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Autore: PuCcIaFoReVeR    14/09/2012    2 recensioni
Nasuada, ventiquattro anni e ragazza madre, abita con i suoi due figli gemelli in un’abitazione che cade letteralmente a pezzi. Murtagh, il padre dei due bambini, pensa che la ragazza sia emigrata in Brasile per farsi una nuova vita, mentre lei abita casualmente poche case dopo la grande villa della famiglia del ragazzo. Ignaro della sua paternità, si trova i due bambini sulla porta di casa, che cercano di vendere biscotti per racimolare qualche soldo per aiutare la madre a pagare le bollette. Intanto Nasuada conoscerà Eragon, il fratello minore di Murtagh, del quale non era mai venuta a conoscenza. Il ragazzo s’innamora della giovane donna e versa anonimamente tutti i mesi una modesta somma di denaro nel conto corrente della fanciulla. A causa di un incidente, il padre di Nasuada è sottoposto ad una difficile operazione e lei è costretta a lasciare i figli ad Eragon per un po’ di tempo. Proprio nella stessa dimora dove vive Murtagh...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Murtagh, Nasuada, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pov Nasuada
Finita la cena portai le valigie sulla strada e preparai la mia. Non appena ebbi finito iniziarono ad assillarmi per andare da Eragon, così fui costretta a portarli di corsa – anche perché eravamo in ritardo -. Bussai alla porta e sentii del frastuono provenire da dentro casa. Una donna, probabilmente la madre di Eragon, impartiva ordini di qua e di la. «Puoi aprire! Tuo padre è presentabile!» gridò ad un certo punto e sentii la serratura sbloccarsi. La porta si aprì ed il ragazzo moro mi sorrise. «Forza, entrate.» disse facendo un gesto del braccio verso il corridoio. «Grazie.» mormorai appoggiando le grosse valigie sulla costosissima moquette.

Pov Murtagh
Quando il campanello aveva suonato tutti i miei parenti erano andati nel panico. Una ragazza stava per portare i suoi figli in vacanza da noi. Non una vacanza normale, una vacanza speciale. I due bambini avrebbero alloggiato da noi sotto la tutela completa di Eragon e – purtroppo – del sottoscritto. Mia madre sosteneva che fosse la nuova ragazza del mio fratellino. Impossibile, mi dicevo io. Eragon non ha mai avuto una ragazza e mai ne avrà una, se continuerà a fare il fifone così...
Mio padre non era al settimo cielo. E come non biasimarlo? Eragon invita due bambini a casa propria e la madre di questi ultimi è una ragazza della sua età. Qualcosa nella loro relazione dev’essere andato nel verso sbagliato e il mio fratellino si è trovato tra capo e collo i marmocchi. Io pensavo che fosse soltanto una sfortuna. Insomma, perché io a badare a loro? Non ci poteva pensare lei che li ama tanto, i bambini? Ero stato spinto a forza nella mia camera con l’ordine di “mettermi qualcosa addosso e rendermi presentabile per la nuova ragazza di mio fratello” da mia madre e la stessa cosa era successa a mio padre, che mi lanciava sguardi con un misto tra il pazzo furioso e l’esasperato. Lui aveva finito prima di me ed era riuscito a scendere quando la porta bianca si era aperta alla famigliola. Io, invece, ero arrivato solo alle scale. Non so perché mi fermai. Anzi, lo so. La voce della ragazza era la sua voce. E questo voleva dire che Eragon e la mia – ma non più tanto mia - Nasuada... No... non poteva essere successo. Eragon non aveva mai avuto una ragazza. Punto. Ci doveva essere un errore. Scesi qualche gradino, tanto bastava per distinguere i volti dalla piccola finestrella in vetro-resina delle scale. No. Niente sbagli. Era lei. E i due bambini non erano neonati come avevo pensato, ma i due bambini dei Brownies. Oh, beh, ora capivo perché erano tanto simili a quelli che faceva la mia ex-fidanzata. Avrei dovuto capirlo prima. Loro nel negozio di Arya dove c’era anche lei e i Brownies con la stessa ricetta. Le lacrime cominciarono ad affiorare. Le ricacciai e mossi qualche passo sul gradino su cui mi trovavo, cercando la forza di scendere e guardarla in faccia. Scaricato da lei per mio fratello minore. Uno schifo, ecco come mi sentivo. «Fate i bravi e andate a dormire presto. Ubbidite ad Eragon e ai suoi genitori. E non fate le pesti, ok? Il mio numero l’avete. Se ci dovessero essere problemi chiamatemi. Tornerò da voi in un lampo!» si raccomandò accovacciandosi per guardarli negli occhi. Si alzò e abbracciò la mia famiglia. Prima di uscire mandò dei baci ai bambini. Senza accorgermene mi ritrovai al piano di sotto, con la morte negli occhi e i pugni serrati, pronto a colpire. Mamma se ne accorse e mi prese per un braccio, trasportandomi in cucina, seguita da nostro padre. Mi fecero sedere sul tavolo e mamma mi prese il viso tra le mani, asciugandomi le lacrime con il pollice. «Cosa c’è, piccolo mio?» mi chiese guardandomi con i suoi occhi nocciola colmi d’amore materno, misto alla preoccupazione. Scossi la testa. «Perché Eragon si diverte a farmi soffrire?» piagnucolai come facevo da bambino quando mi rubava i biscotti. Mamma non sapeva resistere al mio sguardo da cucciolo triste. Si sedette accanto a me e mi prese tra le sue braccia. «In che senso, cucciolotto?»
«Quella ragazza... Nasuada... è sempre stato il mio grande amore... e adesso lui me la sta portando via!»
«Ascoltami... tuo fratello mi ha spiegato che tra loro c’è solo una profonda amicizia...»
«Anche tra me e lei c’era amicizia all’inizio... poi è diventato amore...» sussurrai.
«Ascoltami...» disse lei andando a chiudere la porta della cucina.
«No, mamma, che non ti ascolto! Nasuada è stata la mia fidanzata praticamente da sempre! Lei è stata la prima... e sarà anche l’ultima che amerò!»
«Cosa? E non ce lo hai mai detto? E cosa aspettavi a dirci che non eri vergine?» s’intromise mio padre. Lo guardai con sguardo assassino. Scattai in piedi.
«Ma mi hai visto per caso?» chiesi indicando il mio corpo. «Come fa uno che si ritrova una bellezza tale ad essere ancora vergine? Ho ventisette anni, papà!»
«Calmati, Murtagh. Tra Eragon e lei non c’è niente. E ora vieni qui, sciocchino!» disse mamma sull’orlo delle lacrime. Mi accolse tra le sue braccia e io le strinsi tra le dita la camicetta azzurra che indossava. Ora piangevo veramente. Aspettò che mi calmassi per lavarmi il volto nel lavello. «Ora va’ a presentarti a loro. Da bravo, su.» mi esortò spingendomi in salotto dove stavano giocando a Super Mario Bros. alla Wii.

 
  
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