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Autore: rekichan    03/04/2007    5 recensioni
Non puoi scappare da quegli aghi rigettati dal cielo. La pioggia ti avvolge nel suo velo sottile e doloroso. La tempesta fa amare il calore emanato dal fuoco scoppiettante del camino e da una tazza di cioccolata calda, magari con la panna, che ti scalda le mani intirizzite dal freddo. I vestiti bagnati, stesi ad asciugare sullo schienale della poltrona; tutta la famiglia riunita sul tappeto illuminata dalla luce gialla-arancio delle fiamme. In quel tempo da lupi, nessuno uomo resta all’aperto. Si chiudono in casa. Solo gli animali si arrabattano per le strade, in cerca di un riparo. A volte, può capitare che due di questi trovino lo stesso rifugio. Quando accade a due gatti, non si sa mai cosa possa succedere.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fic partecipante al concorso per i pairing assurdi di Suzako XD! Per la mia micia Ross >*

=^Cats^=

Los animales fueron

imperfectos, largos
de cola, tristes

de cabeza.

Poco a poco se fueron

componendo,

haciéndose paisaje,

adquirendo lunares, gracia, vuelo.

El gato,

sόlo el gato

apareciό completo

y orgulloso:

naciό completamente terminado,

camina solo y sabe lo que quiete.

[Oda al gato]

Gli animali furono
imperfetti, lunghi
di coda, plumbei
di testa.
Piano piano si misero
in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono in grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto apparve completo
e orgoglioso:
nacque completamente rifinito
cammina solo e sa quello che vuole.

[“Ode al gatto”; Pablo Neruda]

Esistono tanti tipi di pioggia.

Quella dalle gocce tonde pesanti.

Tante sfere che scivolano addosso.

Fa venire voglia di danzare, quella pioggia.

Ispira allegrezza.

È un’acqua che scalda il cuore e, stranamente, i vestiti umidi non sono mai tanto bagnati da farti desiderare la loro assenza.

Poi, c’è il temporale.

Un’acqua incessante che divora tutto.

Furiosa, inonda le strade, i campi…

Spaventa.

Trasforma tutto in fango.

Una precipitazione che deturpa i luoghi ad essa soggetti.

I lampi, fugaci corteggiatori delle nubi rombanti, maliziosi trasfiguratori dei contorni delle case.

Spettrali giochi di luce, creano mostri invisibili, pronti a sparire dentro le crepe sottili dei muri.

Un villaggio fantasma.

Le gocce di pioggia sono sottili e pungenti.

Vestiti, impermeabili, ombrelli.

È tutto inutile.

Non puoi scappare da quegli aghi rigettati dal cielo.

La pioggia ti avvolge nel suo velo sottile e doloroso.

La tempesta fa amare il calore emanato dal fuoco scoppiettante del camino e da una tazza di cioccolata calda, magari con la panna, che ti scalda le mani intirizzite dal freddo.

I vestiti bagnati, stesi ad asciugare sullo schienale della poltrona; tutta la famiglia riunita sul tappeto illuminata dalla luce gialla-arancio delle fiamme.

In quel tempo da lupi, nessuno uomo resta all’aperto.

Si chiudono in casa.

Solo gli animali si arrabattano per le strade, in cerca di un riparo.

A volte, può capitare che due di questi trovino lo stesso rifugio.

Quando accade a due gatti, non si sa mai cosa possa succedere.

Fiere superbe e altere, si fissano con l’orgogliosa indifferenza che contraddistingue la loro specie.

Si schiaccerebbero a vicenda, ma per quieto vivere preferiscono evitare gli scontri, finché non sentono a rischio il proprio territorio.

Ed essendo quel tendone una zona neutra, col freddo e la pioggia non sentono la necessità di scontrarsi.

Il gatto tigrato studia il gatto nero con circospezione.

Gli occhi scuri si posano sulla sottile figura zuppa di pioggia.

Adesso che l’acqua ha fatto aderire i vestiti alla pelle e il gelo lo costringe a stringersi tra le proprie braccia scoperte, nota che non è altro che un cucciolo.

Niente di pericoloso, anche se il gatto tigrato sa per esperienza quanto possano diventare letalii i così detti “cuccioli”.

Il gatto tigrato distoglie lo sguardo dalla figura tremante.

Anche lui non è messo meglio.

La tuta nera è bagnata e aderisce fastidiosamente al corpo, facendo passare l’umidità alla pelle e, da questa, alle ossa.

Le orecchie del cappuccio sono piegate, appesantite dalle gocce d’acqua assorbite dal tessuto.

Il gatto tigrato osserva la pioggia.

Non accenna a smettere.

In questo momento vorrebbe essere nella propria cuccia.

Calda, accogliente.

Un pasto caldo e un posto dove sistemarsi a dormire.

Ecco cosa lo farebbe contento, adesso.

Invece è costretto ad aspettare che spiova, sotto quel tendone assieme al gatto nero.

Gli occhi stizziti riportano la loro attenzione sul felino bruno.

Si sforza di non tremare, ma il suo abbigliamento è troppo leggero e il vento ululante che accompagna il temporale, e che il riparo provvisorio non riesce a frenare, batte incontrastato sulla pelle bagnata.

Il corpo è scosso da piccoli brividi.

Un cucciolo.

Un cucciolo superbo e orgoglioso.

Un cucciolo di gatto, in fondo.

Il gatto nero sembra non dar peso alla presenza del gatto tigrato.

Gli è indifferente.

Lui vuole solo tornare a casa, togliersi quei vestiti bagnati e mettersi a letto.

Non importa se la casa non sarà calda perché è stato fuori tutto il giorno e non vi è nessuno che potesse accendere il fuoco.

