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Autore: TheFirstMrsHummel    15/09/2012    5 recensioni
Kurt riusciva a vedere le lacrime che si stavano formando negli occhi di lei. Oh, merda, in che cosa mi sono immischiato? pensò.
Dave continuò a parlare con la stessa freddezza, senza alcuna inflessione particolare. “Non ti voglio qui. Te l’ho detto migliaia di volte, non ti voglio vicino a me.”
“Questa volta è diverso, David,” spiegò, mentre una goccia salata le scivolava lungo la guancia. “Non sono qui solo per una visita. Ho lasciato L.A. e sono tornata a Lima. Voglio provare a riaggiustare le cose con te e so che ci vorrà del tempo. Sono tornata per restare, David. Non significa niente per te?”

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All'inizio dell'ultimo anno, compare una donna sconosciuta che chiede di David Karofsky. Kurt la aiuta a trovarlo e strada facendo scopre qualcosa sul passato dell'ex-bullo.
[Fic Kurtofsky tradotta da LaGrenouille | Traduzione rivista il 6/11/15]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel, Nuovo personaggio | Coppie: Dave/Kurt
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Sono così su di giri per il fatto che abbiate così tante opinioni diverse su Sandy. Dave è certamente un personaggio che fa dividere il fandom a metà e devo dire che mi piace che sia lo stesso per sua mamma, LOL.

 

 

“Questa coreografia fa schifo,” affermò Santana.

Kurt avrebbe voluto ignorarla e incolpare la sua famigerata stronzaggine, ma doveva ammetterlo: l’ultima coreografia del professor Shuester era una delle peggiori mai viste. Tutti sapevano che stava avendo qualche problema con la signorina Pillsbury ed era ovvio che avesse messo insieme a caso le mosse di danza all’ultimo minuto. Per quanto l’insegnante gli piacesse, il modo in cui affrontava sempre le cose andando a braccio stava cominciando a frustrarlo parecchio. Secondo Kurt, la loro sconfitta alle Nazionali aveva molto più a che fare col fatto di aver scritto le canzoni il giorno prima, piuttosto che con il bacio di Finn e Rachel sul palcoscenico. E, tanto per peggiorare la situazione, una delle cose rivelate dai loro punteggi era che i giudici avevano trovato le Nuove Direzioni gravemente mancanti in creatività e capacità soltanto nel campo del ballo. Il professor Shue avrebbe dovuto farsi in quattro per migliorarli, non fregarsene alla grande.

Forse era troppo, per lui. Insegnare e preparare il Glee Club e tutti i suoi rapporti traboccanti di drammi (Kurt per poco non era morto dalle risate quando Lauren gli aveva sussurrato che la T-shirt del prof per l’esibizione di Born This Way avrebbe dovuto essere Farfallone invece di Mento Chiapputo). Forse gli avrebbe fatto comodo un po’ d’aiuto. Ma Mike Chang, sebbene sapesse imparare qualsiasi coreografia, non sapeva che pesci pigliare quando si trattava di crearne una. Quando ballava da solo era tutto improvvisato e totalmente sul momento. Anche Brittany era una ballerina straordinaria, ma le mancavano le capacità comunicative necessarie a spiegare quello che vedeva nella propria testa in un modo comprensibile. Lui, Rachel e Blaine (che si era trasferito al McKinley per il suo ultimo anno)1 cercavano di aiutare, ma stavano già facendo incazzare gli altri col modo in cui si erano assicurati la maggior parte degli assoli, finora, e i loro tentativi di dare assistenza nel reparto della danza erano visti solo come un altro sforzo per prendere in mano le redini dell’intero club.

