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Autore: DarkPenn    31/03/2007    2 recensioni
Nello scenario di Neo Tokyo-3, tra intrighi, sotterfugi, combattimenti e lacrime, potrà mai l'Amore sciogliere il ghiaccio del suo cuore? E forse anche pacificare l'animo tormentato di una donna? Oppure la soluzione sarà solo nel Progetto di Perfezionamento dell'uomo? [Attenzione: Prossimamente vi saranno delle scene contenenti spoiler per chi non ha visto il film 'The End Of Evangelion'.]
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 25

CAPITOLO 25

 

L’Ultimo Giorno dell’Uomo: Il Canto delle Ombre

 

 

 

 

“Dai, Asuka, perché non vuoi darmi una mano?” chiese Shinji, esasperato, mentre si stavano recando a scuola. La ragazza, ancora più scocciata di lui, sbuffò. “Perché avresti dovuto studiare, Bakashinji, invece che continuare a flirtare con me!”

“Ma tu ci stavi sempre!”

“Cosa c’entra? Io il tempo per studiare l’ho trovato comunque!”

“Ma…”

I due si zittirono quando notarono di aver attirato l’attenzione di tutti i ragazzi della scuola, che si stavano radunando davanti al cancello in attesa della campana. Ormai la loro relazione era di dominio pubblico, ma ciò non toglieva che sentirli parlare in quei termini era piuttosto imbarazzante per tutti. Mormorando qualcosa in tedesco con aria decisamente furiosa, Asuka distanziò il suo ragazzo e fendette la folla fino a perdersi tra le altre uniformi. Shinji, rimasto da solo, fu subito raggiunto da Kensuke. “Comincia bene questa giornata, eh?” chiese questi, con aria maliziosa. Il Third Children sospirò sconsolato. “Non è stata colpa mia, però…”

“Piuttosto, hai visto Toji?”

Shinji si riscosse. “Veramente sono un paio di giorni che non lo vedo né lo sento… Non è che gli è successo qualcosa?”

Kensuke fece cenno di no, vigorosamente. “Figurarsi… Scommetto che ha litigato con Horaki e per la vergogna è rimasto in camera sua per tutto questo tempo.”

L’altro lo fissò stupefatto, mentre si recavano verso i cancelli che si stavano aprendo. “Cosa intendi? Lui e la capoclasse litigano sempre, ma non mi pare che se la prendano così tanto…”

Kensuke si bloccò mostrandosi scandalizzato; mentre Shinji lo fissava sempre più perplesso, si piantò a gambe larghe, i pugni sui fianchi. “Ma sei stupido??” lo apostrofò, inclinandosi in avanti. Ignorando gli sguardi scettici dei ragazzi che passavano attorno a loro, il Third Children non si fece impressionare. “Guarda, l’imitazione di Asuka non è il tuo forte.”

L’altro ragazzo scoppiò a ridere e ricominciò a camminare al fianco dell’amico. In effetti era qualche giorno che Shinji era cambiato: sembrava più sicuro di sé e più sereno, come se, lentamente ma inesorabilmente, stesse diventando un’altra persona. Chi non lo avesse conosciuto fin dal suo trasferimento difficilmente avrebbe immaginato che lui ed il ragazzo insicuro e titubante che era stato fossero la stessa persona.

“Allora, si può sapere cosa intendevi?” chiese Shinji, sempre ridendo.

“Dai, lo si vede chiaramente che quel tipo è innamorato cotto della capoclasse!”

“Davvero??” Shinji era sinceramente sconcertato. Kensuke annuì con foga. “Ti dico di sì! Non me l’ha mai confessato, ma si vede da come la guarda, da come sospira quando non la vede, da come… Beh, ho finito gli esempi, ma hai capito, no?”

“Sì, ho capito… La prossima volta che verrà a scuola non mi farò scappare questo particolare.”

Ridendo, i due si affrettarono a seguire il flusso di ragazzi attraverso il cortile fino all’ingresso della scuola.

 

 

“Ma cos’avete da ridere, voi due?” li rimproverò la capoclasse, severa, vedendo che Shinji e Kensuke stavano ridendo di soppiatto ai loro banchi. Fu il ragazzo occhialuto a prendere l’iniziativa. “Niente di che, capoclasse, ridevamo solo delle avventure sentimentali di Asuka e del suo boy-friend!”

Il sorriso del Third Children gli morì sulle labbra, mentre la rossa, che aveva sentito benissimo, si avvicinava a grandi passi e cominciava ad imprecare per metà in tedesco e per metà in giapponese. D’altro canto, Hikari continuò a rimproverarli a ruota libera, senza badare al fatto che ormai nessuno la stesse più ascoltando, dato che Shinji era occupato a sostenere le bordate della sua ragazza e Kensuke se la stava ridendo di gusto di fronte all’effetto che la sua piccola bugia aveva provocato.

In tale bailamme, poiché gli altri ragazzi della 2-A si erano uniti agli schiamazzi provocati dai quattro litiganti, Gabriel e Rei si affrettarono ad arrivare in classe, preoccupati. Una volta sulla soglia, guardarono dubbiosi lo spettacolo che avevano di fronte agli occhi, poi Rei si voltò verso il proprio ragazzo.

“Gabriel,” disse, “cosa credi che stia succedendo?”

L’altro esitò prima di rispondere. “Non saprei… forse Shinji ha detto qualcosa di spiacevole ad Asuka e lei si è tirata dietro nel litigio la capoclasse e tutti gli altri…”

La First Children rimase pensierosa per qualche attimo, poi sorrise. “Beh, meno male che a noi non capitano queste cose.”

“Hai ragione,” fu la risposta di Gabriel, che la prese per mano e si diresse verso i loro banchi. Motoko e le sue amiche, che avevano preso le parti di Asuka contro il maschilismo di Shinji e Kensuke, non si accorsero nemmeno che il Fourth Children e Rei erano entrati in aula ed avevano già preso posto senza partecipare al trambusto generale, e di questo Gabriel non poté che essere felice.

Quando arrivò Toji, Kensuke lo afferrò subito per un braccio, trascinandolo con sé nella mischia, senza nemmeno preoccuparsi di chiedergli come stesse dopo la sua assenza. Il ragazzo tentò di protestare, ma senza successo. Solo quando Hikari lo vide cessò di sbraitare, allibita, e dietro il suo esempio anche gli altri alunni si calmarono gradualmente. Tutti lo stavano fissando a bocca aperta e Toji avrebbe desiderato di gran lunga scomparire in quel momento.

“Suzuhara…” iniziò Asuka, titubante, già dimentica del litigio con Shinji. “Ma cos’hai fatto alla faccia?”

L’interpellato chinò il capo, imbarazzato, e si passò una mano sulla guancia, come aveva fatto molto spesso in quei due giorni. Sotto il suo palmo la prima barba che gli era spuntata cedette, soffice, per poi tornare nella posizione originale. “Beh,” tentò con poca convinzione. “Cosa volete, mi sta spuntando la barba!”

