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Autore: ItsLondon_    16/09/2012    55 recensioni
" -Per favore, no. Non puoi andartene. Non mi puoi lasciare.
  -Louis, promettimi che ti prenderai sempre cura della nostra piccola, Katheryn. Promettimelo.
  -Te lo prometto.
  -Ti amo, Louis.
   Il "bip" di quella fottuta macchina cardiaca risuonò rumorosamente per tutta la stanza. Louis teneva stretta ancora la mano della moglie. 
  -Ti amo anch'io.-, le sussurrò all'orecchio.
   Una lacrima attraversò il suo viso seguita da tre, cinque, forse dieci altre lacrime... "
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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«Per favore, no. Non puoi andartene. Non mi puoi lasciare».
«Louis, promettimi che ti prenderai sempre cura della nostra piccola, Katheryn. Promettimelo».
«Te lo prometto».
«Ti amo, Louis».
Il "bip" di quella fottuta macchina cardiaca suonò rumorosamente per tutta la stanza. Louis teneva stretta ancora la mano della moglie. 
«Ti amo anch'io», le sussurrò all'orecchio.
Una lacrima attraversò il suo viso seguita da tre, cinque, forse dieci altre lacrime... 
 
Louis si svegliò improvvisamente. Era nel suo letto, con la fronte imperlata di sudore; gli occhi gonfi e rossi per le lacrime che aveva versato durante il sogno, anzi, l'incubo. Erano mesi ormai che faceva la stessa visione tutte le notti. Mesi interi dopo la morte di sua moglie. Si mise in piedi e, barcollando fino al bagno, fissò la sua immagine riflessa allo specchio. Due grandi occhiaie facevano capolino sotto i suoi occhi, provocate dalle numerose notti passate in bianco. Dette un'occhiata allo schermo del suo orologio che segnava le 6.22 di mattina. Tornò a sedersi sul letto, trascinandosi dietro i piedi a fatica. Restò un momento a fissare il pavimento fresco dove, come sua abitudine, camminava scalzo. Non sapeva spiegarsi neanche lui questa specie di "mania". Semplicemente camminando a piedi nudi si sentiva libero. Amava sfiorare con le piante dei piedi quelle mattonelle rosee. Provava una sorta di conforto mentre lo faceva. Quella sensazione di sollievo durò per poco. Spostò lo sguardo sulla fotografia appoggiata sul comodino. Ritraeva una giovane donna dai capelli sinuosi e bruni, e un paio di occhi azzurri che facevano invidia all'oceano.
«Comuni», diceva sempre lei.
«Un oceano pieno di segreti», rinnegava lui.
Prese fra le mani la cornice e, con gli occhi lucidi, iniziò a parlarle, proprio come se fosse lì con lui.
«Buongiorno, amore mio. E' un giorno importante, questo. Oggi è il duecentoventiquattresimo giorno dopo la tua morte e, in più, il nostro anniversario di matrimonio. Auguri, tesoro», una lacrima gli rigò il viso. Ogni volta che guardava quello scatto, finiva sempre col piangere. «Ti amo».
La rimise al suo posto, e tirò su col naso, asciugandosi le lacrime ,che erano scivolate sul suo viso poco prima, con un fazzoletto. Si alzò di nuovo dal letto diretto alla camera di sua figlia. Posò una mano sulla maniglia, incerto sul gesto che stava per fare. Fece un grosso respiro e aprì la porta facendo meno rumore possibile, ma subito la richiuse, facendola accostare al battente dell'uscio. Non si sentiva ancora pronto, sentiva il bisogno di versare altre lacrime, tante altre... Strinse i pugni e, appoggiando nuovamente la mano sulla maniglia, spalancò la porta. Nel candido lettino dormiva la sua piccola creatura, il suo tutto ormai. Stava dormendo come un'angioletto. Sorrise nel riconoscere la somiglianza fra la piccola di cinque anni e sua moglie. Aveva gli stessi occhi della madre; azzurri, azzurri come il mare più puro, cristallini. E quei piccoli, impercettibili punti neri che erano le pupille, si confondevano in tutto quell'azzurro così mistico e fantasioso... Tutte le volte che ci pensava prendeva a tremare, a tremare senza sapere come smettere. Aveva sempre tenuto in mente quel paio di occhi angelici e straripanti d'amore, pace e fedeltà che, ogni volta che li fissava, gli trasmettevano tante di quelle emozioni... Quegli occhi che, magicamente, erano la fotocopia di quelli sua moglie, adesso comparsi sul viso della loro bellissima bambina. Il sorriso era l'altra cosa che aveva preso dalla madre; smagliante, sfavillante, luminoso ma, soprattutto sincero. Pensando alle caretteristiche in comune con la madre defunta, le lacrime riaffiorarono. Si avvicinò a lei, tenendo sempre salda la mano alla maniglia. Aveva paura di quell'azione, ma del perché non ne era nemmeno lui a conoscenza. Si decise a mollare la presa e, in punta di piedi, facendo attenzione a dove metteva i piedi, si avvicinò a lei. Fece così tanta attenzione ai suoi passi che non si accorse dove appoggiava le mani. Un rumore prolungato gli fece alzare lo sguardo, gli occhi pieni di paura. Con un braccio aveva urtato nel barattolo di costruzioni della figlia, facendole finire tutte a terra, provocando così una cascata di mattoncini colorati. Solo che il rumore non era rilassante e piacevole come le cascate del Niagara, l'opposto. Era un rumore snervante e fastidioso. Pose fine a quel baccano fermando la caduta libera dei pezzi di plastica con una mano. Fu distratto dalla vocina di Katheryn, che gli chiedeva cosa ci facesse lì. Prese la confezione di costruzioni e la rovesciò a terra, pensando che più giù di così non potevano cadere. Si avvicinò al letto della bambina, che si stava strofinando gli occhi assonnati. 
«Scusa, tesoro. Non volevo svegliarti. Continua a dormire, è ancora presto», disse schioccandole un tenero bacio sulla fronte. Poco dopo la piccola aveva già richiuso lentamente i piccoli occhietti vispi ed era sprofondata di nuovo in un sonno profondo.
A questo punto, Louis era libero di fare quel che voleva. Quindi scese di sotto e si sedette sulla penisola della cucina, con il cellulare tra le mani. Aveva bisogno di sfogarsi con un amico, e quale amico migliore di Harry? Poco dopo gli aveva inviato un messaggio che diceva:
 