Non si potevano permettere di assumere un coreografo professionista e se lo avessero fatto, Gaga gli era testimone, avrebbe scommesso che sarebbe stato un disastro, come l’ultima volta. Avevano bisogno di qualcuno in gamba, ma che non fosse crudele o troppo severo. Kurt pensò, non per la prima volta, di conoscere la persona perfetta per quel compito. Ma aveva dato la sua parola a Dave e Kurt Hummel non infrangeva alla leggera le promesse. Guardò con orrore distaccato Finn, Puck e Mercedes tentare di eseguire un grapevine in linea retta per otto tempi e finire col piede destro libero, in qualche modo, per passare alla mossa successiva. Il che era impossibile, ovviamente, ma il prof l’aveva scritta così. La coreografia era piena di problemi simili e gli veniva voglia di sbattere la testa contro il muro. Al diavolo, pensò. Questa è un’emergenza! Spostandosi tranquillamente verso il fondo dell’aula, mandò un veloce messaggio a Dave.

Possiamo incontrarci al Lima Bean dopo scuola? Devo chiederti una cosa. Giuro che Colei Che Non Deve Essere Nominata non sarà lì.

Si avvicinò a Blaine. “Non riuscirò a studiare con te dopo le lezioni, dopotutto,” disse. “Mio papà ha bisogno di me all’officina. Mi dispiace di darti buca all’ultimo secondo.” L’altro gli assicurò che non c’erano problemi e Kurt pensò in modo colpevole a quanto gli stesse tenendo nascosto, in questo periodo. Passava del tempo con Sandy come minimo una volta a settimana e, benché Blaine ne fosse a conoscenza (erano perfino andati tutti insieme a cenare al Bel Grissino, una volta), non aveva idea del suo legame con Dave. Avevano fatto finta di essersi incontrati all’Hummel Tire & Lube: lei aveva portato l’auto a riparare e tra loro era iniziata una vaga amicizia basata sugli interessi comuni mentre i meccanici pensavano al motore. Sia lui che Sandy erano certi che suo figlio avrebbe voluto che il minor numero possibile di persone fosse a conoscenza della loro parentela, quindi tennero la cosa per sé.

 

Kurt ordinò il solito caffè medio e si sedette a un tavolo praticamente in fondo al locale, aspettando il compagno. Probabilmente sarebbe stato meglio incontrarsi in un posto più intimo, ma non era certo di quale sarebbe stata la reazione alla sua richiesta. Sebbene non avesse più paura di Dave, il pensiero di farlo incazzare tanto che se la prendesse con lui e scoprisse cicatrici che avevano avuto a malapena il tempo di guarire non lo entusiasmava. Non si erano propriamente parlati da quel giorno nell’aula di musica, nonostante si scambiassero dei cenni di saluto quando s’incrociavano nei corridoi. E una volta, quando Kurt era rimasto a casa perché malato, gli aveva chiesto di poter copiare i suoi appunti di educazione civica.

Lo vide entrare e far scorrere lo sguardo sull’ambiente, cercandolo. Quando gli occhi nocciola incontrarono i suoi, Dave gli sorrise timidamente. Aveva un sorriso adorabile, aveva detto Sandy, parlando dell’ex-marito. Apparentemente era stato trasmesso al figlio. Lui sollevò una mano, salutandolo brevemente, e quello avanzò e si sedette di fronte a lui.

“Vuoi qualcosa da bere?” chiese Kurt.

“Nah, sono a posto,” rispose. “Ho bevuto una bevanda energetica a pranzo: ho già raggiunto la mia dose massima di caffeina per oggi.” Lo guardava con un’espressione che non riusciva a decifrare. Era cauta ma speranzosa allo stesso tempo. Kurt sentiva distintamente il profumo del bagnoschiuma Axe Fever (anche Finn lo usava e lui lo riconobbe immediatamente)2, come se si fosse fatto la doccia proprio prima di venire alla caffetteria. Non era certo di come si sentisse a riguardo, se a disagio o lusingato, ma propendeva per il secondo.

“Allora,” continuò. “Cos’è che mi volevi chiedere?” Si leccò nervosamente le labbra.

Kurt espirò. “Penso che debba dirti una cosa, prima. Poi ti farò la mia domanda,” affermò. “Ma, prima di tutto ciò, voglio che tu sappia che la decisione dipende solo da te. Se viene fuori che per te è troppo o ti sembra di aver bisogno di andartene, non farti problemi. Prometto che non fraintenderò.” Dave aveva un’aria totalmente confusa, quindi decise di sputare il rospo. “Ho passato del tempo con Sandy, negli ultimi due mesi o giù di lì.” Avvertì immediatamente l’altro attivare il suo meccanismo ‘combatti o fuggi’ e sollevò la mano in un gesto pacificatore. “Per favore, fammi finire. Giuro che non sto tentando di fregarti. Voglio solo essere onesto, okay?”

