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Autore: Ikumi91    17/09/2012    2 recensioni
[Remake della fanfiction "Obscure"]
Due anni sono passati dalla morte del dio Hades, ormai la pace regnava sulla Terra.
Almeno così sembrerebbe...
Un nemico ormai dimenticato da tempo reclamerà vendetta.
I Saint di Athena riusciranno a far ritornare la pace sul loro amato pianeta?
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Prima che inizi il capitolo vorrei dire due parole:
1- ringrazio Lady_Acquaria per avermi betato il capitolo (quindi se trovate errori date la colpa a lei u.u OVVIMENTE scherzo.)
2- mi scuso tantissimo per il ritardo ma soffro da sindrome "blocco da scrittore" molto spesso.
La scrittura in corsivo significa che si sta parlando in una linua straniera. Dopo questo buona lettura.



“Hai sentito quello che è successo questa notte? Spero solo che il nobile Kanon non si sia fatto nulla!” Parlò preoccupata una giovane ancella.
L’altra ancella che era in sua compagnia rispose: “Non ti preoccupare; ho sentito dire che non si è fatto nulla, a parte una delle sue camere private… Si dice che sia stato attaccato.”
“Beh sai non credo si vada a distruggere una camera così per noia.” La guardò seria, corrugando le sopracciglia.
“Vero…” Abbassò la testa un po’ mortificata e con un dito si andò a grattare una guancia dalla vergogna.  “Comunque ora è a parlare con Athena da questa mattina presto.” Continuò a dire preoccupata.
“Cosa sta succedendo?” Arrivò da dietro alle spalle delle due ragazze Nives, con un cerotto sul naso e lo sguardo un po’ stanco.
“Chi? Ah, ciao Nives… Cosa ti è successo?” Domandò preoccupata la più giovane del trio di nome Aglaia. La castana la guardò stranita “Mi riferisco al naso.”
“Ah… Nulla… stanotte sono caduta dalle scale e mi sono fatta male al naso, passerà tra pochi giorni” Le disse. In verità era una scusa bella e buona, non poteva certo dire che era stata picchiata da un Gold Saint solo perché aveva cercato di stritolarlo nel sonno. Però era rimasta ancora incuriosita da cosa stavano dicendo le due, perciò ripropose la domanda: “Non mi avete ancora risposto; di che stavate parlando?”
Daphne, il nome dell’altra ancella, rispose: “ Questa notte il Cavaliere dei Gemelli è stato attaccato in piena notte, il danno ha procurato quasi l’intera distruzione di una delle sue stanze private, lui da quanto si sa sta bene… Che fortuna, vero?”
“Già…” Per lui, di certo a lei non era andato per nulla tutto liscio, soprattutto quando ha dovuto dire com’era andata e come ricompensa s’è dovuta sorbire due ramanzine in piena regola. Perché non potevano farlo loro? Sempre a lei e ovviamente tiravano fuori delle scuse… Anche se di certo non poteva biasimarli. “Ma ora dov’è?”  Si riferì al Gold Saint.
Daphne rispose: “A parlare con Athena.”
Nives rimase a pensare per parecchio tempo, doveva trovare un piano per sbarazzarsi di lui; ormai dopo quel pugno sul naso aveva una sfrenata voglia di fargliela pagare, di ammazzarlo nella maniera più cruenta possibile. Però doveva trovare un altro sistema, in modo da coglierlo alla sprovvista e forse aveva trovato il piano adatto! “Ragazze… Ma è vero quello che si dice in giro su Kanon? Insomma… Del fatto che non è impegnato…” Guardò le due con sguardo lascivo.
La ragazzina con gli occhiali, ossia Aglaia, la guardò con sguardo interrogativo “No, perché?”
“Pensavo che… insomma… Dopo quello che è successo abbia bisogno di un certo tipo di ‘cure’…” Fece la vaga, sebbene si intuisse benissimo dove andava a parare.
Daphne parlò con la sua voce nasale “Ma se sta bene.” La fissò perplessa, poi poco dopo ci arrivò. “Oh, non sapevo che anche a te piacesse Kanon.”
“E a chi non piace?” Ci rise su la ragazzina con i capelli color paglia.  “Secondo me Nives avrebbe qualche possibilità.” Si rivolse alla bruna, sua collega.
“Il punto è uno: come potrebbe mai iniziare a parlargli; Kanon  è un universo a sé… è… Troppo avanti.”
“… Scommettiamo?”  Disse con aria di sfida. “ Scommettiamo che io riesca a parlargli e non solo! Magari pure uscirci insieme.” Nives sorrise, mostrando una parte dei suoi denti.
Aglaia: “ E se non ci riuscissi?”
“In quel caso… vi offrirò il pranzo per un mese”
“Tu che ne pensi Daphne?”
La mora la guardò con aria complice e rispose: “Pranzo per due mesi.”
“Va bene!”
“Ehi voi tre invece che bighellonare perché non vi rendete utili?”  Urlò a pochi metri di distanza Clio, visibilmente arrabbiata.
Le tre ragazze a bassa voce dissero all’unisono: “La vecchia befana, andiamocene!”

