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Autore: NoceAlVento    16/09/2012    1 recensioni
Blue si svegliò sotto uno spesso strato di neve di diversi centimetri. Si alzò in piedi scrollandoselo di dosso e istintivamente si domandò per quanto tempo fosse rimasto fermo per concedere al nevischio di ricoprirlo a quel punto. Si trovava in una sconfinata piana su cui imperversava una violenta bufera di neve e le correnti d'aria, che cambiavano direzione di minuto in minuto, gli ghiacciavano il volto. Inizialmente si convinse di trovarsi nella distesa a est di Pallet Town e cercò di spiegarsi la tempesta, fino a che non avvistò, in lontananza, qualcosa di mai visto prima: un gigantesco numero nove in pietra – forse ossidiana o tectite, a giudicare dal colore molto scuro – che veniva trascinato dalle folate ora da un lato, ora dall'altro. Improvvisamente l'effigie mutò direzione di volo dirigendosi verso di lui. Blue iniziò a fuggire alla sua sinistra, ma sprofondò dopo pochi passi nella coltre immacolata su cui poggiavano i suoi piedi. Per sua fortuna tanto bastò: una corrente sospinse a metà strada il nove nella rotta opposta alla sua, allontanandolo all'orizzonte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo del Conflitto Globale'
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IV 'La vita di un fiore'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Mount Chimney: Monte Camino.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Agatha: Agatha.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Briney: Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).

Bruno: Bruno.

Clair: Sandra.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


IV: “La vita di un fiore


Siamo abituati a ricordare solo dati passi di un periodo storico. Veniamo improntati fin da giovani alla lettura di libri di storia che inevitabilmente devono ridurre i propri contenuti, e perdiamo così spaccati di vita giudicati meno importanti. Mai si potrà leggere di come ogni uomo, ogni famiglia, finanche ogni città ha percepito un avvenimento, e ovviamente saranno ignorati gli accadimenti più insulari nell'ordine cosmico che si mira a tratteggiare.

Ma sono forse essi in minor grado considerevoli? Non merita forse un ritaglio in un giornale l'eroismo di un pompiere che spegne un incendio, o la tristezza di una madre che soffre la malattia del figlio? Ebbene, questa è l'importanza di noi scrittori: siamo noi che dobbiamo narrare ciò che le luci della ribalta mancano di illuminare con il loro fascio. Certo, è difficile, è molto più agevole esporre fatti che bene o male chiunque conosce, magari apportando un proprio contributo oppure esprimendo un'opinione fuori dal coro, permanendo tuttavia su binari già tracciati. Ma non è quello uno scrittore: quello è una pecora, un avanzo, un accidioso che non ha il coraggio di strapparsi dalla massa; e benché possa apprezzarne l'esperimento, non potrò mai considerarlo un mio pari.

Il vero scrittore è colui che racconta l'inedito. È difficoltoso, non vi è dubbio: è necessario sapere ciò di cui si sta parlando, progettare nei minimi dettagli quanto si vuole stendere prima ancora di mettere mano alla penna, e non affidarsi all'umore di un istante per decidere come proseguire. È pesante da leggere non meno che da inventare, ed è necessaria una cura maniacale prima di aprire ciò che la propria mente ha concepito al grande pubblico. Viene da chiedersi perché impegnarsi così tanto per un risultato che si può raggiungere con metodi più elementari che magari possono anche sfociare in fama maggiore.

La risposta è basilare: perché c'è differenza tra chi è seguito da uno stuolo di mediocri e chi da un pugno di optimates; e solo il secondo è veramente conscio di aver realizzato ciò che si era proposto.


Lance, una volta individuato Blue e operate le dovute considerazioni, era scattato subito per seguirlo celatamente. Apparentemente diretto a ovest, il ragazzo costrinse l'allenatore ad attraversare trasversalmente l'intera Pallet Town, con sua sorpresa intersecata su quella via da un corso ospitante una quantità indescrivibile di negozi di ogni genere profumati di mille odori diversi. Nonostante in ragione delle ridotte dimensioni del borgo non vi fosse una folla pressante a ostacolare il Superquattro, questi provò comunque un senso di smarrimento a pensare alla piccola Blackthorn City che, pur avendo una Palestra, era ben più umile della periferica cittadina che stava varcando. Kanto era ben diversa da Johto, non v'era dubbio.