Gli occhi di Dave scattarono da una parte e dall’altra, per poi fermarsi sul suo palmo teso. Sospirò, e Kurt riuscì a percepire la tensione lasciare il corpo dell’altro. “Okay,” concesse con fare incerto.

“Voglio solo dire chiaro e tondo che non sto cercando di far riconciliare te e tua mamma…” lasciò che la voce si spegnesse all’occhiataccia dell’altro. “Tua madre. So che la cosa non t’interessa. È venuta all’officina di mio papà per scusarsi di quel fiasco nella sala di musica e abbiamo finito per parlare. Lei ed io abbiamo interessi simili, come la moda e la carriera artistica. Mi piace stare con lei,” spiegò.

“Sono sicuro che voi due ve la spassiate, insieme,” ribatté quello, sarcastico fino all’osso. “Siete due anime gemelle.”

Fece una smorfia, addolorato. “Non lo sto facendo per ferirti, Dave. Tu ed io non siamo neanche davvero amici. Non sono riuscito a trovare alcuna buona ragione per non andare a fare shopping o a prendere un caffè con lei, fintanto che non ti avrei coinvolto.”

“Infatti non ce ne sono,” concordò l’altro. “Quello che fai nel tuo tempo libero non è affare mio, Hummel.” Si poggiò completamente allo schienale della sedia, incrociando le braccia, sulla difensiva, e stringendo le labbra. “Senti, perché siamo qui?”

“Al Glee Club serve aiuto. Le nostre esibizioni fanno pena e se vogliamo avere una chance alle Nazionali, cavolo, alle Regionali persino, abbiamo bisogno di un serio intervento in fatto di danza.”

“Lasciami indovinare. Sandy vuole piroettare in vostro soccorso?” chiese lui, alzando gli occhi al cielo.

“A dirla tutta, non gliene ho neanche parlato.” Dave inarcò una delle sue sopracciglia inspiegabilmente perfette, con un’espressione stupita sul volto. “Volevo sapere cosa ne pensassi tu, prima, e assicurarmi che per te andasse bene.”

“Perché prendersi la briga di chiedermelo? Non sono nel tuo stupido club e, come hai detto tu, non siamo propriamente amici.”

“Potremmo anche non essere amici, ma ciò non significa che me ne freghi dei tuoi sentimenti. Pensavo di aver chiarito abbastanza bene questo punto l’anno scorso, proprio prima che tu ti scusassi con me.” Dave abbassò lo sguardo, arrossendo leggermente a quel riferimento. Kurt continuò a voce bassa. “So che sei ancora spaventato dalla tua sessualità e che ti vergogni. Non è difficile vedere o capire quanto ti faccia a pezzi, Dave.” Quest’ultimo risollevò gli occhi, ora lucidi, su di lui. “E adesso capisco che la tua infelicità non deriva solo dal doverla nascondere. Se Sandy accettasse di aiutare le Nuove Direzioni, sarebbe spesso a scuola. Potresti vederla o sentirla e so che ciò ti turberebbe, specialmente se non te lo stessi aspettando. Non vogli farti sentire ancora peggio. Ed ecco perché ti sto chiedendo il permesso e perché non le dirò nulla a meno che tu non sia d’accordo.”

Quello tirò su col naso e batté le palpebre per cacciare indietro le lacrime. “Giusto. Grazie.”

Lui gli sorrise dolcemente e fece spallucce. “Non c’è di che.” Una pausa. “Allora… glielo posso chiedere?”

Il ragazzo abbassò gli occhi e fissò la superficie del tavolo, avendo evidentemente bisogno di pensare alla sua richiesta. Kurt sorseggiò pazientemente la sua bevanda, lasciandogli tutto il tempo necessario. Era piuttosto sorpreso che non l’avesse zittito immediatamente, a dirla tutta. Dopo qualche minuto, lo sentì sospirare e lo vide sollevare il capo per guardarlo in viso. Dave si leccò di nuovo le labbra prima di parlare – era un tic nervoso, a quanto pareva. “Immagino che sia molto importante per te.”

