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Autore: Rhiane    07/10/2012    0 recensioni
-Allora puoi tornare a rifletterci su, non era tanto male quella canzone Dolcezza– la spintonò dolcemente Damon, incoraggiandola a continuare.
Il tempo di chiudere gli occhi e di ripensare alla note e Kaya fu sopraffatta da un'ondata di ricordi: la depressione, l'arresto, la fuga, l'odio, il ritorno, casa, la spiaggia e la canzone che aveva amato fin da quando se l'era sentita tremare tra le dita. Pensò a Elizabeth, a Dan, a Megan, a Blaine, a Tess e a Lucas. Pensò a Rick e a Kristen per i quali, dopo tutto quello che era successo, provava solo dispiacere. Poi a John e alla promessa che gli aveva fatto e che aveva infranto subito dopo avergli voltato le spalle, a suo padre che aveva lasciato illudendolo su un futuro migliore, a Will e ad Emma che le mancava come l'aria, ma che non aveva il coraggio di chiamare.
Ed infine ad Aiden e al tempo che avevano passato insieme, quel tempo in cui aveva imparato che il sentimento d'odio non cammina mai da solo, che tutti meritano una seconda possibilità e che l'amore non fa così paura.
Anche se non glielo aveva mai detto.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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    CAPITOLO 1

 

Biondine al cioccolato

 

Non riusciva a trovare il suo pacchetto di sigarette e questo era già un problema in più, un altro punto a sfavore di quel viaggio.

Era stata indecisa fino all'ultimo se partire o meno, se rischiare o meno, se condannarsi o lasciarsi sopraffare dalla volontà di vivere. Ma alla fine non aveva poi avuto molta scelta e aveva acconsentito a quella pazzia.

Eppure non era mai stata una che si faceva del bene - aveva passato gli ultimi anni a voltare l'angolo appena le sembrava di vederlo all'orizzonte, il bene -, sembrava quasi che volesse lei stessa il suo male. Sapendo che amava il cioccolato, quando aveva la possibilità di prendere un gelato sceglieva la vaniglia o il pistacchio, che tra l'altro lei odiava. Non le era mai piaciuta la montagna, ma ogni volta che la madre poteva andare in vacanza spingeva per non scegliere città marittime o in pianura. Se gli amici le chiedevano di decidere lei cosa fare per quella sera la sua unica opzione era sempre stata starsene a casa di qualcuno a non fare niente - bere, bere, bere, bere, bere, bere... - e passare il tempo ad insultarsi a vicenda trascinati da tutto tranne che da se stessi.

Forse si comportava - da squilibrata - così solo perché il gelato, la montagna e l'alcol erano parte di lei, dettagli che aveva sempre preferito nascondere per evitare che le persone che le stavano accanto la conoscessero per quello che era e che potessero in qualche strano - malato - modo toglierle anche quello.

Infondo le aveva già tolto tutto, cosa si poteva avere di peggio?

Così, decidere per la prima volta seguendo il proprio volere, per Kaya, era stato traumatico e adesso più che mai sentiva il bisogno di un diversivo per non dover pensare all'immensa cazzata che stava facendo. Non le importava se l'adesivo attaccato al finestrino accanto a lei le avrebbe sicuramente causato rogne o se più semplicemente qualche passeggero vicino a lei avrebbe cominciato ad insultarla, in quel momento, su quel treno, lei aveva bisogno di quel pacchetto, ma sopratutto di quella sigaretta.

Amata e fidata Nikotina, Dea di tutto e tutti, aiutami a sopravvivere a questo incubo!

Scusi, è occupato?

Con indosso una sola cuffietta dell'i-Pod Kaya sentì a mala pena la domanda della biondina - ascoltare i Foo Fighters a volume basso era come scoprire che tuo fratello aveva finito il barattolo di Nutella senza chiederti il permesso. Inammissibile! -, ma per sua (s)fortuna il cenno della ragazzina verso il sedile vuoto accanto a lei le fece capire cosa intendeva.

Fa come ti pare – disse lei tornando alla ricerca delle sue sigarette nella borsa.

Quando la biondina le sorrise per poco a Kaya non le tornò su il piccolo e disgustoso hot dog che si era comprata prima in stazione - non aveva mai visto un “ghigno” così smieloso e temeva seriamente di dover andar presto dal dentista –, ma il peggio fu quando quella sotto specie di ragazzina osò appoggiare ai loro piedi la sua valigetta rosa che le faceva venire in mente solo “l'ottava nanetta dei sette nani” e si sedette spodestando involontariamente il suo braccio dal bracciolo posto tra i due sedili. Inevitabilmente il sopracciglio di Kaya svettò verso l'alto mostrando la sua profonda irritazione, ma la biondina non sembrò farci più di tanto caso.

Oh Dea Nikotina, fidata e amata, aiutami a non macchiare ulteriormente la mia sottovalutata e malgiudicata fedina penale!

Continuò a guardarla di traverso, finché le sue unghie smaltate di nero incontrarono la plastica del pacchetto e per poco la mora non saltò sul seggiolino dall'euforia. Ogni fastidio finalmente svanì, sopratutto le biondine-ruba-braccioli si eclissarono dalla faccia della terra e Kaya poté godersi quel piccolo piacere proibito.

Oh Dea, come potrò mai ringraz...

Ma neanche il tempo di assaporare appieno quel momento che sentì su di sé uno strano sguardo, a dir poco fastidioso per di più.

Amaramente constatò che la biondina era tornata in vita - probabilmente esisteva qualche Dio cattivo che doveva avercela a morte con la sua amata Dea e adesso se la prendeva con lei tramite vie biondose per vendicarsi - e la stava guardando davvero male.

Per la precisione le stava rivolgendo una smorfia di ...dolore?

Che c'è? – chiese Kaya il più garbato possibile, ma quel sorriso sbilenco e biondo non le prometteva nulla di buono.

Non penso che tu possa fumare qui.

Non pensò che tu possa fumare qui, ripeté in falsetto la sua vocina interiore con ironia e Kaya riuscì a malapena a trattenerla, mordendosi la lingua.

Tornando seria si soffermò giusto un attimo, il tempo di deviare lo sguardo dalla sua amata sigaretta per spostarlo sulla ragazzina sedutale accanto, quella biondina con quei capelli così biondosi, con quel viso così pulito, con quel vestitino così rosa e con quell'aria da brava ragazza...

Sembrava quasi inoqua, pensò Kaya rabbrividendo.

Tutto di lei le dava la nausea e con quell'ultima frase la mora sapeva già che non sarebbe riuscita ad uscire viva da quel viaggio se la biondina-ruba-braccioli-e-accanita-osservatrice-dei-cartelli-sui-treni-e-profana-del-credo-della-Dea-Nikotina non fosse scesa alla fermata successiva.

Non aggiungendo una parola di più ovviamente.

