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Autore: luctrovato    14/09/2012    1 recensioni
Un racconto brevissimo pieno zeppo di contenuto. Nelle poche righe bisogna riflettere sul passato scherzando sul futuro prossimo. Questo racconto è stato scelto e pubblicato per la DELOS
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una deliziosa casa di campagna fatta costruire con tutti i canoni delle rigide tradizioni della contea. Dalla finestra più alta, nella mansarda, si poteva ammirare il paesaggio che si stendeva nella valle dove, nell’ampia pianura drenata dal fiume, i contadini del luogo, sfruttando la grande fertilità, coltivavano grano e segale.
La terra intorno alla casa, interamente ricoperta da un soffice tappeto di prato all’inglese, era protetta nell’intero perimetro da una bassa palizzata di legno con elementi verticali uniti tra loro da componenti orizzontali tutti allineati e minuziosamente precisi che culminavano, negli elementi verticali, con delle punte a forma di lancia costruite per lo più per decoro anziché come dissuasore per chi volesse superare quella barriera. Una mano esperta li aveva dipinti di bianco tanto da risaltare con il verde smeraldo del prato anche da lontano ai ragazzi quando facevano i primi coraggiosi bagni nelle fredde acque del fiume.
Il tetto rosso vivo, spiovente quanto basta, copriva i tre piani dell’edificio di considerevole dimensione, interamente in legno dipinto di giallo tenue, ben tenuta e pulita.
L’anziano padrone di casa aveva deciso di sistemarsi su una comoda sdraio mentre un venticello, che portava il profumo del mare, stemperava la temperatura insopportabilmente afosa.
L’uomo, che aveva indossato il kippah, si sistemò il talled, sfidando la temperatura elevata, e accese le candele del memorah che, spuntando come un fiore, era poggiato in terra vicino a lui.
Guardò il cielo diventare rosso fuoco mentre una lunga scossa sismica lo avvertì che la fine tanto annunciata stava arrivando, tra poco avrebbe rivisto i suoi cari defunti.
Sospirò, chiuse gli occhi e sorrise amaro:
“La fine del mondo? Io ne ho già vista una!”
Si sbottonò la manica sinistra della camicia e si toccò il numero impresso come un tatuaggio sulla sua pelle, nell’avanbraccio sinistro, mentre la morte lo abbracciava portandolo nelle tenebre.
  
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