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Autore: Aliens    15/09/2012    1 recensioni
Anno 2090, nel mondo resuscita l'incubo nero del nazismo. Il nuovo Reich, il Quarto, ha tutte le caratteristiche per non affondare come il primo.
Ed è in questo Quarto e Sanguinario Reich che la storia inizia, lontano dai cicli e dai Dejà-vù.
La storia dei rimorsi che si bagnano nel rosso cupo del sangue, la storia di un odio così profondo da sprofondare nella passione sfrenata, nel malinconico strugimento che due nemici provano quando qualche sadico li ha fatti incontrare. La storia di due Titani che collidono inevitabilmente.
I due titani sono Alexis Marie Goldman, figlia di un ufficiale SS senza scrupoli che odia il Reich, e Tom Kaulitz, dispotico Raichführer arrivato da Auschwitz. E sono loro le vittime del gioco più pericoloso del mondo: L'Amore
«Non è mai stato nel mio carattere cercare le cose facili, Bloody Mary» le confessò «E così ho deciso di giocare con te»
«Hai intenzione di ricattarmi, Herr Kommandant?» chiese lei «O hai intenzione di perdere?»
«Se ci fosse la provabilità che succedesse, Fräulein, non comincerei affatto» le disse con dolcezza «Ma è bello illudere l’avversario».
Genere: Commedia, Erotico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Three.

Il gioco.

 

 

 

Una finzione.

Ecco cosa vedeva Tom, una farsa studiata a tavolino per fregarlo.

Un farsa così ben congeniata da essere lampante. Le famiglie ariane perfette non esistevano, Milla –la dolce Milla descritta dal Oberführer- altro non era che una subdola calcolatrice che lo guardava come se volesse saltargli addosso lì, sul tavolo della lussuosa sala da pranzo, persino davanti a suo figlio. Tom ricambiava lo sguardo. Lui non aveva scrupoli di sorta, non gli fregava se una troia bionda sposata gli si buttava al collo. Il bambino veniva educato come Beuer avrebbe approvato, voleva fare il militare perché voleva assomigliare al padre sottomesso dalla moglie. Faceva pena vedere un agente della Gestapo subire la tirannia della bellissima moglie. Tom credeva, quasi con convinzione, che Milla facesse pesare quest’aspetto dal marito. La sua bellezza poteva essere pericolosa simile a quella della sorella che sedeva di fronte al padre, alla sua sinistra. Nel suo sguardo c’era quella nota letale che lo fece insospettire, non poco.

«Allora» prese parola Fred –il suo nome era troppo lungo per i suoi gusti- «Come si trova qui a Berlino?»

«Abitavo a Berlino, la ritrovo uguale a quando ho iniziato l’Accademia militare ad Amburgo» rispose Tom afferrando il suo calice colmo di vino rosso italiano «Ma, a dir la verità, preferisco Birkenau a questo macello».

Alexis fece slittare lo sguardo verso di lui «Preferisce un Campo di Sterminio a Berlino, Herr Kaulitz?».

Ironia, una sottile ironia che piacque a Tom tanto quanto lo fece insospettire.

Insolenza, ribellione. Alexis era di sicuro la pecora nera della famiglia.

Sorrise mentre beveva un po’ del liquido rosso nel bicchiere «Una volta che uccidi, Fraülein, impari ad amare il silenzio che porta».

«Lei è macabro» rispose lei con interesse beccandosi un’occhiataccia dalla madre.

«Macabro in che senso?» domandò lui, divertito.

Il caratterino di quella ragazza stava iniziando a farlo insospettire di più. Indomata, misteriosa nonostante il suo candore.

«Nel senso che lei mi ha appena detto che le piace uccidere» spiegò Alexis «Credo che la confusione di Berlino sia l’ideale per gente che ama uccidere, non crede? Niente occhi indiscreti»

«Gli occhi indiscreti nei Campi vengono uccisi, sorellina» sopraggiunse Fred bevendo il suo vino.