Nessuno commentò, e Kensuke e Shinji fissarono istintivamente il proprio sguardo su Hikari, cercando di notarne la reazione. La ragazza infatti continuava a non spiccicare parola, e stava anche assumendo un colorito decisamente rosso sulle guance. I due ragazzi si scambiarono un’occhiata complice ma non dissero nulla.

Anche Rei e Gabriel stavano guardando stupefatti la scena: in fondo, Toji era il primo dei loro compagni a cui era spuntata la barba, e non era uno spettacolo molto comune.

“Avanti,” disse quest’ultimo, esasperato. “Smettetela di fissarmi! Guardate che succederà anche a voi, o ai vostri fidanzati!”

Mentre nell’aula scoppiava una nuova bagarre incentrata sulle proteste delle ragazze, che si dichiaravano prive di legami sentimentali e nemmeno interessate, Rei tornò a guardare Gabriel, con un timido sorriso. “Chissà come staresti tu con la barba…” disse accarezzandogli dolcemente una guancia. Lui la guardò divertito ma simulando l’attesa di un responso, e lei dopo un attimo di finta valutazione critica scosse la testa. “No, mi piaci di più così.”

 

 

 

 

“Davvero può essere dimesso??” chiese Misato, le mani strette sul colletto del camice di Ritsuko. La bionda se la scostò di dosso, un po’ indispettita. “Sì, Misato, ma mi raccomando…”

Lasciò cadere il discorso, ma il Maggiore la guardò senza capire. “Cosa?”

“Deve riposare, altrimenti la sua guarigione sarà compromessa, quindi…”

“… Quindi?”

“… Quindi, dovresti evitare di sottoporlo ad eccessivo stress…”

Misato ancora non capiva. “Ti sembro una persona che sottoporrebbe a stress il mio fidanzato in via di guarigione?”

Ritsuko sospirò esasperata. “Guarda che per stress intendo anche l’affaticamento, di qualsiasi tipo esso sia, anche… di QUEL tipo… hai capito ora?”

Il Maggiore comprese ed annuì vigorosamente. “Ah sì, sì… Ma per quanto tempo…?”

“Finché non darò un nuovo parere medico.”

Sconsolata, Misato annuì nuovamente ed uscì dallo studio dell’amica.

 

 

 

 

L’arrivo del professore sedò gli animi e fece in modo che la situazione tornasse alla normalità. Non volle sapere il motivo di tanta agitazione, e dal canto suo non notò nemmeno la barba di Toji, ma iniziò subito a spiegare con cipiglio, pensando in questo modo di punire adeguatamente i ragazzi indisciplinati.

D’altronde Kensuke continuava a stuzzicare sottovoce lo sportivo amico di sempre, sia prendendo in giro la sua nuova barba sia sottolineando come Hikari fosse arrossita bruscamente quando l’aveva visto. Toji cercava di farlo tacere in tutti i modi, ma non poteva riuscirci senza fare a sua volta abbastanza rumore da attirare l’attenzione del professore, perciò si limitava a subire in silenzio le frecciatine del suo amico, che evidentemente si divertiva un mondo.

Shinji intanto era finalmente riuscito a spiegare ad Asuka che non aveva raccontato niente di compromettente a Kensuke, e la ragazza si ripromise di farla pagare a quel bugiardo quattrocchi. Rei e Gabriel invece erano rimasti poco toccati dalle vicende del giorno, perciò non trovarono eccessiva difficoltà a prestare attenzione alla spiegazione ed ignorare gli altri. Chi sembrava piuttosto strana era Hikari: di solito lei era la prima a stare a sentire il professore, ed eventualmente a spalleggiarlo quando i suoi compagni davano fastidio; questa volta invece si distraeva facilmente, prestando orecchio più alle parole che sentiva sussurrare dalle proprie compagne pettegole o dai ragazzi circa il suo arrossimento precedente, anziché alle parole del professore.

Fu in questa situazione che risuonò l’allarme in tutta la scuola ed in tutta la città, ed i Children seppero che un altro Angelo stava attaccando.

 

 

 

 

Misato si bloccò lungo il corridoio sentendo l’ormai familiare sirena assordarla ed accompagnarsi alla luce rossa che segnalava l’entrata in stato d’allerta della base. Si voltò e scambiò un rapido sguardo con Ritsuko: ora entrambe le donne erano serie e consapevoli del pericolo che stavano correndo.

“Andiamo,” sussurrò il Maggiore Katsuragi, e l’altra donna annuì, seguendola in sala comando.

Qui l’allarme era stato messo in stand-by, in modo da non disturbare il lavoro degli operatori, e sia Gendo che Fuyutsuki erano già ai loro posti, supervisionando le operazioni.

“L’obiettivo si sta avvicinando in volo ad una velocità media di tre chilometri l’ora!” annunciò Maya, scrutando febbrilmente i dati che passavano sui suoi schermi. “Tempo stimato per l’arrivo all’apice del Geo-Front: due ore e quarantasette minuti alla velocità attuale!”

“Diagramma d’onda… arancione!” sbottò Makoto, incredulo, attirando su di sé lo sguardo di tutti i presenti. Il silenzio scese sulla sala di comando.

“Cosa significa?” chiese Misato. Fu Ritsuko a rispondere. “Vuol dire che non è un Angelo… Ma se non lo è, allora…?”

“Proiettare l’immagine sullo schermo olografico,” ordinò Gendo, impassibile. All’istante Shigeru eseguì e lo spazio vuoto di fronte alle piattaforme dei Magi fu invaso dall’immagine della città assolata, su cui si librava pressoché immobile una grande sfera, la cui superficie era solcata in maniera regolare ma complessa da striature bianche e nere.

“Presenza di A.T. Field… non rilevata,” proseguì Makoto, sempre più disarmato. “I sensori danno letture strane.”

“Si spieghi,” ordinò Gendo perentorio.

“I dati riguardanti la forma e l’aspetto dell’Angelo… o di qualsiasi cosa sia, sono congrui, ma quelli riguardanti la massa, la densità e la composizione oscillano come se… come se q        uell’essere al tempo stesso fosse presente e assente…”

“Il diagramma d’onda presenta oscillazioni simili?” volle sapere Ritsuko.

“No,” fu la risposta. “E’ stabilmente arancione, su questo non ci sono dubbi.”

Il gruppo di uomini e donne nella sala comando rimase in silenzio ad osservare il misterioso fenomeno, senza riuscire a trovare una risposta alle molteplici domande che affollavano i loro pensieri.

“Lo stato delle contromisure?” chiese Misato.

“Le difese cittadine non rilevano la presenza dell’Angelo,” rispose Shigeru. “Gli Evangelion sono invece pronti al lancio, ed i Children in arrivo attraverso la piattaforma 5.”

Il Maggiore si concesse un momento di respiro.

