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Autore: Eider    14/09/2012    2 recensioni
Come nella maggior parte dei film, dopo che il protagonista, partito per chissà quanto tempo, ritorna a casa si ritrova solitamente in una realtà completamente diversa da quella che ricorda ed è giusto che sia così no? Questo era quello che Emma continuava a ripetersi da quando era salita su quel maledetto aereo che dopo cinque anni, precisamente cinque anni in cui aveva studiato e si era laureata, la stava riportando nella sua "amata" Londra.
Emma si ritroverà a combattere con il suo passato, che non le renderà la vita facile, per riuscire finalmente ad andare avanti con la sua vita oppure ricominciare da dove era stata interrotta.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quattordici.
 
L'entrata trionfale di Jack accompagnato dalla bellissima Nora, fu fermata da un solo sguardo a colui che in piedi non riusciva a fare a meno di guardare oltre le spalle di Jack, con una faccia pressoché sorpresa.
Jack sentì solo un imprecazione e dei passi allontanarsi, e di Emma non c'era più traccia.
"Mi ha incastrata, me lo sento!" per l'ennesima volta Elisa fu costretta a sorbirsi le lamentele di Emma, bloccate ormai da più di dieci minuti nel bagno del ristorante dove si erano trovati per l'appuntamento/cena di lavoro di Nora, che probabilmente si stava chiedendo che fine avessero fatto le due, e non sarebbe stata l'unica.
Sfortunatamente per Emma, avevano scoperto troppo tardi che la cena di lavoro comprendeva che la compagnia di Jack avesse un colloquio con la compagnia della famiglia di Martin, ovviamente facendo parte dei soci si era presentato, ed era quando una Emma sorridente per la battuta di Liam si era girata e aveva visto Martin che erano iniziati i problemi, si era rifiutata di partecipare alla cena e con una scusa si era nascosta in bagno, fortunatamente Elisa aveva appoggiato la scusa ed era corsa in bagno per sostenerla.
Elisa roteò gli occhi all'ultima lamentela dell'amica, Emma si ostinava ad incolpare Jake, ma quel povero ragazzo non era a conoscenza di tutta la storia, perciò era impossibile che ne fosse il responsabile, ma questo ovviamente non era arrivato ad Emma, nonostante Elisa l'avesse ripetuto molte volte. Mentre Emma borbottava parole sconnesse allo specchio, Elisa pensava al suo ragazzo nell'altra stanza e ai gesti e alle parole che avrebbero potuto scambiarsi se non fosse corsa dietro all'amica, ovunque sembrava meglio che stare lì.
"Lo sai che stai facendo una figuraccia restando qua dentro, vero?"
"Ma poi da cosa ti nascondi?" si appoggiò al muro e osservò Emma voltarsi a rilento, neanche si fosse trattato di un film dell'orrore, aveva forse detto qualcosa di sbagliato?
"Da cosa mi nascondo? Da chi semmai!" forse era un tantino suscettibile.
Elisa sospirò portandosi le braccia al petto, guardò il viso dell'amica, tornata a specchiarsi, riflesso nello specchio.
"Em, non è la prima volta che parlate da quando sei tornata."
"E' proprio questo il problema, da quando l'ho trovato davanti casa, non abbiamo parlato, non saprei cosa dire. A dir la verità non so neanche di cosa ho paura." Emma abbassò lo sguardo, poi aprì il rubinetto e si diede una rinfrescata al viso. Elisa le passò alcuni pezzi di carta e le sorrise dolcemente, quando finì di asciugarsi Emma non riuscì a fare a meno di buttarsi tra le braccia dell'amica e chiudere gli occhi, svuotando la mente per qualche secondo.
"Ci siamo noi qua, non ti preoccupare, andrà tutto bene." la rossa annuì non staccandosi però da quell'abbraccio, che in un momento così delicato le sembrava una protezione.
 
Nora tirò fuori il cellulare per l'ennesima volta, controllando l'ora, era passato troppo tempo da quando quelle due si erano rifugiate in bagno, e la bionda stava iniziando a preoccuparsi.
Scambiò un occhiata con Liam, anche lui in ansia, forse più per Emma che per la sua ragazza, ormai si era affezionato anche lui alla rossa e non sembrava più turbato dai suoi rapidi cambi d'umore.
