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Autore: Eowyn 1    15/09/2012    4 recensioni
« E allora? Cosa sono questi discorsi? » li rimproverò Niniel guardandoli severamente « Che arrivi anche, la guerra. Sappiamo che ormai è quasi inevitabile! Ci porterà via molto, ma non è questo lo spirito con cui dobbiamo affrontarla! Dobbiamo reagire! Combattere e stare il più sereni possibile fino a che ne abbiamo la possibilità! » Che cosa sarebbe successo se Boromir, prima di partire per Granburrone, avesse conosciuto Niniel, la cuoca di corte? Un caso fortuito ha voluto che si conoscessero...
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Faramir, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sì lo so, sono in ritardo tremendo, e le cause sono sempre le stesse: impegni, esami all’università e soprattutto la mancanza

Capitolo 19

 

13 marzo 3019, Pelargir

 

Due Uomini un Elfo e un Nano stavano nascosti dietro uno sperone di roccia, intenti ad osservare alcune navi che, dondolandosi lentamente sul fiume più in basso, si preparavano a partire.

Poco lontano da loro, altri trenta Uomini e due Elfi, anch’essi al riparo del fianco della montagna, attendevano ordini.

« Dobbiamo approfittare di questo momento. » bisbigliò l’Elfo.

« Legolas ha ragione. » intervenne Boromir « Aragorn, questo dovrebbe essere l’ultimo attracco. Non credo che si fermeranno nuovamente prima di Minas Tirith. »

« Mi spiace ammetterlo, ma anch’io do ragione all’Elfo. » commentò Gimli.

« Lo so. » rispose l’uomo distrattamente continuando ad osservare le Navi Nere che si dondolavano sull’Anduin.

« Aragorn? » Legolas lo chiamò, ridestandolo dai suoi pensieri.

« Andiamo. Dobbiamo avvisare Halbarad e gli altri. » dicendo questo, Aragorn si voltò e si diresse verso i Raminghi del Nord e i due Elfi che li attendevano poco lontano, strisciando silenziosamente contro il fianco della montagna per evitare che i pirati lo vedessero.

 

« Sono arrivate le navi? » domandò Elrohir non appena Aragorn raggiunse la compagnia.

« Sono qui, hanno appena attraccato. Dobbiamo sbrigarci se vogliamo riuscire a catturare la flotta e impedire che anche uno solo di quei pirati giunga vivo a Minas Tirith. »

« Cosa comandi, dunque? » gli chiede Elladan.

Aragorn rimase per un attimo in silenzio, a fissare i trenta Dúnedain che attendevano un suo ordine.

« Non temere. » gli disse Boromir appoggiandogli una mano sulla spalla « Noi siamo tutti con te. »

Legolas e Gimli ricambiarono lo sguardo di Aragorn con un cenno di assenso.

« Scendiamo seguendo il fianco della montagna. » disse quindi il Ramingo con rinnovata fiducia « Ho visto che poco lontano da qui vi è una via non troppo esposta. Quindici uomini verranno con me. Altri quindici scenderanno con Halbarad, Elladan ed Elrohir, partirete cinque minuti dopo di noi. Se scendiamo tutti insieme rischiamo di farci scoprire. »

« Bene! » esclamò Halbarad « Voi con me, gli altri con Aragorn! » ordinò ai suoi uomini.

« E noi? » un sussurro raggiunse la compagnia, facendo sussultare tutti i presenti. Gli unici a non sembrare particolarmente colpiti furono gli Elfi.

« Voi ci raggiungerete non appena inizierà lo scontro. » spiegò Aragorn guardando con durezza lo spettro che si librava nell’aria esattamente di fronte a lui.

Anche se gli avevano appena giurato fedeltà, non riusciva a fidarsi completamente di quell’esercito.

Con un cenno del capo, il Re dei Morti si dissolse.

« Ti fa gelare il sangue nelle vene. » commentò Gimli con un sussurro rivolgendosi a Boromir.