 

Sembra che questa volta il tempo non sia un problema. Ma il rischio che la situazione precipiti è comunque molto alto.

Scusami, Satoshi, ma devo farlo.

 

“Ordinare l’evacuazione dell’ospedale della Nerv.”

Makoto, che avrebbe dovuto trasmettere l’ordine, esitò un secondo. Sebbene la quasi totalità dei civili venisse evacuata come procedura standard durante l’attacco di un Angelo, in genere coloro che si trovavano all’interno del Geo-Front, e quindi della base e dell’annesso ospedale, erano considerati relativamente al sicuro. Il fatto che Misato volesse far evacuare l’ospedale nonostante la situazione non fosse critica poteva solamente essere il tentativo di mettere il più al sicuro possibile Satoshi.

“Agli ordini,” rispose quasi subito Makoto, digitando una sequenza di tasti sul proprio terminale. Scacciò immediatamente la punta di amarezza che aveva provato: sapeva già molto bene di non avere alcuna speranza.

 

 

 

 

Zoppicando, Satoshi era uscito dalla sua camera non appena era risuonato l’allarme. Vedeva ovunque infermieri e medici che si affannavano per tenere tranquilli i pazienti, assicurando che il luogo dove si trovavano era il più sicuro disponibile.

 

Ammesso che ci possa essere un luogo veramente sicuro, in momenti come questo.

 

La gamba destra gli faceva ancora molto male, sebbene grazie alle cure più innovative che potessero essere trovate la maggior parte delle sue ferite era ormai guarita. Appena era stato possibile aveva rifiutato l’uso della carrozzina, preferendo di gran lunga zoppicare sopra un paio di stampelle che farsi trasportare in giro da chi si prendeva cura di lui. Tuttavia, così facendo, era piuttosto lento, e non avrebbe potuto battere in velocità un medico che l’avesse inseguito per impedirgli di fare ciò che stava facendo. Perché era sicuro che Misato volesse di nuovo metterlo al riparo, e lui non aveva nessuna intenzione di lasciarla da sola, questa volta.

“Attenzione, evacuare immediatamente l’ospedale e radunarsi al punto di raccolta B-5. Questa non è un’esercitazione. Attenzione…” ordinò a ripetizione la voce automatica del sistema di controllo.

 

Come volevasi dimostrare. Misato… stai diventando prevedibile.

 

Nonostante la situazione Satoshi riuscì a sorridere: lei era sempre pronta a preoccuparsi per gli altri. Ma questa volta non sarebbe rimasta da sola ad affrontare il pericolo.

Guardò il corridoio che portava ad una delle uscite d’emergenza di quel reparto: il personale sarebbe stato impegnato per un po’ a radunare i pazienti, per cui non avrebbe dovuto correre il rischio di essere scoperto. L’uomo strinse i denti: non sarebbe stato facile, ma non c’era alcuna potenza al mondo che potesse fermarlo, una volta che si metteva una cosa in testa.

Cercando di fare il più in fretta possibile, raggiunse l’uscita di sicurezza e, dopo aver controllato che nessuno l’avesse notato, si dileguò dal corridoio.

 

 

 

 

Ansimando, Shinji terminò di indossare la propria plug suite ed inforcò il diadema di connessione. Lui e gli altri Children avevano corso a perdifiato per raggiungere l’elevatore che li aveva trasportati alla base della Nerv, e non aveva ancora avuto tempo di riprendersi. Anche Gabriel, vicino a lui, terminò di vestirsi e si asciugò la fronte imperlata di sudore.

“Ok, ce l’abbiamo fatta,” commentò quest’ultimo, piegandosi ed appoggiando le mani alle ginocchia per riprendere fiato.

“Tu e Rei salirete di nuovo insieme?” chiese Shinji, mentre effettuava i controlli di rito alla propria tuta. L’altro ragazzo esitò a lungo, poi scosse la testa. “Credo che darei dei problemi alla Dottoressa Akagi, se mi impuntassi di nuovo,” concluse, sorridendo amareggiato.

 

Non posso rischiare di metterla in percolo... se l'Angelo dovesse provare di nuovo a contattarmi...  non so cosa potrebbe accadere...maledizione, mi sento così inutile!

 

Shinji lo fissò stralunato. “Come, non salirai con Rei?”

Gabriel scosse di nuovo la testa, fermamente. “Te l’ho detto: le altre volte è andata bene, ma questo non ci assicura che la presenza di due piloti nella stessa entry plug sia priva di rischi. Capisci?”

Il Third Children si rabbuiò. “Sì, io capisco. Mi domando solo se capirà Rei.”

“Capirà cosa?”

I due ragazzi si voltarono all’unisono verso l’entrata dello spogliatoio, dove Asuka se ne stava a gambe larghe, lo sguardo severo su di loro ed i pugni appoggiati come di consueto sui fianchi. Dietro di lei, Rei sembrava esprimere una muta domanda con lo sguardo.

“Asuka!” esclamò Shinji, arrossendo lievemente, “questo è lo spogliatoio dei maschi, che ci fai qui??”

“Nel caso non te ne fossi accorto,” rispose acida la ragazza, “siamo sotto attacco, per cui sono venuta a darvi una mossa, visto che non ve la date da soli. Ma ditemi un po’, ora, cos’è che Rei dovrebbe capire?”

Consapevoli che non potevano tirarsi indietro, i due ragazzi chinarono il capo, con aria colpevole. La Second Children stava per incalzarli, ma fu anticipata da Rei stessa, che fece un passo in avanti superandola.

“Oggi non salirai sullo 00, ho ragione?” chiese rivolgendo uno sguardo ed un sorriso dolci a Gabriel. Questi, stupito, la fissò e rispose un po’ in ritardo. “Credo… credo sia meglio così. Finora ci è andata bene, ma non sappiamo ancora cosa potrebbe comportare la presenza di due piloti nella stessa entry plug, per cui…”

Rei alzò una mano e scosse il capo, zittendolo con dolcezza. “Ho capito, non c’è bisogno di spiegazioni. A dirti il vero qualche paura l’avevo anch’io, quindi capisco bene il tuo punto di vista. E poi, non manca molto all’arrivo dell’unità 03, quindi tra poco avrai un Evangelion tutto tuo.”

Si fermò, poi sorrise cercando di dare un tono scherzoso alle sue parole. “Per questa volta l’ho avuta vinta io.”

Nessuno rise a quella battuta, ma la First Children se l’aspettava: ora la cosa più importante era salire sugli Eva e salvare il mondo ancora una volta.

 

… E salvare te, Gabriel.

 

Stavano per uscire dagli spogliatoi quando Gabriel prese per mano Rei. “Ragazzi,” disse, rivolto agli altri, “noi vi raggiungiamo subito.”

La First Children lo guardò sorpresa ed un po’ preoccupata, mentre Asuka sbuffò. “Fate in fretta, non c’è tempo da perdere.”