“Sì,” rispose. “Il ballo è davvero una situazione critica, a questo punto. E per la maggior parte di noi, questa è l’ultima possibilità di vincere il titolo nazionale. Siamo arrivati così vicini ai primi dieci, l’anno scorso…”

“Dodicesimi,” affermò Dave, e lui spalancò gli occhi. Quello sorrise e inclinò la testa di lato. “Che c’è? Ho visto lo striscione. Era enorme e tutto rosso: un tantino difficile da ignorare.”

Rise amabilmente. “Immagino di sì. E dodicesimi, soprattutto su cinquanta dei migliori cori del Paese, non è niente di cui vergognarsi. La prima volta arrivammo alle Regionali ma perdemmo. L’anno scorso invece vincemmo le Regionali ma perdemmo le Nazionali. Sarebbe orribile fare un passo indietro quest’anno, specialmente dato che è la mia ultima opportunità. Se riuscissimo ad arrivare tra i primi dieci o addirittura a vincere… penso che sarebbe uno dei momenti più felici della mia vita.”

“Probabile. Quando vincemmo il campionato, l’anno scorso,” spiegò Dave, “fu decisamente la cosa migliore che mi sia mai successa.”

“Ci scommetto,” rispose. “Sembravi davvero felice, quella sera.”

Gli occhi quasi gli uscirono dalle orbite. “Tu c’eri?” domandò, sconvolto.

“Sì, con i miei genitori e Blaine: eravamo venuti a vedere Finn giocare.”

I pensieri di Dave erano un turbine incontrollabile. Ciò significava che Kurt l’aveva visto correre in campo e unirsi agli altri per l’esibizione dell’intervallo. Quindi Kurt l’aveva visto…

“Fui sorpreso di vederti ballare così bene,” continuò, come se gli avesse letto il pensiero. “Finn disse che eri bravo sia a cantare che a ballare, ma non gli credetti davvero finché non lo vidi coi miei occhi. Seriamente, eri uno dei migliori. E decisamente il migliore tra tutti i ragazzi che non erano nel Glee.” Devi averlo preso da Sandy, voleva aggiungere, ma tenne a freno la lingua, sapendo che l’altro non avrebbe voluto sentirlo.

Dave sentì le guance arrossire a quella lode. “Ehm… grazie,” mormorò. Kurt lo odiava, in quel periodo, ma aveva comunque apprezzato vederlo ballare? Quell’idea gli stava causando un piccolo cortocircuito al cervello. Non riesco a credere di aver fatto una buona impressione su Kurt Hummel, pensò. Davvero pensa che abbia talento?

“So che Finn voleva da matti che ti unissi al Glee, ma disse che non l’avresti fatto perché avrebbe influito sulla tua popolarità.” Dave lo guardò, ma poi interruppe il contatto, a disagio. “È quello il vero motivo? O era perché non eri pronto a chiedermi scusa?”

“Entrambi, più o meno,” rispose lui, sempre evitando di incrociare il suo sguardo. Si sentiva in imbarazzo ad avere questa conversazione con Kurt. Allo stesso tempo, però, era bello sedere con lui e parlare di nuovo, come facevano quando era nei Bully Whips. L’argomento corrente era molto più personale rispetto alle volte precedenti, ma anche quello era piacevole, in qualche modo. Era sorpreso di scoprire di volergli dire la vera ragione per la quale non sarebbe mai entrato nel club – una cosa che non aveva mai detto a nessuno. Prese un respiro profondo e lo guardò in volto. Aveva la stessa espressione dolce e gentile di quando gli aveva chiesto scusa e, prima di rendersene conto, stava rivelando il suo segreto. “Ma la ragione principale è perché non voglio assomigliare in alcun modo a mia madre. Non voglio avere nulla a che fare con lei o fare qualsiasi cosa che lei possa reputare interessante.”