« Speriamo solo che mantengano il giuramento. » sospirò quest’ultimo.

 

I due gruppi erano finalmente pronti a partire. Il buio del primo mattino li avrebbe aiutati, celandoli agli occhi dei pirati.

« Che cosa temi, Aragorn? » domandò Elladan, che aveva compreso che qualcosa turbava il cuore dell’uomo.

« E se non dovessero rispettare il patto? Se all’ultimo momento si tirassero indietro? »

« Stai dubitando del tuo potere di Re di Gondor? » gli domandò ancora l’Elfo.

« Sto dubitando di me stesso. »

« Non temere. Nessuno oltre a te ha l’autorità di comandare questo esercito e poi, hanno visto la spada che porti. Non tenteranno di tradire il tuo Popolo un’altra volta. »

« Grazie, fratello mio. » sorrise Aragorn.

L’Elfo lo abbracciò:

« Ti proteggeremo fino alla morte, se fosse necessario. » gli disse « Ora vai, e fa che si compia il destino per cui sei nato! »

« Aragorn! » Gimli lo chiamò « Noi siamo pronti, sbrighiamoci prima che quei maledetti se ne vadano! »

Con rinnovata speranza, il Ramingo lanciò un ultimo sguardo al gruppo comandato da Halbarad e dai due Elfi.

« Vai, noi ti copriamo le spalle! » bisbigliò Elrohir « E buona fortuna! »

Il primo gruppo di uomini guidati da Aragorn, al quale facevano seguito anche Boromir, Legolas e Gimli, iniziò a scendere per il fianco della montagna. Non ci sarebbe voluto tanto per raggiungere la riva dell’Anduin, non erano molto lontani.

 

« Ci siamo, » disse Legolas poco dopo « dovrebbero essersi incamminati anche gli altri. »

Continuarono a scendere cercando di evitare di camminare su quelle rocce che minacciavano di scivolare, per fa sì che i pirati non si accorgessero del loro arrivo.

« Ci siamo. » bisbigliò il Ramingo qualche minuto dopo « Attendiamo ancora un po’, quando gli altri ci raggiungeranno usciremo allo scoperto. »

« Aragorn… » lo chiamò Boromir che si trovava poco distante la lui « Noi siamo qui. Qualunque cosa accada, siamo pronti a dare la nostra vita. »

Aragorn annuì:

« Se restiamo uniti, andrà tutto bene! »

Circa cinque minuti dopo, sentirono dei movimenti provenire dalla strada che il Ramingo aveva indicato ad Halbarad. Anche il secondo gruppo li stava raggiungendo.

« Bene, è il momento… »

Aragorn fece un cenno a Elrohir, che si era appena affacciato da dietro un ammasso di rocce, ed ecco che anche la seconda compagnia fu al loro fianco. Erano di nuovo uniti e abbastanza vicini per attaccare la flotta.

Dalle navi giungevano gli ordini dei capitani, urlati in un linguaggio incomprensibile. Sui ponti, numerosi marinai erano affaccendati a spostare le ultime casse che avevano caricato e a sciogliere le funi che tenevano ancorate le navi al porto.

Ed ecco, le imbarcazioni iniziarono a veleggiare verso il centro dell’Anduin. Aragorn attese ancora. Voleva che queste giungessero il più lontano possibile dal porto, per evitare di dover combattere anche con i nemici rimasti a terra.

« Ci siamo, finalmente. » borbottò Gimli « Quegli sporchi pirati stanno per scoprire cosa significa mettersi contro il Re di Gondor e i suoi amici! Stai vicino a me, Legolas! Se mai gli spiriti ti spaventassero, ci sarò io a proteggerti! » concluse con un ghigno divertito.

« Sbaglio, o eri tu quello che è entrato per ultimo nei Sentieri dei Morti? » ribattè l’Elfo, senza distogliere lo sguardo dalla flotta.