Il gatto nero è stanco, il suo maestro lo ha sottoposto a un duro allenamento per l’esame che si sarebbe tenuto il giorno dopo.

Era colpa della stanchezza, se tremava.

Non di certo per il freddo.

Anche se non sa quale tra i due fenomeni provati fosse meno disonorevole per un ninja.

Forse è solo l’effetto sortito ad esserlo.

Quel lieve tremore che lo fa sentire così indifeso.

Così…debole.

Come un gattino bagnato.

Il gatto tigrato continua a guardare il gatto nero.

Odiava i cuccioli, lo aveva sempre sostenuto.

Eppure, c’era stato un tempo in cui li adorava.

Un tempo in cui la madre della cucciolata da cui era nato, gli scompigliava i capelli con un sorriso che le attraversava tutto il volto regolare.

Periodo troppo breve della sua vita.

Aveva solo due anni, in fondo, quando mamma gatta era morta per partorire l’ultimo cucciolo.

Un cucciolo astioso, malaticcio.

Iroso e crudele.

Il gatto tigrato aveva sempre odiato il fratellino che gli aveva portato via la mamma.

L’odio si era esteso anche a tutti gli altri cuccioli.

Si credevano i padroni del mondo, pensando che tutto gli fosse dovuto.

Erano solo un gruppo di mocciosi superbi.

Come tutti i gatti, in fondo.

Il gatto nero insiste nell’ignorare il gatto tigrato.

Odiava i grandi, perché sarebbe voluto diventare presto uno di loro.

Cosa che sembrava sempre più difficile.

Ogni giorno che passava, gli sembrava sempre di tornare indietro, invece di migliorare.

La crescita era troppo lenta, per i suoi gusti.

L’infanzia, un periodo breve, da lasciarsi presto alle spalle.

Era terminata a sette anni, quando il mondo idilliaco di fanciullo cui abitava aveva mostrato il volto dell’inferno.

Il volto di suo fratello.

Un gatto altero, misterioso.

Lo aveva sempre adorato, aveva sempre desiderato essere come lui.

Incredibile come l’affetto può mutare in odio tanto facilmente.

L’odio che si estendeva a tutti coloro che gli rimproveravano l’astio che rimuginava verso il suo idolo di un tempo.

Solo perché non lo credevano capace di sconfiggerlo.

Impiccioni.

Ipocriti.

Come tutti i grandi, in fondo.

Il gatto tigrato si accucciò a terra.

Era stufo di stare in piedi e il gradino di fronte al negozio forniva un valido appoggio.

Più che altro, asciutto.

Il gatto nero resta in piedi.

Quasi quel suo ostinato atteggiamento potesse convincere il cielo a smettere di piangere.

Tanto per terra è bagnato.

Tanto l’uva non è matura, diceva la volpe.

Il gatto tigrato si scoccia del continuo tremare del gatto nero.

«Hai freddo?»

«No.»

«Stai tremando.»

«No.»

«Idiota…», pensa il gatto tigrato.

Ma non lo dice.

Come ogni gatto che si rispetti, non parla.

Non fa affermazioni superflue.

Si limita ad agire.

Il gatto tigrato si alza e afferra il gatto nero per la spalla.

Sente la presa della maglia bagnata sfuggirgli dalle dita, ma alla fine riesce a costringerlo a sedersi.

Quel gatto nero è uno stupido felino orgoglioso.

Non accetta un aiuto, il gatto tigrato lo ha capito.

Senza una parola, si toglie la felpa che lo ricopre, restando in maglietta.

Fa cadere la stoffa sulle spalle del gatto nero.

La maglia è intrisa di pioggia, ma calda.

Il gatto nero è stupito.

Si vede sconcerto sul suo viso e gli occhi scuri si alzano ad incrociare quelli del gatto tigrato.

La domanda in quelle iridi è presente.

La questione più semplice del mondo, destinata a non avere mai risposta.

In fondo, che spiegazione di può dare ad un semplice: “Perché?”.

L’uomo ha tante facce.

Il gatto ne ha di più.

Il ninja è la fusione perfetta tra le due forme.

Deve avere il raziocinio e il cuore dell’essere umano.

Deve possedere la sinuosità e il felpato flettersi del felino.

Un ninja deve essere imperscrutabile.

Fredda maschera, nulla deve trasparire dagli occhi ferini.

Proprio come un gatto, non si deve mai capire cosa pensi.

Tra ninja, uomo e gatto, non c’è, però, molta distinzione.

Tutti sono stati cuccioli.

Tutti diventano grandi.

Tutti sono spaventosamente orgogliosi.

Un essere umano tenta di essere imperscrutabile.

Un gatto, lo è.

Un ninja non deve mostrare le proprie emozioni in alcuna circostanza.

Deve avere come priorità la riuscita della missione.

Per questo il gatto nero non pronunciò quella semplice parola.

Come ogni ninja che si rispetti, non parla.

Non fa affermazioni superflue.

Si limita ad agire.

Il ringraziamento fu espresso da un semplice chinarsi del capo bruno.

L’accettazione di quello, una titubante scompigliata nei fili corvini.

Solo un barlume di soddisfazione si dipinse sul volto di entrambi in un lieve sollevarsi degli angoli della bocca.

Labbra che andavano a disegnare un sorriso divertito sul volto del gatto tigrato, e un soffice “3” su quelle del gatto nero.

Come ogni felino che si rispetti, Sasuke Uchiha non parla.

Non fa affermazioni superflue.

Si limita ad agire.

Ma, come ogni cucciolo che si rispetti, Sasuke Uchiha ogni tanto si lascia andare ad un sorriso.

E, come ogni grande che si rispetti, Kankuro sa percepire quando sparisce il ninja e compare il cucciolo, comportandosi di conseguenza.

Proprio nel momento in cui smette di piovere.

   
 
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