" Scusami Harry, so che ora starai dormendo, ma chiamami appena ti svegli. Ho bisogno di te, Louis x "
 
Sospirò, scendendo dal suo piano di appoggio e sedendosi sopra il divano. Voleva sfogarsi, e al più presto. Gli mancava così terribilmente... Prese a fissare un punto non definito, immaginando Eleanor che gli sorrideva, sbattendo quelle ciglia da cerbiatta che tanto amava. Il ricordo del suo viso fu offuscato dalla vibrazione del suo telefono, segno che un nuovo messaggio era arrivato.
 
" Non ti preoccupare, sono sveglio. Ho passato la notte in bianco, Fannie sta male. Ora ti chiamo. Harry x "
 
Non fece in tempo a finire di leggere il messaggio che Harry, prontamente, lo chiamò.
«Grazie per avermi chiamato, veramente».
«Puoi sempre contare su di me, lo sai. Comunque, cos'hai?».
«E' morta, Harry... Te ne rendi conto? Mi manca tantissimo». Le lacrime minacciavano ancora di scendergli calde sulle guance.
«Fra dieci minuti sono da te, aspettami».
Quei brevi dieci minuti furono stressanti per Louis, che cercava con tutte le forze di trattenere quelle lacrime amare. In quel breve lasso di tempo cambiò varie volte posizione: prima seduto su una delle sedie in cucina, poi su uno degli scalini delle scale a chiocciola e, infine, appoggiato allo stipite della porta d'ingresso. Continuava a premersi le tempie con pollice e indice: dopo aver pianto così tanto, la testa gli scoppiava. Il mal di testa sembrava essersi calmato, ma appena i bombardamenti furono cessati, qualcuno prese a bussare insistentemente alla porta. Harry, che sapendo che Katheryn si sentiva poco bene, aveva preferito non disturbarla a quell'ora della mattina. Aprì la porta e si fiondò fra le braccia dell'amico, quasi fratello da come si volevano bene, scoppiando a piangere.
«Hey, calmati. Non piangere...».
«Grazie per essere venuto». Harry gli asciugò una lacrima che stava attraversando solitaria il suo viso con il pollice.
«Katy come sta? Ha ancora la febbre?».
«Adesso sta meglio, non ha più la febbre».
 
