'atterraggio fu orribile, quantomeno per Austin. Cadde sul prato, e Robert subito sopra di lui. Austin stava per sparare una parolaccia, mentre Robert si era già rialzato e accarezzava il bellissimo pezzato. Oltretutto, erano fradici per essere passati fra le nuvole. Poi si resero conto di dov'erano...
Siete mai stati in Grecia, o a vedere qualche monumento greco, latino o della Magna Grecia?
Siete mai stati al parco?
Siete mai stati ad un campus?
Mescolate insieme le tre esperienze e avrete un'idea. Forse.
Come un sito archeologico greco, quel posto era pieno di edifici costruiti in stile greco, ma integri in quanto costruiti di recente: padiglioni con colonnato di marmo, decorati da frontoni con bassorilievi.
Come un parco, era di una bellezza particolare, e il pavimento era a tratti pavimentato, a tratti in terra battuta, a tratti ricoperto d'erba.
Come un campus, le persone ci vivevano e ci si addestravano ad ammazzare mostri. Come dite? Nei campus non insegnano ad ammazzare mostri? Vabbé, che ce ne frega.
"Benvenuti", li accolse... un centauro. Austin si strofinò gli occhi, anche se ormai si era quasi rassegnato a quella serie di assurde verità. "Sono Chirone, gestore del Campo Mezzosangue."
Chirone sarebbe potuto essere un normalissimo essere umano di mezza età, con tanto di capelli brizzolati e barba forse un po’ malcurata. Indossava persino la maglietta (con scritto sopra "W I Party Pony"). La cosa che lo faceva sembrare un'assurdità ambulante era il corpo equino che aveva dalla vita in giù, di un color castagna lucido, dal pelo evidentemente ben curato.
Passammo accanto a quelle che dovevano essere le mura del campo. Austin ebbe un’orribile sensazione di pericolo …
“Aspetta … Abbiamo detto che i mostri fiutano i semidei …”
“Hm, sì, potremmo dire di sì.”
“Quindi, perché questo posto non è ancora stato raso al suolo da un esercito di creature mitologiche varie?
“Oh, abbiamo una difesa potente: l’Albero di Talia. E’ una lunga storia, sta di fatto che protegge questo campo da ogni mostro. Qualche anno fa l’albero stava quasi per morire e un semidio ha intrapreso una missione per portarci il Vello D’Oro … Sì, esatto … Beh, ora decisamente scoppia di vita, con la magia del Vello, ma abbiamo dovuto trovare un drago da guardia …”
‘Un drago da guardia? Altro che pitbull’, pensò Austin con una punta di sarcasmo.
“E perché i ‘comuni mortali’ non si imbattono per errore in questo posto? Anzi, praticamente ignorano qualsiasi cosa, fosse anche davanti ai loro occhi …”
“E’ la Foschia … Una forza che camuffa le cose agli occhi mortali, evitando che si scateni il panico nel mondo intero, potremmo dire … Per esempio, anziché vedere dei pegasi, vedono degli elicotteri …”
Ora tutto si stava facendo più chiaro, se non altro.
Ci scortò verso degli edifici disposti in una forma inequivocabile: una lettera omega greca. Una ventina di edifici che si distinguevano dal resto del Campo Mezzosangue per la caratteristica di essere tutti diversi fra di loro.
"Che cosa sono?", chiese Austin.
"Le case", rispose Chirone, "sono dove i semidei vanno prima di essere riconosciuti. Ogni casa ospita i figli di un dio o di una dea. E incarna un po’ anche il dio stesso."
Austin si divertì a dare un'occhiata alle case. La numero 1 era maestosa, interamente di marmo bianco, con due colonne. Le porte erano di bronzo lucidissimo e mandavano riflessi a forma di fulmine.
"Zeus", sospirò Austin.
"Esatto..."