Blue giunse infine al limite occidentale del suo luogo, ossia una strada cieca isolata situata al termine di un ridotto parco. Con crescente dubbio da parte di Lance che Daisy avesse in qualche modo ragione – ovvero che suo fratello fosse seriamente coinvolto in qualcosa di ambiguo –, il venticinquenne lo osservò oltrepassare il confine e mettere piede in quello che era il principio del bosco di Pallet. Dopo qualche centinaio di metri il primo dei due riuscì a entrare nella foresta vera e propria, dalla quale provenivano versi che erano apparentemente di pokémon. Il Superquattro proseguì timoroso non per lui, bensì per il ragazzino che stava pedinando, in quanto avventurarsi in un posto simile senza compagni di difesa era alquanto pericoloso. Per quanto lo riguardava, certamente non correva pericolo, in quanto notoriamente le creature che vivevano vicino a Pallet Town erano deboli.

O meglio un rischio c'era: quello, credibile, di perdersi. Questa eventualità era accentuata dal fatto che, data la presenza di cospicui ramoscelli al suolo, aveva rallentato il passo per evitare di spezzarne anche solo uno rivelando la sua posizione all'inseguito. Quest'ultimo, d'altronde, procedeva con assoluta sicurezza, rafforzando in Lance la convinzione che fosse solito visitare regolarmente quel bosco.

Accadde l'inevitabile: la combinazione dell'andatura lenta del Superquattro e del suo scarso senso geografico provocarono la perdita di vista di Blue. Per qualche minuto il giovane vagò senza meta tentando di seguire le tracce lasciate, ma già dopo poco non era più certo se fossero sue o del ragazzo. Pronto a rinunciare, udì provvidenzialmente un'inconfondibile voce provenire dalla sua sinistra.

« Mi spiace, oggi ci sono solo io ».

Sempre più sospettoso, Lance si diresse verso l'origine del suono, prestando attenzione a non emettere a sua volta alcun rumore. Rifletté su quanto presumibilmente Blue aveva pronunciato: se stava spiegando a eventuali complici che Red era in quello stato, era ipotizzabile che loro non ne fossero i responsabili; non che ciò fosse in dubbio, dato che nella mente del Superquattro la condizione catatonica in cui sia lui che Oak versavano era legata con doppio filo all'attacco della notte passata.

« Avete visto? È arrivata gente in città ».

Il giovane localizzò il discorso che stava avendo luogo al di là di una cortina di cespiti color verde bottiglia. Non solo: poteva distintamente udire altri versi provenire da lì. Forse dei pokémon? Che stessero minacciando Blue con quelli?

« Come? Qualcuno dove? ».

L'allenatore si sorprese: udiva solo frammenti di conversazione nonostante si trovasse a pochi passi dai colloquianti, e non era concepibile che la vegetazione in quel punto si infittisse così tanto.

« Il cespuglio? ».

Lance intuì e trasalì, ma non ebbe tempo di reazione: di colpo vi fu un flash e un suono che si confuse con gli altri che erano emessi dalla foresta retrostante. Una scarica elettrica lo centrò e, tramortito, svenne.


« Dai, smettila di leccarlo, si sta svegliando! ».

Lance si destò sdraiato, e la prima cosa che notò è che si trovava in un luogo diverso rispetto a dove ricordava. Rammentò immediatamente dopo di essere svenuto e tentò di ragionarvi sopra, ma subito un piccolo viso marrone gli apparve di fronte e iniziò a bagnargli il capo con la lingua. Colto di sorpresa, Lance si drizzò seduto e iniziò a fissare la creatura con un'aria a metà tra lo sbalordito e il terrorizzato: era un incrocio tra una cagnolina e una volpe dal manto incredibilmente lucido che lo fissava con i suoi occhi luccicanti. Lo conosceva bene, era un Eevee.

« Mi scusi… Lei cosa ci fa qui? ».

Il giovane si voltò: Blue era seduto vicino a lui con un paffuto Pikachu sulle gambe che era intento a riceverne le attenzioni; poco distante da lui c'era qualche metro di spiaggia che preparava l'avventore alle onde del mare che scrosciavano e vi si abbattevano sopra. Spirava una piacevole brezza « Io… No, aspetta, dovresti dirmi tu che ci fai qui ».

« Ah, io… ».

« E questi due? Chi sono? Non mi avevi detto che Oak ti aveva già dato un pokémon ».

« Non l'ha fatto ».

« Allora mi sfugge qualcosa. Partiamo dall'inizio, che posto è questo? ».

« Siamo nel bosco di Pallet ».

« E fin qui ci siamo ».

« Io e Red andavamo spesso a giocarci, e abbiamo trovato questo posto ».

« D'accordo. Ora spiega Pikachu e Eevee ».

« Loro sono nostri amici ».

