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Autore: Focosa    15/09/2012    7 recensioni
La storia è basata su questa rivelazione della Rowling:
"Ogni tanto riflettevo sulla possibilità che Harry fosse impazzito in quel ripostiglio e che quanto accaduto fosse un prodotto della sua mente".
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Spazietto di Focosa:
Premetto che questa FanFiction potrebbe lasciarvi un po' scossi, perchè è parecchio strana.
L'idea mi è vanuta da questa rivelazione della Rowling:
"Ogni tanto riflettevo sulla possibilità che Harry fosse impazzito in quel ripostiglio e che quanto accaduto fosse un prodotto della sua mente".




...ci fu un lampo di luce verde, e tutto svanì.
Aprì gli occhi piano piano, con molta fatica, senza capire cosa stesse accadendo.
Poi ricordò: Volemort lo aveva ucciso! Si trovava in paradiso?
Ma l'ambiente che lo circondava aveva un aspetto fin troppo terreno.
Era una stanza. Anzi, pareva di più la cella di una prigione. Il mobilio era anonimo e quasi del tutto distrutto. Il muro, che probabilmente un tempo era stato bianco, ora era ricoperto di scritte e graffiti. Uno di quelli attirò in particolare la sua attenzione, era un simbolo che negli ultimi mesi aveva visto spesso: il simbolo dei doni della morte. Chi ce lo aveva disegnato?
E soprattutto, che posto era quello?
Cominciava ad essere spaventato. Non capiva, era certo di essere morto, lui stesso era andato da Voldemort. Guardò meglio le scritte intorno a quel simbolo. Era come se raccontassero la sua vita. In una parete lì accanto c'era una lista di nomi a lui familiari:
Ron Weasley, Hermione Granger, Ginny Weasley, Draco Malfoy, Sirius Black, Albus Silente, Severus Piton, James e Lily Potter... e tantissimi altri. Come se qualcuno avesse scritto l'intera lista delle persone che aveva incontrato e sentito nominare nel corso della sua vita.
La paura cresceva, e ancora non capiva cosa fosse quel posto e perchè ci si trovasse.
Era così la vita dopo la morte? Sarebbe rimasto per l'eternità in quella stanza, fra quelle scritte che parlavano di lui?
Poi sentì dei passi avvicinarsi, e qualcuno che apriva i lucchetti che sigillavano quella stanza.
Velocemente afferrò il Mantello dell'Invisibilità per celarsi.
Entrò una donna in camice, armata di cartellina e un carrello che aveva lasciato nel corridoio. Osservò per un po' il punto dove avrebbe dovuto trovarsi lui, come se potesse vederlo...

«Signor Potter, potrebbe per cortesia uscire da sotto il lenzuolo?» disse a bassa voce e con tono pacato.
Cosa? Poteva vederlo? Il suo mantello non aveva mai fallito prima d'ora.
La donna scarabocchiò qualcosa su un taccuino.
«Come preferisce, rimanga pure lì» sempre quel tono pacato «Come si sente oggi? Mi dica qualcosa»
«Sono morto, è così?» si fece sfuggire. Era confuso, non sapeva cosa pensare.
Vide la donna continuare a scrivere «No, signor Potter. Fortunatamente questo ancora no»
«Ma Voldemort mi ha ucciso.. ha usato l'Avada Kedavra su di me, io devo essere morto»
«Temo sia meglio aumentare la dose, riferirò» disse tornado a scrivere.
«Dose? Ma di cosa sta parlando?» ormai era sull'orlo di avere una crisi, lo sentiva.
La donna lo guardò mortificata, una lacrima le rigò il viso... «Non rimarrà sempre nell'oblio, signor Potter, guarirà un giorno, glie lo assicuro. Ha solo 17 anni, lei deve combattere per se stesso»

Guarirà? Ma di cosa stava parlando? Sarebbe diventato pazzo se qualcuno non gli avesse spiegato qualcosa! La rabbia lo colmava...d'impulso si alzò e prese la donna per la gola sbattendola al muro.
«Mi vuole dire dove diavolo mi trovo?» urlò.
Strinse sempre più forte. La donna si dimenò, premette un pulsante, e si sentì in trillo di una sirena in tutto l'edificio.
Harry mollò la presa e poco dopo arrivò una squadra di agenti a legarlo con una camicia di forza. Lo avevano costretto a sedersi su di una sedia, piangeva... Voltandosi video uno specchio rotto, scorse l'immagine del suo vlto che era di gran lunga più sciupato di quando mai avesse ricordato.
Colse, poco dopo, la conversazione della donna che aveva aggrdito e di un'agente.
«Non è nulla, davvero. Se penso al fatto che questo povero ragazzo è impazzito alla giovane età di undici anni» scoppiò in lacrime «posso solo ringraziare che quei due pazzi dei suoi tutori siano stati madati in prigione. Anche se saperlo non lo aiuta a guarire»
«Già, è davvero da barbari tenere un bambino rinchiuso in un ripostiglio per tutta la sua vita. Pensandoci, è ovvio che si voglia rintanare in questo suo mondo magico. Ma il ragazzo deve capire che non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere»
L'agente tornò alla sua postazione, la donna tornò a controllare gli altri pazienti del manicomio... e Harry tornò nel suo mondo. Chiuse gli occhi e quando li riaprì era da Silente, in una Kings Cross completamente bianca...

  
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