« Ricordi male… » si difese il Nano « L’aria viziata che c’era là sotto deve averti giocato qualche brutto tiro al cervello… »

« La smettete voi due? » li riprese Boromir « Concentratevi sul nemico! »

« Io sono perfettamente concentrato, è Legolas che mi disturba con le sciocchezze che si inventa! »

« Oh, che cos’è questo moscerino che mi ronza intorno da quando siamo partiti da Gran Burrone? » disse l’Elfo agitando una mano davanti agli occhi, come a voler scacciare un insetto molesto.

« La prossima volta che ci capiterà una missione del genere… » borbottò Boromir « Voi due andrete in due gruppi diversi! »

« Andiamo! » l’ordine di Aragorn interruppe la disputa tra i tre amici.

Senza porsi più problemi il Ramingo, seguito da Legolas, Gimli, Boromir, i Raminghi del Nord, Elladan ed Elrohir uscì allo scoperto.

Le navi non erano ancora abbastanza vicine, ma non dovettero attendere molto perché queste raggiungessero la zona in cui si trovava la compagnia.

Fu così che Aragorn parlò:

« Non potete proseguire. » e la sua voce risuonò profonda, in tutta la sua potenza, dalla riva e raggiunse i pirati sulle navi « Voi non entrerete a Gondor! »

Un insieme indistinto di risate gutturali giunse dalle navi alle orecchie della compagnia, che si stagliava fiera alle spalle di Aragorn.

« Chi sei tu per negarci il passaggio? » urlarono dall’imbarcazione che si trovava più vicina alla riva.

« Legolas… un avvertimento che sfiori le orecchie del nostromo. » disse Aragorn, sicuro di sé.

« Attento alla mira. » bisbigliò Gimli, che come sempre si trovava al fianco dell’Elfo e, con il manico della sua ascia, diede un colpo all’arco con il quale Legolas stava per scagliare la freccia. Quest’ultima centrò in pieno petto uno dei marinai che si trovava al fianco del nostromo.

« Oh! » esclamò il Nano con finta sorpresa, come se non si fosse mai aspettato di ottenere un risultato simile. Al suo fianco Boromir, che si trovava tra Gimli e Aragorn, sorrise.

« Ora basta. » gridò poi il Nano « Vi abbiamo avvertiti! Preparatevi allo scontro! »

« Scontro! Con voi e con quale esercito? » commentò ironicamente il nostromo.

« Questo esercito! »

Alle parole di Aragorn, ecco fuoriuscire dal fianco della montagna l’intero esercito dei Morti. Avevano mantenuto la promessa, questa volta, avevano deciso di rispettare il giuramento.

Aragorn e tutta la compagnia si gettarono nella mischia. Combatterono uno affianco all’altro, per più di un’ ora, ma alla fine il Ramingo e i suoi ebbero il sopravvento, anche e soprattutto grazie al grande apporto che fornì l’esercito dei Morti.

 

Al termine della battaglia i pirati erano stati sconfitti: solo in pochi riuscirono a gettarsi in acqua e a fuggire, ma anche tra questi la maggior parte venne individuata e sparì sotto l’attacco del terribile esercito.

Un gran numero di navi venne salvato, e su ognuna si stabilirono alcuni dei Raminghi al servizio di Halbarad.

« Chi l’avrebbe mai detto... » esordì Gimli che aveva ancora il fiato corto per il combattimento.

Boromir si voltò verso di lui con aria interrogativa.

« Intendo, mai avrei pensato che quei fantasmini sarebbero stati tanto utili! »

« Fai attenzione a come parli. » lo redarguì l'Uomo di Gondor « Non sappiamo come reagirebbero di fronte a certi nomignoli. »

« Ah, se sono dei fantasmi come dovrei chiamarli? »

« Non parlavi così, mentre attraversavamo il Dimolt. » s’ intromise Legolas.

« Potresti smetterla di fare il precisino? » sbottò Gimli arrabbiato, poi s’incamminò verso Aragorn borbottando qualcosa sul fatto che si sentiva un Nano incompreso.

« Come ti senti? » Legolas si avvicinò a Boromir, che osservava le acque sporche di rosso del Fiume.

