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Autore: Nimel17    16/09/2012    2 recensioni
La fiaba di Raperonzolo è molto conosciuta, ma qualcosa mancava...Rumpelstiltskin. La vera protagonista è comunque Rapunzel.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Emilie stava aspettando Emma per bere qualcosa. L’amica ne aveva bisogno, dopo l’improvvisa morte di Graham. Aveva raccontato a tutti che aveva avuto un infarto in ufficio, ma lei era certa che ci fosse qualcosa di più, visto come piangeva spesso. Non le voleva fare domande, sapeva l’importanza di rispettare la privacy altrui, ma era preoccupata. Emma arrivò, gettando la giacca sulla sedia e sedendosi sbuffando come una mantice.
“Successo qualcosa?”
“A parte che Regina vuole togliermi l’incarico di sceriffo mettendo al mio posto Sidney Glass? No, niente.”
“Cosa? Glass?”
“Ha bisogno di burattini, Em, e io non sono esattamente una sua fan.”
Stettero a guardare i loro caffè per qualche istante, poi Emma alzò gli occhi e chiese a bruciapelo:
“E tu? Come stai?”
Emilie sospirò.
“Ho voglia di camminare. Andiamo verso casa tua, nel frattempo ti spiego.”
Fuori c’era parecchio vento e le due donne dovettero fare attenzione alle foglie che s’impigliavano nei capelli.
“Il signor Gold ti ha più cercata?”
Lei scosse la testa.
“No. Ero molto arrabbiata quando me ne sono andata, gli ho persino rotto una bottiglia di vino sul pavimento.”
Emma rise.
“Immagino che molti vorrebbero stringerti la mano, se lo sapessero. Ma non hai risposto alla mia domanda.”
Emilie guardò per terra e parlò a voce molto bassa, le mani infilate nelle tasche.
“Certo che sto bene.”
“Ti ho mai detto del mio superpotere?”
“Solo un trilione di volte.”
“Sei dimagrita. Hai le occhiaie. Cosa ti succede?”
Lei si morse il labbro e non rispose. Non sapeva cosa dire. Che una cotta per un uomo di oltre vent’anni più vecchio di lei, che comprava bambini e faceva paura a tutta la città l’aveva ridotta in quello stato?
“Lascia stare, non ci capisco niente nemmeno io.”
Notò che Emma non la stava più ascoltando. Stava guardando Mary Margaret con un uomo dai capelli chiari.
“Chi è?”
“Non sei uscita molto ultimamente, vero?”
“….No.”
“David Nolan. Alias John Doe.”
“Scherzi? Ma cosa mi sono persa?”
“Guarda davanti ai tuoi occhi.”
E quello che vide non aveva bisogno di spiegazioni. Mary Margaret stava ridendo e David le sorrideva, gli occhi azzurri persi in un’espressione instupidita. Erano molto vicini, i loro gesti erano sincronizzati e fra loro c’era come un filo invisibile che li univa.
“Non sei contenta?”
“Lui è sposato.”
Emilie si voltò, trattenendo il respiro.
“Cosa?”
“Sua moglie si chiama Kathryn, è venuta all’ospedale poco tempo dopo il suo risveglio dal coma. Lo aveva dato per scomparso.”
“Mary Margaret lo sa?”
“Sì. Questo non migliora certo la situazione. Non dovrebbe perdere tempo con lui.”
“Perché no? Se è quello che vuole, perché dovrebbe preoccuparsi di quello che dicono gli altri, anche se disapprovano?”
Emma la fissò, come se stesse incominciando a capire. Emilie si morse la lingua per la veemenza con cui aveva risposto. Chinò il capo e le prese una mano.
“Non chiedere.”