Lance rimase quasi disarmato dalla semplicità della replica « Sì, ma come li avete incontrati? ».

« Beh, stavamo giocando, un giorno, e li abbiamo trovati proprio qui. A dire il vero c'era solo Eevee, e abbiamo familiarizzato. Poi Pikachu è tornato con delle bacche, e poco è mancato che ci fulminasse. Poi abbiamo spiegato, e il resto è venuto da sé ».

« Molto strano, non sono originari di questo luogo ».

« In effetti gli avevamo chiesto dove fossero i loro genitori, ma non c i hanno dato risposta. Così li abbiamo adottati ».

« Alla vostra età? » il Superquattro parve sospettoso.

« Dov'è il problema? ».

« No, nessun problema… Ehi, aspetta, tua sorella mi ha detto che ogni pomeriggio tu e Red vi trovavate… Era per questo? ».

« Mia sor–– lei mi stava pedinando! ».

L'allenatore si sentì colto sul fatto « Ah, beh, e tu… Tu stavi… Oh, lasciamo perdere ». Detto ciò si sdraiò sull'erba nuovamente « Sono troppo stanco per litigare ».

« Mi spiace se Pikachu le ha fatto male. Voleva solo difenderci » Blue lo guardò « È molto protettivo. Eevee invece è timida, è molto strano che non sia scappata alla vista di un estraneo ».

Una folata di vento prolungata stava investendo il bosco di Pallet a quell'ora del giorno, ma Lance ne era appena sfiorato a motivo della sua posizione quasi al livello del mare « Sì, è una cosa che mi dicono in molti. Immagino di avere un certo feeling con i pokémon ».

« Sa, è strano, anche Red va molto d'accordo con loro. Io invece no, Eevee è l'unica finora con cui mi sia mai rapportato ».

« Beh, sei giovane. Col tempo otterrai esperienza. Poi non so se lo sai, ma le medaglie aiutano a guadagnarsi il rispetto dei pokémon, e io ho le otto della Lega di Johto ».

« Quindi lei ha viaggiato lì per la prima volta? E poi si è allargato a Kanto, quindi ».

« A dire il vero conosco molto poco Kanto. Non ho mai sentito il bisogno di viaggiarci ».

Il loro dialogo fu interrotto da un verso malinconico, più un lamento per la verità, che era risuonato per l'aria. La coppia si era voltata verso il suolo, dove Eevee si stava avvicinando a Pikachu – nonché, ovviamente, a Blue stesso –, emettendo qualcosa che rassomigliava a un guaito. Il topo elettrico, di rimando, non aveva potuto che replicare con un « pika » dal sentore rassegnato.

« Mi spiace, ma oggi non ne ho. Lo sapete, era Red a portarle ».

« Che cosa? » domandò il Superquattro in un amalgama di curiosità e pietà.

« Pokémelle ».

Il giovane rammentò le informazioni ricevute da Andrew, e finalmente riuscì nell'impresa di chiudere il cerchio « Ah, ma certo, ecco perché andavate al Berries For Two's… Scusa, ma come mai non sei passato oggi? ».

« Daisy le ha proprio detto tutto » Blue sorrise divertito, come se il fatto che un parente tanto stretto avesse tali dubbi su di lui da domandare al Campione della Lega Pokémon di pedinarlo fosse un fatto di scarsa o nessuna rilevanza « Ma la nostra famiglia ha difficoltà economiche. Era sempre Red a pagare per le Pokémelle ».

« Te ne approfitti, eh? ».

« Come le viene in mente? ».

« Ah, io non… Voglio dire, stavo scherzando ».

« Non lo dica neanche per scherzo. Red è una delle persone più gentili che abbia mai conosciuto, non potrei mai provare qualcosa per lui di diverso dall'amicizia ».

Il Superquattro parve turbato da questa risposta e indugiò per qualche istante in meditabonda quiete « Pokémelle, hai detto? ». Frugò in una tasca dei pantaloni e ne estrasse un oggetto alquanto bizzarro: somigliava a una sorta di tubo colorato, salvo il fatto che era relativamente corto e una delle due estremità si deformava in una protuberanza agghindata per ricordare le fattezze di una Poké Ball.

« Che cos'è? » domandò interessato il ragazzino.

« Un contenitore per Pokémelle ».

Intuendo quanto sarebbe seguito, Blue si affrettò a tentare di fermare l'allenatore « No, non deve… ».

« Vediamo cosa abbiamo… » quello lo ignorò completamente, non celando tuttavia una risata sommessa per il suo atteggiamento « … Oh, ben quattro Pokémelle Oro. Queste sono un regalo di un mio caro amico, un vero fenomeno nel crearle ».