Kurt rimase a bocca aperta. Cominciò a dire qualcosa – non era neanche sicuro di cosa – ma si fermò. Si limitò a riflettere su quello che il compagno gli aveva detto e, inaspettatamente, fu pervaso da una tristezza che lo feriva quasi fisicamente. Deglutì, avvertendo le lacrime cominciare a pizzicargli gli angoli degli occhi. “Ma se non fosse stato per quello, avresti voluto unirti a noi?” chiese con voce rauca. “Ti piacerebbe essere parte di quello che facciamo al Glee?”

L’improvviso struggimento nelle iridi nocciola gli straziò il cuore. “Sì, molto,” disse piano, quasi sussurrando. “A volte vi guardavo alle assemblee e trovavo così difficile prendervi in giro con il resto dei ragazzi. Perché non pensavo che fosse stupido. Pensavo che sembrasse divertente da morire. E poi, quando la Beiste ci ha fatto diventare membri del club, ho scoperto di avere ragione. E ho capito perché Hudson e Rotelle e gli altri ragazzi in squadra sopportassero tutti gli insulti per far parte del coro. Perché è una sensazione fantastica, in quei momenti in cui tutti stanno tifando per te: ne vale la pena. Sai che ti chiameranno perdente il giorno dopo, ma ricordare quanto ti ha fatto sentire figo esibirti riesce a farti superare tutto, ci scommetto.”

“È così,” affermò lui. Non osò dire altro, perché sapeva che la voce gli si sarebbe rotta se ci avesse provato.

“Ma tutta la faccenda di Sandy…” continuò a spiegare. “Cantare e ballare e far parte del club, proprio come lei… Non riesco a ignorarla. Non ci riesco davvero. Ed è solo un altro motivo per cui la odio: è riuscita a rovinarmi anche quello.”

“Magari…” tentò Kurt, lasciando la frase incompleta, preoccupato. Era alquanto certo che Dave non avrebbe apprezzato il suo consiglio, ma doveva provarci. “Magari se non la odiassi tanto, riusciresti a superarlo. Magari potresti lavorarci sopra… tentare di odiarla di meno.”

Come si aspettava, Dave tornò immediatamente in difesa. Incrociò le braccia strette al petto e le sue sopracciglia si abbassarono in un cipiglio furioso. “Ecco qua, stavo proprio aspettando che ti decidessi ad arrivare al punto,” dichiarò con fare scontroso.

“Cosa?!” fece lui.

“Scommetto che era fin dall’inizio che aspettavi di fare la tua mossa. Chiedere a Sandy di aiutare con il Glee. Incontrarmi qui e farmi ‘aprire’,” disse, mimando le virgolette con le dita. “Non è nient’altro che un modo di dirmi che dovrei perdonarla. Tu sei suo amico, sai che la renderebbe felice. E ora ti ha convinto a mentire per lei e a cercare di manipolarmi. È proprio da lei.”

A Kurt mancò il fiato. “Come puoi dire una cosa del genere, Dave? So che ci portiamo dietro un bel passato comune, ma sono sempre stato del tutto sincero con te. So che non ti fidi di lei e credimi, capisco perché. Ma cosa ho fatto io per farti pensare di essere così subdolo e crudele?” Si accorse che le accuse dell’altro facevano davvero male.

“Per quale altro motivo lo suggeriresti?” chiese con fare sarcastico.

“Perché perdonare qualcuno non ruota attorno a far sentire meglio l’altra persona,” spiegò. “A volte non ha niente a che fare con quello. L’odio è come un veleno e quando ne hai così tanto in corpo e lo tieni dentro per così tanto tempo, ti uccide. Uccide le cose buone che ci sono in te, come la speranza e la gioia. Non riesci a provare quelle cose perché non c’è abbastanza spazio per farle sopravvivere. Non con tutto l’odio che si prende tutto lo spazio.” Le braccia muscolose rimasero incrociate, ma parte della tensione lasciò il suo fisico; Kurt sperò che ciò indicasse che quello che stava dicendo gli stesse arrivando. Posò le mani sul tavolo, intrecciandole con calma, e si sporse in avanti. “Te l’ho già detto una volta: quando mi tormentavi, io ti odiavo. Ed era vero.”