Proprio quando Nora decise di andarle a recuperare, la chioma rossa, raggruppata in una treccia a lato, comparve con a seguito la mora. In silenzio, si sedettero una vicina a Nora e l'altra vicina a Liam, fortunatamente nessun altro sembrò essersi accorto della loro assenza, tranne ovviamente colui che aveva causato la catastrofe, come sempre.
Nora si girò alla sua destra dove il posto che fino a poco prima era rimasto vuoto, ora era stato occupato da Emma. Aspettò che anche l'amica si voltasse e quando lo fece le mimò con le labbra "Stai bene?", ottenendo un piccolo accenno di sorriso come risposta, le bastò.
Emma finalmente ebbe l'occasione di guardarsi in giro, notando molte persone a lei sconosciute, Jack seduto alla sinistra di Nora, discuteva di affari, concedendosi ogni tanto una risata, la bionda invece continuava ad ammirarlo soddisfatta, sicuramente avere un'uomo come lui al proprio fianco era un bell'affare. Elisa e Liam invece parlottavano tra di loro e ogni tanto intarattenevano discussioni con la coppia seduta difronte, ed infine vide Martin seduto dall'altra parte della tavolo, poco lontano da lei, che bevendo del vino non perdeva occasione per osservarla, senza però dire una parola, alla ragazza quella scena ricordò tanto la cena a casa del fratello, dove però quel suo guardarla aveva portato alla rottura con la vipera. Emma distolse lo sguardo, non riuscendo più a sopportare quello di lui, che però continuò, non serviva accertarsene perché la ragazza sentiva la pressione di quello sguardo su di lei. Si concentrò sul cibo nel suo piatto, appena portato dal giovane cameriere, non sapeva con precisione cosa fosse, sembrava però qualcosa di sofisticato, Emma scrollò le spalle e cautamente, dopo essersi armata di forchetta e coltello, iniziò a tagliare e una volta terminato si portò il pezzetto di carne cosparso di qualcosa non identificato al naso.
Sperò davvero che nessuno l'avesse vista, così velocemente infilò la carne in bocca, mentre masticava si guardò in giro, decidendo la sorte della sua cena, infine scelse di dargli una possibilità continuando a mangiare in silenzio, sempre osservata.
E fu al dolce, dopo aver passato la serata a chiacchierare e fare conoscenza sempre sotto lo sguardo di Martin, che decise di uscire a prendere un po' d'aria, stanca del suo atteggiamento.
Una volta fuori trovò una panca di pietra, dove si sedette, prese poi la borsa e qualche secondo dopo tirò fuori un pacchetto di sigarette. Emma non era solita fumare, se lo faceva era solo in momenti di tensione, in cui solo il tabacco riusciva a darle qualche sollievo, sebbene temporaneo.
Prese una sigaretta e con l'accendino nascosto nel pacchetto, riuscì ad accenderla.
Un sospiro si sollievo le uscì una volta inspirato ed espirato il fumo, accavallò le gambe e si perse ad osservare ciò che la circondava, auto che andavano e venivano, persone che si incontravano e si abbracciavano, baciavano, bambini che piangevano volendo andare a casa, tutto questo l'aiutò a dimenticarsi per un solo istante il motivo per cui era fuggita, domandandosi perfino come sarebbe stato tornare a Milano.
"Non mi è mai piaciuto vederti fumare." la voce calda e profonda di Martin, risvegliò la ragazza da quello stato di pace e calma che era riuscita a crearsi.
Emma non alzò lo sguardo, ma sentì il ragazzo spostarsi per sedersi accanto a lei.
"Tu però potevi fumare no?" domandò la ragazza continuando a fumare, tentando di rilassarsi.
"Io ho smesso." disse con voce seria, per poi continuare. "Per te."
"Non ti ho mai chiesto di farlo." rispose pungente la ragazza, guardandolo finalmente negli occhi.
"No, ma hai sempre detto che non ti piaceva vedermi fumare, eppure adesso la situazione si è capovolta." Martin abbozzò un sorriso, spento quasi subito dalle parole che susseguirono.
"Sì, per colpa tua."
Martin abbassò lo sguardo, colpevole.
Sapeva di aver sbagliato molte volte nella sua vita, e per questo motivo ancora adesso ne pagava le conseguenze, ma il suo rimpianto più grande era rimasto certamente Emma. Ancora non ricordava bene come erano andate le cose, forse a causa del dopo sbornia, sapeva solo di essere rientrato in casa e di aver trovato il letto vuoto, si era seduto e si era coperto il volto con le mani, trattenendo a stento un urlo, che invece aveva rilasciato poco dopo, rimanendo senza voce. Era stato in quel momento che aveva capito di tenere a quella ragazza, un po' tardi perché pochi giorni dopo lei era scomparsa.