Nessuno ha chiesto la tua opinione. – Kaya avrebbe anche voluto soffiarle addosso il fumo passivo, ma si permise solo di incenerirla un paio di volte con lo sguardo, nonostante la biondina continuasse ad essere immune a qualsiasi gesto o parola non benevola - forse solo alla vista del bellissimo anello che Kaya portava al dito medio si sarebbe zittita una volta per tutte, ma lei odiava dover essere così drastica e lo considerava un'inutile perdita di tempo -, ma il suo visino così pulito e contornato di biondo distrusse il suo lato stronzesco sul nascere.

Infondo anche lei aveva un cuore ...sotto infiniti strati di nero e marciume.

E di catrame putrefatto.

E forse lo era davvero, innocua, la biondina.

Sbuffando, dopo un altro tiro, Kaya spense amaramente la sigaretta, neanche a metà, contro il sedile che si sperava avesse vissuto giorni migliori e si insultò per essere così debole di cuore verso certe creature.

Grazie – ma la mora neanche si voltò e grugnì, come una scimmia del Paleolitico, qualcosa a proposito di nani e braccioli e di biondine che si sarebbero dovute estinguere anni e anni prima se solo una fantastica Dea non fosse stata tanto magnanima.

Per evitare ulteriori contatti si voltò verso il finestrino, cercando di eclissarsi nel suo mondo in cui il biondo era possibile trovarlo solo quando per sbaglio - o per reale cattiveria - pestava qualche indifeso ma terribilmente fastidioso insetto, spargendo le sue budella gialle e viscide sul terreno e si lasciò coinvolgere da pensieri ben più importanti, tipo a quello che stava per andare incontro: suo padre.

Le veniva già il mal di testa per le tutte le ramanzine che l'aspettavano una volta scesa da quel treno. Tutte quelle che in quei quattro anni suo padre aveva evitato di farle convinto - e aveva perfettamente ragione - che la madre non avrebbe mai mancato di farlo e che, conoscendola, potevano benissimo bastare per entrambi.

Ma per quanto aveva desiderato più volte in quegli anni che suo padre la chiamasse, anche solo per dirle che era una stupida e che così si sarebbe rovinata la vita ogni volta che combinava qualcosa di sbagliato, ora l'ultima cosa che voleva era sentire le parole aspre di Robert che aprivano una alla volta tutte le varie e dolorose ferite che aveva in corpo.

Forse aveva semplicemente bisogno di un abbraccio, ma conoscendosi e conoscendolo quella era davvero l'ultima cosa che sarebbe successa.

Poi, aveva paura.

Che cosa le era saltata in mente quando aveva deciso di salire su quel treno?

Perché doveva sentirsi così? Indifesa?

Che cosa sarebbe successo adesso?

Troppe domande senza risposta, o troppo domande con risposte che non le piacevano.

In entrambi i casi, era un casino.

E il tutto perché aveva fatto un altro casino, uno di quelli grossi, per di più preceduto da una serie infinite di casini più piccoli, e senza avere le vere intenzioni per farlo. Era iniziato tutto come un gioco, una sfida, che era finita per sfociare in un colossale casino, decisamente più problematico di tutti gli altri e poi sua madre l'aveva cacciata via stanca di avere a che fare con i suoi casini – ma sopratutto con lei - ed ora doveva fare i conti con il buon vecchio Robert, che lui, di casini, non se ne intendeva per niente.

E tutto perché per la prima volta aveva deciso di fare quello che voleva!

Forse avrebbe dovuto scegliere la vaniglia ancora una volta.

O il pistacchio. A seconda di quanto si sentiva masochista in quel momento.

La sua misera vita in poche parole.

Un gran casino.

Scommetto che stai tornando a casa dopo una lunga tournée – la vocina, che in quel momento trovava orribilmente fastidiosa, della biondina la distrasse a metà dai suoi pensieri sui vari casini che aveva fatto e che avrebbe voluto fare prima di partire solo per far rimpiangere a sua madre della noiosa vita che l'aspettava senza di lei e dei suoi infiniti casini.

Come? – chiese Kaya cercando di tenere un tono abbastanza normale, senza sfociare nella belva che era e che avrebbe voluto - non più di tanto - segretamente strozzare il collo della ragazzina al suo fianco.

I vestiti e il tatuaggio, sicuramente fai parte di una band e suoni.

Forse se le avesse dato un biscotto si sarebbe messa buona, pensò la mora, ed inoltre avrebbe anche fatto una buona azione in favore della società bionda e delle associazioni di animali in via (se non già) di estinzione.

Peccato che lei non era mai stata così altruista verso il prossimo e nel Sacro Testo della Dea Nikotina non c'erano punti riguardo a salvataggio e la protezione dei biondi.

Sospirò e tirò su la manica della felpa nascondendo il fiore tatuato sulla spalla.

Allora è così? – chiese sempre più emozionata la ragazzina che interpretò il suo silenzio causato dalla sorpresa della domanda, invece che dal puro disgusto verso quell'interesse non richiesto.

Kaya grugnì e in quel momento si pentì di aver spento la sigaretta solo non per potergliela gettare addosso in preda all'esasperazione – No.

Era già pronta a scendere alla fermata successiva se non l'avesse fatto la biondina, non era per niente sicura di riuscire a sopravvivere a quel viaggio senza recare gravi traumi.

Sopratutto quando poteva ancora fumare tutte le sigarette che voleva nel lungo corso della sua vita.

Oh, – sussurrò l'essere (purtroppo) non ancora estinto – peccato.

Per poco Kaya non si strozzò da sola, ma preso un bel respirò cercò di calmarsi il più possibile.

Oh Dea, dimmi tu che fare perché io potrei cadere in tentazione!

Avrei giurato tu fossi una cantante, ti ci vedrei anche alla chitarra. – continuò la biondina, portandosi la mano al volto con fare pensieroso.

Non mi piace cantare e non so nemmeno suonare la chitarra.

Però qualcosa lo sai suonare, vero? – una scintilla non poco velata copriva il nocciola degli occhi della biondina che si protese verso di lei togliendole il suo spazio vitale. Per qualche secondo la mora boccheggiò ansimando e temendo qualche contaminazione chimica.

Perché diavolo tra tutti i passeggeri presenti su quel dannato treno, quella squilibrata di bionda doveva essere andata a sedersi proprio accanto a lei a disturbare la sua quiete?! Voleva il suicidio per caso?! O era solo una strano - malato - modo per passarsi il tempo?

Allora? Suoni o no?

Ormai Kaya era più che sicura che invece che cadere dal letto da piccola come tutti i bambini normali, quella biondina doveva essere finita in qualche pentolone magico di qualche strega cattiva o di qualche Dio che progettava la distruzione della terra, della Dea Nikotina o precisamente di lei.

Ti ho già detto che non faccio parte di una band! – sbottò Kaya trattenendo le mani sulle ginocchia per evitare di avvolgergliele intorno al collo.