Il rispettoso senso di rifiuto del suo interlocutore mutò in interesse verso quella rarità appena citata « Oro? Non le avevo mai sentite ».

« Beh, non sono da tutti. Allora, facciamo due a testa? Prima Eevee… Oh, Pikachu, non fare quella faccia, fai un po' il cavaliere » Lance allungò la mano reggendo un paio di caramelle che ai raggi del sole luccicavano quasi emanassero luce propria. Il pokémon, dapprima titubante, le annusò, dopodiché le inghiottì a breve distanza l'una dall'altra con voracità e riconoscenza. Appena dopo il suo amico lasciò il giaciglio che le gambe di Blue gli avevano offerto per avvicinarsi al braccio che nel frattempo aveva messo in mostra i restanti due dolciumi. Li ingerì quindi con piglio entusiastico, accorgendosi poi che erano diverse dai suoi soliti spuntini e ringraziando di conseguenza.

Blue, dal canto suo, era rimasto fino ad allora in contemplazione estatica « Avrebbe dovuto tenerle per i suoi pokémon. Erano sue ».

« Figurarsi. I miei draghi detestano le Pokémelle, non le avessi date a loro sarebbero rimaste per mesi là dentro ».

« Cosa posso fare per ricambiare? ».

Lance non rifletté per molto, ma quegli attimi gli sembrarono un'eternità. Non ricordava di aver mai fatto una richiesta simile, abituato com'era al fatto che le convenzioni sociali lo salvassero da una tale incombenza che lo poneva in uno stato di vergogna interiore. Tuttavia, vuoi per l'empatia del momento, vuoi perché per un attimo aveva abbandonato i suoi reali propositi, si sentiva quasi obbligato a chiederla « Sì. Mi puoi dare del tu? ».

« Io… Sì, va bene ».

E così, adagiatisi sull'erba di quella baia in miniatura, iniziarono a parlare dei più diversificati argomenti, spaziando da come scorresse la vita di un Campione a come Blue e Red impiegassero il proprio tempo insieme nei giorni antecedenti a quello del disastro – non in un'ottica investigativa, bensì per pura curiosità ancestrale –; discussero di quale fosse il legame più opportuno da intrattenere con i propri pokémon, trovandosi piacevolmente in accordo, e di come trascorresse la vita comune a Pallet Town; e fu ovviamente toccato anche il discorso della Premier Ball regalata dal professor Oak, nonché dell'ampia piana situata a est della cittadina e dell'arcobaleno misterioso avvistato dai due ragazzi proprio nell'occasione che aveva accomunato i due temi sopraccitati – secondo Lance in inglese si chiamava moonbow, ed era bianco perché l'occhio umano fatica a discernere la luce quando l'oscurità la avvolge.

Per i primi minuti era risultato quasi sconveniente l'utilizzo della seconda persona singolare per rivolgersi l'uno all'altro, ma con il trascorrere del tempo si era rivelato molto agevole e tornare indietro risultava al limite dell'assurdo. Il dialogo, a ogni buon conto, giunse in un punto non precisato del pomeriggio a una questione particolare che al lettore non sarà affatto nuova.

« Hai visto quel fiore? » chiese a un tratto Blue.

« Quale? ».

« È volato via poco fa ».

Lance scrutò il cielo affollato di Pidgey e Spearow libranti, ma non individuò nulla del genere « Me lo sono perso ».

« Volava verso l'orizzonte. Era quasi da solo, c'erano solo petali vicino » Blue si coricò su un lato « Tu sai cosa c'è dall'altra parte? ».

« Dall'altra parte di cosa? ».

« Dell'oceano ».

Il Superquattro esaminò mentalmente una mappa del mondo, dopodiché replicò senza esitazione « Hoenn ».

« Che cos'è? ».

« Non conosci Hoenn? A scuola non te la insegnano la geografia? ».

« Si concentrano su Kanto, a volte su Johto. Non leggiamo mai di luoghi lontani ».

Lance si sorprese di questo fatto, ma d'altronde non poteva averne idea dal momento che l'unico tipo di istruzione che gli fosse stato mai impartito era quella di suo zio « Vuoi saperne di più, immagino ».

« Sarebbe bello ».

« È una regione, neanche brutta a essere sincero. C'è molto verde, i Routes sono sempre costeggiati da alberi di ogni tipo. In linea di massima ospita diversi luoghi, chiunque lì può trovare il suo posto. Ci sono città popolose e villaggi isolati, e anche se ami la montagna c'è comunque il Mt. Chimney » l'allenatore posò la propria mano destra a fungere da visiera improvvisata per ripararsi dai raggi del sole che oramai iniziava ad avvicinarsi alla linea di confine fra cielo e terra « Ah, e ovviamente c'è il mare. Hoenn è famosa anche perché ha molte isole. C'è un mio amico, Briney, che vi viaggia molto ».