"Non credo che le mie scuse serviranno a molto, no?"
"Per niente." disse Emma, finendo finalmente la sigaretta, buttandola a terra e schiacciandola con il piede con un movimento circolare.
"Emma.." provò ad iniziare un discorso, un discorso senza fine però.
"No, non dire niente." Emma si alzò in piedi, come colpita da una scossa, fronteggiandolo.
"Io non so cosa tu voglia da me.." vide Martin provare a dire qualcosa ma lo fermò sbuffando. "Okay, forse so cosa tu voglia da me, ma non succederà. Io e te non staremo insieme, non siamo mai stati insieme e mai lo staremo." sentenziò fiera di aver mantenuto serietà nel suo discorso, che però non sembrò colpirlo come sperato.
"Perché non mi dai una seconda possibilità? Chiunque la merita!" Emma iniziò a mordicchiarsi il labbro, infondo aveva ragione, ma no! Doveva rimanere della sua idea, il problema era come fargli capire che non c'era speranza.
Poi la ragazza trovò il modo.
"Ho un ragazzo, Martin." vide la sua mascella contrarsi e sul viso comparire una smorfia.
"Non ti credo." disse, ma la sua voce dura e il pugno stretto, dicevano il contrario.
"Non sono affari tuoi, ma non vedo come farti capire di starmi lontano. Si chiama Adam, se vuoi saperlo, e non voglio lasciarlo, lo amo." okay, forse aveva un po' esagerato, ma sembrò funzionare, perché Martin si alzò in piedi superandola di un paio di centimetri in altezza e arrivandole molto vicino, troppo vicino.
"Non è vero." sussurrò pieno di rabbia, e tristezza e delusione.
Poi successe l'inevitabile, Martin la baciò, prima lentamente, poi sempre con più foga, con una mano aggrappata al suo fianco e con l'altra appoggiata sul suo collo. Emma inizialmente non reagì, rimase con gli occhi sbarrati per la sorpresa, ma più il bacio continuava, meno lei aveva coscienza di ciò che stava succedendo, perciò chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel bacio, che le ricordava il liceo, le serate passate a chiacchierare sotto il portico di casa, e il loro primo bacio, la stessa sera in cui tutto era iniziato e allo stesso tempo finito, aveva sempre lo stesso sapore, e dio lui sì che sapeva baciare. Si lasciò trasportare dalle emozioni e dal momento, dimenticandosi ogni cosa, si aggrappò con tutta la forza che possedeva, alla giacca del ragazzo stringendolo per non lasciarlo più andare. La lingua di lui entrò prepotentemente nella sua bocca, non sapendo però che non ci sarebbe stato nessun ostacolo, Emma era più che consenziente, quasi affamata di lui.
Passarono minuti interminabili dove Martin ed Emma erano sempre più aggrappati l'uno all'altra e persi nella passione del momento, poi tutto finì.
Qualcosa riscosse la ragazza, qualcosa che le ricordò cosa stava facendo e con chi.
Si staccò da lui, completamente rossa in viso e sconvolta da se stessa.
"T-tu.. tu, non dovevi. Non dovevi." disse indietreggiando ancora incapace di assimilare l'accaduto.
"Lo volevi Em, lo volevi con tutta te stessa e lo sai. Hai forse paura di cosa dirà il tuo Adam?" ed ecco che la voce fredda e dura ritornò.
"Ti avevo già detto di non chiamarmi così!" urlò ormai, sull'orlo delle lacrime.
Martin cercò di prenderle la mano, ma prima di poterci almeno provare lei era già scappata, di nuovo.
 
Per tutti i giorni seguenti all'incidente, Emma aveva continuato a ricevere chiamate e messaggi da Martin, senza mai rispondere e allo stesso tempo aveva preso una decisione, dare una possibilità ad Adam, infondo era bello e simpatico, magari un po' strano a volte, ma sembrava andarle bene, poi lui l'aveva riempita di messaggi dolci e divertenti e non aveva saputo resistere, così la sera avrebbero avuto un vero e proprio appuntamento.
Sfortunatamente Emma avrebbe potuto contare solo sull'aiuto di Nora per vestirsi, siccome quello era il giorno in cui Elisa e Liam festeggiavano il loro primo mese come coppia, Emma si bloccò con l'asciugamano avvolto al corpo rendendosi conto di quanto veloce era passato il tempo, fino a un mese fa era in Italia a domandarsi se sarebbe mai tornata a casa e adesso a Londra si chiedeva se sarebbe davvero restata.
