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Autore: PuCcIaFoReVeR    17/09/2012    1 recensioni
Nasuada, ventiquattro anni e ragazza madre, abita con i suoi due figli gemelli in un’abitazione che cade letteralmente a pezzi. Murtagh, il padre dei due bambini, pensa che la ragazza sia emigrata in Brasile per farsi una nuova vita, mentre lei abita casualmente poche case dopo la grande villa della famiglia del ragazzo. Ignaro della sua paternità, si trova i due bambini sulla porta di casa, che cercano di vendere biscotti per racimolare qualche soldo per aiutare la madre a pagare le bollette. Intanto Nasuada conoscerà Eragon, il fratello minore di Murtagh, del quale non era mai venuta a conoscenza. Il ragazzo s’innamora della giovane donna e versa anonimamente tutti i mesi una modesta somma di denaro nel conto corrente della fanciulla. A causa di un incidente, il padre di Nasuada è sottoposto ad una difficile operazione e lei è costretta a lasciare i figli ad Eragon per un po’ di tempo. Proprio nella stessa dimora dove vive Murtagh...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Murtagh, Nasuada, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pov Nasuada
Arya era in piedi davanti al gate d’entrata per l’aereo. Era appoggiata al muro e teneva le bracci a incrociate al petto. Lo sguardo era fisso sul cartello degli orari e alle orecchie pendevano i fili bianchi degli auricolari. Si era cambiata i vestiti. Aveva messo da parte i suoi abiti e le sue scarpe con tacco 12 per indossare un paio di pantaloni lucidi neri, una canotta bianca, una giacca corta beige e un paio di stivaletti dello stesso colore. Mi avvicinai a lei, trascinandomi dietro le valigie che tutte insieme pesavano più di me. Si tolse le cuffiette, lasciandole penzolanti dalla tasca dei pantaloni. «Sei in ritardo. Tra pochi minuti partirà l’aereo.» disse secca girandosi verso di me.
«M-Mi dispiace... ma le valigie per un mese non sono facili da preparare...»
«Forza, andiamo...» mormorò prendendomi la mano e tirandomi attraverso il gate. Lasciammo le valigie su un rullo e salimmo a bordo, sistemandoci nei nostri posti. «Credo di doverti ancora delle scuse...» dissi dopo diversi attimi di imbarazzante silenzio. Mi guardò sostenendo il mio sguardo. «Non dire sciocchezze! Non è colpa tua. Di sicuro avevi un buon motivo per non rispondere...»
«Non esattamente...»
«In che senso, scusa?»
«Ero arrabbiata con te per quello che avevi detto a Gemma e Ryan... per questo non ti ho risposto la prima volta...»
«Come stanno?»
«Indagano...»
«Sono da Katrina?»
«No... Sono con un mio amico che abita vicino a casa...»
«Oh... beh... ora puoi stare tranquilla, no?»
«Certamente. La madre di quel ragazzo è una donna così dolce e carina...»
«Allora sono anche al sicuro...»
«Già...»
“Si pregano i gentili passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza. Tra pochi minuti avrà inizio la manovra di decollo. Rimanete seduti.” , ci avvertì la voce dell’hostess. Seguii subito gli ordini e così fece anche mia sorella. In pochi minuti l’aereo decollò e fummo in viaggio.
**********************
Mia sorella mi scosse delicatamente, svegliandomi. Era quasi mezzogiorno e stavamo sorvolando l’aeroporto della capitale brasiliana. L’aereo iniziò a perdere quota  e in pochi minuti fummo a terra.
Pov Arya
Prendemmo le valigie e chiamammo un taxi che ci portasse a casa. Dieci minuti dopo avevamo appoggiato le valigie sulla soglia ed eravamo tornati in macchina per andare direttamente all’ospedale. Scendemmo davanti a grosse porte di vetro e chiedemmo alla segretaria dove fosse nostro padre. Ci indicò il terzo piano con le dita sullo schermo del computer e corremmo a perdifiato su per le scale, fino alla camera 35. Fuori non c’era nessuno, a parte qualche infermiera che spingeva pigramente carrelli pieni di medicinali. Aprii piano la porta e lo trovai lì, disteso sul letto che guardava fuori dalla finestra con aria triste. Mi avvicinai al letto e così fece anche Nasuada, che però si tenne qualche metro di distanza da me.
«Papà...» mormorai. Lui si voltò verso di me, facendo finta di non vedere mia sorella.
«Ciao Arya...» rispose. Mi voltai verso mia sorella e le feci un cenno di avvicinarsi. Strascicò i piedi fino alle lenzuola candide e prese la mano di nostro padre, che la ritrasse subito, come se quella della figlia scottasse. «Papà, io...» iniziò lei.
«Non chiamarmi così! Non sono più tuo padre!» gridò, poi si rivolse a me «Non mi avevi detto che avresti portato quella lì...»
Gli occhi di Nasuada s’imperlarono di lacrime.
«È la tua unica figlia, papà. Dovevo.» dissi stringendogli la mano, quasi a bloccargli la circolazione. Lui scosse la testa.
«Mia figlia è morta nove anni fa.»
«Non è vero. Lei è qui e...»
«No, Arya! Lascialo dire! Tanto io me ne stavo andando!» gridò lei uscendo e sbattendo la porta. Sospirai. «Perché non vuoi accettare quello che le è successo?» chiesi in un sussurro.
«Era la mia bambina. E quella bambina ha tradito la mia fiducia.»
«Non è stata colpa sua... non del tutto, almeno.»
«Non cercare di scusarla. Io sapevo che avrebbe fatto la fine della madre. L’ho educata perché non succedesse, ma lei se n’è infischiata ed è andata a letto con quel maiale
«Lui non fa più parte della sua vita. Da quando siamo emigrati qui.»
«Tanto meglio per lei.»
«No... i suoi figli avrebbero bisogno di un padre... lei non può fare per due...»
«Lo ha fatto per tutti questi anni, no?»
«Sì, ma... ora quei due hanno iniziato ad indagare sul suo passato, rendendola emotivamente instabile...»
«Non m’interessa...»
«Potresti almeno cercare di essere cortese...»
«Lo farò per te...»
«Grazie.»
 
  
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