«E quest’affermazione di grande saggezza da cosa viene? Da quella misera settimana che hai passato a Dachau?»

Seconda frecciatina, Tom sorrise ancora.

«Tuo fratello ha ragione, principessa, i testimoni scomodi non esistono in un Campo di Concentramento» asserì Tom guardandola «Ed è lì che finirà Bloody Mary quando la scoprirò».

Eccola, la nota di sfida che trapassò gli occhi della bella bionda mentre, il bicchiere d’acqua in mano, lo guardava da dietro le lunga ciglia «E sì certo, speriamo sia il più presto possibile».

Ironica, pungente, provocatoria.

Il Reichführer sorrise mentre affondava la forchetta nella sua bistecca. Stava iniziando a partorire una sua idea. Un’idea strana ma che, nella sua logica, era quasi inappellabile.

Aveva bisogno, però, di prove concrete.

Infilò in bocca un pezzo della sua bistecca e decise che sì, doveva mettere in gioco la sua più grande qualità: il suo essere sottilmente provocatorio.

«Quindi…» disse interessato «Sei un ufficiale di Dachau» si rivolse al fratello della bionda «Come ti trovi?»

«Beh è un posto alquanto scomodo» sospirò Fred tetralmente «Sporco e pieno di gente che dovrebbe morire all’istante».

Piccolo movimento sotto il tavolo. Tom sorrise ancora fingendosi interessato.

«Ma c’è solo una piccola Camera a Gas che non possiamo usare se non per l’eutanasia degli hanticappati, quindi, il regime che abbiamo al Campo e lo sfinimento e le esecuzioni sommarie…»

Tom inclinò la testa e l’appoggiò sulla mano «Sono stato a Dachau quando stavamo ricostruendo i Campi, ricordo che era messo abbastanza male rispetto ad Auschwitz».

«Beh, adesso il Campo si sta ampliando, ma sì, credo che il più grande sia quello da lei diretto, lo dirige ancora?»

Tom annuì mentre notava un altro movimento dalla bionda. Era il discorso giusto «Sì, a distanza però» spiegò «Non si abbandona ciò che si è creato» disse con finto orgoglio «Ma mi stanno dannando l’anima a Birkenau perché vogliono motare un’altra baracca con sei forni crematori, dicono che da quando sono andato via molti abbiano tentato la fuga e si siano ammazzati mentre toccavano il filo spinato… che scimmie idiote» ridacchiò crudele «Morire fulminati e sinonimo di arrostire, cosa c’è di diverso nel essere infilati in un forno?»

«Che ne primo muori subito, nel secondo soffri come un cane» rispose, lapidaria, la bionda.

Tom si voltò verso di lei «Lo credi davvero?»

«Non mi sembra una cosa così fuori dal mondo, Herr Kommandant, una scossa elettrica ti uccide subito, un forno ti fa morire lentamente e ti fa impazzire ancor prima che succeda».

«Conosci bene queste cose, Fraülein, una bambina come te non dovrebbe saperle certe cose» inclinò la testa.

«Mi piace informarmi, Signore, non voglio essere come altre donne del Reich che stanno in casa a non far nulla, voglio capire ciò che succede fuori».

Piegò la testa e Tom sorrise.

«E allora cosa pensi di Bloody Mary, principessa?»

Alexis lo odiò. Lo odiò perché, incosciamente, si era incastrata da sola, lo odiò per quel nomignolo tanto vezzeggiativo da farle capire che quello lì non la stava prendendo sul serio.

Tom la guardava con un’innocenza che quasi la disarmava.

«Penso che…» disse con difficoltà.

«Herr Kommandant, le ho portato il vino che aveva chiesto» entrò in scena Yona con in mano una bottiglia di vino bianco. Tom le sorrise e le intimò di avvicinarsi.

