Happily Ever Arf!
~ all pets go to Heaven
#3
{ Gold/Emma ♥ Biagio/Lilli }
Se
qualcuno, inclusa la sua coscienza, le chiedesse perché lo sta facendo, Emma
non saprebbe rispondere.
Nel sedile del passeggero il signor Gold guarda
tranquillamente davanti a sé, il bastone tra le gambe, una mano sull’impugnatura
e l’altra morbidamente stretta attorno a una tasca in cui nasconde chissà che
cosa. Emma non resiste all’impulso ricorrente di sbirciarlo e – più di quanto
non voglia, più di quanto non debba – si sofferma sulla sua espressione
indecifrabile, irraggiungibile, e ancora una volta si sforza di far combaciare
tutta quella elegante compostezza con la follia insensata che è in grado di
trasformare un uomo in un mostro. Durante uno di quei suoi esami in sordina, il
lato visibile del viso di Gold si distende in un lieve sorriso ed Emma si
affretta a puntare di nuovo gli occhi sulla strada, smascherata e stizzita.
Superano Main Street e
un orologio sicuro del fatto che sono le tre e un quarto. Per un attimo si chiede
distrattamente se la ‘serata tra ragazze’ di Ruby, Ashley e Mary Margaret stia
avendo dei risvolti positivi.
A un tratto, improvvisa e indesiderata, l’immagine
di Regina Mills che trascina Henry fuori dalla
centrale con un sorriso soddisfatto torna a infiammarle le viscere. Serra le
dita attorno al volante fino a farsi sbiancare le nocche. Forse è stato questo, dopotutto. Forse il tornare in
ufficio e vedere quell’ombra di sconfitta offuscare lo sguardo fermo di Gold e
intuire che magari è stata proprio Regina Mills a
trasformarlo in mostro – sì, forse è per questo che ha cambiato idea. Che non
gli ha passato il cono tra le sbarre, ma gliel’ha cacciato in mano solo dopo
aver spalancato la porta della cella. Che gli ha ordinato di muoversi e per non
dargli spiegazioni si è rinchiusa in un cocciuto e interminabile silenzio. Dopotutto
Henry potrebbe sbagliarsi – o comunque, lei non crede che il signor Gold sia peggiore di Regina Mills.
E adesso eccola qui, seduta in macchina a notte
fonda insieme a un uomo dall’odore buono che qualche ora fa si è quasi
dimostrato capace di uccidere.
«Ho ragione di credere che quel volante stia per
farle causa, sceriffo.»
Emma sussulta e sente distintamente il sangue
affluirle alle guance. Maledice con tutto il cuore il tempismo e gli occhi
attenti del signor Gold, così attenti
soprattutto quando si tratta di lei, lei e le sue debolezze, lei e le sue
ritrosie. Si aspettava che le chiedesse, in quel suo tono apparentemente
casuale, perché mai l’ha tirato fuori di prigione prima dello scadere delle
ventiquattro ore previste e perché ora la macchina della polizia abbia
imboccato la strada di casa sua; ma Gold ha accettato il corso degli eventi in
silenzio, come se non gliene importasse o, più probabilmente, come se le avesse
già letto dentro tutte le motivazioni invisibili persino a lei.
La fa infuriare, però le sta bene così.
Non gli risponde – in fondo la sua non è una
domanda – e con la coda dell’occhio si accorge che il sorriso è più disteso che
mai e che ora entrambe le mani poggiano sull’impugnatura del bastone.
Quando la grande casa buia è bene in vista, Emma
rallenta e accosta e in cuor suo sa
che è perché non osa avvicinarsi di più. Evita in tutti i modi di guardarlo
mentre lo invita a scendere.
«In ogni caso, so dove trovarla.»
Ancora una volta il signor Gold accetta in
silenzio, limitandosi ad aprire e poi richiudere con garbo la portiera. Lo
sente zoppicare attorno alla macchina fino a fermarsi accanto al suo finestrino
aperto. Suo malgrado, si volta – e il suo sorriso è di nuovo lì per lei.
«Lo considererò come il suo regalo di San
Valentino. Buonanotte, signorina Swan.»
Le dà le spalle e sparisce nella notte, ed Emma
riprende a respirare solo quando è già molto lontano, quasi sparito nella sua
grande casa buia.
È in quel momento che abbassa lo sguardo e vede
il cane.