Il Fourth Children annuì ed attese che gli altri due si fossero allontanati, poi si voltò verso la sua ragazza, guardandola serio negli occhi. “Rei,” iniziò, “non è per codardia che oggi non salirò con te sull’Eva. Quello che in realtà temo è che possa succedere nuovamente ciò che è accaduto con Yrouel… con l’undicesimo Angelo, nelle unità di simulazione. Se dovessi attirare anche quest’Angelo in modo che tenti di entrare in contatto con me attraverso l’Evangelion… Non voglio metterti in pericolo, Rei. Non voglio correre questo rischio.”

La ragazza guardò la sua espressione estremamente decisa e tormentata. “Lo so,” rispose, sorridendogli comprensiva ed accarezzandogli una guancia. Lui le prese il volto tra le mani. “Fa’ attenzione,” disse, “e ritorna da me.[1]”

Lei non ebbe modo di rispondere, poiché il giovane la coinvolse in un bacio appassionato. Quando si separarono Rei era senza fiato. “Ritornerò,” disse d’un fiato, quando si fu ripresa, guardandolo negli occhi. “Ed allora ti restituirò questo bacio.”

“Ed io sarò qui ad aspettarti,” rispose lui, finalmente sorridendo sollevato.

 

 

 

 

 

Chi fosse appena arrivato a Neo Tokio-3 avrebbe pensato subito a qualcosa di anomalo: anche se era conosciuta come una città fortezza, restava comunque un centro abitato, per cui ci si sarebbe potuto aspettare di sentire il rombo di un’auto in lontananza, la risata di un bambino, oppure un cane che abbaiava, nell’aria caldissima di quell’estate senza fine. Invece l’intera città taceva, eccezion fatta per l’onnipresente canto delle cicale, al punto che si sarebbe potuto credere che fosse solo un miraggio di cemento ed acciaio, sospeso nell’aria ondulata dal calore. Poi l’eventuale osservatore avrebbe sollevato gli occhi al cielo e sarebbe rimasto a bocca aperta di fronte all’enorme sfera bianca e nera che si stagliava quasi immobile nel cielo terso: qualcuno avrebbe potuto definirla un’allucinazione, qualcun altro una sorta di velivolo simile ad una mongolfiera, ma nessuno sarebbe riuscito a svelare il suo mistero.

Nel costante rumore di fondo delle cicale risuonarono dei tonfi sordi ripetuti, resi fiochi dall’ampiezza dell’ambiente ma che suggerivano il rimbalzare di qualcosa di tremendamente grande. Eppure, quei ‘passi’ avevano un che di furtivo. All’improvviso si udì un assordante stridio metallico, che però non produsse alcun effetto sulla sfera misteriosa.

“Asuka!” comunicò Misato via radio. “L’Umbilical Cable si è impigliato in un angolo, fai attenzione.”

La Second Children soffocò un’imprecazione e si voltò. Attraverso la realtà virtuale della connessione neurale con l’Evangelion, riuscì a distinguere il grosso cavo d’alimentazione che si tendeva tra lei e lo spigolo di un edificio.

“Non preoccuparti,” continuò il Maggiore. “Sei vicina al Reserve Cable 5, sganciati e ricollegati. Ricordati che hai solo cinque minuti per completare l’operazione.”

“Ma per chi mi hai presa?” chiese Asuka, sicura di sé. “In cinque minuti io ti posso radere al suolo questa città.”

Dalla base non giunsero commenti, per cui la ragazza decise di lasciar perdere e distaccò l’Umbilical Cable, la cui caduta al suolo fu ammortizzata dai razzi automatici di stabilizzazione. Accanto a lei un basso edificio si aprì con un sibilo, in modo che potesse afferrare l’impugnatura del cavo di riserva per innestarne l’estremità sulla schiena del suo Evangelion. Compiuta l’operazione, Asuka constatò che aveva impiegato solo ventisei secondi e sorrise con aria di sfida alla telecamera che inviava la sua immagine alla sala comando.

“Eccellente,” fu l’unico commento di Misato, che ignorò l’espressione contrariata della Second Children e passò agli altri piloti. “Rei, Shinji, come procede l’operazione?”

“Mi trovo al punto B7,” comunicò Rei, una piccola goccia di sudore che si discioglieva nell’LCL. “Sono in vista dell’obiettivo.”

“In avvicinamento sulla direttrice T8, cento metri dal punto B15,” rispose Shinji.

“Sei un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, Shinji,” disse Misato. “Raggiungi al più presto la tua postazione ed attendi istruzioni.”

Il Third Children deglutì ed allungò di poco il passo, facendo vibrare le automobili abbandonate lungo la strada. L’Angelo, ammesso che di un Angelo si trattasse, sembrava non aver subito cambiamenti durante quell’estenuante ora di avvicinamento furtivo. Era sempre sospeso alla stessa altezza, e solo confrontando minuziosamente la sua sagoma con quella degli edifici era possibile indovinare che si stesse muovendo.

Dalla sala comando, anche Gabriel era in attesa, ufficialmente pronto ad entrare in campo in qualità di pilota di riserva, ma in realtà molto preoccupato per ciò che vedeva nello schermo tridimensionale: non era affatto normale che un Angelo rimanesse così quieto per tutto quel tempo. Sempre ammesso che di un Angelo si trattasse, dato il suo diagramma d’onda arancione.

“In posizione,” comunicò Shinji quando ebbe raggiunto la sua postazione.

“Idem,” gli fece eco Asuka, che a sua volta si era portata dove le era stato ordinato.

“Bene,” replicò Misato. Poi, rivolgendosi agli Operatori in sala comando, continuò. “Variazioni allo stato dell’obiettivo?”

“Negativo,” rispose Makoto.

“D’accordo. Diamo inizio all’operazione,” ordinò il Maggiore.

“Roger!” fu la risposta contemporanea dei tre Children a bordo dell’Evangelion.

Con un sospiro che produsse una visibile onda nell’LCL in cui era immerso, Shinji mosse il primo passo verso l’obiettivo. Lentamente sollevò la BShot, la pistola manuale per Evangelion modellata sulla Beretta, fino a puntarla verso il centro della sfera bianca e nera che costituiva il bersaglio e, dopo aver preso accuratamente la mira, fece fuoco. Secondo il piano elaborato da Misato, in base alla sua reazione a quel primo colpo si sarebbe deciso come proseguire l’operazione secondo una rosa di possibili alternative, che andavano dall’autodistruzione della base ai festeggiamenti per l’annientamento dell’Angelo. Ma successe una cosa che nessuno si era aspettato, nemmeno Ritsuko, che aveva studiato i dati sull’obiettivo per un tempo interminabile.