Però suoni!

Kaya non sapeva più che fare o dire, da una parte le saliva il sangue al cervello e dall'altra le veniva da ridere per l'esasperazione. Mai aveva incontrato una ragazza così stupidamente illusa da non capire che più lontano le stava e più la faceva felice.

Forse solo suo fratello John era talmente astuto da sapere che l'unico modo per farsi dare dei soldi evitando strane e inappropriate ripercussioni era esasperarla al punto da farla cadere in ginocchio ad implorargli perdono.

Ma John era pur sempre John e Kaya non poteva dire lo stesso della biondina.

La biondina era pur sempre biondosa e a alla mora le bionde non le erano mai piaciute.

Visto che non vuoi dirmelo tirerò ad indovinare io! Sei la cantante di una Punk Rock Band, suonicchi anche qualcosa, la chitarra o forse il piano, a seconda di come tramonta il sole e se le note sono disposte a sottomettersi al tuo volere. Il nome della band ricorda qualcosa di strano, vecchio, sconosciuto, formaggioso e halloweeniano. Forse “zombie amputato” in aramantico o in bizantino, è più moderno, o semplicemente riprende un passo della Genesi o qualche parola apocalittica; resta il fatto che è oltremodo orribile e demodè. Nonostante ciò, quegli splenditi fustacchioni del tuo chitarrista e del tuo batterista, uno biondo e l'altro moro, uno più bravo dell'altro, fanno a turno se strusciarsi intorno a te o se buttarsi nella folla di fan urlanti, fan che vi seguono ovunque e che non fanno altro che mandarvi regali e torte al cioccolato e vaniglia. No, forse al pistacchio e al puffo, fa più “ribelle”. Ah, quasi dimenticavo, c'è sicuramente anche quel tizio tinto, verde, blu o azzurino non cambia, mezzo cannato e mezzo bucato di piercing, ma che come le esprime lui sul palco tutte quelle sfumature non lo fate di certo voi sempre così neri e tristi. Con quel trucco da depressa e quell'aria da “taglia-vene” è impossibile che anche il resto della band non sia come te, decisamente strana...

Kaya non fiatò nemmeno una sillaba, almeno finché la biondina non sembrò aver messo finalmente un punto a quell'insulsa teoria, ma alla fine, proprio quando stava per appellarla con nomi non del tutto amichevoli, ripensandoci preferì pensare al tremendo dubbio che l'attanagliava: ucciderla prima, buttandola giù dal treno in moto o aspettare di arrivare alla prossima fermata e legarla sui binari per vederla tagliuzzarsi in mille pezzettini dal passaggio del treno?

Sul momento non seppe decidersi, così aspettò che l'altra continuasse per vedere quanto la sua vena omicida si sarebbe sentita ispirata dopo.

Ma per quanto tu sia decisamente strana, però, scrivi da Dio, canzoni che parlano di pucci pucci e vari sbaciucchiamenti, tradimenti, incornature varie e cuori che non fanno più bum bum. Forse non è proprio il massimo, infondo deve essere così facile parlare d'amore, tanto che è diventato quasi noioso. Però alla gente piacciono, sopratutto ai tuoi fan, piacenti anche del pistacchio e del puffo, e quindi tu sei felice e hai tanti soldoni come ricompensa. Così dopo una lunghissima tournée, in cui hai tappato persino in Mongolia e in Pirlandia - o era la Polonia? - e sei stata via talmente tanti mesi da non sapere nemmeno quand'è il giorno di Santo Stefano, stai finalmente tornando a casa, un buco di città pari ad un buco di culo che tu odi dal profondo del tuo cuore, e da mammina e da papino con cui hai diversi problemi socio-famigliari, ma che tu rifiuti di analizzare e psicanalizzare per evitare di diventare così troppo “intimi” e dai tuoi amici che ti odiano anche loro, perché guadagni più di loro, avvocati e dottori di persone che, come te, guadagnano più di loro e che di conseguenza li fanno sentire inferiori al pari di un operaio in cassa integrazione. Ma tornando alla lunga tournée, in cui hai tentato più volte di allungare e impedirne la fine per evitare di arrivare proprio a questo punto, su questo treno, finalmente una volta giunta a destinazione, nel buco di culo di città in cui vivevi, sarai di nuovo a casa, una casa che nemmeno sai in che via sia e ti perderai sicuramente a causa di questo e, anche se avranno fatto della tua camera una mini-palestra non utilizzata, ovviamente, o il tuo cane, chihuahua ovviamente, avrà imposto la sua figura canina ai tuoi genitori costringendoli a costruire proprio in quella stanza una statua in croccantini in suo onore non lasciando nemmeno un centimetro di spazio, neanche per un pagliericcio\letto di fieno merdoso per dormirci, tornerai alla noiosa e tormentata vita di prima, in cui, da sbavoso bruco avevi bramato tanto di mettere le ali per poter volare lontano insieme alla tua band di “decisamente strani”.

La sua misera vita in poche parole.

Un gran casino.

E tutto perché per la prima volta aveva deciso di fare quello che voleva!

Forse avrebbe dovuto scegliere la vaniglia ancora una volta.

O il pistacchio. A seconda di quanto si sentiva masochista in quel momento.

Kaya aveva smesso di ascoltarla alla “Pirlandia”, capendo che qualsiasi altra cosa che sarebbe uscita dalle labbra di quella ragazzina biondosa sarebbe stata solo un mare di cazzate, ma non poté di certo evitare “buco di culo”, “chihuahua”, “fieno merdoso” e “sbavoso bruco”, sicura che erano dedicati tutti a lei. Così si sedette meglio sul sedile, allungando le gambe come erano soliti i gatti prima di saltare alle spalle delle lucertole e staccargli la coda, si scostò i capelli dagli occhi per evitare ulteriori danni alla propria persona nelle futura lotta in cui stava per incombere, ma proprio quando stava per aprire bocca per scusarsi del pugno che avrebbe successivamente seguito la sua parola, la biondina esplose ulteriormente – Allora è così?!

Il silenzio seguì lo stupore di Kaya.

Perché non me lo vuoi dire?! – continuò ad urlare la ragazzina, aggrappandosi alla manica della felpa della mora e lei per poco non si lasciò sopraffare dal panico – Ho indovinato, ma non vuoi dirmelo! Perché?! Non ci credo che sei soltanto una ragazza!

La prima cosa a cui pensò Kaya fu se avrebbe dovuto offendersi o meno per quell'ultima affermazione bionda.

Infondo anche la biondina era soltanto una ragazza, che cosa c'era di male se lo era anche lei?

No, giusto, la biondina era soltanto una biondosa. Una ragazzina biondosa.

Ammettilo, vuoi tenermi sulle spine...

Kaya sospirò.

...è solo un modo per fare la preziosa...

Si portò le mani al volto, cercando di nascondersi e di fuggire da quell'incubo.