« Troppo spesso negli ultimi anni l’Anduin si è macchiato di sangue. Le sue acque non avrebbero mai dovuto tingersi di una simile vergogna! » rispose l’uomo, stringendo il parapetto della nave con rabbia.

« Molte cose non avrebbero dovuto verificarsi, eppure sono accadute, ma noi siamo qui per cercare di rimediare. » poi osservò il suo compagno « Tu come stai? »

« Io sto bene. » il viso stanco di Boromir tradiva in parte ciò che affermava, segno che le ferite che aveva riportato, anche se guarite, lo avevano indebolito « Il solo pensiero che stiamo tornando a Minas Tirith mi fa stare meglio! »

« E il pensiero che rivedrai lei? »

L’uomo si voltò di scatto verso l’Elfo:

« Cosa vuoi dire? » gli domandò sorpreso.

« Mentre eri ferito, la prima notte dopo la battaglia a Parth Galen, l’hai nominata spesso. »

« I... Io... Ne avevo parlato solo con Merry e Pipino. Cos’ho detto? »

« La chiamavi, e le dicevi di resistere perché stavi tornando per proteggerla. » gli spiegò l’Elfo « Devi amarla molto. »

« Più della mia stessa vita. Più dell’alba dopo una notte di incubi, più di quanto io stesso avrei potuto immaginare di amare una persona. » Boromir si voltò verso il fiume e lasciò che l’aria fresca di un nuovo giorno gli accarezzasse il volto stanco.

« Allora ti aspetterà. » disse Legolas « La ami così tanto che non potrebbe fare altrimenti, non può di certo rimanere indifferente ai tuoi sentimenti! Sono certo che attende il tuo arrivo. »

« Come fai? » domandò Boromir « Sembra che tu conosca i miei sentimenti quasi quanto me... »

« Hai ancora molto da imparare su noi Elfi, a quanto pare. » disse Legolas divertito, ma il loro discorso venne interrotto da Aragorn:

« Ho mandato i Dúnedain in ogni barca a liberare gli schiavi che sono ai remi: sono tutti uomini di Gondor che erano stati fatti prigionieri dai pirati. Ora sanno di essere al sicuro. Gli ho fatto spiegare quale missione ci attende; combatteranno al nostro fianco quando sarà necessario. »

« Bene, finalmente una buona notizia! » commentò Legolas.

« Siamo pronti a partire? » domandò Boromir impaziente.

« Non proprio... » si intromise Gimli, giungendo presso gli amici col viso pallido « Qualcuno vuole parlarti, Aragorn. »

« Chi? »

« I... I... Fantasmini... »

A Legolas quasi scappò un sorriso, ma si trattenne, per non ferire ulteriormente l’orgoglio del Nano.

Aragorn si volse allora verso la riva, dove l’Esercito dei Morti stava fermo in attesa, gli occhi rossi, in cui si riflettevano le fiamme delle navi incendiate:

« Udite ora le parole dell’Erede d’Isildur! » gridò Aragorn « Avete mantenuto la vostra promessa. Tornate indietro, e non vagate mai più nelle valli! Partite e riposate in pace! »

A quelle parole il Re dei Morti si fece avanti e, spezzata la sua lancia, ne gettò in terra i pezzi. Poi fece un profondo inchino e si allontanò; tutta l’armata grigia lo seguì velocemente e scomparve come nebbia diradata a un tratto dal vento.

Aragorn, Legolas, Gimli e Boromir rimasero per un attimo a fissare la riva dove, fino a pochi secondi prima, vi era l’Esercito dei Morti, e gli parve come di destarsi da un sogno.

« Ce l’hai fatta! » Boromir appoggiò una mano sulla spalla di Aragorn e, se ormai da tempo lo aveva riconosciuto e accettato come suo Re, per la prima volta lo vide in tutta la forza e la potenza della stirpe dei suoi padri.