Andò dritta nella sua nuova casa, consistente in una piccola stanza con bagno e vista sulla foresta. Si preparò un bagno caldo e bevve del succo di mela direttamente dal cartone. Che idiozia, nominare Sidney Glass sceriffo. Mentre stava a mollo nell’acqua profumata, pensava a quanto la sua vita fosse cambiata in pochi mesi. Emma aveva fatto in modo che sua madre non la infastidisse più grazie ad un’ordinanza restrittiva, aveva recuperato tutte le sue clienti, convenientemente dimentiche del fatto che fosse stata arrestata quando la loro ricrescita aveva iniziato a farsi vedere, riusciva a pagare l’affitto sia a Ruby sia al signor Gold e Derek si era scusato abbondantemente del suo comportamento. Ci era uscita insieme un paio di volte, tentando di provare qualcosa di più forte per lui dell’amicizia, ma niente da fare. L’unica cosa che però le aveva fatto davvero piacere era la piccola Alexandra, la figlia di Ashley. Emilie le faceva da babysitter praticamente un giorno sì e uno no, deliziandosi nel tenerla in braccio e portarla in giro, prendendole giochini e gingilli colorati e tintinnanti. Si stava asciugando i capelli con l’asciugamano quando qualcuno bussò alla porta. Doveva essere Ruby, si fermava spesso a chiacchierare con lei durante i suoi momenti di pausa. Aprì la porta e finse di essere seccata.
“Ruby, sai sempre scegliere i momenti migliori, devo proprio…”
Le cadde l’asciugamano. E richiuse la porta, girando la chiave a doppia mandata.
“Questo mi sembra decisamente esagerato.”
Maledizione, aveva ragione.
“Non è un buon momento.”
“Per la signorina Lucas sì, invece, vero?”
“Noi ragazze siamo abituate a queste cose.”
“Aprimi, Emilie.”
Lei obbedì, un po’ a disagio e un po’ arrabbiata per non riuscire a resistere. Il signor Gold entrò, vestito interamente di nero. Era la sua immaginazione, o la ciocca d’argento tra i suoi capelli era più evidente del solito?
“Posso fare qualcosa per lei, signor Gold?”
“Cosa vi siete dette, tu e la signorina Swan, prima?”
“Non sono affari suoi.”
“Temo di sì. Almeno, quello che riguarda la morte del povero Graham e il suo nuovo ruolo.”
Perché non poteva comportarsi con lui come faceva con chiunque altro? Cercò di sorridere.
“Vuole qualcosa da bere, signor Gold? Temo di avere solo dell’acqua e succo di mela, ma…”
“Niente, grazie.”
Il diavoletto sulla sua spalla istigava Emilie a chiedergli se voleva del vino bianco, ma il suo istinto di sopravvivenza le tenne la bocca ben chiusa sull’argomento.
“Regina le ha tolto l’incarico e l’ha dato a Sidney Glass.”
Il signor Gold fischiò.
“Il sindaco non perde tempo.”
La guardò, soffermandosi sulle ombre che le circondavano gli occhi, sulla maglia troppo larga. Fece per parlare, ma poi si diresse verso la porta.
“Fortunatamente, nemmeno io. Buona giornata, Emilie.”
Appena dieci minuti dopo che se n’era andato, Ruby arrivò con due cornetti caldi.
“Ti va?”
“Perfetto. Mi ci vuole, dopo la visita del signor Gold.”
“Cosa voleva?”
Emilie alzò le spalle. Mangiarono in silenzio per circa tre minuti, dopodichè l’amica iniziò a parlare.
“Come vanno i tuoi incubi?”
“Vacci a capire qualcosa. Prima sognavo che ero rinchiusa in una stanza in cui potevo solo guardare fuori, ora sogno anche un lupo enorme che cerca di attaccarmi, un uomo di cui non vedo il volto ma che ha la pelle verde-oro che ride.”
“Wow. Forse devi smetterla di bere tutte quelle tisane prima di dormire.”
“Inizio a pensarlo anch’io.”
“Sapete io, invece, cosa penso?”
Le due ragazze sobbalzarono. La signora Lucas se ne stava sulla soglia della porta, l’espressione decisa.
“Penso che Ruby Lucas deve portare la sua poco vestita persona giù dabbasso e servire i tavoli.”
La ragazza eseguì senza fiatare. L’anziana signora cambiò tono, rivolgendosi ad Emilie.
“Come stai, tesoro?”
Le sollevò il mento e la esaminò con aria critica.
“Che ti sta succedendo, ragazza mia?”
“Non è la prima che me lo chiede. Non lo so. Sto facendo dei brutti sogni ultimamente, che mi tengono sveglia la notte.”
“Prova a dormire un po’ adesso. Almeno recupererai in parte il sonno perduto.”
“Ci proverò, signora Lucas.”