L’Angelo non sviluppò un A.T. Field, ma nemmeno venne colpito; scomparve semplicemente nel nulla. Shinji era ancora a bocca aperta, ammutolito, quando un’ombra immensa lo ricoprì e si rese conto con orrore che l’Angelo si era rimaterializzato esattamente sopra la sua testa. Senza ascoltare le grida concitate che gli venivano dall’altoparlante, il ragazzo sollevò l’arma per sparare nuovamente, tentando di gettarsi di lato per evitare qualsiasi possibile attacco, ma rimase spiazzato per la seconda volta. Il terreno sotto i suoi piedi cedette, come se si fosse trovato nelle sabbie mobili, e cominciò ad affondare.

“Che diavolo…?” sbottò, abbassando lo sguardo. La sua esclamazione di sorpresa fece eco a quella di Misato e di tutti gli altri occupanti della sala comando della Nerv. L’ombra dell’Angelo lo stava inghiottendo.

“Shinji!” gridò Asuka, abbandonando la propria posizione e correndo in soccorso del proprio ragazzo. Questi si sforzò di trarsi fuori da quel pozzo oscuro che minacciava di inghiottirlo, ma proprio come nelle sabbie mobili normali, ogni suo sforzo lo faceva affondare di più. Ormai era già immerso fino a metà stinco in quella sostanza nera.

Nella sala comando, intanto, gli Operatori ticchettavano frenetici, cercando di ottenere tutte le informazioni possibili su quel fenomeno assurdo per trovarvi una soluzione.

“Cosa diavolo sta facendo l’Angelo??” sbottò Misato.

“Non lo so, non ci capisco niente!” rispose Makoto. “Dall’ombra dell’Angelo si è sviluppato una sorta di anti-A. T. Field, che sta risucchiando lo 01!”

“Com’è possibile??” volle sapere il Maggiore. Intanto, Ritsuko scrutava con gli occhi sbarrati i dati che scorrevano sugli schermi. “Forse…” sussurrò.

“Forse cosa??” chiese Misato, che invece continuava a fissare l’immagine dello 01 che affondava nell’ombra dell’Angelo, centimetro dopo centimetro.

“Maya,” proseguì la scienziata, ignorando la richiesta di spiegazioni. “Concentra i sensori sull’ombra, svelta!”

Sebbene non comprendesse la natura di quell’ordine, l’Operatrice obbedì, e subito anch’essa esclamò per la sorpresa. “Quella… E’ un’entità fisica!”

“Ed ha un proprio A. T. Field inverso ed un proprio diagramma d’onda blu,” terminò Ritsuko per lei.

Per un tempo che parve infinito nessuno fiatò, tutti erano annichiliti dalla portata di quella rivelazione.

“State dicendo…” riprese Misato, “che l’Angelo in realtà è l’ombra? E quella dannata palla che diavolo è??”

Ritsuko stava per rispondere, ma nella sala comando risuonò il grido di rabbia di Asuka. “Teufel[2]!!”

Mentre alla base si scopriva la vera natura del nemico, la Second Children aveva raggiunto lo 01 e ne aveva afferrato una mano tirandolo verso di sé. Gli aveva fatto guadagnare qualche metro, ma aveva cominciato a sprofondare a sua volta, insieme all’asfalto che si era infranto sotto il suo peso.

“ADESSO BASTA!!” sbottò di nuovo la ragazza, rossa in volto. Lo 02 lasciò l’altro Evangelion, che riprese ad affondare più rapidamente tra le grida di panico del pilota, e subito dopo gli montò sulle spalle, spiccando un balzo verso la sfera che si librava immota nell’aria. Senza badare alle grida di dolore di Shinji, provocate dal suo salto, Asuka riuscì a raggiungere l’altezza di quello che credeva essere l’Angelo e l’afferrò con le mani. Aveva una consistenza strana, sembrava quella di una bolla di sapone straordinariamente spessa, ma non si infranse né scomparve. Per qualche assurdo momento, lo 02 rimase appeso alla sfera. Poi questa cominciò a precipitare al suolo. La sua superficie si incrinò e si strappò come un tessuto, riversando fuori dalla ferita un liquido rosso del tutto simile a sangue. Intanto, ‘l’ombra’ sottostante sembrò ribollire e si increspò.

In sala comando nessuno riuscì a parlare, né per incitare Asuka né per ordinarle di smetterla. Una singola goccia di sudore scese lungo la tempia del Comandante Ikari, altrimenti impassibile. Poi l’urlo di agonia di Shinji imperversò nelle orecchie di tutti coloro che stavano ascoltando, e lo 01 si contorse nella morsa dell’Angelo, che ormai l’aveva raggiunto alle ginocchia.

“Shinji!” chiamò Misato, disperata, per poi rivolgersi all’altra Children. “Asuka, smettila subito, l’Angelo sta divorando lo 01! Rei, fa qualcosa!”

La First Children, che era stata troppo lontana dal luogo dell’azione per intervenire in modo significativo, aveva già cominciato a muoversi verso gli altri due Evangelion, ed ora si trovava praticamente alle spalle di Shinji. Con poche altre falcate lo raggiunse e lo afferrò ai polsi, tirando indietro con tutta la sua forza. Entrambe le macchine caddero sulla schiena, ma Rei riuscì a puntellarsi con le gambe contro due edifici, quasi demolendoli, ed a fare forza per trascinare via lo 01. Shinji, invece, si divincolava in preda agli spasmi di un dolore insopportabile. In sala comando, Gabriel strinse i pugni e digrignò i denti.

 

Resistete, ve ne prego…

 

Nel frattempo, Asuka era quasi arrivata a toccare la superficie nera dell’Angelo con i piedi, e si contorse in aria con un poderoso colpo di reni, cercando di ribaltare le posizioni. La manovra era pressoché impossibile, ma riuscì comunque a far toccare ‘l’ombra’ e la sfera quasi nello stesso momento in cui lo 02 cominciava ad essere assorbito a sua volta.

“Ingoia questo, bastardo!” sputò la ragazza, stringendo i denti per la fitta di dolore ai piedi.

Nel momento in cui la sfera toccò l’Angelo, essa si contorse con un rumore osceno di carne strappata, e tutta la sua estensione fu attraversata da un reticolo di crepe sanguinanti. Contemporaneamente anche ‘l’ombra’ si infranse, eruttando fiotti di sangue dagli innumerevoli squarci che si stavano aprendo. L’esplosione che seguì sovrastò di gran lunga l’urlo dei due Children sofferenti, ma durò pochi istanti, durante i quali le due entità aliene sembrarono fondersi e divorarsi a vicenda. Un attimo dopo l’Angelo e la sua ombra, qualunque delle due forme essa fosse, erano scomparsi, lasciando dietro di sé enormi macchie rosse e vaste crepe sull’asfalto e sugli edifici che erano stati toccati durante l’attacco. I tre Evangelion giacevano scomposti al suolo. Lo 00 non aveva subito danni, e lo 02 presentava evidenti danni alla corazza dei piedi. L’armatura dello 01, invece, era infranta all’altezza delle ginocchia e lasciava vedere, poco più in basso, la sostanza simile a carne ed ossa di cui era formato il vero e proprio corpo della macchina.