Il bussare alla porta del bagno, costrinse la rossa ad uscire, trovandosi davanti il viso preoccupato di Nora.
"Tutto bene? Non uscivi più." spiegò con una scrollata di spalle il motivo per cui aveva bussato.
"Non ti preoccupare, stavo solo pensando." disse entrando in camera da letto e avvicinandosi all'armadio, cercando la biancheria.
"A cosa?" domandò Nora sedendosi sul bordo del letto e accavallando le gambe, osservando l'amica scegliere attentamente cosa indossare.
"Se tornare o meno a Milano."
Nora sussultò al suono di quelle parole, ricordando immediatamente il vuoto provato durante l'assenza dell'amica, si alzò andando ad abbracciare Emma da dietro, appoggiando la testa sulla spalla dell'amica.
"So che suonerà egoista da parte mia, ma non mi lasciare di nuovo, ti prego, non se è per Martin."
Emma sospirò, portando le mani a stringere quelle di Nora, sulla sua vita.
"Questa volta non c'entra, ma era solo un pensiero, non ti preoccupare." sussurrò accarezzandola dolcemente.
 
"Cocò? Non so cosa mettermi." brontolò la ragazza in piedi in biancheria, davanti il suo armadio aperto. L'amica si posizionò accanto alla ragazza e con sguardo assorto iniziò a scartare vestiti uno dopo l'altro, poi si illuminò e si voltò con espressione concentrata.
"Ma almeno ti ha detto dove andate?"
"No?" rispose Emma con un sorriso tirato.
"Questo è l'importante." ironizzò Nora sorridendo dopo aver trovato un paio di jeans neri, li guardò insistentemente per qualche secondo poi li consegno alla rossa.
Emma scrollò le spalle divertita infilandosi i jeans, saltellando per riuscire a chiuderli. Nora le fece segno con l'indice di fare una giravolta e una volta tornata al punto di partenza vide la bionda annuire soddisfatta.
"Avevo proprio ragione, ti fanno un bel culo. Adam cadrà ai tuoi piedi sicuramente oppure proverà a strizzarti le chiappette."
Emma la guardò fingendosi scandalizzata, urlando il suo nome.
"Come se qualcuno non l'avesse mai fatto." borbottò Nora continuando la sua ricerca come se niente fosse.
La rossa scosse la testa aspettando che l'amica le trovasse qualcosa da indossare.
"Ecco qua." l'amica le rifilò una camicetta bianca trasparente, svolazzante e molto sottile, neanche ricordava di averla comprata.
Emma la guardò con circospezione.
"Sicura che vada bene?"
"Certo, l'importante è che hai il reggiseno nero, e ce l'hai."
"Sicura?"
"Sì! Questa è la moda londinese cara mia." disse Nora fingendo superiorità, trattenendo a stento le risate.
"Se lo dici tu." mormorò lanciandole un occhiata scettica, prima di infilarsi la camicia.
Una volta abbottonata si guardò allo specchio, dietro di lei Nora annuiva sempre più soddisfatta del suo lavoro, e alla fine anche Emma dovette darle ragione, non era per niente male, forse era perfino sexy.
"Ora mancano solo le scarpe." la bionda si passò la mano sotto il mento pensierosa quando la voce di Emma le fece alzare la testa.
"So io cosa ci serve!" esclamò entusiasta correndo verso il letto, dove da sotto recuperò la sua valigia ormai impolverata, dentro ci aveva lasciato solo poche cose, quelle che usava poco. Si inginocchiò aprendola e estraendo un paio di ballerine nere con le borchie sulla punta. Si alzò e le infilò ai piedi, ammirandole entusiasta.
Quando le aveva comprate era una giornata fredda e piovosa nella capitale della moda italiana, si era fermata davanti una vetrina pochi giorni dopo la disavventura con Andrea e il conseguente licenziamento, quando le aveva viste se ne era subito innamorata, sfortunatamente non le aveva usate poi molto, e adesso che finalmente ne aveva l'occasione era più che contenta.
"Vedo che finalmente qualcuno ha preso lezioni di stile." commentò Nora guardandola dalla testa ai piedi, le si avvicinò e le riavvivò i capelli mossi, sistemandole poi l'orlo della camicia e sbottonando i primi due bottoni.