Louis fece accomodare Harry su uno sgabello e gli preparò un caffe aggiungendoci due cucchiaini di zucchero, come piaceva a lui. Versò il liquido amaro dentro due tazzine di cristallo, uno dei tanti regali che avevano ricevuto per il loro matrimonio lui e Eleanor. Prese una delle due tazzine con delicatezza e la porse a Harry, che, come tutte le volte, gli chiese quanti cucchiaini di zucchero aveva messo. Di tanto in tanto Louis tirava un sospiro, lasciandosi scappare qualche lacrima, per poi nascondere la sua tristezza e malinconia dietro a un falso sorriso. 
«Buongiorno, papà. Zio!». La piccola brunetta appena riconobbe i ricci dello zio Harry, gli si fiondò in braccio schioccandogli un grosso bacio sulla guancia. Louis, sorpreso di vedere sua figlia si asciugò con un braccio le lacrime fresche. 
«Buongiorno, tesoro. Come mai sei già sveglia a quest'ora?», chiese il padre, alzandosi per prendere la spugna e andare a pulire la piccola macchia di latte al cioccolato sul pigiama della piccola risalente alla sera prima.
«Ho fatto un sogno bellissimo!».
«E cos'hai sognato?». Un po' invidiava la figlia: lei, dopo la morte della madre, continuava a fare dei bei sogni, mentre lui sognava ogni santissima notte quel letto d'ospedale, le ultime parole che aveva detto El.
«La mamma...».
A quelle parole Louis si girò di scatto: non voleva far vedere a sua figlia che stava ricominciando a piangere.
«E cos'hai sognato della mamma?», questa volta era Harry a parlare, che da buon amico era venuto in soccorso al "fratello".
«I suoi occhi. Azzurri, come i miei». Louis si voltò di nuovo, facendo un debole sorriso alla figlia.
«Già, erano il mio oceano. L'oceano più bello che avessi mai visto. E... sì, i tuoi sono la sua fotocopia».
La piccola scese dalle braccia dello zio per venire accolta in quelle del padre, che la strinse forte a sè.
«Amavi la mamma?». Louis rimase stupefatto della domanda che gli era stata posta dalla figlia.
«Certo che l'amavo, era la cosa più preziosa e importante per me».
«Ti manca, vero?».
«Tantissimo...».
«Papà, oggi posso venire al vostro concerto? Farò la brava con zia Perrie e zia Fannie, te lo prometto».
«Va bene. Promesso, eh!».
«Si si, starò buonissima!».
La bambina strinse un'altra volta il padre e gli passò la piccola manina fra i capelli, proprio come Eleanor amava fare. Harry se ne stava zitto a guardare la scena, con gli occhi colmi di gioia. Erano così teneri, e si notava lontano un miglio che sentivano molto la mancanza di El.
Katheryn, dopo quell'attimo di tenerezza e conforto, si sedette sul tavolo a gambe incrociate, aspettando i soliti cereali. Harry rideva sotto i baffi perchè sapeva cosa sarebbe successo dopo aver versato del latte nella tazza. Si sentiva uno di troppo, quindi, con la scusa di dover andare a casa a vedere se Fannie stava ancora male, se ne andò.
Katy se ne stava impaziente ancora seduta sul tavolo, battendo la sua tazza contro la superficie e gridando che voleva i suoi cereali. Una cosa l'aveva presa da lui: la pazzia. Era pazza proprio come il padre, aveva lo stesso senso di umorismo e amava fare scherzi, l'adorava. 
Versò del latte nelle tazze, nella sua e in quella rosa della piccola, e posò le scatole di cereali sul tavolo. Katheryn si sedette su uno sgabello, facendo dondolare le gambe. Louis si sedette accanto a lei e, con sguardo complice, versarono una dose abbondante di cereali nella tazza, facendo traboccare il latte sul tavolo. Louis si mise a contare con le dita, fissando sempre l'azzurro dei suoi occhi. Insieme, si tirarono su le maniche del pigiama e infilarono le mani nella tazza, prendendo in mano una manciata di fiocchi d'avena e portandoli alla bocca. Louis sin da piccolo amava fare quelle stupidaggini, stupidaggini che facevano ridere Eleanor a più non posso. Vedendo Katheryn che rideva di gusto gli faceva stringere le viscere. Era identica alla mamma. I cereali ben presto finirono, ma Katy, prontamente, ne verso un'altro po' in entrambi le tazze continuando quella specie di gioco che era abituata a fare con suo padre. Quello che mise fine al divertimento fu Louis che, stanco, si massaggiò la pancia, bofonchiando che era pieno. Katheryn si avvicinò a lui con i baffi di latte e gli diede un bacio smielato sopra le sottili labbra. Amava la sua bambina, non c'era dubbio. Aveva sempre detto di non voler mai avere una femmina, preferiva un maschio, ma appena aveva visto i suoi grandi occhi da cerbiatta si era innamorato di lei. Non l'avrebbe mai abbandonata. 
La guardò dritto negli occhi con una faccia divertita. Il suo viso era completamente sporco di latte e miele, per non parlare del pigiama fradicio. 
«Dato che siamo tanto puliti, adesso corriamo a farci una bella doccia fresca, va bene?».
«Ma papà, non siamo puliti!», disse lo scricciolo ridendo con quella sua vocina acuta e tenera.
«Forza, sotto la doccia!».
La prese in braccio e la coricò a mo' di sacco di patate. La bambina prese a ridere ancora più forte, gridando e scalciando.
«Chi lo vuole questo sacco di patate?», gridava Louis con un sorriso sulle labbra.
«No, io sono la tua patata! Non mi vendere!», piagnucolava la bimba, battendo le manine divertita.
 