Quando la donna richiuse gentilmente la porta alle sue spalle, Emilie si sentì segretamente sollevata. In quei momenti preferiva stare da sola. Prese le sue solite pastiglie per stare sveglia. Era quasi una settimana che non dormiva per più di due ore a notte, terrorizzata dai sogni che poteva fare. Le squillò il telefonino.
“Pronto?”
“Emilie, sono io, Emma. Il signor Gold è appena venuto da me.”
Scioccata, il cellulare le sfuggì quasi di mano.
“Come? Perché?”
“Ha trovato un cavillo nel regolamento usato da Regina per licenziarmi. Ci saranno delle elezioni tra me e Sidney, vincerà chi otterrà più voti.”
“Ma è fantastico!”
“Dimmi, quanta gente pensi che voterà per me, andando contro Regina? A parte te, Ruby, Mary Margaret e il signor Gold?”
Emilie realizzò che aveva ragione. In città gli abitanti avevano paura solo di due persone: Regina e Gold.
“Ci sentiamo.”
Lei stette per qualche secondo a fissare il vuoto, poi si alzò e si rivestì. Non avrebbe permesso che Regina togliesse ad Emma quel lavoro, era perfetto per lei. Prese la giacca e scese le scale di corsa. Ruby la guardò, sorpresa.
“Em, dove…”
Non le badò. Corse senza salutare nessuno, senza rispondere a nessuno, senza curarsi delle macchine che si fermavano con uno stridio di freni per non investirla. Si gettò letteralmente dentro il negozio cercato, aggrappandosi al muro per respirare.
“Emilie?”
Lei si voltò verso di lui, le mani sulle ginocchia.
“Voglio stringere un altro patto.”
Lui rise, per la prima volta da quando l’aveva conosciuto.
“Non sembravi poi così soddisfatta dal nostro primo accordo.”
“Al diavolo. Non si tratta di me.”
Lui la scrutò.
“No?”
“Voglio che faccia qualcosa perché Emma vinca le elezioni.”
“Mi devi già un favore, dearie.”
“Se non trova qualcosa di meglio, gliene dovrò due, allora.”
Il signor Gold le si avvicinò, posando una mano sulla sua spalla.
“In effetti, c’è qualcosa che voglio da te, Emilie.”
Lei deglutì ma sostenne il suo sguardo senza sbattere le palpebre.
“Avanti.”
“Perdono.”
Emilie si sentiva il ritratto dello Stupore. Non riusciva nemmeno a muoversi. Era accaldata, tremava, ma non protestò quando le braccia del signor Gold si chiusero attorno a lei.
“Tu sei l’unica la cui opinione mi possa importare, Emilie. Ho bisogno del tuo perdono. Non vivi bene nella rabbia e nell’odio, lo sai. Guardati, sei diventata l’ombra di te stessa. Lascia che mi prenda cura di te.”
Lei gli prese le mani, che erano arrivate sul suo viso bagnato inconsapevolmente di lacrime. Stava per parlare, ma venne interrotta dal campanello del negozio.
“Signor Gold! Signor Gold!”
Emilie non aveva mai visto sul viso di lui un’espressione più omicida. E, in qualche modo, sapeva che lei stessa stava rivolgendo pensieri sanguinosi al dottor Hopper.
“Mi dica, Archie.”
Gold uscì dal loro angolino per andare incontro allo psichiatra.
“C’è stato un incendio all’ufficio del sindaco. La signora Mills è stata salvata da Emma Swan, che era con lei quando è avvenuta l’esplosione. Hanno chiesto di lei.”
“Vengo.”
Nell’atto di chiudere la porta, il signor Gold lasciò senza farsi vedere dall’altro una copia della chiave del negozio sul bancone, e sorrise ad Emilie. Lei aspettò qualche secondo, poi uscì lei stessa e si diresse verso il luogo dell’incendio. Non appena Ruby la vide, le fece segno di unirsi a lei e a Mary Margaret. Emma e Regina avevano il viso semicoperto da fuliggine, ma sembravano illese. Emilie corse ad abbracciare l’amica.
“Dio mio, Emma, come stai?”
“Sto meglio, adesso.”
Ruby le sussurrò all’orecchio:
“Ti faccio una proposta irresistibile: passa la notte con me.”
Lei fece un mezzo sorriso.
“Pensavo non me l’avresti mai chiesto.”
“Facciamo tanti poster e cartelli di sponsorizzazione. Emma è la salvatrice del sindaco, questo le porterà parecchi voti.”