« E ora, andiamo a Minas Tirith! » Aragorn allungò lo sguardo lungo il Fiume « É venuto il momento. »

« Andrà tutto bene, vedrai! » lo incoraggiò Boromir « E poi ormai lo sai: noi siamo con te. E io farò di tutto, perché tu possa tornare a Minas Tirith. »

Aragorn si volse verso l’amico e, se ormai da tempo aveva compreso a fondo il carattere di Boromir, per la prima volta si accorse di quanta forza vi fosse in lui, e quanto grande fosse effettivamente quell’amore per la sua Città, che nei momenti di debolezza lo aveva spinto a commettere gesti sconsiderati, di cui ora pagava le conseguenze.

« Allora, sono certo che ci tornerò. » gli rispose Aragorn con nuovo vigore « Sono certo che ci torneremo e che insieme sguaineremo le spade per difendere la Città dei nostri Padri! Per riportarla all’antica gloria! »

Gli occhi di Boromir allora si fecero lucidi:

« Non ti sarò mai abbastanza grato per aver dimostrato così tanta fiducia nei mie confronti… dopo quello che ho fatto! »

« Ciò che è stato è stato, e ormai appartiene al passato. » gli rispose Aragorn « Tutti noi commettiamo degli errori, ma non per questo dobbiamo essere condannati a pagare per la nostra intera esistenza le conseguenze di quegli sbagli. Nei tuoi occhi non v’è più ombra, adesso, e io so che mi posso fidare di te, fratello! »

I due si abbracciarono:

« Allora, sei pronto per tornare a casa? » gli chiese Aragorn.

« Consideraci già là! » esclamò rianimato Boromir.

L’altro annuì:

« Allora vai al timone, e guidaci verso Minas Tirith! »

Quello fu per Boromir uno dei giorni più significativi di tutta la sua vita: Aragorn aveva infine deciso di far valere la sua autorità di erede al trono di Gondor, avevano ottenuto la fedeltà dell’esercito dei Morti ed erano riusciti a conquistare la flotta, inoltre, il suo Re gli aveva dimostrato di aver ormai riguadagnato piena fiducia nei suoi confronti ed ora, finalmente, stava tornando a Minas Tirith, nella sua Città, a casa sua, e soprattutto, da Niniel.

 

 

14 marzo 3019, Minas Tirith

 

TUM TUM TUM…

I tamburi continuavano a suonare, cupi, nel buio della sera. Non che quell’oscurità fosse molto diversa da quella che ormai regnava su Minas Tirith anche in pieno giorno, ma la consapevolezza che una nuova notte fosse giunta rendeva tutto ancora più incerto e spaventoso, senza contare il rumore provocato dai tamburi degli orchi che, sul secondo livello, penetrava ancora di più le orecchie e faceva sussultare il cuore.

« È come se fossero qui. » disse Niniel in un bisbiglio, affacciandosi dalla porta della mensa militare, osservando il cielo che si faceva sempre più basso e opprimente.

« Il fatto è che sono qui. » disse Ilarin a sua volta in un sussurro.

Un brivido percorse la schiena di entrambe.

« Mi chiedo cosa ne sarà di noi. » domandò con un altro brivido Niniel, più a sé stessa che all’amica.

« Andrà tutto bene, no? » le disse Ilarin guardandola con occhi supplichevoli « Lo dici sempre anche tu che dobbiamo tenere duro! »

Niniel sospirò. L’amica aveva paura quanto lei, anzi se possibile di più, e comprese che sentiva il bisogno di essere tranquillizzata: « Sì. Sì, andrà tutto bene! E poi, sta tornando Boromir, no? » si costrinse a dire. Ilarin le sorrise, e lei rispose con un sorriso a sua volta, ma nel cuore, sentiva un muto terrore crescere sempre di più. Se anche Boromir fosse tornato, chi le assicurava che ce l’avrebbe fatta? In fondo, anche lui era un uomo, con i suoi limiti e…

Niniel si bloccò. Sorprendendosi di questi suoi pensieri disfattisti.