Il suo volto passò immediatamente da belligerante a colpevole. “Kurt, io-” ma si bloccò quando l’altro scosse la testa e gli indicò di non parlare.

“Ascoltami un minuto, okay?” propose. “Ero così pieno di odio e paura, allora… Rovinavano tutto. Niente era più divertente o mi faceva sentire bene. Anche dopo essermi allontanato da te, continuavo a portarmeli dentro. Mi dicevo che eri un mostro e che non ti avrei mai perdonato, neanche tra un milione di anni. Blaine e la mia famiglia volevano sapere perché non sembrassi granché felice anche dopo che fu passato del tempo ed ero alla Dalton. Era perché l’odio mi stava divorando dall’interno; e poiché non riuscivo a lasciarlo andare, non ero in grado di andare avanti e passare al capitolo successivo della mia vita. Poi, però, Finn cominciò a parlare di quello che stava succedendo quando tu fosti costretto a unirti al club e di come gli sembrasse di star vedendo un lato di te che non pensava esistesse. Non volevo sentirlo, all’inizio. Ma era così sincero e, alla fine, fui capace di ascoltare davvero quello che stava raccontando. Mi disse di quel giocatore di hockey che ti diede del gay e ti lanciò in faccia una granita. E non potevo fare a meno di sentirmi male perché, nonostante tutto quello che avevi fatto, sapevo che quelle parole dovevano averti ferito.

“Fu strano, perché dopo quella piccola scintilla di simpatia, mi sentii… non so… un po’ più leggero. Come se tutto quel tempo fossi stato costretto in una forte morsa e qualcuno la stesse allentando un pochino. Mi fece pensare che forse, se fossi riuscito a lasciare andare tutto l’odio e il dolore dentro di me, avrei potuto sentirmi di nuovo libero.”

Rimase in silenzio così a lungo che Dave si rese conto che per il momento aveva finito. Sciolse le braccia e mise anche lui i palmi sul tavolo, avvicinandovi il torso e rispecchiando inconsciamente il linguaggio del corpo del compagno. “Mi perdonasti tutto quel tempo fa?” chiese, apertamente sbalordito. “Insomma, anche se non lo dicesti chiaro e tondo, nel corridoio, io capii più o meno che lo avevi fatto. Ma pensavo che fosse perché mi ero scusato per davvero.”

“Non è successo tutto in una volta,” spiegò lui. “Mi ci volle tempo e un sacco di discussioni per elaborare la cosa con la mia famiglia e con Blaine. Ma sì, molto prima che ti scusassi con me, io ti avevo perdonato. E ciò mi permise di aprirmi abbastanza da fare dei nuovi amici all’accademia invece di vivere ogni giorno in automatico. E di avere un vero rapporto con Blaine, una volta che si svegliò abbastanza a lungo da accorgersi di quello che gli stava davanti.” Controllò per vedere se Dave fosse stranito dal fatto che avesse menzionato il proprio ragazzo, ma il suo viso era stranamente neutro. “Lui e io ci eravamo imbattuti in un momento difficile proprio prima di metterci insieme. Aveva detto e fatto alcune cose che mi avevano davvero ferito. Ma poiché avevo perdonato te, che avevi fatto cose molto peggiori, fui in grado di perdonarlo facilmente. Se mi fossi tenuto stretto l’odio che provavo per te, avrei potuto non dargli un’altra chance. E mi sarei perso qualcosa di grandioso.”

In modo esitante, portò in avanti una mano pallida e la pose gentilmente su quella di Dave. Fu sorpreso quando l’altro non tolse la propria o non si guardò attorno per controllare chi potesse stare osservando il re e la reginetta del ballo del 2011 del McKinley intenti a tenersi per mano, praticamente, nel bel mezzo del Lima Bean. Invece le stava fissando come se non riuscisse a capire cosa diavolo fossero quelle appendici alla fine delle loro braccia. “Dave?” lo chiamò lui, e quello alzò lo sguardo con una specie di espressione imbambolata in faccia. Kurt mantenne il contatto visivo finché non si riprese da qualsiasi ragionamento l’avesse separato dal mondo reale. “So che quello che fece Sandy è orribile e molto, molto peggio di qualsiasi cosa tu abbia mai fatto a me. Non sto dicendo che sarà facile. Ma se è qualcosa che potrà alleviare anche solo una parte del dolore che ti porti dentro, penso che ne varrà la pena.”

