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Autore: Rhiane    16/09/2012    1 recensioni
-Allora puoi tornare a rifletterci su, non era tanto male quella canzone Dolcezza– la spintonò dolcemente Damon, incoraggiandola a continuare.
Il tempo di chiudere gli occhi e di ripensare alla note e Kaya fu sopraffatta da un'ondata di ricordi: la depressione, l'arresto, la fuga, l'odio, il ritorno, casa, la spiaggia e la canzone che aveva amato fin da quando se l'era sentita tremare tra le dita. Pensò a Elizabeth, a Dan, a Megan, a Blaine, a Tess e a Lucas. Pensò a Rick e a Kristen per i quali, dopo tutto quello che era successo, provava solo dispiacere. Poi a John e alla promessa che gli aveva fatto e che aveva infranto subito dopo avergli voltato le spalle, a suo padre che aveva lasciato illudendolo su un futuro migliore, a Will e ad Emma che le mancava come l'aria, ma che non aveva il coraggio di chiamare.
Ed infine ad Aiden e al tempo che avevano passato insieme, quel tempo in cui aveva imparato che il sentimento d'odio non cammina mai da solo, che tutti meritano una seconda possibilità e che l'amore non fa così paura.
Anche se non glielo aveva mai detto.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Introduzione:

Finalmente mi sono decisa a pubblicare qualcosa dopo una serie infinita storie mai concluse, ma questa volta voglio davvero vedere se riuscirò a farlo, ad arrivare alla fine.

Sperando che tutto vada per il meglio, vi auguro buona lettura.

 

Meaphe.                                    

    

 

PROLOGO 

 
 

            - Diamine Kaya, sono solo le sei del mattino! Devi proprio esercitarti ora al piano?!

Non si era accorta che fosse così presto, come anche il fatto che stesse suonando proprio quella canzone. Ma quella notte aveva dormito male - si era rigirata a lungo tra le coperte sentendosi piano piano soffocare - e anche se non era una novità per lei, senza aspettare ancora, era scesa dal letto e si era recata in salotto in cerca di tranquillità. Poi il pianoforte l'aveva attirata inesorabilmente.

Kaya abbassò la testa colpevole e chiese sinceramente scusa a Damon, prima che il suo migliore amicocoinquilino decidesse una volta per tutte di buttarla fuori di casa.

Lui scrollò la testa, già più tranquillo - non riusciva mai ad arrabbiarsi con lei - e le si avvicinò stropicciandosi gli occhi.

La ragazza si accorse che il sonno interrotto di Damon non gli aveva impedito di notare il suo sguardo vuoto, infatti le si sedette accanto sulla panca del piano.

Sembri strana, Dolcezza.

            - Sono solo stanca – e lei gli sorrise, più per incoraggiamento che per reale serenità.

Damon la osservò ancora.

I lunghi capelli corvini scompigliati, le labbra screpolate per la presenza costante di rossetti pesanti, le occhiaie perennemente presenti ad usurpare il pallore del suo viso, il fisico sciupato, quasi malato e quelle dita, lunghe, sottile e delicate ma rovinate da uno smalto rosso ormai del tutto consumato... Da sempre Damon sapeva che la ragazza che conosceva, con cui passava quasi la maggior parte della sua giornata e la stessa che considerava come una sorella fidata non era la vera Kaya che era esistita ai tempi del loro primo incontro, ma che al ritorno di un estate passata lontana da lui era diventata la ragazza che in quel momento sedeva accanto a lui, con lo sguardo ovunque tranne che nel presente.

Lei non dormiva più. Non mangiava. Non parlava. Non piangeva. Non viveva. Semplicemente non esisteva.

E lui non sapeva che fare, oltre che starle vicino.

Damon abbassò gli occhi, desiderando che ci fossero altre possibilità – Vuoi qualcosa?

Ci fu un attimo di indecisione, attimo che fece tremare il cuore e gelare il sangue ad entrambi e il silenzio cadde inevitabilmente nella sala.

Poi Kaya drizzò la schiena e si impose di rimanere calma – No, tranquillo. La Dottoressa Darren mi ha consigliato di rifletterci su e di evitare i medicinali per ora.

            - Riflettere sui sogni?

