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Autore: Scuotivento    01/04/2007    0 recensioni
...Imperi sorsero e sparirono come nuvole passeggere nel cielo...
Quando per il troppo potere
i re divennero malvagi
e i maghi celebrarono sacrifici umani
gli Dei punirono Atlantide,
prima tra tutte le isole e i regni degli uomini
e la sprofondarono negli abissi del mare.
Dove sorgevano superbe
le bianche mura di atlantide e le colonne lucenti d'oro e di oricalco
ora s'odono a volte le sirene cantare
e vagano pascendo i pesci muti del mare.
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I: Insoliti Arrivi.

Una carrozza si muoveva solitaria lungo la strada, lasciando una scia di polvere dietro di sé. Rapidamente, quattro cavalli neri aggiogati alla vettura superavano campi incolti e boschetti di cipressi, ruscelli ricchi di giuncheti e mura sgretolate dal vento e dalla pioggia. Nel frattempo, il sole declinava verso occidente, incendiando l'orizzonte.
Il passeggero dentro la carrozza si affacciò un attimo fuori dal finestrino, ma un ramo basso lo colpì alla testa, portandogli via il capello. Con uno scatto si ritrasse dentro, mentre con la coda dell'occhio vide il suo copricapo ormai perduto su un lato del sentiero. Poi, esso si alzò a mezz'aria, ruotando su se stesso come per scrollarsi via la polvere, e volando in avanti rientrò nella carrozza. Al passeggero non bastò che allungare la mano e calzarselo ben in testa.
Dentro, vi era una profonda confusione. Carte sparse sui sedili, macchie di inchiostro e piume d'oca rivelavano i numerosi, ma infruttuosi,tentativi di scrittura del passeggero, vanificati dal continuo sballottare del veicolo. Un successivo scossone (sicuramente un sasso in mezzo alla strada), e tutti le pagine si alzarono all'unisono, ricadendo come foglie d'autunno.
“Ahio! Fermatevi belli! Corna si Baphomet, Sangue di Seth, Zoccoli di Iblis e Sfintere di Aion! Fermi!”
I quattro cavalli castrati si bloccarono, tempestando il terreno con i loro zoccoli. Il conducente legò le redini e scese, dirigendosi verso il retro della carrozza.
“Siamo dunque arrivati? È questo il posto?” chiese il passeggero, scendendo anche lui.
“Se questo non è il posto, signore, non resta che inventarlo! Non c'è altra sosta per tuta l'estensione delle pianure di Sale, ed è anche l'ultima! Se non le va bene, si dovrà accontentare, stramaledizione a me!”
“Faccia attenzione con i bagagli, piuttosto!” replicò il passeggero, vedendolo armeggiare rudemente con i cavi che li tenevano fermi.
“Per quel che me ne importa, no! Pretende che siano ancora intatti, signore?” disse, con tono provocatorio
“Certo che no, considerando la guida sicura che ha tenuto!”
“Per le buche, i sassi e le radici sporgenti si lamenti con la compagnia di viaggio. O con l'ufficio delle Strade Reali. Credeva forse che qui al sud fossero come nella capitale?” berciò e, estratto un coltello, tagliò le corde, facendo cadere tutti i bagagli che trattenevano.
Una borsa si aprì nella caduta, e alcuni libri liberarono fogli nell'aria. Si udì rompersi qualcosa fatto di vetro e una lunga cassa marrone cadde, sfasciandosi.
“E ora cosa?” domandò la guida, notando qualcosa simile ad un braccio bruciato fuoriuscire dalle travi spezzati. Ma la sorpresa si tramutò in terrore, quando notò qualcosa di rotondo, ruzzolato tra le sue gambe...
“Stramaledetti dei degli Inferi! Ma è una testa!” urlò, facendo un salto all'indietro.
“Certo che si!” gli rinfacciò l'altro “Ma non le hanno mai insegnato la delicatezza? Ora mi toccherà riattaccarla...”
“Lei...lei...” balbettò, puntandogli un dito contro ed arretrando “Lei è pazzo! Mi ha fatto fare un viaggio con un cadavere chiuso nel bagagliaio per due mesi?”
“Cadavere? Che termine volgare! Io lo definirei più trapassato, gli rende onore, non trova?”
“Io me ne vado!” e corse, dirigendosi verso la carrozza, strappando le redini, incitando i cavalli a correre urlando come un forsennato .
“Ehi! Ma non voleva essere pagato?” gridò inutilmente dietro alla scia di polvere del carro.
“Che strano tipo ” disse alla fine “E pensare che volevo pure dargli una mancia!”
“In base al metodo con cui ha tenuto la guida di quel carretto, io non l’avrei mai fatto. Sono ancora indolenzito per gli scossoni in quel sentiero a Sto Lat, figuriamoci. ”
“ Scommetto che l’hai fatto apposta a spaventarlo. Giurerei di aver sentito dei colpi provenire dalla cassa, mentre lui l’afferrava.”
“Ha forse qualche importanza? ” disse, mentre qualcosa si smuoveva dentro i miseri resti della cassa. “Se mi rimettete la testa a posto, vi aiuterò di certo.”
“No. Ti terrò in mano, così potrai seguirmi. Andiamo Jeeves, afferra il calderone e riempilo di valige, io prenderò il resto. La nostra nuova casa ci aspetta.”