“Non posso lasciare che rientri nella mia vita,” affermò quello, conscio che le lacrime si stavano preparando a sgorgare. Capiva ciò che stava dicendo l’altro e ora credeva al fatto che stesse sinceramente cercando di aiutarlo. Ma non pensava che Kurt, anche dopo tutto quello che aveva passato, potesse lontanamente capire quanto a fondo l’avesse marchiato l’abbandono di sua madre. Come fosse una grande porzione di ciò che lo definiva come persona: non riusciva a trovare un modo in cui potesse liberarsi di quel lato di sé.

“Ma non devi farlo, Dave,” riprese. “Se riuscissi a smettere di odiarla o a perdonarla o ad andare avanti… in qualunque modo tu lo voglia descrivere – non significa che dovrai vederla o parlarle, se non vuoi. Sono due cose completamente separate. Hai presente quella comunità Amish che qualche anno fa perdonò quel tizio che aveva ucciso a sangue freddo i loro bambini mentre erano a scuola? Di certo non hanno intenzione di andare a trovarlo in prigione o di mandargli bigliettini di buon compleanno!”

L’altro ammiccò. Non l’aveva mai pensata così, prima d’ora. Aveva sempre creduto che perdonare sua madre significasse voler andare a casa sua a cena o doverla invitare a una delle sue partite. Pensava che lasciare andare implicasse lasciarla entrare. Ma ora ecco Kurt, che era riuscito in qualche modo a perdonare tutti gli abusi fisici e verbali a cui lui lo aveva sottoposto, e che gli diceva che una cosa non significava l’altra. E ha senso, perché lui mi ha perdonato molto tempo fa, ma non è che tutto d’un tratto ha voluto essere il mio raga- mio amico, o niente di simile. Pensò a come gli avesse rivelato che il perdono era cominciato con un minuscolo passo. Forse, per una volta, poteva essere coraggioso quanto lui e fare anche lui quel passo.

Si allontanò in modo riluttante dal suo palmo caldo. Era bello, ma… beh, Kurt era impegnato. Non sembrava corretto tenergli la mano e far finta che i propri sentimenti verso di lui non fossero altro che d’amicizia. Non quando Kurt era stato così onesto con lui. “Se vuoi che Sandy vi aiuti col Glee, penso che la cosa mi vada bene,” dichiarò.

“Davvero?” Gli rivolse il sorriso più bello che avesse mai visto e seppe in quel momento di aver fatto la scelta giusta. Tutto quello che lo rendeva così felice e che faceva sì che lo guardasse in quel modo ne valeva lo sforzo. “Oh, Dave, grazie mille! Non ho parole per dirti quanto ciò significhi per me. Quanto sarà importante per tutti quelli delle Nuove Direzioni.”

Voleva che Kurt continuasse semplicemente a sorridergli così… beh, per sempre. Ma aveva bisogno di stabilire alcune regole di base, se voleva riuscire a sopportare la consapevolezza che lui e Sandy avrebbero potuto trovarsi nello stesso edificio allo stesso tempo. “Ci sono delle condizioni, però,” disse, e il sorriso dell’altro, come si era aspettato, si smorzò considerevolmente.

“Certo,” gli assicurò prontamente. “Tutto quello che vuoi, Dave.”

È te che voglio, fu la prima cosa che gli venne in mente, ma riuscì a metterla da parte e concentrarsi. “Per prima cosa, voglio un preavviso di almeno qualche ora che lei si troverà a scuola. Il giorno prima sarebbe anche meglio. E voglio sapere esattamente dove e per quanto rimarrete a fare le prove, così da poter starne alla larga.”