Saori e Kanon al momento risiedevano all’interno di un piccolo studio, la dea era seduta sulla grossa poltrona in velluto mentre parlava al Gold Saint.
Stavano parlando di quello che era accaduto nella notte scorsa:

“Non dobbiamo prendere questo attacco alla leggera, quindi te ne sarei grata se tenessi d’occhio chiunque abbia un’aria sospetta, Kanon.” Terminò la Dea con aria seria.  “E se dovessi rincontrare quella Lamia ti chiedo di catturarla, senza ucciderla per cortesia.” Disse infine, con tono quasi gentile. Magari se l’avessero presa sarebbero riusciti a ricavare qualcosa… Magari se dipendeva da qualcuno o altro. O forse agiva per un resoconto personale… Se fosse stato così, allora, era meglio chiedere a Kanon stesso. “Per caso nell’ultimo periodo, o magari quando eri al servizio di Poseidon, hai avuto dei problemi con qualche tipo di creatura di quel genere, del tipo delle Lamie?”
Kanon che era rimasto per tutto il tempo in piedi, mentre ascoltava le parole della Dea, rispose alla domanda appena espressa: “No mia Signora. Almeno quanto riguarda me, ma credo che pure i miei ex-compagni non abbiano avuto nessun tipo di screzio con loro, come tutti gli altri soldati che erano al servizio di Poseidon.” Rispose sinceramente. Anche perché nel fondo del Mar Mediterraneo di certo quel tipo di creature non c’erano. “Comunque farò quanto mi ha ordinato, Athena.” S’inchinò lievemente.
“Bene, mi fido di te Kanon. Ora puoi andare.” Sorrise in modo materno, poi rivolse lo sguardo a Tatsumi che era rimasto per tutto il tempo in silenzio, in un angolo della grossa stanza. E l’uomo pelato aprì la porta della stanza, facendo uscire il Saint di Gemini.

 

