Peter guarda Giusy.
E Giusy guarda Peter.
In quel gioco di sguardi tutto è perfetto, milioni di piccoli gesti in potenziale incatenati tra loro.
Si guardano dalla finestra, nascondendosi timidamente dietro le tende.
Sembrano bambini, fanciulli incastrati in un corpo di trentenni.
Si dedicano le loro piccole esistenze l'un l'altra, persi in sorrisi di cortesia e occhiate fugaci.
Come quella che si erano rivolti quella mattina – la loro intera vita in vetrina, cristallini l'uno verso l'altra: giornate trascorse davanti ad una finestra da cui possono vedersi e sorridersi, smettendo di avere un nome e una vita perché il tutto inizia e finisce con il caffè della mattina e il tè della sera.
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