...ma con me non funziona, sai? Io sono più furba!

Chiuse gli occhi.

Infondo devi solo ammetter...

E disse addio al buon senso.

Ma tu sei bionda naturale? – la interruppe Kaya prima di rendersi conto di aver fatto una cazzata ancora più grande di quella di trovarsi su quel treno.

E la biondina le sorrise.

 

* * *

 

Cavolo!

Sua madre glielo aveva sempre detto.

Se regali una maglietta con su scritto “Mangio e cago stronzaggine” alla tua migliore amica, non puoi mica pretendere che quella non ti cacci subito dopo a colpi di pedate nel fondo schiena fuori da casa sua e sorriderti, invece, come se non tu non le abbia appena dato indirettamente della stronza. Per di più se l'episodio che lo precede è una litigata in cui non le dai indirettamente della stronza, ma lo gridi ai quattro venti senza problemi e quel regalo dovrebbe essere la tua offerta di pace, allora sì, che la cara stronza ha, purtroppo, ragione.

E sua madre glielo aveva sempre detto, sopratutto quando quei colpi di pedate nel fondo schiena erano ancora vivi e vegeti nel suo di fondo schiena.

Kaya era sempre stata attenta a non fare la stessa fine della madre, anche perché ci teneva alle sue chiappe e perché, come da copione, alla fine non si era mai esposta tanto nella sua vita da rischiare così tanto, il sedere. Almeno fino a quando non era salita su quel treno.

E tutto perché per la prima volta aveva deciso di fare quello che voleva!

Forse avrebbe dovuto scegliere la vaniglia ancora una volta.

O il pistacchio. A seconda di quanto si sentiva masochista in quel momento.

Cavolo!

Come aveva potuto? si chiese mentre cercava di non portarsi le mani tra i capelli e strapparseli dalla rabbia. Non osava nemmeno alzare lo sguardo, sicura che sarebbe stato solo peggio incontrare quello nocciola della ragazzina e, per quanto aveva dato prova della sua ingenuità solo un istante prima, non voleva di certo comportarsi così stupidamente ancora una volta.

Kaya sospirò, prima di imprecare nuovamente.

Perché non l'aveva capito subito?

Eppure le prove c'erano stata fin dall'inizio: la figura ingannevole - una ragazzina biondosa -, il suo insistente e fastidioso interesse – Non penso che tu possa fumare qui -, l'esasperazione della povera vittima - ma tu sei bionda naturale? -, ma lei ci era cascata lo stesso, come una pera, una mela, un cetriolo e anche un'oliva e adesso poteva prendersela solo con se stessa per essere stata così sciocca.

Forse solo suo fratello Josh era talmente astuto da sapere che l'unico modo per farsi dare dei soldi evitando strane e inappropriate ripercussioni era esasperarla al punto da farla cadere in ginocchio ad implorargli perdono.

Ma tu sei bionda naturale?

Cavolo!

Ma Josh era pur sempre Josh e Kaya non poteva dire lo stesso della biondina.

La biondina era pur sempre biondosa e a alla mora le bionde non le erano mai piaciute.

Nascondersi non serviva a niente, pensò Kaya, prima di ribollire nuovamente d'ira in silenzio, mentre continuava a spodestare dei poveri e sfortunati santi dalla loro nuvolette celestamente sante e cercava un modo non troppo evidente per alzarsi e scendere immediatamente dal treno.

Dio, che stupida!

La sua unica colpa era stata quella di provare a cedere, quasi a fidarsi - E forse lo era davvero, innocua, la biondina -, ma, ora quel sorriso normale, quasi sincero, senza smorfie varie o qualche strano e ambiguo tic da nevrotica non aveva nulla di fidato.

La mora imprecò, questa volta a voce abbastanza alta da far girare verso di lei una vecchietta un po' contrariata seduta un po' più avanti di loro, ma non se ne curò, sopratutto perché trovato il coraggio di liberare gli occhi dai capelli Kaya si era scontrata contro due nocciole.

La biondina le sorrise e lei imprecò nuovamente.

In verità non sono biond...

Zitta! – sussurrò tra i denti, prendendo con rabbia la sua borsa e scaraventandola dalla fibbia alle tasche – Tu non sai niente di me.

Cavolo!

Maledicendo le borse, sopratutto la sua, con infinite tasche e taschini, maledicendo il sedile troppo scomodo e quel dannato unico bracciolo, maledicendo il treno e l'inesistenza di un mezzo più veloce, maledicendo la vecchietta più avanti che non finiva di guardarla come se fosse stata lei la pazza, maledicendo i biondi, i nani e i santi che esistevano solo per il puro divertimento di tormentarla e maledicendo pure se stessa che, essendo mora, doveva essere nata così non-ragazzina, si chiese se tutto quel trambusto – La sua misera vita in poche parole. Un gran casino –, fosse la solita scontata e conosciutissima prova che le cose sono così e basta e che è inutile spendere tempo ed energie a cambiarle. Kaya non aveva mai creduto nell' “eccezione conferma la regola”, non aveva mai nemmeno creduto che potesse davvero almeno per una volta scegliere qualcosa che le piacesse senza sentirsi dannatamente esposta e vulnerabile, nonostante si trovasse su quel treno, ma aveva sperato, aveva provato a cedere, a fidarsi - E forse lo era davvero, innocua, la biondina - che anche i più sfigati come lei potessero avere una seconda, terza, forse quanta o quinta possibilità.

Ed ora non faceva che pensare a quel sorriso, derisorio, canzonatorio, biondo, perché la biondina era stata furba, aveva vinto per esasperazione e, purtroppo, Kaya ci era caduta con tutte e due le scarpe. Lei che era abituata a stare zitta, ad attirare la gente grazie ai suoi silenzi e alla sua figura misteriosa e che allo stesso tempo era in grado di cacciare quelli più fastidiosi nel medesimo modo, semplicemente ignorandoli, ora era stata messa nel sacco da una ragazzina biondosa - se naturale non n'era ancora certa - che l'aveva attirata nella sua rete di parole confuse, molto confuse, di rosa e di biondo.

Stupida, stupida, stupida!

Nel suo solito silenzio Kaya la odiò ancora di più.

Ti sei offesa? – le chiese la ragazzina, comprendendo forse per la prima volta che la mora, per quanto fosse stata fino a quel momento molto silenziosa, avrebbe voluto fin dall'inizio dire molto di più.

Per poco non le rispose male, ma preferì ignorarla, sapendo che quello sarebbe stato peggio per la biondina.

L'aveva vinta per esasperazione.

Digrignò i denti.

L'aveva presa in giro.

Trattenne il fiato.

E lei ci era cascata, lei che era abituata a cacciare quelli più fastidiosi.

Alzo gli occhi e incontrò il nocciola della “non biondina” e la odiò ancora, fino a sentire le ossa dolergli, ancora e ancora, fino a desiderare di non essere mai salita su quel treno.