In verità la Dottoressa non aveva usato proprio quelle parole, pensò Kaya, ma evitò di esternare un aspetto così delicato e riservato delle proprie sedute settimanali, sicura che fosse troppo lungo o difficile da poter essere spiegato meglio alle sei del mattino.

Così, senza attendere ancora, la ragazza annuì, tornando a voltarsi verso la tastiera bianca e nera.

            - Allora puoi tornare a rifletterci su, non era tanto male quella canzone Dolcezza. – la spintonò dolcemente Damon, incoraggiandola a continuare.

Il tempo, però, di chiudere gli occhi e di ripensare alla note e Kaya fu sopraffatta da un'ondata di ricordi: la depressione, l'arresto, la fuga, l'odio, il ritorno, casa, la spiaggia e la canzone che aveva amato fin da quando se l'era sentita tremare tra le dita. Pensò a Elizabeth, a Dan, a Megan, a Blaine, a Tess e a Lucas. Pensò anche a Rick e a Kristen per i quali, dopo tutto quello che era successo, provava solo dispiacere. Poi a John e alla promessa che gli aveva fatto e che aveva infranto subito dopo avergli voltato le spalle, a suo padre che aveva lasciato illudendolo su un futuro migliore, a Will e ad Emma che le mancava come l'aria, ma che non aveva il coraggio di chiamare.

Ed infine ad Aiden e al tempo che avevano passato insieme, quel tempo in cui aveva imparato che il sentimento d'odio non cammina mai da solo, che tutti meritano una seconda possibilità e che l'amore non fa poi così paura.

Anche se non glielo aveva mai detto.

Non era passato molto da allora, eppure a volte le sembrava di essere una persona completamente diversa. Anzi, lo era sicuramente, ma avrebbe preferito non ammetterlo mai.

Nemmeno a se stessa.

            - Kaya, sei sicura di farcela da sola? – le sussurrò dolcemente Damon, appoggiando la testa sulla sua spalla. Non le lasciò addosso tutto il suo peso, temendo che sotto anche il più piccolo granello di sabbia lei si sarebbe potuta sgretolare tra le sue mani.

            Era troppo fragile.

In cuor suo Kaya sapeva che poteva farcela, evitando ogni giorno ad ogni ora di oscurare la mente grazie all'uso dei farmaci, ma la paura le stringeva le gambe e le intrappolava le mani dietro la schiena e questo le faceva mancare sempre il respiro. La paura le diceva che lei non poteva nascondersi dietro a delle pillole, o forse era la Dottoressa Darren a dirlo. Non era sicura nemmeno di quello e forse non voleva saperlo.

Avrebbe dovuto urlare, piangere, stramazzare al suolo e invocare invano Dio per tutte le prove che l'aveva costretta a sottoporsi, ma non era mai stata una ragazza di molte parole negli ultimi tempi. Quindi preferì tacere, di nuovo.

Intanto fuori dalle vetrate il Sole sorgeva ignaro dei dolori della terra e dei suoi abitanti, saliva nel cielo lentamente, trascinandosi dietro la sua compagna di vita e allo stesso tempo oscurandone la vista.

Forse il Sole avrebbe voluto incontrarla un giorno, la Luna, pensò Kaya, forse si sentiva troppo solo per vivere un' eternità così e forse trascinarla nell'oscurità era l'unica maniera per sentirla con sé. Se lui non poteva averla allora anche gli altri dovevano sentire la sua mancanza.

Perché la solitudine porta ad amare.

           - A che pensi? – le chiese Damon.

           - Ad essere soli.

           - Tu non sei sola. – sospirò il ragazzo, cercando la mano di Kaya per poterle infondere calore.

           - Tutti siamo soli, anche quando pensiamo di non esserlo.

           - Sai che non è così, Kaya.

           - Sì, invece e tu sai che è così. – sfiorò delicatamente i tasti che tanto amava e si soffermò in particolare su uno – Guarda i fiori, crescono, germogliano e poi bruscamente vengono uccisi dal freddo.

           - Ma questo è il ciclo della vita. – ribatté Damon il più dolcemente possibile. Sentiva che una risposta più brusca l'avrebbe riportata con i piedi per terra troppo velocemente, rompendola in mille piccoli frammenti.

Era troppo vulnerabile.