“Come rifiutare?”
Lei, Archie, Ruby, Ashley e Mary Margaret fecero volantini e manifesti per tutta la notte. Chi sarebbe riuscito a dormire, con tutta l’eccitazione che aveva dato come una scossa elettrica a Storybrooke? Inoltre, quel lavoro impediva ad Emilie di pensare a cosa stava per succedere nel negozio del signor Gold. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che si era sentita così… euforica.
 
Alle elezioni c’era tutto il paese. Lei notò Gold seduto tra le ultime file, e dovette sforzarsi per non sorridergli. Regina appariva soddisfatta, Henry invece sembrava diviso tra la preoccupazione e la speranza. Sul palco c’erano Emma e Sidney, mentre Archie li presentava al pubblico facendo qualche sciocca battuta sui loro cognomi per rompere il ghiaccio. Parlò per primo Glass, aggiustandosi il papillon e sorridendo apertamente.
“Signore e signori…”
Emilie non lo ascoltò nemmeno, concentrandosi su Emma. L’amica non sembrava per niente felice. Cosa poteva essere accaduto per buttarla giù così? Era l’eroina della città, avrebbe dovuto essere almeno soddisfatta. Eppure, mentre andava verso il microfono, sembrava piuttosto voler essere dovunque tranne che lì. Fece due respiri profondi, prima di cominciare.
“Signore e signori, so che siete qui per votare per me o per Sidney Glass. Prima che comincino le elezioni, voglio essere completamente sincera con voi.”
Non era il discorso che si aspettavano di sentire. Emilie guardò Ruby, ricambiando lo sguardo confuso dell’amica.
“Immagino voi tutti sappiate che il signor Gold mi ha appoggiata durante la mia corsa.”
Emma strinse le nocche.
“Ma non sapevo che fosse disposto a provocare un incendio per farmi vincere.”
Emilie pensò di aver sentito male. Ma tutti avevano sul volto la stessa espressione di orrore. Si voltò cercando Gold, i suoi occhi sorpresi e indignati da quell’accusa. Ma il suo posto era vuoto. Infischiandosene del fatto che Emma continuava a parlare, delle proteste dei suoi vicini, si alzò e uscì dalla sala comunale. Sembrava proprio che dovesse vivere nella rabbia e nell’odio, dopotutto. Per la seconda volta in poche ore, si catapultò dentro il negozio di antiquariato.
“Farai meglio a dirmi che Emma ha preso un granchio gigantesco.”
Lui la guardò, la faccia impenetrabile.
“Non mento mai, dearie.”
Lei impallidì e vacillò. Il signor Gold fece per sorreggerla, ma lei si scostò.
“Avresti potuto ferire o uccidere qualcuno!”
“Sapevo esattamente, ciò che facevo, dearie.”
La sua sicurezza incrollabile la fece andare in bestia ancora di più
“E hai avuto la faccia tosta di chiedermi perdono? Sapendo cosa stava per succedere?”
“La gente ha paura di Regina, ma teme ancora di più me. La sua accusa in pubblico era prevista. Solo sfidandomi apertamente avrebbe potuto vincere il lavoro. Non era sufficiente il suo eroico gesto di stanotte.”
“Non me ne importa niente. Ho sprecato anche troppo tempo con te.”
Fece per voltarsi, ma lui l’afferrò e la rivoltò bruscamente verso di sé. La strinse con un braccio per impedirle di andarsene e la baciò, sfruttando la sua rabbia e la sorpresa. Emilie era divisa in due. Una parte di lei voleva arrendersi ai suoi desideri, l’altra voleva schiaffeggiarlo e spingerlo via. Prima che una delle due potesse prendere il sopravvento, la sua mente fu invasa da immagini. Una torre. Sua madre. Le sue amiche, chiamate con altri nomi. L’uomo dei suoi sogni, dall’aspetto strano, inquietante, ma familiare. Il suo nome non le apparteneva più. Non era più Emilie con il signor Gold, era Rapunzel con Rumpelstiltskin.
 
 
Angolo dell’autrice: Un capitolo duro da scrivere, ma eccomi qui e scusate per il ritardo Jrullo di tamburi…. Surprise! Grazie a Sylphs, Samirina e LauraSwanA per aver recensito, Himawari Chan e Ruta per averla messa tra le seguite. Un saluto a tutti!
  
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