Ormai erano le tre del pomeriggio dove viveva Michael, vicino al confine con la Germania, ad Hallein, in Austria. E casa sua si trovava un poco più lontano dal paesello, era situato poco più in alto, in una collinetta.
Sebbene non fossero ancora passate 24 ore, per poter chiamare la polizia e dare per scomparso il suo amico, lui proprio non ci riusciva a star lì a far nulla. Così insieme alla madre aveva deciso di mettere un po’ d’ordine in casa, anche perché la donna era quasi sempre fuori casa. Giacché lavorava come medico ed aveva poco tempo per mettere in ordine l’abitazione, e anche se lo faceva Michael ogni tanto il ragazzo non si poteva definire ‘il mago del pulito’.
La madre che faceva di nome Nessa, era una donna sui 45 anni, anno più, anno meno, finalmente le erano state date un po’ di ferie e così da poterle trascorrere con il figlio, magari per andare in vacanza da qualche parte. D’altronde alla fine della scuola non era tanto lontana; mancava quasi un mese dal termine. E con i voti che aveva il ragazzo di certo non avrebbe creato problemi se fossero stati via per sette giorni. Solo che non aveva previsto la scomparsa del suo migliore amico e con evento del genere Michael non si sarebbe staccato dal suolo di casa propria o di Hallein.
Forse era meglio cancellare le ferie e rimandarle… Perché di certo non le avrebbe fatto piacere vedere il volto del figlio sempre preoccupato o in ansia. Ma era anche vero che se partivano per almeno una settimana Michael avrebbe potuto liberare la mente e pensare a qualcos’altro. Sospirò, mentre trasportava uno scatolone da portare in cantina.
Era da tutto il pomeriggio che faceva avanti indietro in casa e quanta roba aveva trovato da buttare! Soprattutto dalla cantina, cose che se le gettava in un cassonetto nessuno ne avrebbe sentito la mancanza. Comunque in quel momento stava per aprire la porta che l’avrebbe portata di sotto, con l’unico problema che poco prima di aprire la maniglia avvertì degli strani rumori, ed era sicura che di topi non ce ne fossero. Con molta calma abbassò il manico della porta, con molta pazienza, ma ciò non bastò per quello che le successe dopo, infatti un cane dal lungo pelo nero e bianco uscì dalla cantina, abbaiando festoso. La povera donna si prese uno grosso spavento urlando come meglio poteva.

“Stupido cane! Mi hai fatto spaventare.” Quasi gli urlò contro ad Alf, il cane. “ Ora vattene!” Cercò di farsi strada ma nulla da fare, il canide le bloccava continuamente la strada, scodinzolandole intorno. Così dalla disperazione chiamò il figlio: “MICHAEL! Vieni subito qui!”

“Arrivo” Rispose a gran voce dal secondo piano della casa, mentre scese rischiò di cadere a terra, ma riuscì ad impedirlo aggrappandosi alla ringhiera delle scale. Dopo un’altra piccola corsa raggiunse la madre che cercava disperatamente di mandare via Alf. “Cosa succede?”
“L’hai voluto questo cane? E’ ora che ti assumi le tue responsabilità: portamelo lontano dalla mia vista” Disse con tono imperioso. “E dato che ci sei… in cantina c’è uno scatolone che riguarda quel disgraziato di tuo padre. Buttalo.”
“Ma… Magari-“
“Fa come ti ho detto.” Ordinò nuovamente. Meno cose aveva a che fare con il suo ex marito, meglio era per lei. Dopo quelle parole in pochi minuti scese dalla cantina per appoggiare lo scatolone ed uscì, andando in cucina a bersi un sorso d’acqua.
Michael dopo aver portato il Bobtail* in giardino fece come gli fu ordinato dalla madre e prese gli oggetti appartenenti al padre, solo che non li andò a buttare, anzi, se li portò in camera propria. Curioso di sapere cosa vi era dentro. Appena chiuse la camera aprì la scatola. All’interno vi trovò dei libri e dei quaderni contenenti degli appunti. “Mmh, vediamo un po’!” Prese a caso un quaderno alla copertina gialla.

Finalmente Nives stava realizzando il suo sogno di vendetta. Dopo varie suppliche era riuscita a farsi trasferire nella Terza Casa, quella dei Gemelli. E poi così non avrebbe  più avuto quella rompiscatole di Clio tra i piedi, per gli Dei dell’Olimpo se l’odiava! Ora doveva aspettare l’arrivo del Saint. Per prima cosa doveva far finta di pulire la dimora, e nel mentre organizzare meglio il suo piano ‘Sedurre quello schifoso e poi ammazzarlo strappandolo a pezzi più piccoli che poteva’. Ovviamente il titolo era provvisorio.
Poi doveva capire tutte le abitudine di quel tipo, fare in modo che si accorgesse di lei. Anche se era una opzione da scartare, anche perché era impossibile che qualcuno non la notasse, diamine. Era troppo bella. Bellissima!
Della serie: autostima alle stelle.
Ora però doveva mettersi al lavoro, così girò per casa, anche se impiegò poco a trovare tutta la roba per pulire. Ogni tanto la casa veniva invasa da quelli che sembravano dei muratori, siccome nello scontro della notte scorsa la stanza del Gold Saint era stata quasi rasa al suolo, e da quello che poteva intuire provenivano da Rodorio.
Con un po’ di lentezza nei movimenti iniziò a spazzare per terra, pensando a che parole usare per abbindolare Kanon; così mentre puliva il pavimento di marmo iniziò a canticchiare.