Alexis sospirò di sollievo. L’aveva scampata. Doveva metterci più impegno e tenere l’orgoglio dentro o l’avrebbe scoperta. Tom non era un pollo, Tom era un osso duro.

 

 

 

***

 

 

Uscì lentamente sul balcone seguito dall’Oberführer.

Infilò una mano nella divisa nera e ne estrasse un pacchetto di Malboro appena aperto. Lo aprì e ne estrasse una stecca per poi porgerla all’uomo. Goldman ne prese una e il ragazzo rimise al suo posto il pacchetto.

Si andò ad appoggiare alla ringhiera di ferro battuto che si fondeva con la notte e la sua divisa e si accese la sigaretta tenendola tra le labbra. Fece un primo tiro mentra fissava Berlino dall’alto.

Era già passata l’ora del coprifuoco per i civili. Le ultime luci del Ghetto Ebraico erano state spente qualche ora prima di quelle degli Ariani. Da lassù Berlino appariva una latra nera pattugliata dalla Gestapo, una lastra che perdeva la sua caoticità e si trasformava in una città fantasma.

Buttò fuori il fumo «Sai, Goldman, non è stata una cattiva idea venire qui»

«Sono felice, mein Kommandant» trillò l’uomo accendendosi la sigaretta «Sono contento che lei sia venuto».

«Hai una bella famiglia» mentì «Il genere di famiglia che spero di avere un giorno»

Goldman sorrise trionfante. Aveva fatto centro.

«Vorrei chiederti una cosa, ma spero che non lo prenderai come un ordine da parte del tuo Superiore ma come una richiesta che fa un ragazzo ad un padre» iniziò.

Goldman annuì.

«Non ti dispiacerebbe se portassi a fare una passeggiata Alexis, mi piacerebbe conoscerla meglio».

E Goldman sorrise ancora, un sorriso così radioso che fece ridere Tom. Pensava di avercela fatta con lui. E sarebbe stato così se Tom non fosse stato ciò che era.

Non sarebbe mai caduto in quell’intrico all’ Onore e Pregiudizio di Jane Austin.

L’uomo si illuminò scuotendo la testa «Non ci sarebbe persona più affidabile a cui lasciare la mia bambina che lei, Signore».

Quello che Goldman non sapeva era che a Tom, quel confroto, serviva per pareggiare i conti.

 

 

 

***

 

 

 

Fianco a fianco.

Tom ed Alexis camminavano fianco a fianco nel silenzio del giardino di quell’enorme villa.

Lei teneva la testa bassa e camminava senza parlare, di tanto in tanto toccava il piccolo pugnale che aveva infilato sotto la gonna in una giarrettiera improvvisata.

La tranquillizzava.

«Ti starai chiedendo perché ti ho portata a fare una passeggiata, vero?» ruppe il ghiaccio Tom.

Si fermò proprio dove il Comandante SS aveva bloccato il suo passo.

Uno strano sorriso era dipinto sul suo volto, un sorriso che non le piacque affatto. Illuminato solo dalla tenue luce della luna sembrava etereo e cattivo.

«Aveva intenzione di allonarsi dalla mia famiglia, lo vedo nei suoi occhi che non le piace» affermò ferma la ragazza.

«Dammi del tu Alexis» le permise Tom, con un sorriso «E sì, sei un’ottima osservatrice, non sopporto nessuno dei cazzoni della tua famiglia, troppo neonazisti per il mio parere, e rigidi» inclinò la testa «Avrei voluto infilare una scopa nel loro culo se già non ne avessero una»

«Allora perché sei venuto?» gli chiese lei senza giri di parole. Non aveva voglia di conversare con quel mostro, perché tale era.

Durante la cena aveva allietato i presenti di anneddoti sui Campi di Concentramento. Storie macabre di massacri e di maltrattamenti che avevano reso l’atmosfera insopportabile per lei.

Si era anche incisa le unghie nella pelle per non urlare di smetterla.

Tom la prese per una mano «Per te» sussurrò sorridendo «…e per Bloody Mary».