“Cessata ogni attività da parte dell’obiettivo,” espose Makoto, trattenendo a fatica l’euforia. “Il dodicesimo Angelo è stato distrutto!”

Misato trasse un profondo sospiro di sollievo, mentre nella sala comando esplodeva un applauso, anche in considerazione del notevole gesto di Asuka. Sorridendo, anche Maya e Shigeru cominciarono ad enunciare la situazione del campo di battaglia, leggendo i dati sui loro schermi. Solo Gabriel e Ritsuko, per motivi diversi, erano ancora sulle spine: il primo perché troppo in ansia per le condizioni di Rei e dei suoi amici, la seconda perché per sua natura dubitava che la situazione si fosse risolta così facilmente.

“Condizioni dei piloti,” enunciò Shigeru, ed il sorriso gli morì sulle labbra. “Shinji ha perso conoscenza! Rilevate cospicue fluttuazioni dei tracciati neurali! Mio Dio, è in coma!”

L’atmosfera si congelò subito, e solo allora, dopo aver concentrato gli sguardi sull’immagine dello 01, tutti i presenti notarono che, poco sotto le ginocchia, il suo corpo terminava nel nulla.

“Mio Dio, Shinji!” esclamò Misato, quasi in lacrime. “ Espulsione dell’entry plug! Mandate subito una squadra di soccorso, presto!”

In risposta al suo ordine la testa dello 01 si piegò in avanti e la corazza posteriore si spostò, permettendo alla capsula contenente il pilota di uscire. Contrariamente alla procedura standard, l’LCL non fuoriuscì, poiché il suo costante afflusso avrebbe permesso una continua irrorazione di ossigeno dei polmoni anche durante un arresto respiratorio. Lo 02 estrasse a forza la capsula di Shinji dalla sua sede e la posò delicatamente a terra, mentre Asuka sciorinava una lunga sequenza di imprecazioni in tedesco. Misato uscì subito dalla sala comando per raggiungere il suo tutelato il prima possibile, e Gabriel la seguì a ruota per ricongiungersi ad Asuka e, soprattutto, a Rei, in quel momento difficile. Fuyutsuki deglutì rumorosamente a causa dell’ansia e scrutò il volto seminascosto dalle mani del suo superiore: non vi scorse alcuna emozione, e dovette reprimere un brivido.

 

 

 

 

Kernberg aveva la schiena a pezzi, ma non voleva, non poteva smettere di lavorare, e non per necessità corporali. In un gesto di generosità, i suoi carcerieri gli avevano concesso un secchio che veniva ritirato ogni ora, disinfettato e riportato, quindi da quel punto di vista non doveva più preoccuparsi. Forse si erano accorti che i metodi del sedicente Professor Hillmann erano decisamente in contrasto con ogni forma di convenzione internazionale sul trattamento dei prigionieri, ragion per cui avrebbero corso il serio rischio di passare grossi guai con le Nazioni Unite se fossero stati scoperti; oppure avevano semplicemente capito che lui non poteva assolutamente lavorare in quello stato, in barba a ciò che aveva detto il suo connazionale.

Il vero motivo per cui non poteva smettere di lavorare era che non riusciva a togliersi dalla mente la portata eccezionale di quella scoperta. Aveva già scartato numerose traduzioni in quelle dieci ore di lavoro ininterrotto, ma aveva comunque capito che il testo inciso seimila anni prima su quella stele era effettivamente la versione più straordinariamente chiara e dettagliata del racconto della creazione su cui avesse mai posato gli occhi.

Per l’ennesima volta si raddrizzò, concedendosi solo una smorfia di dolore a causa della schiena, ma non esitò un attimo. Rilesse a bassa voce il testo che aveva tradotto in tedesco, scosse la testa e gettò il foglio che aveva in mano sulla pila disordinata formata dalle precedenti ipotesi di traduzione.

Si trattava di una grandiosa sfida intellettuale oltre che uno dei momenti cruciali della storia dell’antropologia, dovette ammetterlo. La lingua era una sorta di dialetto arcaico dell’ebraico, ma presentava particolarità fonologiche e morfologiche che lo studioso difficilmente avrebbe potuto spiegare ad un’assemblea di colleghi. Mentre la quasi totalità delle lingue umane presentava contaminazioni più o meno corpose dovute al contatto con le altre culture, in quel testo erano rappresentati simboli e fonemi che Kernberg non aveva mai visto prima. Sembrava quasi che non fosse un semplice dialetto ebraico, influenzato dalle culture che seimila anni prima occupavano le terre circostanti a Qumran, ma che fosse una lingua a se stante, dalla quale si sarebbero differenziate successivamente i diversi idiomi della regione.

“Una specie di linguaggio di Babele,” ragionò a voce alta con un sorrisetto nervoso. Secondo il mito biblico, infatti, prima della costruzione della Torre di Babele tutte le genti umane parlavano una sola lingua. La differenziazione degli idiomi, e la conseguente incomprensibilità reciproca, sarebbe stata la punizione di Dio per l’arroganza dei suoi figli, che avrebbero voluto scalare il cielo per mezzo della loro altissima costruzione.

“Questo ha tutta l’aria di essere un testo precedente a quel fatto,” continuò a ragionare. Per un attimo si lasciò andare alla fantasia di aver veramente scoperto il primo idioma delle genti umane, dal quale derivarono tutte le lingue, poi scacciò quel pensiero: non era da lui trastullarsi con simili fantasie. Lui per primo non credeva che i miti raccontati nell’Antico Testamento corrispondessero a verità. Eppure quella stele contrastava vigorosamente con tutto ciò che aveva creduto di conoscere riguardo i miti cosmogonici del Medio Oriente…

“Forza, Hans,” si disse, togliendosi gli occhiali e stropicciandosi gli occhi affaticati. “Ti sei riposato abbastanza per ora.”

Ritornò a sedersi alla scrivania ed aprì uno dei grossi volumi che si era fatto portare, un testo sull’evoluzione storica e filologica dell’aramaico. Scrutò attentamente le minuziose copie su carta delle incisioni che aveva fatto lui stesso e cercò di compitare, secondo ciò che aveva già provato a tradurre.

“‘Il Dio creò la terra…’ No, forse è meglio intendere come ‘il creato’… Interessante che non vengano utilizzate perifrasi per indicare la divinità creatrice, ma vengano utilizzati direttamente quei caratteri… ed in modo soggettivo, per giunta… Non è ‘la divinità’, ma proprio ‘il Dio’, come se fosse un nome proprio… ‘Nella casa pose Adamo e…’ Interessante anche che qui non si citi affatto Eva, ma ci si riferisca esplicitamente alla prima, e stando a questo testo unica, moglie di Adamo… Lilith…”

 

 

 

 

Quando Shinji riaprì gli occhi fu accecato dalla luce. Cercò di parlare ma scoprì di avere un forte bruciore alla gola e la bocca completamente secca. Però dovette essere riuscito ad emettere qualche suono, perché un’ombra si avvicinò a lui, oscurando in parte la tremenda fonte di luce che gli aveva tolto la vista.

