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Autore: Feel Good Inc    14/09/2012    2 recensioni
Perché anche loro meritano un lieto fine.
#1: Archie/Ruby ~ Pongo/Peggy. Gli sembra che sia un po’ arrossita, ma forse si è solo illuso.
#2: David/Mary Margaret ~ Romeo/Duchessa. «I gattini hanno bisogno di un padre» mormora Mary Margaret, come a se stessa.
#3: Gold/Emma ~ Biagio/Lilli. La fa infuriare, però le sta bene così.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Happily Ever Arf!

~ all pets go to Heaven

 

 

 

 

 

 

 

 

#3

{ Gold/Emma Biagio/Lilli }

 

 

 

Se qualcuno, inclusa la sua coscienza, le chiedesse perché lo sta facendo, Emma non saprebbe rispondere.

Nel sedile del passeggero il signor Gold guarda tranquillamente davanti a sé, il bastone tra le gambe, una mano sull’impugnatura e l’altra morbidamente stretta attorno a una tasca in cui nasconde chissà che cosa. Emma non resiste all’impulso ricorrente di sbirciarlo e – più di quanto non voglia, più di quanto non debba – si sofferma sulla sua espressione indecifrabile, irraggiungibile, e ancora una volta si sforza di far combaciare tutta quella elegante compostezza con la follia insensata che è in grado di trasformare un uomo in un mostro. Durante uno di quei suoi esami in sordina, il lato visibile del viso di Gold si distende in un lieve sorriso ed Emma si affretta a puntare di nuovo gli occhi sulla strada, smascherata e stizzita.

Superano Main Street e un orologio sicuro del fatto che sono le tre e un quarto. Per un attimo si chiede distrattamente se la ‘serata tra ragazze’ di Ruby, Ashley e Mary Margaret stia avendo dei risvolti positivi.

A un tratto, improvvisa e indesiderata, l’immagine di Regina Mills che trascina Henry fuori dalla centrale con un sorriso soddisfatto torna a infiammarle le viscere. Serra le dita attorno al volante fino a farsi sbiancare le nocche. Forse è stato questo, dopotutto. Forse il tornare in ufficio e vedere quell’ombra di sconfitta offuscare lo sguardo fermo di Gold e intuire che magari è stata proprio Regina Mills a trasformarlo in mostro – sì, forse è per questo che ha cambiato idea. Che non gli ha passato il cono tra le sbarre, ma gliel’ha cacciato in mano solo dopo aver spalancato la porta della cella. Che gli ha ordinato di muoversi e per non dargli spiegazioni si è rinchiusa in un cocciuto e interminabile silenzio. Dopotutto Henry potrebbe sbagliarsi – o comunque, lei non crede che il signor Gold sia peggiore di Regina Mills.

E adesso eccola qui, seduta in macchina a notte fonda insieme a un uomo dall’odore buono che qualche ora fa si è quasi dimostrato capace di uccidere.

«Ho ragione di credere che quel volante stia per farle causa, sceriffo.»

Emma sussulta e sente distintamente il sangue affluirle alle guance. Maledice con tutto il cuore il tempismo e gli occhi attenti del signor Gold, così attenti soprattutto quando si tratta di lei, lei e le sue debolezze, lei e le sue ritrosie. Si aspettava che le chiedesse, in quel suo tono apparentemente casuale, perché mai l’ha tirato fuori di prigione prima dello scadere delle ventiquattro ore previste e perché ora la macchina della polizia abbia imboccato la strada di casa sua; ma Gold ha accettato il corso degli eventi in silenzio, come se non gliene importasse o, più probabilmente, come se le avesse già letto dentro tutte le motivazioni invisibili persino a lei.

La fa infuriare, però le sta bene così.

Non gli risponde – in fondo la sua non è una domanda – e con la coda dell’occhio si accorge che il sorriso è più disteso che mai e che ora entrambe le mani poggiano sull’impugnatura del bastone.

Quando la grande casa buia è bene in vista, Emma rallenta e accosta e in cuor suo sa che è perché non osa avvicinarsi di più. Evita in tutti i modi di guardarlo mentre lo invita a scendere.

«In ogni caso, so dove trovarla.»

Ancora una volta il signor Gold accetta in silenzio, limitandosi ad aprire e poi richiudere con garbo la portiera. Lo sente zoppicare attorno alla macchina fino a fermarsi accanto al suo finestrino aperto. Suo malgrado, si volta – e il suo sorriso è di nuovo lì per lei.

«Lo considererò come il suo regalo di San Valentino. Buonanotte, signorina Swan

Le dà le spalle e sparisce nella notte, ed Emma riprende a respirare solo quando è già molto lontano, quasi sparito nella sua grande casa buia.