"Stai per caso dicendo che mi vestivo male?" domandò Emma preparandosi all'attacco.
"Buona tigre, non mettermi in bocca cose che non ho detto." ridacchiò invece Nora allontanandosi di qualche passo e annuendo alla visione dell'amica.
"E' sicuro, questo ragazzo cadrà ai tuoi piedi." sentenziò la bionda andando a sedersi sul letto mentre Emma riempiva la piccola borsa a tracolla che avrebbe usato.
"A che ora ti viene a prendere?"
Emma controllò l'ora sul cellulare, ma prima che potesse rispondere il campanello di casa suonò, guardò terrorizzata Nora che ricambiò con uno sguardo divertito.
"Adesso." sussurrò uscendo di corsa dalla camera con la borsa in spalle, corse giù per le scale arrivando sfinita davanti alla porta, si sistemò un attimo davanti al piccolo specchio sopra il mobiletto delle chiavi, prese un respiro e finalmente aprì la porta.
"Ciao!" il viso sorridente di Adam fu la prima cose che vide prima di sentire le labbra di lui a contatto con le sue guance.
"Ciao a te." rispose cercando di non sembrare in imbarazzo come invece era.
"Andiamo." continuò oltrepassando la porta e chiudendosela alle spalle non prima di aver scorto i pollici alzati di Nora.
 
Adam da vero gentiluomo le aprì la portiera facendola scendere, durante il tragitto avevano parlato del più e del meno cercando di conoscersi, scoprendo cose di loro che non avrebbero mai immaginato. Le aveva anche rivelato di volerla portare ad un ristorante giapponese, ed Emma aveva quindi confessato di non averci mai messo piedi, motivo in più per andarci aveva detto Adam.
Adam le tese la mano aiutandola a scendere, nonostante Emma avrebbe potuto farcela benissimo da sola, il gesto venne però apprezzato infatti la ragazza gli concesse un sorriso più che sincero assieme ad una stretta dolce alla mano.
Ora Emma poteva vedere il ristorante in cui avrebbero cenato, l'unica cosa che faceva capire che fosse giapponese era l'insegna illuminata, che diceva a caratteri cubitali "Ristorante Giapponese." più chiaro di così.
Dentro Adam si fermò un attimo al bancone dove parlò con il cameriere che li condusse poi al loro tavolo. Non c'erano tutte le decorazioni tipiche del Giappone che si era aspettata, il colore predominante invece era il nero e il bianco e sembrava proprio essere un ristorante di lusso. Vennero accompagnati fino al tavolo infondo il locale, quello più isolato rispetto agli altri, un piccolo tavolo in legno laccato di nero con al centro una candela.
Prima che potesse sedersi, Adam le tirò indietro la sedia per aiutarla ricevendo un timido grazie, quando poi anche lui si sedette, si scambiarono degli sguardi divertiti.
"Non pensavo fossi così.. mmm cavaliere?" disse Emma giocherellando con le bacchette, per la prima volta.
Sarebbe stata un impresa ardua magiare.
"E invece sono proprio così." sorrise lui vedendola giocare, sembrava così tenera ed indifesa, per un istante si sentì terribilmente in colpa, ma poi quella sensazione sparì.
Un paio di minuti dopo riapparì il cameriere, che gli consegnò i menù, e sfortunatamente per la ragazza erano solo in giapponese, sfogliò il menù un paio di minuti sperando di trovare qualcosa scritto in una lingua a lei comprensibile.
Alzò poi lo sguardo terrorizzato cercando quello del suo accompagnatore, che avendo capito il problema sorrise tranquillo.
"Non ti preoccupare, ordino io. Ti fidi?"
Bella domanda, quella fatidica, si fidava veramente di lui?
Forse si, forse no, ma in ogni caso per un po' di pesce non sarebbe morta.
Annuì distogliendo lo sguardo, sperando che lui lo traducesse come timidezza e non come mancata fiducia.
In ogni caso avrebbe dovuto guadagnarla.
Il cameriere tornò prendendo le ordinazioni, l'unica cosa che capì fu che avrebbe mangiato pesce, che novità.
Quando le venne servito il piatto, l'unica cosa che vide furono strane forme di pesce crudo, proprio lei che non amava il pesce, ma non si era sentita di rivelargli quel piccolo dettaglio insignificante.