L’ombra disse qualcosa, ma il ragazzo non riuscì a capire di che si trattasse finché quello stesso suono non fu ripetuto più volte. Allora comprese che si trattava del proprio nome.

“Shinji… mi senti…?”

“S…ì…” riuscì ad articolare faticosamente. Ora anche la vista gli stava tornando, e riuscì a distinguere i contorni di un soffitto verdazzurro e di un anonimo lampadario: la fonte luminosa di quella che comprese essere una stanza d’ospedale. L’ombra assunse caratteristiche meglio delineate, fino a diventare l’immagine di Asuka, sorridente e con gli occhi pieni di lacrime.

“Per un attimo ho temuto che non ti saresti mai più svegliato,” disse la ragazza, accarezzandogli la fronte.

“A…suka…” disse lui, sbattendo più volte le palpebre per mettere a fuoco il suo volto. “Cos’è… succe…sso…?”

Lei sorrise ed annuì. “Ti ho salvato la vita, baka che non sei altro!”

Gli spiegò a parole sue ciò che la Dottoressa Akagi aveva spiegato con termini molto più tecnici, ovvero che l’Angelo in realtà era l’entità sottile e nera, e che la sfera bicolore ne era solo l’ombra; che stava per risucchiare lo 01 in un’altra dimensione, che la donna aveva chiamato ‘mare di Dirac’, ma che Asuka stessa riassunse con l’espressione ‘stava per mangiarti’; era per quel motivo che quando lei aveva distrutto l’Angelo anche la parte inferiore delle gambe dello 01 era stata distrutta.

“E’ per questo… che non sento più le mie di gambe?” chiese Shinji. La ragazza lo guardò meravigliata.

“Accidenti, stavo per spiegartelo io, ed invece ci sei arrivato da solo! Stai diventando di giorno in giorno più intelligente, tra un po’ non potrò più chiamarti Bakashinji…”

Il Third Children accolse le parole di Asuka come un complimento e sorrise debolmente. In effetti gli era già capitato in passato di provare dolore a causa della connessione neurale con l’Evangelion, per cui non si stupiva se la mutilazione dell’unità aveva avuto quell’effetto su di lui.

“Comunque non preoccuparti,” continuò Asuka, rassicurante. “La Dottoressa Akagi ha detto che è un effetto solo temporaneo, e nel giro di un paio di giorni tornerai come nuovo.”

Shinji rimase in silenzio ad ascoltare il resto del resoconto e di come Ritsuko avesse rimproverato la Second Children per la sua manovra azzardata, dal momento che la ragazza stessa credeva ancora che l’Angelo fosse la sfera, e non era affatto scontato l’effetto che avrebbe avuto far inghiottire a quell’essere la propria ombra.

“Ovviamente è dovuta intervenire Misato per prendere le mie difese, visto che sono stata io a salvare la situazione,” terminò quindi lei, ravvivandosi i capelli con un gesto vanitoso. “Alla fine anche la Dottoressa Akagi ha dovuto ammettere che ogni tanto la fortuna serve, nel nostro lavoro.”

Shinji rise a quelle parole, e lei si unì volentieri a lui. Subito dopo però si interruppe, tornando serio.

“C’è qualcosa che non va?” chiese Asuka, diventando subito preoccupata. Il ragazzo scosse il capo.

“No, Asuka… è solo che… non ti ho ancora ringraziata per avermi salvato la vita. Ti amo.”

I due si sorrisero e la Second Children si chinò su di lui, baciandolo teneramente sulle labbra. Nonostante la fatica e la sonnolenza dovuta al suo stato, Shinji ricambiò e fece durare quel bacio molto a lungo.

 

 

Misato si concesse finalmente un sorso ristoratore dalla sua lattina di birra, mentre seguiva le ultime operazioni del rientro delle unità Evangelion. Era già sera tarda, ma lei non aveva potuto assolutamente assentarsi dal suo posto di comando se non per fare una breve visita a Shinji. Rei e Gabriel erano già andati ciascuno a casa propria, ed Asuka aveva voluto restare dal suo ragazzo finché non fosse andata via anche la sua ospite. D’altronde mancavano ormai pochi minuti al termine dei lavori, sebbene la zona devastata dall’attacco dell’Angelo fosse ancora semidistrutta: sistemarla però era compito del comune di Neo Tokio-3, non della Nerv, anche se i fondi per la ristrutturazione sarebbero stati detratti da quelli per la gestione dell’agenzia, ed in definitiva dagli stipendi dei suoi dipendenti. Ma la donna era troppo stanca per preoccuparsi anche di quello. I piedi e la schiena le facevano un male d’inferno, le bruciavano gli occhi, aveva fame (fortunatamente quella birra almeno l’aveva dissetata) e come se non bastasse prima di concedersi un meritato riposo avrebbe dovuto andare fino a Matsushiro a trovare Satoshi, dal momento che l’aveva fatto evacuare insieme agli altri ricoverati dell’ospedale della Nerv come misura preventiva.

Sospirò mentre annuiva al caporeparto per acconsentire l’agganciamento della gabbia protettiva all’Evangelion 01. Nonostante fossero passate poche ore dall’attacco, i suoi arti inferiori si stavano rigenerando ad una velocità notevole, tanto che sarebbe stato necessario pensare a sostituire l’armatura delle gambe già il giorno dopo.

“Finalmente ti ho trovata!” sbottò una voce alle spalle di Misato. Era così assorta che sobbalzò facendo cadere a terra qualche preziosa goccia di birra, prima di voltarsi. Rimase letteralmente a bocca aperta quando vide che si trattava di Satoshi, nel suo pigiama ospedaliero, che arrancava sulle stampelle verso di lei, sorridendo.

“Sa… Satoshi!” esclamò la donna, completamente presa alla sprovvista.

“Sei contenta di vedermi?” chiese lui, la cui espressione in viso denotava anche un certo grado di preoccupazione non del tutto nascosta.

“Sì, ma… non dovevi essere a Matsushiro? Eppure l’ordine di evacuazione l’ho dato appena è comparso l’Angelo, me lo ricordo bene!”

“Ehm…” l’uomo si grattò in testa con fare vago. “Ti ho fatto una piccola sorpresa…”

L’altra lo fissò socchiudendo gli occhi ed inarcando le labbra in un’espressione di rabbia repressa. “Non vorrai dirmi che sei scappato dall’ospedale, vero?”

L’uomo sospirò. “… Misato, non potevo permettere che tu affrontassi di nuovo la situazione da sola. Volevo stare al tuo fianco, capisci? Cosa stai facendo??”