           - No, questo è solitudine. Nessuno fa per aiutarli.
 

  •            - Kaya, non...

               - Tu dici che i fiori lo sanno che la neve potrebbe ucciderli? Per questo non ci sono in inverno.

  • Le dita di Damon, chiarissime ai raggi dell'alba, si irrigidirono e strinsero più forte il piano. – Non stiamo più parlando della solitudine, vero Dolcezza?

                - Già, forse hai ragione tu – lei abbassò il tasto e una dolce nota si levò nell'aria – o forse no.

    La velocità con cui Kaya cambiava argomento lo disorientava, per questo lui cercò di seguire con lo sguardo ogni suo piccolo movimento per capire i suoi sentimenti. Sentiva che presto l'amica sarebbe arrivata alla fine di quello strano discorso e sapeva già che non gli sarebbe piaciuto.

                - A volte vorrei che la neve potesse uccidere anche me, come un fiore, per poter andare avanti. Per non avere più paura.

    Damon trattenne il fiato prima di riuscire a prendere il coraggio necessario per risponderle – Tu ami vivere, non sei una che si arrende.

    Per la prima volta Kaya si voltò a guardarlo, illuminando il suo volto di un vero sorriso che il ragazzo non vedeva da mesi – Ma non mi arrenderei! –

    Damon scosse la testa e provò a stringerla più vicina, ma Kaya si liberò e si voltò verso di lui con il fuoco che le danzava negli occhi.

    Non capisci, – continuò Kaya esaltata – sarebbe una vittoria, Damon: finalmente si potrebbe avere un vincitore ed io sarei libera.

    E lui faceva bene a spaventarsi, pensò amaramente.

    Era troppo ferita.

                - Libera da cosa? Dal dolore?

    Lo sguardo preoccupato dell'amico sembrò svegliarla da un lungo sonno, ancora più lungo di quanto lo era stato il suo sorriso e questo spezzò definitivamente la favola in cui Kaya si era rinchiusa fuggendo dagli altri e da se stessa. Lentamente si ripiegò, liberando le spalle contratte e si accasciò senza forze sui tasti del pianoforte chiudendo gli occhi per soffocare le lacrime amare e cercando di contenere gli squarci che le perforavano il petto.

    Damon la strinse più che poteva tra le braccia, sapendo che quello era l'unico sfogo da cui si era lasciata trasportare da mesi, forse l'unico da quando era successo l'incidente e per questo lasciò che consumasse ogni briciola di anima senza fare o dire qualcosa, anche se questo lo faceva soffrire terribilmente.

                - Mi manca, Damon, mi manca più della vita...

    Era troppo sola.

    Damon le accarezzava i capelli dolcemente, spostandoli per evitare che si bagnassero di lacrime e, quando anche l'ultima goccia si consumò nel calore delle sue carezze, le sussurrò il suo nome.

                - Sai ho sentito Meg ieri sera al telefono e lei mi ha parlato di un concerto favoloso sulla spiaggia, quest'estate, dove l'ultima cosa che si ricorda sono le mutande di un certo Ben o Blake in faccia. – il ricordo riuscì a strappare a Kaya un singhiozzo, amaramente dolce – Perché non mi racconti tutto dall'inizio, Dolcezza?

    Il Sole ormai era alto, lontano dal buio e dal suo amore segreto e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, potendo o meno, guardando la Terra e i suoi abitanti sofferenti, desiderò poter far cambio, poter piangere senza che qualche raggio si lamentasse spegnendosi o poter abbracciare un amico senza incenerire qualche meteorite. Per quanto si dichiarassero infelici, gli umani, non erano privati anche del dolore e lui avrebbe dato di tutto pur di soffrire davvero. Far conoscere all'universo il suo dolore per la lontananza della Luna e dichiararle una volta per tutte quanto l'amava.

    Ma non poteva, né soffrire né ricongiungersi alla sua compagna.

    Così si odiava e odiava sentirsi così solo.

    Damon aspettava una risposta, mentre lei farneticava tra i propri pensieri, ma si accorse che mai come in quel momento Kaya sapeva esattamente qual'era quella giusta per lei.

    E nella sua solitudine, lui l'amò con tutte le fiamme.

    Va bene.

      
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