Se qualcuno fosse passato di lì, avrebbe assistito ad una strana scena. Ma poiché nessuno abitava in quelle contrade dall’ultima invasione degli orchi e la glaciazione, solo una volpe e qualche picchio, avvolti tra le fronde del boschetto che ornava la rupe su cui era stata edificata la torre, potè assistervi.
Erano in due. Il primo, teneva in una mano un fagotto ovale e nell’altra una borsa. L’altro, un vero colosso, reggeva con entrambe le mani un pentolone, carico di buste e ceste da viaggio. Era così alto che il busto sbatteva in continuazione contro i rami più e meno bassi, mentre rovi ed erbacce gli si avvinghiavano ai piedi. La cosa più strana era che lasciava dietro di sé una scia di pezzi di stoffa, fini come il lino.
“Signore, di questo passo mi ridurrò ad un colabrodo.” disse con voce distaccata il presunto Jeeves “Non potrebbe liberare questo sentiero dalle varie scomodità?”
“Non sai, caro Jeeves, quanto mi piacerebbe dare fuoco al tutto” disse, stanco ed affaticato “Ma credo che il sentiero sia ormai finito. Là vedo una luce.” Infatti, come aveva previsto, si trovarono in breve a picco sul mare, vicino ad un’immensa scalinata intagliata lungo la scogliera. Le scale si alzavano verso il cielo, e sulla cima vi era un edificio, scuro come le tenebre che si stavano allungando da oriente sulla terra.
“ Credo che stia per piovere, signore ”
“ Jeeves, francamente, non conviene portare sfortuna ” ma in quello stesso istante, una grossa goccia d’acqua cadde sul suo naso.
Dopo averlo sollecito a muoversi, iniziarono a salire i gradini.
La scalinata aveva certo uno scopo: scoraggiare i ladri e i visitatori ostili, certo armati di torce e forconi, a salire fino alla torre. Era stata intagliata nella nuda roccia, gli scalini erano sconnessi e scheggiati, non vi erano appoggi se non la parete umida e scivolosa da un lato e dall'altro un baratro che si affacciava sul lago verde e schiumoso.
La salita fu faticosa, ma non impossibile: alla fine i due raggiunsero un ampio spazio in cima alla collina. Appena in tempo, poiché in quel preciso istante, le onde ruggenti del lago si abbatterono sulla scogliera e sulla pericolante scalinata.
“Non notate, signore, la curiosa casualità? Una breve frazione di tempo, e ora saremmo a prendere il tè con i pesci. ” “Silenzio, Jeeves. Siamo arrivati.”
La torre non era l’unico edificio. Sembrava che un tempo facesse parte di un complesso assai più grande: forse un piccolo castello di frontiera. Ora ne erano rimasti solo tre lati. Su resti di un cortile centrale, si affacciavano ora due edifici quadrati, uniti a formare un angolo retto alle cui estremità era inserita la torre, rivolta verso occidente. Un'altra, più piccola e diroccata, legata con un camminamento murario, costituiva il lato meridionale.
“ Un posticino ideale, Signorino TreelWood ” disse Jeeves, posando il calderone “ Ha con se la chiave? ”
L’altro ne estrasse una, vecchia ed arrugginita.
Si diresse con decisione verso il portone, falciando l’acqua che cadeva sempre più copiosa dal cielo. I lembi del mantello con cui si era coperto volteggiavano, come se fossero stati animati per magia.
Infilò la chiave nella toppa e la girò.
Il portone d'ingresso si spalancò, sollevando nuvole di polvere e ragnatele. Dentro, l'oscurità regnava, in modo ancor più tetro che non nella tempesta all'esterno.
Alzate le mani al cielo, esclamò:
“Io, Scuotivento TreelWood, mago della Stella di Cristallo, riprendo possesso di questa terra nel nome della famiglia dei Lith’Myathar. Ora, e per sempre!” Un fascio di luce si irradiò dalle mani, lacerando le tenebre.
“Infine sono giunto”

  
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