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Autore: SkeSmartMistake    15/09/2012    1 recensioni
Questa è la seconda parte di ALL TIME LOW NEVER STOP INVADING MY HEAD.
Il filo narrativo e sempre il medesimo, quindi chi è pronto a rituffarsi con Alex, Jack, Rian e Zack nelle loro intricatissime vite?
Let's go.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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La tensione era alle stelle.

Sentivo il cuore palpitarmi in gola, era come se il mio pomo d’Adamo fosse pronto ad esplodere.

Ancora nessuna risposta.

“Forse non c’è, forse non vuole rispondermi, forse è in bagno, o magari sta facendo qualcosa con il suo nuovo ragazzo…” una serie di pensieri mi affollarono la testa, e mentre nessuno si decideva ad aprire quella benedetta porta, il mio cervello elaborò a malincuore la soluzione migliore: andarsene.

Girai su me stesso, alzando le spalle.

Se era così che doveva andare, lo avrei accettato.

-Chi è?-

Ma forse non era così.

La voce di una signora anziana si fece  sentire, proveniva dalla porta d’ingresso.

Mi voltai speranzoso e intravidi la figura di una donna in carne attraverso il vetro opaco della porta.

-Sono Alex, Alexander- Dissi con un sorriso.

-Adel?- Rispose la vecchia signora attraverso la porta.

-No signora, Alex: Alexander William Gaskarth-  ripetetti ad a voce alta.

-Oh cielo.- Disse la donna con tono sommesso.

Calò il silenzio.

L’unico rumore che riuscivo a sentire fu quello di un paio di scarpe col tacco che camminavano sul pavimento.

Poi finalmente la porta si aprì.

-Che diamine ci fai qui?-

Una giovane donna mi guardava arcigna con quegli occhi cioccolato che mai dimenticherò, i capelli ramati lmossi in balia del venticello umido, la bocca carnosa leggermente curva verso il basso e quel fisico mozza fiato fatto di curve da far invidia ad una clessidra: nonostante l’altezza Maria era da sempre il tipo di donna che preferivo.

Era diventata più bella, gli anni in più le avevano dato quel nonsoché di donna matura che la rendeva terribilmente sexy.

-Alex?-

Scossì il capo e tornai in me.

-Si.- risposi senza pensare.

-Ti ho chiesto che ci fai qui?-  Disse mettendosi le mani sui fianchi a mo’ di rimprovero.

-Sono venuto a scusarmi di persona.- Cercai di mantenere un tono normale senza far notare l’ansia.

-Non ho bisogno delle tue scuse, va bene così.-

La sua risposta fredda mi diede modo di ricompormi, di vedere le cose come stavano.

-Mi sembrava giusto fartele di persona-

-Alex, va bene così davvero.-

Una gioccia mi bagnò il naso, stava incominciando a piovere.

La guardai in quegli occhi così profondi che avrei potuto perdermici.

-Maria io… Io credo di essere ancora innamorato di te.

Immaginate la reazione ad un’affermazione simile.

C’è chi si commuoverebbe, chi mollerebbe una sberla, chi rifiuterebbe, chi corrisponderebbe con gioia.

Lei non fece nulla di tutto questo.

Maria, scoppio a ridere istericamente.

Poi si calmò, e mi guardò intensamente senza nascondere le lacrime.

Non sembravano lacrime di gioia però.

Con le sue lacrime si mescolarono anche le gocce di pioggia.

Ormai piovigginava piuttosto fitto.

-Maria…- Sussurrai avvicinandomi a lei.

Allungai le mani verso lei e cercai di abbracciarla.

Le presi il viso con le mani e lei rimase immobile.

I nostri volti erano completamente bagnati.

Cercai  di assaporare quel momento, quella scena ricreata che però assomigliava tanto al nostro primo bacio.

Era una domenica, avevamo fatto colazione insieme in una di quei bar all’inglese e poi avevamo camminato lungo le stradine di Baltimora incerca di un riparo dalla pioggia insistente.

L’avevo incontrata la sera prima, in uno di quei miserei localini di stiptease dove solitamente vanno i ragazzini che non riescono a controllare gli ormoni, o semplicemente i vecchi senza ritegno

Ricordo che ballava bene, si muoveva sul palo con una certa sinuosità, eppure sembrava infelice, sembrava come una farfalla rinchiusa in una campana di vetro.

Quando finì il suo spettacolo la vidì nascondersi dietro le quinte; il proprietario (un vecchio balordo) le si avvicinò con aria cattiva puntandole il dito contro e gesticolando.

La ragazza scoppiò a piangere e corse verso la via d’’uscita, guardai gli altri che, troppo presi dalla nuova stripper non si erano accorti di nulla, e mi divincolai tra i tavolini con una certa destrezza, per poi aprire la porta  del retro e vederla lì, immobile a fissare il muro di fronte.

Non c’erano parole per descriverla.

Mi avvicinai a lei e l’abbracciai, e lei ricominciò a piangere.

Poi smise e abbozzò un sorriso asciugandosi le lacrime.

Da quel momento fino all’indomani mattina non l’abbandonai un istante.

Passammo tutta la notte a parlare di noi, di come io volessi trasmettere emozioni attraverso la mia musica, e stessi dando il massimo per farlo; di come lei desiderasse una vita da medico, ma fosse stata tratta in inganno da un uomo che fingendosi un buon manager e  promettendole fama e felicità, l’aveva incastrata in un locale per donne di strada.

E fu così che più o meno alle 9 e mezzo del mattino, dopo una notte insonne, ci ritrovammo in una stradina poco fuori dal Block* di Baltimora, la pioggia che ci aveva completamente inzuppato capelli e vestiti, e solo la crescente voglia di stare un po’ più vicini.

Ci guardammo e scocco in noi una scintilla.

Così avvenne il nostro primo bacio.

 

 

-E’ proprio vero Alex Gaskarth, arrivi sempre in ritardo, e non solo di 10 minuti.

-Maria, mi dispiace. Giuro.-  scossi il capo continuando a guardala negli occhi, sentivo dentro di me una rivoluzione emozionale.

Lei si strinse  a me e incominciò a piangere. 

Credo che in quel momento tra tutte le lacrime versate ce ne fosse anche qualcuna delle mie.

-Shhh… - cercai di consolarla io mentre di tanto in tanto le accarezzavo la chioma color rame ormai bagnata.

All’improvviso alzò il capo, si asciugò le lacrime e mi guardò anche ella negli occhi.

Poi mi prese la mano e mi condusse velocemente nell’angolo della casa, in modo che nessuno potesse vederci, in modo che neppure la pioggia potesse darci toccarci.

Mi spinse contro il muro, le sue braccia creavano una sorta di recinzione.

I nostri sguardi, non si erano abbandonati un solo istante dal momento in cui si erano incrociati.

Avvicinò il suo viso al mio e io feci lo stesso.

Socchiusi gli occhi aspettandomi un bacio che non arrivò.

-E’ tardi Alex, devi tornare a casa.

E così dicendo, con il capo chino si allontanò da me senza però lasciarmi la mano.

Sospirai e sciolsi l’intreccio delle nostre dita, poi senza dire una parola mi voltai e percossi il vialetto  sotto la pioggia scrosciante a passo lento fino alla macchina.

Mi guardai indietro giusto il tempo di vederla in mezzo al vialetto, il viso arrossato dalle lacrime, i pugni chiusi e i capelli fradici.

Dovevo tornarmene a casa.

Ora  si, sembrava che tutto fosse arrivato al termine.

 * THE BLOCK è la zona a luci rosse di Baltimora.

 

   
 
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