La seconda era simile, sempre di marmo bianco, ma con colonne più esili, e decorata da ghirlande di fiori. Era. La terza, fatta di pietra pomice incrostata di corallo e cirripedi, indubbiamente la casa di Poseidone. La quarta era variopinta, di legno, aveva l'erba che le cresceva sul tetto ed era ricoperta di piante rampicante e attorniata di piante in vaso. Demetra.
La quinta era rossa, malamente dipinta, e aveva una testa di cinghiale affissa come un trofeo davanti all'entrata. Ares, probabilmente.
La sesta era di pietra grigia mista a marmo, e dalle ampie finestre si intravedeva un ambiente pieno zeppo di libri. I letti erano stipati in un angolo, come se a nessuno importasse nulla di dormire.’Atena’, pensò Austin con un sorriso.
La settima era interamente d’oro, lucidissima. Quasi accecante, sotto la luce del sole. E l’ottava, interamente d’argento. ‘Apollo e Artemide, il sole e la luna’
La nona sembrava una fabbrica, interamente di ferro, con la porta come il caveau di una banca e le ciminiere fumanti sul tetto. Efesto.
La decima era colorata, moderna, esteticamente molto bella, e se ci ti avvicinavi avvertivi un leggero olezzo di profumo firmato. ‘Afrodite’, pensò Austin, dato che sembrava che ci fosse molta cura per la bellezza.
L’undicesima era malandata e aveva un bastone sulla porta. Non riuscì a capire a chi appartenesse. Lo chiese a Chirone, che gli rispose che era la casa di Ermes, dio delle strade. Solo allora Austin capì che quel bastone era un caduceo.
La dodicesima aveva le pareti ricoperte di vite rampicante piena di grappoli d’uva, e quindi probabilmente apparteneva a Dioniso, dio del vino.
La tredicesima era di nerissima ossidiana, con due bracieri che ardevano un inquietante fuoco verde, e decorata con teschi e ossa. ‘Ade, senz’ombra di dubbio’, pensò Austin, e rabbrividì.
La quattordicesima era tutta arcobaleno, e quando la vide per poco Austin non si mise a ridere. Chirone, vedendolo scompisciarsi, gli disse che era la casa di Iride, dea messaggera dell’Arcobaleno, e Austin riuscì a reprimere la ridarella.
Poi, in ordine, Hypnos, dio del Sonno, Nemesi, dea della Vendetta, Nike, dea della Vittoria, Ebe, dea della Giovinezza, Tike, dea della Fortuna (la cui casa assomigliava ad un casinò abitabile), e infine Ecate, dea della Magia.
 “Ehm … e come facciamo a sapere di chi siamo figli?”, chiese Robert a Chirone.
“Presto i vostri genitori divini vi manderanno un segnale.”
“Che genere di segnale?”
“Qualcosa di molto simile a quello che hai sulla testa, Robert.”
… Sopra la testa di Robert c’era un piccolo sole, come un’immagine olografica.
“Figlio di Apollo, vedo. Puoi recarti nella tua cabina, se vuoi.”, disse Chirone, e Robert si avviò, con passo un po’ incerto, verso la casa d’oro zecchino.
E io?”, chiese Austin.
“Mh, a quanto pare ancora non è il tuo momento … Se vuoi, puoi posare le valigie nella casa di Ermes e dormire là finché non sarai riconosciuto. Tranquillo, non ci vorrà molto.”
Poi Chirone assunse un’espressione riflessiva, come se stesse tentando di ricordare qualcosa di importante.
“Hmmm … Hai un’arma?
“Eh? .. N-no, perché?”, rispose tentennante Austin.
“Niente paura, te ne procuriamo una. Vieni.”
Chirone scortò Austin di fronte alla casa di Efesto. Bussò. Aprì un semidio dai capelli lunghi, vestiti pieni di borchie. ‘Wow, un semidio metallaro’, pensò Austin, non molto felice della cosa.
“Austin, questo è Nathan O’Neil. Nathan, questo è Austin …”
“Austin Neword, piacere”, e gli tese la mano.