“Vedo che te la stai prendendo comoda.”
“Ah, Ignis! Che diavolo ci fai qui?”
Il biondo, alto almeno sui due metri, la stava guardando con uno sguardo che traspirava perplessità, iniziò a parlare a bassa voce, in modo che gli altri non li potessero sentire: “Se non ricordo male questa è la mia copertura e dato che serviva qualcuno per sistemare il macello che hai combinato stanotte, sono venuto io, così da poter controllare la situazione. Non sapevo che lavorassi proprio in questa casa.”
Anche la donna iniziò a parlare bassa voce: “Infatti. Mi ci sono fatta trasferire, sai, dopo quello che mi ha fa fatto la deve pagare.”
“Per un naso?” Aggrottò una delle sue spesse sopracciglia. “Vabbeh, l’importante che tu compia la missione senza farti scoprire, siamo intesi?”
“Tu lo sai quanto ci tengo a questo naso. E comunque so come farlo, tranquillo! In pratica lo seduco e nel momento in cui avrà la guarda completamente abbassata lo ucciderò!” Le partì una risata malvagia e si sfregò le mani, gustandosi il suo momento di gloria. Poi si bloccò e guardò dritto negli occhi Ignis e gli sorrise con sguardo innamorato. “Però non ti preoccupare, lo sai che Amo solo te e non ti tradirei mai!” Gli urlò, cercando di saltargli addosso. “Non devi essere geloso!”
L’uomo alto di fronte alla dichiarazione rimase all’apparenza inflessibile e cercò di staccarsela di dosso. “Smettila!” Non amava questo genere di manifestazioni d’amore, specialmente in pubblico. Da Nives poi! Iniziò a tossire, non perché avesse mal di gola, ma per il semplice fatto che dietro alla donna era comparso niente che di meno il Saint di Gemini.
La donna non se ne accorse subito, ma solo quando Ignis, con la sua forza, la fece staccare da lui e la fece girare. Le sue guance divennero più rosa del solito. “Oh, non è come crede… E’ mio fratello maggiore, io gli voglio molto bene… Ci scusi” Il biondo alla parola ‘fratello’ la guardò malissimo.
Kanon rispose tranquillamente: “Non c’è bisogno di spiegazione, infondo l’amore è bello perché vario, no? O almeno dicono così. Però sarei felice che le vostre effusioni amorose le andaste a manifestare in un ambiente più… Privato.” Superò i due, andando a vedere i lavori nella sua stanza. Sinceramente avrebbe preferito fare lui da sé i lavori di ristrutturazione, però Athena aveva deciso così.
“Ci scusi tantissimo sire Kanon, non capiterà più… E poi io e lui siamo semplicemente fratelli, nulla di più!” Si giustificò ancora una volta la donna, abbassando la testa. Il Cavaliere la guardò per pochi secondi, per poi andarsene  via, verso la sua stanza. Quando scomparve la donna si rimise normale. “Dannazione. Spero che il piano ‘S. q. S.e. p. A. S. a. p. p. P. c. P’ non vada in fumo. Ora capisci perché lo odio?”
Ignis continuò a guardarla in modo strano, infine disse: “Vado a mettermi al lavoro e tu sta attenta.”

“Va bene, tesoro!”