La donna era avanzata verso di lui a grandi passi, brandendo la lattina di birra sopra la testa, infuriata. “Sei un irresponsabile! Hai disubbidito volontariamente agli ordini di un tuo superiore, dovrei farti degradare!! E poi, che utilità avresti avuto venendo in sala comando in questo stato? Scommetto che sei stato per tutto il tempo a girare per la base, e sei arrivato solo quando era già tutto finito, vero? Ti rendi conto che hai rischiato la tua vita per niente?? Ti rendi conto che potevi morire senza che io nemmeno lo sapessi?? Sai come mi sarei sent…”

L’uomo abbandonò le stampelle ed avvolse Misato in un tenero abbraccio, al punto che le sue parole si spensero da sole.

“Ti chiedo perdono, amore mio,” le sussurrò ad un orecchio. “Il fatto è che non so darmi pace quando sono lontano da te e so che rischi la vita. Perdonami.”

In un secondo tutta la rabbia del Maggiore Katsuragi evaporò, lasciandole solamente un senso di stanchezza e la voglia di restare con il suo fidanzato per il resto della serata.

“Perdonato,” gli sussurrò in risposta. “Stanotte resterò con te in ospedale, Satoshi, così mi racconterai le tue avventure.”

Il giovane rise piano ed annuì, il volto nascosto tra i capelli di lei. “D’accordo tesoro. Ti amo.”

“Ti amo anch’io.”

 

 

 

 

“Tutto procede come previsto,” concluse l’individuo più giovane della commissione, poco elegantemente seduto sulla sua poltroncina di fianco al signor Lavoisier.

“Dodici Angeli sono stati sacrificati,” intervenne quest’ultimo. “Presto giungerà il tempo di sciogliere la nostra commissione.”

“E’ un gradevole eufemismo, il suo,” disse Hillmann, sorridendo all’ironia del collega. “Comunque, le ricordo che non sarà solo questa commissione a sciogliersi.”

“E quell’uomo?” s’intromise Keel, anticipando la volgare risata del suo collega più corpulento, il quale si ricompose sulla sedia come se avesse capito che l’intervento del presidente era dovuto al suo comportamento. Quando ebbe notato con piacere che quell’individuo si era risistemato, Keel proseguì. “Possiamo ancora fidarci del suo operato?”

“Per ora i problemi che provoca sono sotto controllo,” riferì un altro dei componenti della commissione, un individuo robusto dai tratti orientali, poco appariscente nel suo complesso. “Per il momento possiamo lasciarlo in pace.”

“Bene,” si limitò a commentare Keel, schivo. Era qualche giorno che si sentiva particolarmente infastidito da tutti quegli intrighi, dai sotterfugi, dai progetti che per quarant’anni della sua vita aveva contribuito ad intessere, e la cosa lo turbavau. Soprattutto era infastidito dal fatto di non conoscerne la ragione. Forse era che tutto il suo lavoro stava finalmente per giungere a compimento, oppure si trattava dell’apprensione per la presenza di un estraneo come il Professor Kernberg nell’area più segreta del Quartier Generale, a contatto con quella che avrebbe potuto essere la chiave per il completamento del Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo, oppure la sua definitiva pietra tombale.

“Signor presidente,” intervenne Lavoisier, il viso una rete imperscrutabile di rughe. “Si sente bene?”

“Sì, stavo solo pensando al lavoro che ci resta da svolgere,” mentì il cyborg, celando dietro la sua solita durezza il fastidio che provava. Non sopportava che venissero messe in luce le sue debolezze.

“Ha ragione,” continuò Hillmann, ed il suo sorriso assunse la sua tipica sfumatura di derisione mentre volgeva lo sguardo sull’individuo in piedi, scostato dal tavolo luminoso, che si reggeva al suo bastone d’argento. “E non dobbiamo dimenticarci che non avremmo mai potuto arrivare a questo punto senza il suo aiuto, Professor K.”

L’individuo fremette, come tutte le volte in cui veniva canzonato. Se solo avesse potuto reggersi sulle proprie gambe senza quel dannato bastone avrebbe rimediato ai suoi errori del passato, una volta per tutte. Ma non poteva…

“Per inciso,” si intromise Keel, mentre con una mano frugava in una delle tasche interne della sua giacca. “Volevo rendere partecipe anche il Professor K di certe nostre attività particolari.”

L’interpellato strinse gli occhi castani, ma non disse niente. C’era odio in quello sguardo, Keel lo sapeva, ma sapeva anche che era un odio impotente, perché come la Seele lo aveva salvato, così poteva distruggerlo completamente, se solo avesse tentato di tradirla. Con noncuranza gettò sul tavolo alcune fotografie istantanee, su cui tutti i presenti si chinarono. Alla maggior parte di loro la giovane donna sorridente dai capelli lunghi e scuri non diceva niente, come anche l’individuo alto e biondo che la accompagnava in alcune immagini, ma il Professor K strabuzzò gli occhi ed allungò una mano guantata verso le foto, emettendo una sorta di sibilo disperato. Quando le ebbe portate vicino agli occhi e le ebbe sfogliate ripetutamente, Keel si concesse un sorriso di circostanza molto simile ad un ghigno.

“Come vede, sua figlia sta bene, ed è anche riuscita a rifarsi una vita. E’ superfluo ricordarle, però, che come siamo riusciti a fotografarla, così possiamo riuscire a farle anche altre cose, se servirà qualche incentivo alla sua collaborazione.”

Il Professor K non ascoltò nemmeno quelle parole, tanto era felice di rivedere sua figlia, la sua adorata Misato, dopo tanto tempo. Calde lacrime gli riempirono gli occhi e le lasciò scorrere. Con un dito guantato le accarezzò una guancia, ringraziando il Dio della cui esistenza per tanto tempo aveva dubitato che almeno lei stesse bene. Tutto il resto non importava. Si rese vagamente conto della minaccia insita nelle parole di Keel, ma sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per la sua bambina, anche ripetere il suo errore di tanto tempo prima e consegnare il mondo nelle maledette mani della Seele.

“Inoltre,” proseguì Keel, “se ci offrirà spontaneamente la sua inestimabile collaborazione nella fase terminale del nostro progetto, sarò lieto di fornirle ulteriori informazioni su sua figlia, in modo da allietare le tristi giornate che è costretto a passare in quella sua parodia di corpo umano.”

Detto da un cyborg come lui, quella frase avrebbe potuto suonare ironica, ma K sapeva che ormai da tempo quell’individuo non si considerava più un essere umano. Senza dire una parola annuì alla proposta di Keel.

“Perfetto,” si compiacque quest’ultimo, ritraendosi sulla sua sedia a rotelle cibernetica senza riprendere le fotografie, che K si affrettò ad intascare con gelosia. “Vi informo che l’unità Evangelion 03 sta per essere consegnata alla sede giapponese della Nerv. Se non ci saranno interferenze, tutto dovrebbe procedere come previsto. La seduta di oggi può considerarsi conclusa.”

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua….

 

 

 

[1]: scena liberamente ispirata al film End of Evangelion.

 

[2]: “Diavolo” in tedesco, da intendersi qui come imprecazione di Asuka.

  
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