Finalmente in un taschino che nemmeno sapeva che esistesse, Kaya trovò il suo pacchetto e senza attendere ancora riaccese la sigaretta che aveva precedentemente spento, sotto lo sguardo dispiaciuto della bionda che voltò la testa dall'altra parte.

Il silenzio cadde lentamente tra di loro, mentre continuavano la corsa e Kaya continuava a fumare, nonostante tutti i passeggeri la guardavano male, senza dire niente però.

Se prima, quando la bionda le dava fastidio, odiava darle attenzione, adesso che non la guardava nemmeno si sentì inevitabile costretta a far scorrere nuovamente lo sguardo sulla ragazza accanto a lei. Con rabbia dovette ammettere a se stessa che la prima analisi fatta era completamente sbagliata, perché da “ottava nana dei sette nani” la biondina, per quanto lontana dai suoi gusti, non assomigliava ad un brutto esperimento chimico.

La valigetta apparentemente rosa non era poi così rosa, ma rossa; il vestito apparentemente rosa era in parte rosa, ma decorato da talmente tanti altri colori sfumati tra loro che era difficile soffermarsi solo su quello; e quel visino apparentemente così pulito, che le conferiva quell'apparente aria da brava ragazza, invece, era esaltato da una (anche se lievemente) matita azzurro mare intorno agli occhi e da un leggero lucidalabbra color pesca sulle labbra.

Stava cominciando a diventare paranoica per caso?

Con forza Kaya dovette distogliere lo sguardo per evitare di farsi ulteriormente male.

Dopo l'ennesima fermata, però, Kaya si girò distrattamente verso la biondina per vedere nel finestrino opposto al suo e la ragazza sembrò sul punto di dirle qualcosa quando un telefono squillò.

Pronto? – la biondina posizionò il telefono tra la spalla e l'orecchio, mentre cercava di chiudere la borsa e allo stesso tempo tentava di non far cadere il suo contenuto nel piccolo spazio tra le gambe e il sedile di fronte. – Will, sei tu! Ciao!

Un leggero sorriso ricomparve sul volto della bionda e Kaya si chiese se davvero il suo atteggiamento l'avesse fatta sentire male.

Si, sto bene. Sono solo un po' stanca – rispose la bionda con un tono meno esaltato, volgendo di sfuggita uno sguardo a Kaya e questo la distrasse, facendole sfuggire il portafoglio dalle mani. Senza neanche rendersene conto Kaya si ritrovò con un portafoglio in mano e le guance tinte di un discreto rossore, mentre la biondina la ringraziava gentilmente.

Ancora? Come aveva potuto?

Imbarazzata come se fosse stato il suo primo giorno delle medie e la madre le avesse presentato i suoi futuri compagni di classe, si voltò di scatto verso il suo finestrino cercando di dedicarsi alla musica nell'orecchio, dandosi di nuovo della stupida.

Non era bastato prima?

No, non dicevo a te. La borsa mi stava scivolando e la ragazza seduta accanto a me è stata così gentile da riuscire a prendermi il portafoglio in tempo. – informò la biondina allo sconosciuto Willy dall'altra parte della linea e questo chiazzò ulteriormente le guance di Kaya, mentre cercava di scaricare l'ira stringendo i braccioli del sedile.

Dovrei essere lì per le quattro del pomeriggio, mi aspetti a casa? – dopo un attimo di silenzio, la biondina spalancò la bocca felice e strinse forte tra le mani il proprio vestito – Davvero pensi di venire a prendermi in stazione?

Il tono della biondina era così orribilmente stomachevole che Kaya temette che avrebbe potuta vederla piangere da un secondo all'altro. Per precauzione infilò anche la seconda cuffia nell'orecchio nel caso la ragazzina avesse cercato rifugio nel suo orecchio “scoperto”, ma abbassò lo stesso lievemente il volume della musica.

Allora ti aspetto – annuì vigorosamente la ragazzina e si portò una mano al ciondolo che portava – Certo, a dopo. Ciao.

Quando la ragazzina ripose il telefono in borsa Kaya si premurò di posare lo sguardo ovunque tranne che su di lei, volgendole addirittura le spalle, mentre continuava a fumare come una ciminiera.

Grazie.

Ma la mora neanche si voltò, così la biondina cercò di attirare la sua attenzione posandole una mano sul braccio, ma questo fece scattare Kaya che per poco non la ustionò con la sigaretta.

Mi dispiace.

Stupì pure se stessa, perché a parlare non era stata lei che aveva quasi bruciato la ragazzina, ma quella sotto specie di bionda che si scusava per chissà quale strano motivo.

Me lo dicono in molti, a volte tendo a parlare un po' troppo.

Un po'? Si chiese Kaya, mentre il suo sopracciglio mostrava la sua perplessità.

Mi dispiace, davvero. Se ti ho offeso in qualche modo, mi scuso. – continuò la biondina abbassando umilmente lo sguardo e tormentandosi il vestito con le mani.

E forse lo era davvero, innocua, la biondina.

A vederla così quasi quasi la mora provava pena per lei. Condannata ad essere a conoscenza di essere una che non riesce a tenere a freno la lingua, potendo anche trovarsi così in spiacevoli situazioni, tipo quella, con spiacevole gente, tipo Kaya, la biondina doveva aver avuto abbastanza grane nella sua vita e forse quella in cui si trovava in quel momento non era nemmeno la peggiore, nonostante si fosse trovata molto vicino ad un gancio destro in faccia, anche se questo però non lo avrebbe mai saputo.

Kaya aspirò ancora dal mozzicone e soffiò il fumo verso il finestrino, vedendolo appannarsi per un attimo. Poi tornò a guardarla.

Non sei la prima che mi dice di stare zitta, sai? I miei amici, Will... - e qui la ragazzina si concesse un tenero sorriso che non sfuggì a Kaya - Persino i miei genitori me lo dicevano sempre:“Emma dovresti chiudere un po' quella boccaccia che ti ritrovi, altrimenti lo trovo io il modo, ma sono sicuro che non ti piacerà”. A mio padre piaceva molto scherzare...

Dallo sguardo della ragazzina, Kaya, però, capì che non c'era proprio niente di divertente in quegli scherzi e si sorprese a pensare che, prima di quelle parole non si era mai soffermata a pensare che quel comportamento “biondo” avrebbe potuto essere solo una maschera, proprio come la sua. Lei che era abituata a cacciare quelli più fastidiosi.

Forse non erano poi così diverse. Forse erano entrambe ragazzine.

E improvvisamente tutto il teatrino, le quinte e la platea e i palchi caddero, crollarono, si distrussero, mostrando per la prima volta cosa avevano nascosto fino a quel momento con tanta cura e dedizione, una ragazza - Non ci credo che sei soltanto una ragazza! -, caddero, come la sigaretta di Kaya che scivolò dalle sue dita per andare a spegnersi per terra ai suoi piedi.