« Perché non vivi là? » domandò Blue « Sembra un bel posto ».

« Io…Beh, lo è, ma nulla a che vedere con Johto ».

« Come mai? ».

Lance rimase spiazzato « Beh, io… ci sono cresciuto, l'ho vista di più, penso sia più evocativa come regione. Hoenn non mi dice niente ».

« Non è un ragionamento un po' sbagliato? ».

« Cioè? ».

« Ti piace Johto perché è il luogo della tua infanzia, il che è normale. Ma non vuoi viaggiare oltre? ».

Già, viaggiare. Il vuoto che il Superquattro sapeva bene di avere, e che tuttavia non riusciva a giustificare. Forse quel ragazzo avrebbe potuto aiutarlo a ricordarsi perché un tempo volesse vagabondare più di ogni altra cosa al mondo « Ma perché? Voglio dire, se amo una regione voglio viverci. Per restare a Hoenn dovrei abituarmi a nuovi luoghi, nuove geografie… Per cosa, se Johto mi dà sentimenti migliori senza sforzi ulteriori? ».

« Perché restare sempre in un solo posto lo rende già visto, monotono. Dov'è il piacere di andare in giro se sai già cosa c'è dietro l'angolo? ».

« Si vede che sei giovane » Lance sorrise divertito, ma nemmeno lui ne era così convinto nel profondo « Sai, quando diventi adulto non hai più tempo per rilassarti. E a quel punto che senso ha trasferirsi se tanto sai che la routine ti impedirà in ogni caso la scoperta? ».

« Ma così non spreca il suo tempo? » la replica colpì il campione come una freccia al torace, scoccata in un tempo infinitesimale e ciononostante avvertita nel suo movimento a ogni singolo millimetro che percorreva in avanti « Io da grande non voglio certo finire così ».

Lance si sforzò di far buon viso a cattivo gioco, reprimendo i dubbi che una volta di più riaffioravano dal suo subconscio « E che cosa vuoi fare da grande? ».

Blue non ebbe alcuna titubanza « Viaggiare ».

« E… ? ».

« Nient'altro. Voglio solo andare in tutti i posti possibili, fino a che non conoscerò ogni angolo del mondo ».

Il Superquattro non ribatté, privo in ogni modo di una risposta valida. Rimase sdraiato con gli occhi al cielo che iniziava a imbrunirsi, interrogandosi sul perché quel dialogo gli suonasse tanto familiare da apparire quasi già vissuto. Anche al termine di tutte le considerazioni del caso, comunque, l'unica certezza della giornata risultava quella che aveva mentito sulle Pokémelle: i suoi draghi le adoravano. Ma ciò non aveva ormai alcuna importanza.


Era notte e Blue era solo e immobile di fronte a un'entrata che conosceva bene. Da piccolo vi si era recato più volte in compagnia di suo nonno in quelle mattinate estive in cui l'afa non si faceva sentire come altre volte, consentendo di uscire affiancati da una piacevole brezza temperata: si trattava del cancello che andava oltrepassato per accedere all'unica arena di Pallet Town, un massiccio telone verde acqua che ospitava il campo di battaglia al coperto e che era circondato da una palizzata di ferro che interdiceva l'avvicinarvisi. Il resto del pomeriggio era trascorso in maniera alquanto piatta da quando era rientrato a casa accampando come scusa una passeggiata riflessiva allungatasi più del dovuto – dal canto suo, Lance non aveva fatto menzione del loro incontro nel boschetto né alla sorella né ai suoi colleghi, affermando di aver vagato senza successo.

L'atmosfera che attorniava la zona che Blue stava ammirando era pesantemente influenzata dalla fioca illuminazione di un giallo tendente all'arancione che proveniva dai lampioni. Non vi era anima viva in giro, e lo stesso ragazzo si domandava perché fosse lì, senza però trovare una risposta valida. La sua memoria mancava della non irrilevante motivazione come se quella parte le fosse stata asportata artificialmente.