Il suo compagno annuì. “Assolutamente,” concordò, sincero.

“Tu non le dirai niente di me. Né quante volte ho alzato la mano a educazione civica, né cosa ho indossato a scuola… niente. E non voglio che sappia dov’è il mio armadietto o che macchina guido.”

“Okay. E, giusto perché tu lo sappia, lo sto già facendo. Mi sarebbe sembrato di tradire la tua fiducia se le avessi parlato di te. A volte parla lei di te, ma io mi limito ad ascoltare.”

“Bene. Non dire a nessuno che è mia madre o neanche che ci conosciamo. Assicurati che anche lei non lo dica in giro. E per finire, voglio che tu mi prometta che se comincia a insistere per avere informazioni da te, o perché organizzi un incontro, o se la becchi a cercare di vedermi in qualche modo, le dirai che non può più aiutarvi.”

“Di nuovo, lo farei comunque. Voglio che ci aiuti, ma se dovesse tradire la mia fiducia, neanch’io la vorrei nelle vicinanze. So che non hai un’alta opinione di Sandy, ma in ogni caso dovresti sapere che non tollererò che mi si usi.” Lui ridacchiò piano alla sua espressione altezzosa. “È tutto, Dave?”

Era stato così compiacente che Dave fu quasi tentato di buttare lì un lascia Blaine e mettiti con me. O magari, permettimi di toccarti i capelli almeno una volta al giorno. Accennò un sorriso, pensando che Kurt fosse la persona più fantastica dell’intero pianeta per essere in grado di farlo sorridere a qualcosa che avesse a che fare con sua madre. “Sì,” rispose. “Penso che sia tutto.”

“Bene, allora andrò a fare una capatina dalle Piccole Dive Danzanti,” lo informò, riferendosi al piccolo studio che la donna aveva aperto su una strada piena di negozietti, “e glielo chiederò. Sarebbe ironico se dopo tutta questa fatica dicesse di no. Ma non penso che accadrà.”

Lui fece spallucce. “Buona fortuna.”

Kurt si alzò, guardandolo intentamente. “Grazie,” disse. “Senti, Dave, non so se questo ti sembrerà strano o no, ma… sono fiero di te. Sei molto di più di quel bullo senza volto con una granita in mano che pensavo che fossi due anni fa. La persona vera che sei, dentro di te… Spero che continui a farla uscire, anche se è solo un po’ alla volta. Non è poi così male, sai?” Gli diede una pacca sulla spalla e lo superò, diretto alla porta.

Lo so, pensò lui. E sono felice che adesso lo sappia anche tu.

 

 

Per me il pairing Kurtofsky ruota tutto attorno alla redenzione e al perdono. Scrivendo questo capitolo sono riuscita a sviluppare le mie opinioni a riguardo e a dare ai rancori e alla negatività un bel calcio dove non batte il sole. Spero che non vi sia sembrata una predica. E che mi lasciate qualche recensione, così da sapere se sono riuscita nel mio intento!

 

 

*N.d.T.

1 – Noticina per ricordarvi che la fic è stata scritta prima della terza stagione e prima del ‘ringiovanimento’ di Blaine. Qui lui e Kurt hanno la stessa età.

2 – Il bagnoschiuma Axe Fever si merita la noticina per comunicarvi in modo appropriato la machosa machosità virile del prodotto, che (e qui traduco direttamente dalla pubblicità) evita di mettervi in contatto con il vostro lato femminile, come fanno invece tutti quei prodotti dai profumi floreali. Questa sì che è roba maschia. Fonte. XD *Muore soffocata dalle risate!*

 

V.d.T.

Una delle cose che adoro di più di questa autrice è come inserisca elementi di vita quotidiana all’interno di ogni storia – il riferimento al bagnoschiuma da machi, i crimini famosi a cui ha accennato, le ricerche culinarie che fa per i pasti dei personaggi… io l’adoro! Mi fa entrare nell’atmosfera della storia come nessun’altro!

Grazie a Titty4ever per seguire la storia, ai fedeli recensori e a chi legge! Spero che la fic vi stia piacendo!

A sabato prossimo!

   
 
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