La mora esalò l'ultimo fumo rimanente.

Penso che l'unica che non mi abbia mai detto niente in proposito sia Zia Jane, lei adora ascoltarmi, anche per le cose più futili e inutili. Dice che le ricordano la primavera, ma non credo che abbia molto senso, anzi per niente. La primavera non è fastidiosa - bionda -, infantile - ragazzina - e noiosa - innocua -. E' pur sempre vero, però, che quella donna ha raggiunto gli “anta” da poco e già comincia a non capire più un granché, a causa degli ormoni e dalla costante voglia di accasarsi, ma posso capirla infondo, anche io se fossi ancora single a quell'età senza un figlio mi preoccuperei. Quello che non ho mai capitò, però, è come abbia fatto a ritrovarsi da sola, infondo è ancora una bellissima donna e ha sempre avuto un sacco di ammiratori, anche mia madre mi diceva che fin da giovane era circondata da ragazzini e uomini che le andavano dietro. Per questo non capisco come mai ora sia single, è come se fosse lei stessa a dir di no... E mi fa rabbia, perché non se lo merita! E' un donna fantastica, mi fa da madre e mi ama per quello che sono, anche se parlo troppo e cambio argomento ogni due second... L'ho fatto ancora vero?

Kaya la guardò, spingendo il suo sguardo oltre quelle due pozze nocciola e cercando di scovare di più che un faccino leggermente truccato e dei capelli vagamente biondi.

Poi annuì, senza lasciarsi sfuggire nessuno piegamento di labbra.

Oh, scusa ancora. Ma non so proprio come fare, è una cosa più forte di me. La si può amare o odiare, come me. Mi si può amare o odiare, non ci sono vie di mezzo. Ma mi dispiace se ti sono sembrata invadente, so di aver esagerato, è che non avevo mai visto una ragazza come te. Sei diversa, sei... speciale.

Ragazzina.

Non pensò davvero quello che ho detto prima, l'ho fatto solo per innervosirti in verità. Volevo una tua reazione, ma ora ho capito che tu sei così, silenziosa, e non mi dispiace, sai? Nonostante, però, io sappia che non ti sono sembrata molto simpatica prima, ora mi piacerebbe almeno passare il resto di questo breve viaggio in tranquillità, magari io parlando e tu ascoltando o, se non ti va, semplicemente restando in silenzio. Il silenzio non è poi così male, anche se non credo di piacergli molto... Insomma, mi piacerebbe che tu non mi odiassi.

Bionda.

Allora, ti va?

Kaya, intanto, si era di rilassata sul sedile, lasciando per la prima volta le spalle sciogliersi e la tensione scivolarle lungo le caviglie e le mani fino a sparire. Raccolse il mozzicone spento che le era caduto a terra prima e lo ripose nel piccolo cestino incorporato alle intelaiature del finestrino. Poi tornò a cercare nella borsa e nelle sue infinite tasche. Senza esitazione tirò fuori quello che le occorreva e sotto lo sguardo stupido della ragazzina allungò la mano verso di lei con il volto rivolto ovunque tranne che nel suo e in viso la più totale noia e indifferenza.

Quel Willy, è un tuo caro amico?

In verità si chiama Will – la corresse la ragazzina.

Non importa. – tornò a voltarsi e Kaya si specchiò nei suoi occhi – Allora?

Neanche un secondo dopo, il rotolo si sollevò dalla sua mano e, nonostante il rumore in sottofondo della liquirizia che si srotolava tra le loro labbra, Kaya riuscì ad ascoltare, odiare e persino apprezzare le parole della biondina.

Innocua.

 

* * *

 

Era passata solo un'ora e mezza da quando era salita sul treno, una da quando la biondina le si era seduta accanto e quaranta minuti da quando aveva cominciato a considerarla una ragazza “okay”. Dopo tutti i cattivi pensieri, la rabbia e l'esasperazione Kaya non aveva mai cambiato di posto e aveva sopportato, riso e assecondato quella strana accoppiata. Per quanto fosse difficile ammetterlo, trovava che quella ragazza si avvicinasse il più possibile al tipo di ragazza che aveva passato gli ultimi anni ad evitare, proprio con il timore che fosse quella giusta per lei. Sapendo che amava il cioccolato quando aveva la possibilità di prendere un gelato sceglieva la vaniglia o il pistacchio, che tra l'altro lei odiava.

Forse la biondina era il cioccolato, per lei.

Ed ora che la ragazzina le sedeva accanto Kaya non riusciva a non godere di quel momento, in silenzio e dentro di sé, e sopratutto non riusciva a smettere di sperare. Il viaggio non le sembrava più così spaventoso come aveva pensato all'inizio, rassicurata dai mille racconti della biondina ed ora era - quasi - sicura che scegliere secondo il proprio volere non fosse una così grande cazzata, forse solo una sfiga o una condanna e sentiva che queltutto” che le avevano tolto - Infondo le aveva già tolto tutto, cosa si poteva avere di peggio? - un po' alla volta sarebbe potuto tornare indietro, da lei.

Kaya voleva scegliere il cioccolato.

Ho paura, capisci? Non riesco più a comportarmi allo stesso modo con lui! Arrossisco appena mi sfiora, mi arrabbio quando mi dice che sono la sua migliore amica e piango quando lo vedo in giro mano nella mano con una ragazza diversa! Sto letteralmente impazzendo, perché non so più che fare. Da una parte vorrei dirglielo, “Senti Will, so che sarà difficile accettarlo, noi siamo amici da una vita, ma io ti amo, ti ho sempre amato, anche quando mi tiravi le treccine e mi lanciavi le caccole del tuo vicino di banco e sono più che sicura che ti amerò per sempre, almeno fino a quando non mi prosciugherai la pensione per giocare alle slot machine, perché, lì sì, che il mio amore potrebbe finire”, come minimo gli verrebbe un coccolone! D'altra parte però non voglio perderlo, perché so che lo perderò se glielo dico e quindi preferisco arrossire, arrabbiarmi e piangere piuttosto che rimanere sola e senza di lui... Ma odio anche stare così, a metà, tra una cosa e l'altra. Avrei bisogno di una spinta per capire a cosa tengo di più, ma da sola non posso farcela. Mi capisci, no? – la biondina si appoggiò alla gamba di Kaya lasciata penzolare lungo il bracciolo, mentre accoccolata sgraziatamente contro il finestrino del treno e con l'i-Pod nelle orecchie, cercava di strappare il rotolo di liquirizia il più bestialmente possibile senza dar peso della faccia disgustata della vecchina che le passava di fronte.