La sua attenzione fu attirata da una movenza del telo proprio a uno degli angoli visibili da quella posizione, ossia quello più a destra: si era mosso come se fosse stato scosso dall'aria, ma in quella cocente serata non spirava un alito di vento. Vi furono ancora un paio di movimenti sospetti, poi da oltre il telone fuoriuscì un essere mostruoso, qualcosa a metà tra un verme e un ragno; la Scolopendra è quanto di più simile il nostro mondo abbia a che spartire con quella creatura, posto che essa esibiva comunque proporzioni enormi, tanto da coprire almeno un terzo del telone in larghezza con il suo solo corpo, senza includere le filiformi zampe che lo accompagnavano.

Blue rimase per pochi istanti paralizzato mentre quella bestia percorreva una sorta di inquietante spirale, poi scattò alla propria sinistra e iniziò a correre in linea retta lo stretto vialetto. Avrebbe voluto voltarsi, ma non pareva avere il controllo delle proprie azioni: proseguì dritto avanti a sé uno slancio dietro l'altro finché dal più completo nulla fuoriuscì un'ombra con cui finì per scontrarsi. Blue levò la testa con un sussulto dopo essersi ritrovato a terra: aveva di fronte la figura statuaria di Lance, che non aveva accusato minimamente la collisione. La sua presenza rassicurò non poco il ragazzo.

« Cosa fai qui a quest'ora? » l'allenatore prese la parola con un tono a metà tra il paternalistico e il severo.

« Io… niente » la voce gli era uscita da sé, senza che il giovane avesse diramato alcun ordine alle proprie corde vocali.

« Lo sai che tra non molto qui potrebbe esserci un attacco. Perché correvi? ».

« C'era uno sparene qui vicino » Di nuovo aveva parlato senza volerlo, questa volta senza nemmeno sapere quanto stesse dicendo. Cosa diamine era uno sparene?

« Non vedo niente, penso sia andato ».

Blue si voltò senza proferire parola ed effettivamente, qualsiasi cosa lo sparene fosse, non c'era più. Considerando che neanche si era voltato durante la fuga non era impossibile che si trovasse ancora all'arena.

« Ora è il tuo turno ».

Il ragazzino riportò il volto dal lato di Lance, che però era sparito; o meglio, era mutato. Dai connotati familiari che conosceva era diventato non più di una macchia scura stagliata di fronte a lui e stava crescendo a dismisura in dimensioni, fino a perdere qualsiasi fattezza umana. D'un tratto la luce fioca dei lampioni scomparve, lasciando nient'altro che oscurità, e Blue perse di vista qualsiasi cosa il suo mentore stesse diventando. Si accesero senza preavviso due occhi celesti che brillavano nel buio, evidenziando anche quella che pareva una fiamma eburnea poco sopra, e finalmente riuscì a riconoscerlo: era il fantasma che perseguitava Pallet, lo stesso che era apparso nel suo sogno di due notti prima.

« TRITAIOS! ».


« Sei sveglio? ».

Il nostro protagonista si destò sudato fradicio e con le coperte appallottolate in un angolo del letto. Il sonoro canto dei grilli aveva accompagnato il suo subitaneo risveglio e ora stava allietando una serata altrimenti silenziosa e per certi versi angosciante.

« A quanto vedo sì ».

Blue si girò: accanto a lui, sopra una sedia lignea e accanto a una luminosa abat-jour, era appostato Lance. Se fosse quello vero, era ancora da accertare « Che è successo? ».

« Gridavi nel sonno. Un incubo, immagino ».

« Sì ».

« Sono indiscreto se chiedo cosa hai sognato? ».

« Uno sparene ».

« Un cosa? ».

Al ragazzino non serviva altro: che il suo interlocutore non sapesse che cosa era quella creatura era una prova più che sufficiente che si trovava nel mondo reale « È tipo un mostro, un verme gigante. Nell'incubo lo chiamavo così, e anche tu penso ».

« C'ero anche io? ».

« Sì e no. Cioè, alla fine diventavi lo spettro, quello che ci ha attaccati ieri ».

Lance sorrise, anche se era più una smorfia che un effettivo segno di allegria, meditando su in quali modi misteriosi la mente umana riesce a lavorare quando non è sotto il nostro controllo. Poteva persino essere possibile che fosse proprio l'intelletto a impedirle di sfoderare tutto il suo incredibile potenziale « Forse è colpa del caldo. Perché non dormi senza le coperte? ».

« Non ci riesco. Mi sento poco protetto, insicuro. Non mi addormento ».

« Capisco, capitava anche a me ogni tanto ».

« E poi mi piace fare gli incubi. Mi ispirano, sono belli da vivere e da ricordare, anche se fanno paura sul momento. Mi danno emozioni, senza di loro la mia vita sarebbe monotona » Blue si mise a sedere sul suo letto « Che ore sono? ».