È
un cocker spaniel, un animale splendido. Il pelo fulvo e pulito, il bel capo
chino in atteggiamento mesto indicano che quel posto – l’angolo dimenticato di
un prato ignorato da tutti – non fa per lei, non è il suo posto, che qualcuno o qualcosa l’ha lasciata lì come si fa con
un fazzoletto usato o un ciottolo urtato lungo la strada. Due sono le paia d’occhi
che guardano lo sceriffo Emma Swan scendere dalla volante
e correre incontro alla creaturina; non troppo dissimili sono i pensieri che
accompagnano gli sguardi.
Il signor Gold indugia ai piedi della breve
scalinata della sua villetta, ugualmente intenerito dal modo in cui quella
donna fiera e dura riesce a sciogliersi di fronte a una bestiola in evidente
bisogno d’aiuto – e qual è dopotutto il destino della Salvatrice, quale se non quello di ricondurli tutti a se stessi? – e dalla presenza dello schnauzer medio che,
seminascosto in un cespuglio, guaisce piano piano a quella vista che certo lo
pone innanzi a una scelta.
L’uomo avverte di colpo sulle spalle tutto il
peso delle proprie conoscenze. Sapere chi è lui, sapere chi è lei, sapere che
in questo momento a Storybrooke ci sono persone che
grazie a lei si trovano e si
ritrovano e ricordare il significato del peso della tazzina che per orgoglio o
per debolezza ha voluto celare agli occhi della Salvatrice: tutto questo lo fa
sentire stanco, e vecchio, e incommensurabilmente solo.
Con un sospiro, si allontana di nuovo dalle
scale per andare ad accucciarsi accanto al randagio. Il cane lo guarda senza
muoversi, come se lo conoscesse da una vita – o due – e inclina il muso da un lato fissandolo con occhi lucidi di
tristezza. Il signor Gold e il mostro che alberga dentro di lui si chiedono all’unisono
se anche loro saranno mai in grado di mostrare con tanta disperata fiducia a
qualcuno, qualcuno come la Salvatrice,
una parte così profonda del proprio dolore.
Gli posa una mano esausta tra le orecchie
abbassate.
«Va’ da lei, prima che sia tardi.»
Il randagio agita la coda, un solo piccolo
colpo, gli lappa il palmo quasi con gratitudine e corre fuori dal cespuglio. Come
se lo conoscesse da una vita o due. Come se si fidasse, semplicemente.
Corre verso il cocker spaniel che Emma Swan tiene tra le braccia e, un sorriso bellissimo sulle
labbra, forse si domanda se portare a casa con sé.
Il signor Gold si alza e si allontana piano da
quella scena che non gli appartiene né gli apparterrà mai.
Spazio
dell’autrice
L’epilogo non poteva che includere loro, che sono il mio OTP
irrealizzato e irrealizzabile, e poi Biagio e Lilli che sono la mia coppia
animale Disney preferita. ♥
Cosa posso specificare riguardo questo capitolo? Innanzitutto che
si costruisce volutamente in modo diverso rispetto agli altri: quello di Archie
e Ruby e quello di David e Mary Margaret sono un trovarsi e un ritrovarsi,
appunto, mentre quello di Gold ed Emma è una sorta di dividersi. Non voglio
cercare di canonizzare un’utopia e sono consapevole dell’improbabilità che
succeda effettivamente qualcosa tra i due, anche al di là di Belle; come dico
spesso, penso che Emma incarni soprattutto i rimpianti di Rumpel/Gold, e per quanto il
rimpianto possa generare una sorta di redenzione non penso neppure che quella
redenzione Gold la voglia davvero. Insomma, ci fangirlo
sopra, certo, ma non credo che avverrà mai xD Il mio
proposito per questa storia era di finire così fin dall’inizio. Non doveva
esserci un happy ending romantico per loro, non poteva, ed ecco perché anche la
struttura di base è cambiata rispetto agli altri episodi della raccolta.
L’eventualità che Emma decida di lasciare libero Gold dopo aver
intuito che probabilmente è stato incastrato da Regina è una licenza
poeticissima che dà luogo a un what if bello grosso, ma spero che me la lasciate correre; in
tutta sincerità penso che Emma sia abbastanza istintiva e abbia abbastanza
rancore nei confronti di Regina da potersi davvero comportare così. La frase «In ogni caso, so dove trovarla» è un
piccolo omaggio all’analoga what if
di RicksIlsa, Ice Cream.
Ringrazio di vero cuore tutti i lettori di questa miniraccolta – soprattutto Ray08, mia moglia♥, che ha
influito su di me con il Carlyle PowaH
spronandomi in certi momenti di blocco creativo con la potenza del please xD Senza di lei forse non sarei riuscita ad arrivare fino
in fondo.
Alla prossima,
Aya Lawliet ~