Oh Santa Dea, ma in che guaio si era cacciata? Pensò Kaya, cercando di fingere il più possibile di trovarsi miglia e miglia di distanza dalla voce insistente e perforante della biondina. Quando le aveva dato carta bianca per parlare non pensava minimamente che si sarebbe cacciata in un disastro tale, per di più lei non era mai stata brava con le emozioni o i sentimenti, per non parlare con i consigli da brava amichetta. Il suo motto era sempre stato “vivi e lasciami vivere” e se mai qualcuno si era mai orribilmente azzardato a chiederle qualcosa Kaya aveva sempre risposto con “bevici su e vedrai che prima o poi passa”. Ora, però, guardando la biondina, le sembrava un po' difficile che la gentile pacca sulla spalla che la mora le avrebbe volentieri dato potesse asciugare quell'aria triste e, visto che lei voleva solo tornare ad ascoltare senza dover intervenire più di tanto - maledetta lei che si era fregata da sola concedendo spiegazioni alla ragazzina sul coyote –, cercò nel suo “io” più profondo e possibilmente in quelle meno in putrefazione la forza per sorridere.

Così annuì, trovando la nuova canzone dei Kings of Leon davvero bellissima.

Kaya voleva scegliere il cioccolato.

Era stato veloce il passaggio dal silenzio alla liquirizia-party e Kaya non era mai stata così sorpresa nel trovare la ragazzina, quella che apparentemente doveva essere il rifiuto di un esperimento chimico tra un albino e un maiale, una tipa decisamente “okay” con cui poter parlare - da ascoltare - liberamente e mangiare altrettanto liberamente - la vecchina non sarebbe stata del tutto d'accordo - rotoli di liquirizia nera fino a stare male. E infatti, tra un rotolo e l'altro, avevano distrutto a suon di martellate di denti l'imbarazzo sceso dopo la telefonata ed erano passate da un argomento all'altro - o almeno era la biondina che aveva toccato l'argomento “Willy e il coyote” almeno tre volte per poi cambiarlo altre quattro - masticando e ingurgitando in modo quasi vergognoso.

Vedi, anche tu mi capisci! Anche tu se ti trovassi nella mia stessa situazione saresti altamente tormentata e con l'animo che fa le bizze! Ma per fortuna non sono sola e c'è qualcuno che mi capisce. Se non ci fossi tu non potrei parlarne con nessuno e allora potrei anche buttarmi già da un ponte per fare bungee jumping senza però divertirmi. Con Zia Jane non c'è alcun dubbio, visto che lei l'aveva sempre detto che l'amicizia tra maschio e femmina è una falsità e che prima o poi anche io e Will ci saremmo trovati nei guai a stare sempre così appiccati come culo e camicia, peccato, però, che quella nei guai ora sono solo io; con Will di certo non posso parlarne, sarebbe come consegnare ad un pluri-omicidia una pistola e ciao ciao alla possibilità di restare amici; e infine c'è Aiden, ma anche con lui sarebbe un problema, lui è già sempre così pieno di problemi, sopratutto a causa di quella Kelly, o Keira, non ricordo mai il suo nome, di cui si è innamorato da quando aveva il pannolino, ovvero da sempre e che non riesce a tirarsi via dalla testa, nonostante lei sia sparita in qualche buco di culo di città e non si faccia viva da quattro o cinque anni. Quindi meglio che io abbia incontrato te, e anche se è stato un po' un casino all'inizio, dopo però è stato fico, tra liquirizia e confessioni strappalacrime e, anche se tu non hai detto niente ed io non so praticamente nulla di te, è come se ti conoscessi da sempre. Non per quello che ho detto prima, no, no, e no, quello erano solo un mare di fesserie, però tutto sto stare tu zitta ed io a parlare e tutti 'sti rotoli di liquirizia fanno passare i minuti veloci come fossero anni e mi sembra quasi che sia una vita da quando ti ho visto per la prima volta seduta sola e soletta qui e ho avuto la fantastica idea di venire a sedermi vicino a te!

Kaya annuì nuovamente e passò alla canzone successiva.

Però, forse, mi piacerebbe sapere un po' di più sul tuo conto, oltre al fatto che ti piacciono tanto i rotoli di liquirizia, le sigarette, i vestiti stile halloweeniano e la canzoni a tutto volume nelle orecchie. Infondo potresti anche essere un ghost buster senza che io lo sappia, o la schiavetta personale di Dracula, o ancora l'Hannah Montana originale, anche se non ti ci vedo bionda. Forse rossa... Per caso sei Hayley Williams dei Paramore tu?

Kaya aveva casualmente alzato lo sguardo, senza capire il vero contenuto del blaterare della ragazzina, così aggrottò le sopracciglia per mostrare la sua incertezza.

Okay, okay, ho detto un'altra fesseria. Tornando al punto iniziale … aspetta. Qual'era il punto iniziale?

La mora però non ebbe il tempo nemmeno di chiedere alla biondina che cosa avesse tanto da guardare che l'auto-parlante del treno annunciò la sua fermata. Ed era la prossima.

Improvvisamente Kaya ritornò con i piedi per terra e sentì tutto l'agglomerato di liquirizia nel suo stomaco brontolare.

Papà.

Chissà se la stava aspettando in stazione o a casa, si ritrovò a pensare Kaya, scoprendo che infondo al suo cuore e a tutti gli strati di marciume che aveva, desiderava che lui fosse presente appena lei avesse messo un piede giù dal treno.

Magari per abbracciarlo, subito dopo averlo insultato per bene ovviamente.

Ormai erano passati quattro anni dall'ultima volta che l'aveva visto, l'ultima immagine che Kaya aveva di lui era di quando veniva trascinata via per un braccio dalla madre e lei vedeva il padre immobile davanti a casa senza fare niente per fermare la - ancora per poco - moglie. O per farla restare con lui.

Nemmeno una parola.

Ma ora Kaya voleva scegliere il cioccolato.

Papà.

Kaya ovviamente non aveva pianto, ma quella era stata la prima volta che aveva capito che il suo cuore alla fine era vivo, perché si era spezzato e le aveva fatto talmente male da non riuscire a dire o fare niente.

Da allora si erano sentiti solo per telefono, giusto per Natale o i compleanni, qualche volta anche a Pasqua. E poi lo aveva sentito un paio di ore prima, quando, giunta in stazione, aveva comprato il biglietto e gli aveva telefonato, perché si era resa conto che lei aveva sempre avuto bisogno di lui.

 

Pronto?

Ciao Papà – aveva sussurrato lei quasi temendo che lui potesse chiuderle il telefono in faccia.

Kaya, ciao...

Come … stai? – mentalmente si era data della stupida, non poteva permettersi di temporeggiare. Il treno sarebbe partito dieci minuti dopo e lei si sarebbe dovuta già trovare in carrozza al suo posto in quel momento.

Bene e tu? – a quella domanda Kaya si bloccò.

Dire la verità subito o mentire? Solitamente preferiva costruire intorno a sé varie ragnatele di bugie e menzogne che con il vento crollavano miseramente mostrandola per quello che era e che sarebbe sempre stata.