« Quasi le due di notte. Ancora presto per svegliarsi ».

« Tu perché sei qui? ».

« Io e gli altri abbiamo vegliato fuori fino all'una e mezza passata, ma dell'assalitore neanche l'ombra. Può essere che sia stato un attacco isolato ».

« Io non penso ».

« Come mai? ».

« Questo è il terzo incubo che ho che lo riguarda. Attaccherà anche stanotte, ne sono sicuro ».

« No, no, aspetta » il Superquattro operò un rapido conto « C'è stato un solo colpo. Come puoi averne fatti tre? ».

« Dalla notte prima del mio compleanno in poi ho sempre sognato quel fantasma. All'inizio non sapevo chi fosse, perché due sono stati prima che apparisse, però ora so certamente che è lui ».

« Ed erano sempre lo stesso incubo? O avevano caratteristiche diverse? ».

« Beh » Blue rifletté « Il primo era iniziato con una specie di processione, c'erano qualcosa tipo macchine metalliche volanti che viaggiavano sopra il mare. Io guardavo da una piccola terrazza, ma non ero a Pallet, quindi non so dove fosse il tutto. Poi finivo nell'oscurità e incontravo lo spettro che fluttuava ».

« Macchine volanti… non ho mai sentito di niente del genere ».

« Il secondo invece era qui in camera, e non potevo muovermi. Respiravo lentamente e c'era una figura simile a un uomo nero che veniva verso di me ».

« Ho già sentito di sogni come questi » osservò Lance « Solo che… Accidenti, non mi viene in mente… Ricordami di chiedere a Lorelei, lei di sicuro sa a cosa mi riferisco. Comunque mi sembrano tutti abbastanza diversi, perché pensi che c'entrino qualcosa con il nostro nemico? ».

« Beh, quando l'ho visto ieri sera i suoi occhi erano azzurri, e in tutti e tre i miei sogni erano di quel colore. Posso capire nell'ultimo, ma non penso sia casuale che sapessi già un dettaglio simile » Blue si stropicciò gli occhi e produsse un sonoro sbadiglio, che ne provocò uno simile al Superquattro « E poi tutti i miei incubi si sono conclusi con una parola gridata… “tritos”, mi pare ».

« Tritos… » Lance si immerse in un meditabondo silenzio « Non conosco lingue in cui abbia un senso. Molto strano ».

« Beh, ma io sogno anche parole come “sparene”. Non dare troppa importanza, per come la vedo io conta solo che sia sempre detta ».

« Sì, forse… ».

Si udì il rumore di una maniglia che si abbassa e la porta della camera si aprì a rivelare la sagoma di Daisy « Va tutto bene? ».

« Nessun problema » replicò Lance « Mi parlava dei suoi incubi ».

« Vuole che le prepari un caffè? » domandò la donna « Sa, è tardi, se deve restare sveglio ancora forse le può servire ».

« No, grazie, non mi piace granché. Non resto per molto, comunque, tra poco devo rintracciare i miei colleghi ».

« Ve ne andate? » chiese visibilmente allarmato Blue.

« Temo di sì » il Superquattro mostrava chiaramente un velo di malinconia nel dover abbandonare il suo nuovo amico, ma era ben cosciente di non avere altra scelta « Siamo venuti qui per proteggere la città, ma a quanto pare momentaneamente non ce n'è bisogno. La Lega chiam–– ».

Ogni luce si spense senza preavviso. In pochi istanti, l'intera Pallet Town era divenuta praticamente invisibile agli occhi di uno spettatore che vi fluttuasse sopra, essendo indistinguibile dall'oscurità che avvolgeva il terreno circostante. Una folata di vento gelido penetrò attraverso la finestra della camera che era rimasta spalancata.

« Cosa sta–– » Daisy fu interrotta da un rumore sordo vagamente familiare. Si udì un profondo « assurdo », dopodiché il suono fu ripetuto senza che né Blue né sua sorella avessero compreso quanto stesse succedendo.

« Chi è? » domandò il ragazzino con il panico a marcargli nitidamente il tono.

« Lance, che domande » replicò la voce dall'oscurità, e sebbene essa fosse incupita dall'angoscia era comunque chiaramente riconoscibile.

« Cos'era quel suono? ».

« Ho fatto uscire Charizard dalla Poké Ball ».

« Non è possibile » osservò Daisy « Ha una fiamma sulla coda, l'avremmo visto ».