“Nathan, è un nuovo arrivato. Gli servirebbe un’arma. Lo porteresti al deposito delle armi, per cortesia?”
“Uhm, va bene.”
 
Austin entrò nell'armeria con Nathan, e quasi gli prese un colpo, alle pareti erano appese asce, spade, claymore, addirittura mazze chiodate, e ogni genere di arma. Quel posto gli faceva venire i brividi
“Allora, ti va bene questa?", disse Nathan porgendomi un'ascia bipenne, che Austin, vista la sua corporatura fragile non riusciva nemmeno a sollevare.
 "Credo di no...." disse Austin al metallaro.
"Okay..." rispose lui, prendendo quell'arma senza sforzo..."Che ne dici di una spada? Maneggevole, comoda, credo sia perfetta" disse Nathan a Austin, ma invece di dargli una spada leggera, gliene diede una a due mani, che, ovviamente, Austin riusciva a sollevare a malapena.
"Credo che non vada bene …”
“Dovresti mettere su un po' di muscoli!" rispose Nathan, un po' scocciato.
Austin si guardò un po' in giro, mentre Nathan faceva un rumore infernale per trovare un'arma adatta a lui.
"Finalmente! Questo DEVE starti bene!" gridò Nathan, lanciando verso Austin un bastone.
"Un bastone? E che me ne faccio?"
"Non è un bastone qualsiasi, è un bastone animato!", disse. Prese in mano il bastone, e tirò la parte alta. Nascosta all'interno del bastone, che fungeva da custodia dissimulante, c'era una lunga ed affilata lama di bronzo celeste, che scintillava di fascino marziale.
Austin era affascinato da quella bellissima lama, sembrava creata su misura per lui, provò ad impugnarla, era leggerissima, maneggevole e veloce.
"Perfetto...Grazie.", disse Austin a Nathan, che, con quel vestito borchiato e tutte quelle armi, lo spaventava un po'.
"Non c'è di che, piccoletto" Rispose lui, continuando a frugare tra quell'enorme mucchio di metallo affilato.
 

La casa di Apollo rifletteva decisamente bene un aspetto del dio Apollo: l’essere il dio del Sole. Era interamente d’oro, e sotto la luce del sole era uno spettacolo accecante. Ma all’interno era, se possibile, anche peggio. La luce del lampadario (che era a candele, ma le candele non si scioglievano, non facevano nemmeno fumo, ma spargevano un potente aroma di giacinti) si rifletteva sulle pareti d’oro lucide come specchi, in un accecante effetto caleidoscopico di tutte le tinte del color oro. Tutto il mobilio sembrava essere fatto d’oro 24 carati. Anche le lenzuola erano in maglia d’oro filato. I materassi e i cuscini erano probabilmente imbottiti di polvere d’oro, cosa che non li rendeva particolarmente comodi. In mezzo alla sala d’ingresso c’era un’immensa statua di Apollo, integralmente d’oro, con la corona d’alloro e la lira.
“Benvenuto.”, lo accolse un altro figlio di Apollo. Era biondo come lui, ma più basso, con uno sguardo dolce, leggermente velato, come se avesse qualche pesante problema di vista che gli impediva di mettere a fuoco gli occhi delle persone con cui parlava.”Piacere, William Foam. Sono il direttore della casa di Apollo. Tu devi essere il nuovo arrivato … Robert Shane, giusto? Ti stavamo aspettando.”
Era leggermente inquietante, ma sembrava gentile.
Scortò Robert in una stanza che designò come la sua, con un letto (d’oro), un comodino (d’oro), una cassapanca (d’oro) e una finestra col vetro sabbiato di polvere d’oro.
“Benvenuto a casa. La tua nuova casa.”, gli disse William.
Casa dolce casa”, rispose Robert, iniziando a stendersi comodo (non particolarmente comodo, ma se non altro stendersi) sul letto d’oro.
  
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