Fragile. Vulnerabile. Ferita. Sola.

Kaya... – e lei sospirò, tremando all'idea di un ennesimo rifiuto.

Ma ora Kaya voleva scegliere il cioccolato.

Ho comprato un biglietto per venire a casa – perché in fondo quella, quella che aveva lasciato e in cui aveva vissuto i quindici anni più belli della sua vita era la sua vera casa – e dovrei arrivare con il treno per le quattro. Non so per quanto intendo restare, penso fino a quando non sarò riuscita a mettere da parte abbastanza soldi per il viaggio di ritorno e per l'affitto di un appartamento.

Il silenzio era sceso per poco, giusto il tempo di comprendere appieno le ultime parole.

Tua madre lo sa? – a quella domanda Kaya aveva ridacchiato e anche dall'altro capo del telefono aveva sentito un accenno di ilarità che le diede la forza di sperare.

In parte.

La linea era rimasta di nuovo vuota, finché suo padre non aveva galantemente imprecato e con un sospiro aveva mormorato a bassa voce – Mi basta. Ti aspetto allora, a dopo.

Okay, a dopo. – e dentro di sé lei lo aveva ringraziato di cuore.

Poi Kaya era corsa verso la corsia del treno che l'avrebbe riportata a casa.

Papà, sto arrivando.

 

Devi andare? – Kaya si voltò verso la biondina e si ritrovò ad annuire mentre il suo stomaco continuava a protestare. Eppure pensava di averlo saziato fino a quel momento a forza di liquirizia, che fosse il segnale di un male imminente?

E' la mia fermata. – amaramente la mora si accorse che era la prima cosa che diceva da quando quasi un'ora prima aveva detto alla biondina di stare zitta. In parte se ne pentì, di essere stata così in silenzio, di non aver partecipato più di tanto alla conversazione - Però, forse, mi piacerebbe sapere un po' di più sul tuo conto, oltre al fatto che ti piacciono tanto i rotoli di liquirizia, le sigarette, i vestiti stile halloweeniano e la canzoni a tutto volume nelle orecchie. - ma ripensandoci preferì così, perché era vero che non aveva detto niente di sé ma lei c'era stata - tutto sto stare tu zitta e io a parlare e tutti 'sti rotoli di liquirizia fanno passare i minuti veloci come se fossero anni e mi sembra quasi che sia una vita da quando ti ho visto per la prima volta seduta sola e soletta qui e ho avuto la fantastica idea di venire a sedermi vicino a te! - e l'importante era questo. Esserci.

Si alzò in piedi, prese la propria borsa, la felpa che precedentemente si era tolta, qualche cartaccia che aveva sparso, ma voltandosi per uscire da quell'ingarbuglio di gambe, borse e quant'altro si fermò a guardarla. La biondina sembrava psicologicamente distrutta, si stropicciava il vestitino, si mordeva il labbro per evitare di mostrare la smorfietta che le dipingeva il viso e il nocciola dei suoi occhi luccicavano come se fossero stati sotto i riflettori.

Non poteva lasciarla così, pensò Kaya, non poteva nemmeno mettersela in borsa però. Sarebbe stato alquanto sconveniente, oltre che un inutile souvenir rosa e biondo che non avrebbe mai usato. Ma le dispiaceva - le dispiaceva?! - fermare quel viaggio che all'inizio doveva essere un incubo ed invece era stata soltanto una sfiga. E poi non l'avrebbe più rivista, la ragazzina biondosa, e quando mai le sarebbe ricapitato di incontrare un'altra ragazzina biondosa pari a quella che si stava smocciolando sul vestitino lì affianco?

Forse la biondina era il cioccolato, per lei.

Quindi è un addio. – mormorò a voce fioca la ragazzina e lei si morse il labbro per evitare di parlare. Che, poi, cosa avrebbe potuto dirle? Lei non era mai stata di molte parole, figuriamoci nell'ultimo periodo e quel viaggio l'aveva dimostrato. Lei odiava parlare. Le parole sono scomode e il silenzio le si addiceva molto di più. Aveva sempre scelto la vaniglia o il pistacchio, a seconda di quanto si sentiva masochista in quel momento e ora che sceglieva - il cioccolato - di fare quello che la sua mente bacata voleva si ritrovava con la gola in fuoco e le mani che le prudevano.

Kaya si guardò attorno come se stesse ancora cercando qualcosa, ma in realtà aveva bisogno di tempo, tempo per capire che il cioccolato non era tanto male e si sforzò di cercare dentro di sé tra il marciume e il catrame qualcosa che non finisse con 'Azzo, perché in quel momento il suo unico neurone sano non pensava ad alto.

Non ci rivedremo più – la ragazzina si allungò verso di lei, quasi a cercare un appiglio per fermarla – e non so quasi niente di te.

Kaya sospirò e in un ultimo sforzo cacciò nuovamente le mani nella borsa per tirare fuori il suo fidato pacchetto di sigarette. Prese una sigaretta, ma invece che accenderla la porse verso la biondina.

Per non dimenticarmi.

Era il significato di quel bastoncino bianco e marrone e la biondina lo accettò volentieri.

Tu sai molto di me. – sussurrò uscendo nel piccolo corridoio tra le due file di sedili – Sai che mi piacciono tanto i rotoli di liquirizia, le sigarette, i vestiti stile halloweeniano e la canzoni a tutto volume nelle orecchie. Dovresti ritenerti fortunata.

La biondina annuì, stringendosi al petto la sigaretta e la mora cominciò ad incamminarsi verso la porta del vagone.

Kaya voleva scegliere il cioccolato.

E non fare troppo la melodrammatica, altrimenti Willy deciderà che non vali nemmeno come amica – la mora le voltò le spalle, decisa a proseguire per la sua strada e una volta stretta la maniglia della porta si girò a guardarla.

Will.

Non importa, Emma.

Kaya la guardò attentamente, per la prima volta sorridendo e godendo dello stupore della ragazzina che si era addirittura alzata in piedi per salutarla e le augurò tutto il bene del mondo in silenzio, come era solita fare.

Uscì dallo scompartimento con il sottofondo del treno che rallentava in prossimità di una nuova fermata e attraversò anche il vagone dopo. Poco dopo, però, si accorse che si era sbagliata: non era ancora giunto il momento di scendere, allora continuò ad attraversare gli scompartimenti, finché non arrivò all'ultimo della seconda classe. Prese fuori una nuova sigaretta e, proprio mentre la stava accendendo, le porte del treno si aprirono e quella le scivolò dalle labbra.

Di corsa scese i gradini che la separavano dalla terra ferma e i metri che la separavano da lui e si buttò tra le sue braccia calde e vive.

Papà, sei qui.

Mentre si lasciava sfuggire un singhiozzo la sigaretta si consumava per terra, per poi spegnersi una volta che le ruote le passarono sopra.

Kaya aveva scelto il cioccolato.


 

  
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