« Coraggio, rimettiamoci al lavoro. » disse alzandosi, cercando di sembrare il più decisa possibile « Ci siamo riposate abbastanza, e qui hanno bisogno anche di noi! »

 

Le ore passavano lente, sempre scandite dal battere dei tamburi dell’esercito di Mordor che ormai aveva invaso i Campi del Pelennor e circondava le mura di Minas Tirith.

Se da una parte Niniel avrebbe voluto affacciarsi per rendersi conto di ciò che li circondava, dall’altra non ne trovava il coraggio. Non che fosse poi necessario guardare fuori: la paura attanagliava il cuore di ogni cittadino, dal più giovane al più vecchio. La si poteva percepire nell’aria, che aleggiava pesante sulla Città. La si poteva respirare, quasi toccare con mano.

 

 

Giunse infine anche la mattina del giorno seguente, che colse i cittadini di Minas Tirith ancora più stanchi e terrorizzati. Nessuno, quella notte, era riuscito a chiudere occhio e nelle strade era stato un continuo via vai di civili e soldati, che svolgevano i compiti che gli erano stati assegnati dai loro superiori.

 

TUM TUM TUM…

« Cosa ne pensi? » Alner, in piedi sulle mura del secondo livello, di fianco a Narith, osservava con gli occhi spalancati la scena che gli si prospettava davanti alla debole luce del giorno.

« Cosa dovrei pensare, secondo te? » rispose asciutto l’altro, con una nota di nervosismo nella voce.

« Scusami, era una domanda idiota. »

« Anche la mia era una risposta idiota… » ammise Narith dopo qualche secondo di silenzio.

I due si guardarono:

« Qualunque cosa accada, se non dovessi farcela… » disse Narith.

« Eh no amico, non cominciamo con questi discorsi strappalacrime. »

Ma Narith lo ignorò, e continuò imperterrito: « Se non dovessi farcela c’è una cosa che dovresti dire a Niniel, e anche ad Earine… »

« Ascoltami bene! » esclamò l’altro con decisione afferrando Narith per le spalle « Io non dirò un bel niente a nessuno! Abbiamo cominciato questa cosa insieme, e comunque vada, la finiremo insieme. » quindi fissò ancora di più l’amico negli occhi « Vivo tu, vivo io. Morto tu, morto io. E viceversa. E qualunque cosa abbiamo da dire a nostra sorella, o alla nostra fidanzata… gliela diremo noi, di persona, alla fine di tutto! » quindi lasciò andare l’amico, e tornò a guardare verso i Campi del Pelennor.

« Hai ragione… scusami. » bisbigliò Narith.

« Non scusarti: è la paura. È normale. »

Anche Narith tornò a guardare di fronte a sé:

« E comunque, » commentò « Ti ho capito, sai? Ma sappi che Earine non è la mia ragazza! »

« Scemo… » commentò Alner, con una nota di nervosismo per l’ennesimo battito di tamburi « Ma a chi vuoi darla a bere! »

 

TUM TUM TUM…

Anche sul settimo livello, giungevano i battiti dei tamburi…

 

« Quali ordini dal Sovrintendente? » domandò Adhort a una guardia di passaggio.

« Nessuno. » rispose quello, secco.

« Come nessuno? » ma la guardia si allontanò velocemente, ignorando il cuoco di corte, al quale non rimase che tornare nelle cucine.

« Nessun ordine? » domandò Erith.

Il marito scosse la testa.

« Ma che sta succedendo?! La Città è sotto assedio e qui nessuno dice niente! » esclamò con disperazione Earine passandosi una mano sul volto. Jamril le si avvicinò, e le cinse le spalle con un braccio:

« Coraggio, sono certo che Mithrandir sta escogitando lui qualcosa! »

 

TUM TUM TUM…

Poi, all’improvviso, fu il silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

Come fosse possibile che quel silenzio facesse ancora più rumore nelle menti dei cittadini di Minas Tirith, nessuno seppe mai dirlo, ma li scosse ancora più dei battiti dei tamburi ai quali, ormai, le orecchie e i cuori avevano quasi fatto l’abitudine.

