Il cappello lo avevo levato appena entrata in casa.
Mi ero poi tolta la giacca e le scarpe, slacciata la cravatta e iniziato a sbottonare la camicia bianca.
Avevo riposto nel mobile il distintivo e mi ero staccata il pesante cinturone con attaccata la pistola, le manette e tutto il resto.
L'arma d'ordinanza era stata separata diligentemente dal caricatore dalle miei mani, quelle precise e rapide che hanno preferito una divisa ad un pennello perché il resto del mondo valeva più di ogni proprio sogno.
In bagno mi slegai i capelli e li spazzolai una, cinque, dieci volte. Erano belli, ma dovevo tenerli legati a lavoro.
Lo struccante aveva levato dal mio viso i pochi cosmetici ammessi nelle forze dell'ordine.
Mi ero finita di cambiare, la divisa era tornata al suo posto, e avevo indossato una tuta.
Ero tornata in bagno.
Mi ero sciacquata il volto e avevo sorriso lievemente, chissà per quale motivo.
Ecco, era fatta.
Ero tornata ad essere Marianna e non più il commissario De Matteis.
Ora potevo piangere.