~
 
«Ciao papà, ci vediamo più tardi. Buona fortuna!». 
Nel frattempo, Louis aveva portato Katheryn da zia Perrie. La bambina non aveva un buon rapporto con la bionda zia, ma non poteva stare da sola a casa, quindi, sopportava. Tanto più tardi viene zia Fannie, pensava la piccola. 
«Cosa vuoi fate, Kat?».
«Suonare la chitarra!».
«Sei sicura che lo zio vuole?».
«Sì, sì! Ti prego, sennò mi annoio».
La prima cosa che aveva imparato a fare era la faccia da cucciolo, a cui Perrie non seppe resistere. Katy subito corse giù dal divano dove era stata adagiata dal padre e prese la chitarra di Niall, il biondino. Era abituata a chiamare tutti zio e zia, anche se in realtà erano solo migliori amici. Perrie andò in suo aiuto vedendo che non riusciva a sollevarla. Prese la chitarra e si mise la tracolla: con una mano teneva la chitarra, con l'altra la bambina. Una delle cose che amava della zia -e del posto in cui viveva- era la sala prove, dove Zayn e lei provavano le loro rispettive canzoni. Appena varcata la soglia, si buttò sopra il grande pouff rosso, dove di solito El si sedeva ad ascoltare le voci angeliche dei ragazzi. Si mise a pancia in giù e lo strinse forte, mormorando qualcosa di sommesso che Perrie non riuscì ad intercettare. Si sedette accanto a lei sulla moquette e gli porse la chitarra. Subito la bimba iniziò a strimpellare qualche accordo della sua canzone preferita, What Makes You Beautiful. La bionda iniziò a cantare le parole della canzone e, dopo di lei, la piccola moretta. Un'ora volò in fretta e un campanello fece saltare in piedi la bambina, che corse ad aprire la porta alla zia. Dall'altra parte della porta c'era Fannie, con un mega sorriso che aspettava un'abbraccio dalla bambina. Fannie era la zia preferita di Katheryn, l'adorava. Era così simpatica e divertente. E poi, adorava suo marito, Harry. Quindi l'accoppiata era perfetta. Fannie aveva sempre delle idee carine su come passare il tempo, infatti propose di cucinare dei dolcetti. Fra lei e la bionda non scorreva un buon sangue, anzi, si odiavano. Entrambe evitavano di scambiarsi sguardi. Diciamo che Perrie non era proprio gradita nella grande "famiglia". Dava l'impressione che sfruttasse Zayn per la sua fama. La bambina, con l'aiuto della zia che la sorreggeva, prese un pacco di farina e lo adagiò sul tavolo. A Perrie andava poco a genio questa idea, perchè sapeva il casino che avrebbero fatto cucinando. In pochi secondi la penisola della cucina era sporca di farina, cioccolato e chi più ne ha più ne metta. Fannie stava rincorrendo la piccola che aveva rubato un pasticcino dalla teglia, sbriciolandolo tutto a terra. 
 