Fu come se, in qualche modo, ogni suono, ogni movimento, fosse stato risucchiato in un vortice che sottraeva ogni rumore al mondo, rendendolo muto, irreale, spaventoso.

Qualche secondo dopo una voce, lontana, come se provenisse da un altro mondo, riscosse i cittadini della Bianca Città riportandoli lentamente alla realtà:

« Mantenete i vostri posti! » gridò « Che nessuno retroceda! Siete Soldati di Gondor, per il vostro sangue, per quello delle vostre famiglie, per il sangue della vostra Stirpe! Rimanete dove siete, combatteremo fino alla fine! » tutti riconobbero la voce del vecchio Mithrandir e tutti, seppur di poco, furono rianimati da quelle sue parole.

Intanto, dai Campi del Pelennor si alzarono un’immensità di voci, ed ecco che in Città i suoni ricominciarono a scorrere.

Uno schiocco, e un blocco di macerie si schiantò contro alcune abitazioni all’altezza del quarto livello, facendole crollare.

« Quei maledetti! Stanno usando pezzi della nostra stessa Città per distruggerci! » urlarono alcuni soldati, correndo verso il primo livello per sostenere i compagni.

Niniel ed Ilarin li videro scomparire velocemente più in basso, poco prima che un tremendo colpo facesse tremare il suolo.

« Ma cosa… » le due ragazze si scambiarono un’occhiata terrorizzata, prima di correre verso il parapetto e affacciarsi sui Campi del Pelennor. La visione che le aspettava le fece sprofondare ancora di più nello sconforto: le pianure di fronte alla Città erano completamente occupate dal nemico, alte torri, spinte da robusti orchi, venivano sempre più avvicinate alle mura della Città e, in corrispondenza del cancello principale, un’impalcatura sorreggeva un pesante ariete a forma di lupo, dalle cui fauci fuoriuscivano terribili fiamme.

Nel frattempo, gli orchi erano impegnati a ricaricare le catapulte, mentre gridavano a gran voce un nome che le due ragazze non riuscivano a comprendere.

« È finita… » disse in un soffio Ilarin.

In quel momento, un altro colpo da parte dell’ariete e di nuovo il suolo tremò, un nuovo gruppo di soldati gli passò vicino. Ormai non rimaneva quasi più nessuno: i campi di addestramento erano deserti, così come la mensa, vi erano solo civili che correvano a destra e a manca, cercando di recuperare i loro effetti personali e le poche cose di cui avrebbero potuto aver bisogno, per correre poi verso i livelli superiori.

« Andiamocene! » disse con voce roca Niniel « Abbiamo aspettato anche troppo, non c’è più niente da fare qui! »

« Ma… dove andiamo? »

« Su, verso il quinto livello. A casa mia. Non so cosa possa cambiare! Ormai sono dentro, ma almeno saremo più in alto, e il nemico ci impiegherà di più per raggiungerci. »

« Aspetta! » gridò Ilarin bloccando l’amica « Mia madre… e mio fratello… sono qui sul secondo livello! »

« Presto allora! Andiamo a casa tua, e speriamo di trovarli ancora lì! »

Riuscirono a percorrere giusto qualche metro, quando una nuova scossa fece tremare il suolo e un colpo secco indicò che il cancello aveva appena ceduto.

Le due si affacciarono nuovamente al parapetto e videro degli esseri orrendi, nemmeno paragonabili agli orchi, oltrepassare quello che una volta era stato il glorioso cancello di una potente Città, e iniziare a massacrare i soldati di Minas Tirith che gli capitavano a tiro.

Nello stesso momento, alcune torri di assedio riuscirono a raggiungere le mura del primo livello e da queste, un consistente numero di orchi, si riversò nella Città.

« Presto! Andiamo a casa tua! » gridò Niniel, afferrando per un braccio l’amica e costringendola a correre.

