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Autore: BlackKay97    14/09/2012    6 recensioni
[Storia scritta a quattro mani]
Quarant'anni terrestri dopo la Grande Guerra contro l'Ingannatore nuovi eroi sono chiamati a combattere contro una nuova minaccia.
Il compito è più arduo del previsto, infatti, dopo un lunghissimo periodo di pace gli abitanti della Scacchiera hanno dimenticato o vogliono ignorare il passato, ma la nuova Guerra sta cominciando più spietata di prima.
(Robin Round)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Un fiocco di neve scese vorticando a terra. Un paio di occhi blu notte lo fissarono, seguendone il percorso fino al suo posarsi sul suolo. Il ragazzo seduto sulla panchina in centro ad Oslo, si scostò un ciuffo di capelli chiari dalla fronte.
“L’inverno è arrivato prima, quest’anno.” Pensò, alzandosi e raccogliendo la cartellina piena di fogli che aveva appoggiato al suo fianco. Si  incamminò lungo la strada, chiudendosi la giacca blu scuro fino al collo. Iniziava a fare parecchio freddo, anche se la cosa non gli dispiaceva troppo. Gli piaceva l’inverno, perché poteva finalmente andare sullo snowboard, cosa che di solito rimpiangeva di più in estate. Era nella squadra di freestyle della sua città, e non vedeva l’ora di tornare a saltare dalle rampe. A quel pensiero il ragazzo sorrise, mentre svoltava in una via laterale del centro storico. Arrivò davanti ad una casa in mattoni a tre piani, dalla porta di legno verniciata di nero. Lì a fianco c’erano un citofono con tre campanelli. Il ragazzo premette quello più in alto, quello con la scritta Thomassen, in caratteri eleganti. Subito dopo una voce di donna chiese: - Chi è? –
- Mamma, sono Kylian. Ho dimenticato le chiavi. –
- Alla tua età dovresti stare più attento! Quanti diciassettenni devono citofonare per farsi aprire? –
- Tutti quelli che hanno scordato le chiavi, credo. – rispose il ragazzo con un leggero sorrisetto, spingendo la porta che si era appena aperta. Ad aspettarlo in casa c’era sua madre, ovviamente. Rikke Thomassen era più bassa del figlio di almeno dieci centimetri, e nonostante l’età appariva ancora giovane e bella. I suoi occhi azzurro ghiaccio e i lunghi capelli bianchi, da albina, rendevano la sua figura particolarmente luminosa.
- Ancora le chiavi eh? –
Kylian sospirò esasperato: - Può capitare a tutti, come la fai lunga. –
- Hai finito l’articolo per il giornale della scuola? – cambiò argomento allora Rikke.
- Quasi. Ci vado a lavorare adesso. – rispose il figlio, avviandosi in camera. Si tolse la giacca in corridoio, appendendola all’attaccapanni ed entrò in camera, chiudendo la porta.  Buttò i fogli sulla scrivania e si sedette, accendendo il computer. Doveva fare un articolo per il giornale scolastico, ma non aveva molte idea, a dir la verità. Gettò lo sguardo fuori dalla finestra. La neve aveva iniziato a scendere più fitta, al di là del vetro. Abbassò lo sguardo lungo la finestra, fino a posarlo sull’antico oggetto appoggiato sull’ampio davanzale interno. Gli occhi blu notte del ragazzo si assottigliarono a due fessure. Improvvisamente si alzò, avvicinandosi e sedendosi sul pavimento accanto alla Scacchiera, le braccia appoggiate al davanzale.
Aveva una strana sensazione. Non sapeva neanche lui perché due giorni prima aveva preso quell’affare dalla soffitta. Si passò tra le dita una delle due targhette che teneva al collo. Una targhetta militare, da ufficiale dell’esercito. Anders Thomassen, recitava. Suo padre. Prese un respiro doloroso. Erano passati cinque anni dal giorno dell’incidente. Ma era come se fossero passati solo cinque secondi.
Quella sinistra Scacchiera ottagonale, bordata di foglie metalliche e l’anello con un teschio gli erano stati regalati da un amico danese del padre, un mese dopo la sua scomparsa. “Questi, quando sarai pronto, ti aiuteranno a ritrovare te stesso e superare il passato, ragazzo.” gli aveva detto. Ma lui non  ne voleva sapere. Poteva farcela da solo, al diavolo quel vecchiume!
Tuttavia adesso era diverso. Era assurdo, ma sembrava che la Scacchiera lo stesse chiamando. Scosse la testa. Che sciocchezze... Poi posò lo sguardo sull’anello poggiato sulla superficie di gioco. Il teschio ricambiò lo sguardo, sogghignando. Quasi sovrappensiero, Kylian se lo infilò e passò le dita pallide della mano sul bordo, fino a trovare un altro teschio, gemello di quello sull’anello. Lo premette. Con uno scatto secco il campo di gioco si ribaltò, mostrando una serie di strane pedine. Il ragazzo scivolò all’indietro, sorpreso. Le fissò pensieroso, aggrottando la fronte. Che diavolo stava succedendo?
Una pedina in particolare sembrava starlo fissando negli occhi, con il suo ambiguo sguardo metallico. Un arciere pronto a scoccare. Kylian allungò la mano. Un freddo innaturale si impossessò della stanza, malgrado la finestra chiusa e il riscaldamento acceso. Ma questo freddo non gli piaceva, era diverso, ostile e più pungente. Era vicinissimo. Gli occhi metallici lo stavano sfidando. Esitò. La medaglia appoggiata al suo petto divenne fredda come il ghiaccio. Chiuse gli occhi e, d’istinto afferrò l’arciere. Poi, il mondo scomparve.
 
La prima mossa è stata fatta. Chi sarà il prossimo?
   
 
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