È in quel momento che abbassa lo sguardo e vede il cane.

 

 

È un cocker spaniel, un animale splendido. Il pelo fulvo e pulito, il bel capo chino in atteggiamento mesto indicano che quel posto – l’angolo dimenticato di un prato ignorato da tutti – non fa per lei, non è il suo posto, che qualcuno o qualcosa l’ha lasciata lì come si fa con un fazzoletto usato o un ciottolo urtato lungo la strada. Due sono le paia d’occhi che guardano lo sceriffo Emma Swan scendere dalla volante e correre incontro alla creaturina; non troppo dissimili sono i pensieri che accompagnano gli sguardi.

Il signor Gold indugia ai piedi della breve scalinata della sua villetta, ugualmente intenerito dal modo in cui quella donna fiera e dura riesce a sciogliersi di fronte a una bestiola in evidente bisogno d’aiuto – e qual è dopotutto il destino della Salvatrice, quale se non quello di ricondurli tutti a se stessi? – e dalla presenza dello schnauzer medio che, seminascosto in un cespuglio, guaisce piano piano a quella vista che certo lo pone innanzi a una scelta.

L’uomo avverte di colpo sulle spalle tutto il peso delle proprie conoscenze. Sapere chi è lui, sapere chi è lei, sapere che in questo momento a Storybrooke ci sono persone che grazie a lei si trovano e si ritrovano e ricordare il significato del peso della tazzina che per orgoglio o per debolezza ha voluto celare agli occhi della Salvatrice: tutto questo lo fa sentire stanco, e vecchio, e incommensurabilmente solo.

Con un sospiro, si allontana di nuovo dalle scale per andare ad accucciarsi accanto al randagio. Il cane lo guarda senza muoversi, come se lo conoscesse da una vita – o due – e inclina il muso da un lato fissandolo con occhi lucidi di tristezza. Il signor Gold e il mostro che alberga dentro di lui si chiedono all’unisono se anche loro saranno mai in grado di mostrare con tanta disperata fiducia a qualcuno, qualcuno come la Salvatrice, una parte così profonda del proprio dolore.

Gli posa una mano esausta tra le orecchie abbassate.

«Va’ da lei, prima che sia tardi.»

Il randagio agita la coda, un solo piccolo colpo, gli lappa il palmo quasi con gratitudine e corre fuori dal cespuglio. Come se lo conoscesse da una vita o due. Come se si fidasse, semplicemente.

Corre verso il cocker spaniel che Emma Swan tiene tra le braccia e, un sorriso bellissimo sulle labbra, forse si domanda se portare a casa con sé.

Il signor Gold si alza e si allontana piano da quella scena che non gli appartiene né gli apparterrà mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

L’epilogo non poteva che includere loro, che sono il mio OTP irrealizzato e irrealizzabile, e poi Biagio e Lilli che sono la mia coppia animale Disney preferita.

Cosa posso specificare riguardo questo capitolo? Innanzitutto che si costruisce volutamente in modo diverso rispetto agli altri: quello di Archie e Ruby e quello di David e Mary Margaret sono un trovarsi e un ritrovarsi, appunto, mentre quello di Gold ed Emma è una sorta di dividersi. Non voglio cercare di canonizzare un’utopia e sono consapevole dell’improbabilità che succeda effettivamente qualcosa tra i due, anche al di là di Belle; come dico spesso, penso che Emma incarni soprattutto i rimpianti di Rumpel/Gold, e per quanto il rimpianto possa generare una sorta di redenzione non penso neppure che quella redenzione Gold la voglia davvero. Insomma, ci fangirlo sopra, certo, ma non credo che avverrà mai xD Il mio proposito per questa storia era di finire così fin dall’inizio. Non doveva esserci un happy ending romantico per loro, non poteva, ed ecco perché anche la struttura di base è cambiata rispetto agli altri episodi della raccolta.

L’eventualità che Emma decida di lasciare libero Gold dopo aver intuito che probabilmente è stato incastrato da Regina è una licenza poeticissima che dà luogo a un what if bello grosso, ma spero che me la lasciate correre; in tutta sincerità penso che Emma sia abbastanza istintiva e abbia abbastanza rancore nei confronti di Regina da potersi davvero comportare così. La frase «In ogni caso, so dove trovarla» è un piccolo omaggio all’analoga what if di RicksIlsa, Ice Cream.

Ringrazio di vero cuore tutti i lettori di questa miniraccolta – soprattutto Ray08, mia moglia, che ha influito su di me con il Carlyle PowaH spronandomi in certi momenti di blocco creativo con la potenza del please xD Senza di lei forse non sarei riuscita ad arrivare fino in fondo.

Alla prossima,

Aya Lawliet ~

   
 
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