Freddo.

Alexis sentì solo un gelo innaturale prenderla mentre Tom le serrava i fianchi e si abbassava verso di lei «Sei insospettabile, principessa, così insospettabile che questo sarebbe stato l’ultimo posto in cui avrei cercato la famigerata Assassina».

Alexis alzò lo sguardo verso di lui «Cosa ti dice che sia veramente io?»

Tom sorrise, un sorriso freddo e ammaliatore «Non sei l’unica ad essere una brava osservatrice, Alexis» le rivelò «Non ci vuole un genio a capire chi tu sia veramente»

«E se anche fosse?» chiese lei spingendolo.

Tom inclinò la testa «La prassi sarebbe denunciarti subito, mandarti a Birkenau o a Mathausen e farti finire dritta in una Camera a Gas o, meglio, torturati fino ad usare la tua pelle per rivestire un baule».

Prese a percorrere il perimetro intorno alla sua armoniosa figura mentre Alexis prendeva le sembianze di una statua, simile alle bianche figure che adornavano il giardino.

«Sai, Alexis, nessuno può davvero capire quanto ci godrei a farti internare e a tornarmene tra le baracche ad Auschwitz a fare ciò che so fare meglio» le confessò con un sibilo di pura cattiveria.

«E ti farei anche internare a Matahusen sai, a spaccare le pietre e a farti spingere giù, lungo le Scale della Morte fino a farti metidare il suicidio» continuò.

Alexis chiuse gli occhi voltando appena la testa. Ecco, lei lo sapeva. Tom l’aveva scoperta con una facilità disarmante.

Si sentiva sul punto di piangere.

«Saremmo tutti contenti no? Io, il Reich, le prossime vittime della canna di Bloody Mary, i tuoi genitori perché tu per loro sei solo uno strumento di manipolazione politica… tutti!» sorrise.

Lo sentì dietro la sua schiena. Il suo respiro cadenzare l’aria tesa.

Le posò le mani sulle spalle e la costrinse a girarsi verso di lui dolcemente. Alexis si lasciò trascinare, gli occhi serrati per la paura.

La mano calda di Tom le sfiorò il collo per poi afferrarle il mento «Apri gli occhi» le ordinò.

Il suo respiro caldo le lambì il viso riscaldandola appena. Aprì appena gli occhi per potersi specciare in quelle due stille di petrolio ambrato.

Si impresse quei due occhi nella mente perché sapeva, lo sapeva perfettamente che quelli sarebbero stati gli occhi del suo assassino.

Gli occhi della sua morte.

Li guardò con quel misto di agrodolce attrazione che le stava facendo male. Perché la sua morte aveva le sembianze di un angelo rivestito dalla gelida e tetra divisa delle SS.

Il suo sguardo gelido e superiore la fecava pietrificare, era lo sguardo di un aguzzino.

Tom era un aguzzino, a lui facevano riferimento i Direttori dei Campi di internamento. Lui era il nuovo Himmler.

«Ma sarebbe un tale spreco» esalò Tom.

Il suo sorrisino era così diabolico che Alexis ne rimase impressionata e spaventata.

«Non ci sono persone come te nel Reich» le confessò socchiudendo gli occhi «Sei letale, Alexis, e io mi annoio…» le disse con compiacimento «Sarà bello giocare con te…»

«Giocare?» chiese lei.

«Non è mai stato nel mio carattere cercare le cose facili, Bloody Mary» le confessò «E così ho deciso di giocare con te»

«Hai intenzione di ricattarmi, Herr Kommandant?» chiese lei «O hai intenzione di perdere?»

«Se ci fosse la provabilità che succedesse, Fräulein, non comincerei affatto» le disse con dolcezza «Ma è bello illudere l’avversario».

Alexis sorrise.

Anche a lei piaceva giocare, Tom Kaulitz non sapeva a cosa stava andando incontro.

E nemmeno lei.

 

   
 
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