Schivarono vari passanti che, come loro, correvano in preda al terrore, ma quando passarono di fianco all’ingresso che dal primo livello conduceva al secondo, si ritrovarono in mezzo a un gran trambusto, accorgendosi troppo tardi che alcuni soldati stavano combattendo contro un gruppo di orchi che erano riusciti a penetrare fino a quel punto.

Per alcuni secondi, le due furono colte dal terrore: si ritrovarono paralizzate col sangue gelato nelle vene.

All’improvviso qualcuno le afferrò per un braccio e le trascinò dietro il muro di una casa:

« Cosa ci fate ancora qui?! »

Ci vollero parecchi secondi prima che le due riuscissero a riprendersi e si accorgessero che davanti a loro c’era Nasten, il capo cuoco della mensa militare. In mano teneva il pugnale che Niniel gli aveva visto indossare il giorno precedente: era sporco di un liquido nero e ripugnante.

« Noi… stavamo andando… » cominciò lei.

« A cercare mia mamma e mio fratello. » terminò Ilarin.

« Sbrigatevi allora! Il secondo livello non è più sicuro! » in quel momento, Nasten ringhiò di dolore, portandosi una mano alla spalla destra.

Quando la ritrasse era sporca di sangue. Si voltò, e riuscì a scansare un affondo da parte di un orco, che venne prontamente ucciso da uno dei soldati che si trovava lì vicino.

« Nasten… » lo chiamò Niniel.

« Sto bene! Non è niente. Correte e mettetevi al sicuro! » detto questo, l’uomo si lanciò su uno degli ultimi orchi che era riuscito a raggiungere il secondo livello e gli tagliò la gola col suo coltello, mentre i soldati che facevano la guardia al cancello lasciavano entrare gli ultimi compagni, prima di provvedere a sbarrarlo in modo tale che nessun nemico riuscisse, almeno per il momento, a penetrare ulteriormente nella Città.

Niniel ed Ilarin intravidero Mithrandir in groppa al suo cavallo bianco. Niniel avrebbe voluto chiamarlo per ottenere qualche rassicurazione, ma si rese conto che non era il momento adatto. L’unica cosa che dovevano fare, in quel momento, era correre il più veloce possibile verso la casa di Ilarin, trovare sua madre e suo fratello e cercare di mettersi in salvo, per quanto quell’azione fosse ancora possibile, ora che la Città era sotto assedio e le loro forze parevano sempre più deboli e impotenti di fronte alle armate di Mordor.

 

 

 

 

 

Helloooooooooooooo!!!

Sì lo so, sono in ritardo tremendo, e le cause sono sempre le stesse: impegni, esami all’università e soprattutto la mancanza di ispirazione. Chiedo perdono, mi dispiace davvero molto di avervi fatto aspettare così tanto, ma sono dell’idea che se manca l’ispirazione non riesco a dare il meglio di me, e se scrivo lo stesso, ma il capitolo non soddisfa me per prima che senso ha? Penso che non potrebbe piacere neanche a voi. Abbiate pazienza, è un periodo un po’ così.

Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbiate gradito anche la parte con Boromir, Aragorn Legolas e Gimli… io mi sono divertita tantissimo a scriverla!

Dovevo solo avvisarvi che ciò che dice Aragorn (quando libera l’esercito dei Morti, la parte che ho scritto in corsivo) l’ho presa dal libro, il breve scambio di battute tra lui e il nostromo (l’ avrete riconosciuta sicuramente...) l’ho presa dal film, mentre Elladan, Elrohir, Halbarad e i Dúnedain, non sono presenti nel film, ma nel libro accompagnano Aragorn, Legolas e Gimli lungo i Sentieri dei Morti.

Ok, precisazioni fatte, credo di avervi annoiato abbastanza. Spero di riuscire ad aggiornare presto, anzi prestissimo! Anche se non vi assicuro niente…

Un bacio a tutti e grazie per la pazienza, siete fantastici!!

Eowyn 1

   
 
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