Prese in mano le bacchette con diffidenza impiegando un po' di tempo per capire come tenerle in mano senza farle cadere a terra. Una volta capito il meccanismo per tenerle era il momento di capire come usarle, sarebbe stata un impresa da titani, infatti fece un paio di gaffe rischiando di far cadere il cibo sulla sua camicia bianca, facendo però ridere Adam, che al contrario di lei sembrava aver mangiato più volte in quel luogo, per questo lui decise che era arrivato il momento per insegnarle come mangiare.
Stranamente riuscì nella sua impresa perché poco dopo Emma riuscì a prendere il suo primo boccone, rischiò quasi di lanciare un urletto dalla felicità, riuscendo a trattenersi.
Masticò quella cosa che avrebbe dovuto essere pesce trattenendo a stento una faccia schifata, il pesce non era decisamente qualcosa che le piaceva, ma si sforzò e buttò giù il boccone prendendone altri sempre più piccoli non masticandoli neanche per non sentirle il gusto. Finì poco meno della metà esordendo con un "Sono sazia." posando le bacchette accanto il piatto.
Adam alzò lo sguardo dal suo piatto, praticamente vuoto, leggermente confuso.
"Non hai fame?"
"Mi tengo a dieta." Emma ridacchiò celando il suo odio per il pesce.
"Ma se stai benissimo e poi il pesce fa bene."
"Tranquillo, sto bene così."
"Se lo dici tu." borbottò lui mettendo le bacchette nel piatto ormai vuoto.
"Non pensavo fossi una di quelle che tengono alla linea." iniziò il discorso sorprendendola.
Infatti non lo era, pensò Emma.
"Non mi vorrà nessuno se divento un barile." cercò di buttarla sul ridere, anche se non sembrò funzionare più di tanto.
Adam fissò il suo sguardo in quello della ragazza, rendendola in imbarazzo.
"Sei bellissima come sei." mise la mano sopra quella della ragazza, stringendola nella sua.
"Grazie." bisbigliò la rossa tentando di non ritirare la mano, per un riflesso automatico, era un po' che non si trovava a che fare con i ragazzi.
 
La serata finì, per fortuna della ragazza che non riusciva più a tollerare il pesce, da quel momento avrebbe abolito il pesce dalla sua vita, assolutamente e forse un giorno o l'altro gli avrebbe confessato il suo rigetto al pesce.
La riaccompagnò a casa e durante tutto il tragitto le tenne la mano, sentendo i brividi per quel contatto. Questa volta non riuscì ad aprirle la porta, perché lei lo precedette, ma una volta davanti la porta di casa si sporse per lasciarle un piccolo bacio a fior di labbra, cosa che fece sorridere Emma.
Lo salutò con la mano vedendo la sua macchina partire ed entrò in casa ritrovandosi immersa nel silenzio, si ricordò poi di dover buttare via la spazzatura così prese il sacco e uscì nuovamente di casa, percorrendo il piccolo vialetto fino al cancelletto.
Quando si voltò Martin la stava aspettando.
"Chissà perché, ma mi aspettavo di vederti." mormorò non abbastanza piano da non farsi sentire.
Martin si appoggiò al muretto aspettando che la ragazza si avvicinasse, come invece non fece, Emma rimase ferma nella sua posizione aspettando una spiegazione.
"Stavo venendo a parlarti, ma ho visto che eri impegnata, così lui deve essere il famoso Adam." sputò quelle parole impregnate di veleno e dolore.
"Non sono affari che ti riguardando." quelle parole lo ferirono, anche lei se ne accorse, sentendosi in colpa ma non mostrandolo.
"Invece sì!" urlò Martin pieno di rabbia, arrivandole a pochi passi.
"Sentiamo, spiegami perché!" urlò anche lei, stanca di quella situazione.
"Perché.. "
"Perché sei sempre sul punto di dirmi qualcosa?!" Emma si agitò, esasperata, davvero non sapeva più che fare con lui.
Martin sembrò animarsi, come scottato, arrivandole a un centimetro dal viso.
"Perché sei così stupida?!"
Emma si allontanò delusa e offesa.
"Stupida?! Come osi!"
"Sì, perché sei l'unica che non ha ancora capito che sono fottutamente innamorato di te, cazzo!"
le urlò in faccia, indietreggiando poi, dopo essersi reso conto di ciò che aveva appena detto.
Emma rimase senza parole non sapendo cosa dire.
"M-mi ami?"


Questa volta non so che dire, quindi vi lascerò solo con i link della mia nuova storia.
 

We Got Married.

   
 
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