« Precisamente. Non è che è tutto spento, la luce sembra scom–– » un violento ruggito rimbombò nell'aria e ogni lampada si riaccese. Dall'esterno si udirono grida di terrore. I tre si precipitarono alle persiane spalancate per rendersi conto di quanto stesse accadendo, trovandosi di fronte una visione di raro orrore: le due case che prima affiancavano da quel lato l'edificio in cui si trovavano erano improvvisamente scomparse.

« NON MUOVETEVI » ordinò imperiosamente Lance, poi scattò verso le scale.

« Ma ci ucciderà! » esclamò Blue « Verremo vaporizzati! ».

« Non lascerò che vi succeda niente » disse sbrigativamente ma sinceramente il Superquattro, quindi accorse al piano di sotto e uscì in fretta dalla dimora. E, proprio appena messo piede all'aperto, ebbe modo di vederli: due luminosi fari celesti che brillavano sopra la città.

Immediatamente mise mano alla tasca e ne estrasse un oggetto che aveva tenuto pronto fino ad allora per una situazione simile: un PokéGear. Compose rapidamente un numero e lo portò all'orecchio.

« Lance? » chiese una voce femminile dal capo opposto.

« Lorelei? Dove siete? ».

« Io… Ah, come faccio a spiegarlo… ».

« Non ha importanza, sei con gli altri? ».

« Sì ».

« Lo vedete anche voi quel coso? ».

« Sì ».

« Attaccatelo immediatamente! ».

« D'accordo, riferisco » la donna riagganciò.

Lance prese a sua volta in mano una PokéBall e la lanciò « DRAGONITE, VAI! ». Salito in fretta sul dragone, partì alla volta del mostro con velocità. Avvicinandosi riuscì a discernere anche ulteriori particolari del suo avversario, notando che pareva avere anche una sagoma simile a un mantello al di sotto dei due supposti occhi.

« USA TUONO! » comandò non appena lo spettro fu a portata di tiro. Di risposta, un fragoroso lampo fu invocato dalla sua monta, andandosi a schiantare proprio sull'entità misteriosa che, prima voltata perpendicolarmente alla traiettoria di volo di Dragonite, si girò fino ad averli di fronte; a quel punto da una parte indefinita del suo nebbioso corpo fu lanciato un raggio nero che fu schivato per un soffio dalla coppia in volo. Appena dopo, altri colpi analoghi furono lanciati in sequenza, sfiorando più volte il pokémon di Lance.

« Dove sono gli altri, santo cielo? ».

Quasi li avesse invocati, un flusso glauco emerse da un non precisato punto di Pallet Town andando a centrare in pieno il confuso bersaglio che, pur non risentendone a livello macroscopico, ne fu distratto lasciando una tregua al Superquattro.

« Aerodactyl! Charizard! » proruppe l'allenatore « Recuperateli subito! ». I due pokémon sfrecciarono senza attendere nella direzione da cui era provenuto il fiotto turchese, nonché successivi colpi della medesima tipologia.

« E ora a noi » Lance aggiustò il mantello e si ravviò i capelli « Dragonite, andiamo! ».

Mentre il dragone volava celermente lo scontro a distanza che l'entità aveva ingaggiato con i suoi colleghi sembrava momentaneamente terminato, segno che i suoi colleghi si erano già imbattuti nei rinforzi da lui inviati. Se aveva una certezza assoluta, era che non bisognava concedergli riposo alcuno « Vai, usa Iper Raggio! ».

L'eburneo attacco andò incontro all'obiettivo, ma questi ne fu appena sbalzato all'indietro. Il Superquattro imprecò, ma non c'era tempo nemmeno per respirare: il fantasma iniziò a concentrare energia al punto che essa era tangibile, e Lance comprese subito che era in arrivo qualcosa di tremendo. Sul punto di lanciare la sua controffensiva, tuttavia, la bestia incassò un possente Lanciafiamme emesso dal suo Charizard cavalcato da Bruno. Frattanto gli si era affiancato Aerodactyl, che ospitava Agatha e Lorelei.

« Non sei troppo vecchia per volare? » il giovane si sorprese di trovarsi in grado di ironizzare persino durante un apocalisse che si approssimava.

« Senza di me sareste perduti » commentò Agatha « Ora occupiamoci di quel… coso ».

« Ti capisco, sono a corto di battute spiritose anche io » il campione si volse poi verso l'altra sua amica « Ehi, Lorelei, com'è che si chiamano quelle allucinazioni che sembrano sogni? ».

« Sogni lucidi » la donna sistemò i propri occhiali « Ma questo ora cosa c'entra? ».

« Così almeno morirò sapendolo! » Lance diede un cenno a Dragonite che, quasi non stesse aspettando altro, partì subito a prestezza massima all'inseguimento dello spettro.

   
 
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