~
Baby you light up my world like nobody else 
The way that you flip your hair gets me overwhelmed 
But when you smile at the ground it ain't hard to tell 
You don't know 
You don't know you're beautiful.
 
Mentre cantava quelle parole, il Peter Pan dagli occhi azzurri ripensò agli attimi del loro matrimonio, a come era bella quel giorno Eleanor, alla canzone che le aveva dedicato quella sera, la sera più importante e significativa della sua vita. 
«I miss you».
Furono queste le tre parole che aggiunse a fine concerto, lasciando cadere una lacrima sul suo viso. Ci fu il solito inchino, dopodichè scesero dal palco. Ad aspettarlo c'era Katheryn, che corse fra le braccia del padre, stringendolo forte.
«Stavi piangendo?», gli sussurrò la bimba.
«La mamma...».
«Ti manca?»
«Sì, molto». La piccola strinse ancora più forte il padre, affondando il suo visino paffuto contro il suo collo
«Anche a me».
 
~
 
Era passata una settimana dal giorno del concerto, e Katy se ne stava sdraiata sul divano, pensierosa. Louis era seduto su uno dei tre sgabelli della cucina, e la fissava. 
«Papà, andiamo a trovare la mamma?», Louis distolse lo sguardo dalla figlia e guardò altrove, sorpreso.
«Certo, andiamo».
 
~

Era dalla morte della moglie che non era riuscito a varcare quei cancelli arrugginiti, non ne aveva il coraggio. Ma con sua figlia accanto era diverso. Fece un respiro profondo prima di aprire il chiavaccio con uno schiocco e raggiungere la candida lapide della moglie. La piccola lasciò la mano del padre per avvicinarsi alla tomba e posarvi sopra un mazzolino di fiori che aveva raccolto poco prima dal campo vicino casa loro. 
«Mi manchi tanto, mamma. E manchi tanto al papà, ogni giorno piange per te. Anche se lui cerca di nascondere tutto con un sorriso, in realtà è triste».
A quelle parole, Louis si irrigidì, fissando la figlia rivolta verso l'angelo di marmo della tomba. La bambina si girò, andando verso il padre. Lo tirò per una mano per farlo abbassare e gli sussurrò all'orecchio qualcosa.
«Papà, non devi stare male. Lei è qui con noi in questo momento, ci sta osservando, e non vuole che noi piangiamo per lei. Se se n'è andata è perchè erano a corto di persona buone e genuine nel Paradiso», lo strinse forte, schioccandogli un bacio sulla guancia. 
«Sì, hai ragione. Lei è qui con noi e qua dentro», disse, posandole una manina sul cuore.
 
The end.
 
Ciao!
Sono nuova di qua, e penso proprio che per ora pubblicherò solo one-shot.
Riguardo ad alcune affermazioni nel testo, non tutte sono vere.
Infatti, so benissimo che Eleanor ha gli occhi scuri, anzichè azzurri.
E pure l'opinione che Katy fa sulla zia Perrie, non è vera.
Bè, spero di ricevere qualche recensione, mi farebbe molto piacere.
Ci vediamo con la prossima one-shot!
Baci,
London.
  
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