Michael aveva sempre trovato suo padre un po’ strambo, aveva dei modi di fare un po’ strani, specie quando parlava  di alcune cose. Forse perché quando ancora i loro genitori stavano assieme era solo un bambino; di conseguenza non capiva perfettamente gli argomenti su cui discutevano. Beh, ora dopo quello che aveva trovato sui suoi appunti e su dei libri, (un po’ vecchi tra l’altro) era assurdo. Certi punti li aveva dovuti rileggere più volte per capire per bene il senso e la calligrafia. Una parte parlavano di mitologia greca, in particolare della Dea Athena, tutto quello che si poteva sapere su di essa.
Anche se non aveva letto tutti i libri, poiché erano un po’ troppo di numero e voluminosi per essere letti in un solo pomeriggio, ma nei titoli dei volumi era abbastanza intuibile. Nei quaderni invece c’erano scritte delle piccole cronache, giusto su Athena, Hades il dio dell’Oltretomba, in particolare, su una guerra che durava da secoli e che secondo quello che c’è scritto accadrebbe una volta ogni 200 anni circa. E altre cose relative ad altre battaglie con sempre protagonista la Dea della Sapienza. In un altro appunto invece parlava della forza del cosmo e del sesto, ottavo e nono senso e con quelle un essere umano inizierebbe fare cose fuori dal comune, poi con il nono avrebbe raggiunto il grado di divinità. In alcune parti parlava di aver conosciuto un tizio e che era stato lui a spiegare tutte queste cose, c’era scritto che era un Gold Saint della seconda casa dello zodiaco.
Però la cosa che incuriosì maggiormente a Michael era che con questo fantomatico cosmo si poteva avvertire la presenza di persone. E siccome in quel momento ne aveva tremendamente bisogno per trovare Edgard, si era deciso di chiamare un po’ suo padre, anche se la chiamata sarebbe costata un più del solito poiché dopo il divorzio con la madre si era trasferito a Londra. Ma tanto valeva tentare.
Erano le sei e se si ricordava bene in Inghilterra erano solo le cinque del pomeriggio, suo padre era sicuramente nel suo negozio a lavorare.

Dalla sua scrivania prese una piccola agenda con dentro scritti vari numeri telefonici e l’aprì alla ricerca del numero del negozio, poi appena lo trovò prese la cornetta del telefono di camera sua e compose i numeri. Michael aveva uno strano senso di agitazione e non riusciva a capire il motivo.
Dopo qualche minuto dall’altra parte una voce femminile rispose in inglese, con un lieve accento francese.

Pronto? Qui è il negozio ‘Arkana Kabana’, desidera?” La donna canticchiò il nome del negozio.
Michael rimase per qualche secondo in silenzio. Non se lo ricordava che il nome del negozio fosse così, era più ridicolo di come se lo ricordasse! Però riconobbe la voce; era Charlotte, la nuova moglie del padre. Rispose in tedesco: “Pronto? Ciao Charlotte, sono Michael… Mio padre c’è per caso?”
La donna emise un piccolo gemito di sorpresa: “Oh, Michael che piacere sentirti, te lo passo subito.”
“Grazie”
Dopo qualche minuto di silenzio dove si sentiva la voce della donna chiamare il compagno, arrivò Arthur, il padre di Michael, a rispondere al telefono, non prima di aver rischiato la vita, rischiando sulle sui suoi stessi piedi. “Michy! E’ un piacere sentirti… Come stai?” Chiese, felice nel sentire la voce del proprio figlio.
“Ciao ‘pa! Bene dai… Ehm… Sai… Oggi ho trovato un tuo vecchio scatolone con dentro dei tuoi libri e quaderni che parlano di cose particolari…” Si fece sul vago, sperando che capisse subito.
Dall’altra parte della cornetta ripartì di nuovo il silenzio, dopo qualche istante rispose: “Della roba particolare” Si scompigliò i capelli arancioni. “ Non sarà mica roba porno spero!”
Michael arrossì di colpo. Se fosse stato possibile pure i suoi capelli biondi sarebbero diventati di un colore rosso acceso. “Papà!”
“Veramente, se lo viene a scoprire tua madre sono guai, molto probabilmente li prenderebbe e li brucerebbe con una fiamma ossidrica, però se li vuoi tenere fai pure, ma tienili ben nascosti. Poi alla tua età, con gli ormoni… Un momento! La tieni la ragazza?”
Il ragazzo voleva sprofondare giù nel terreno e non ritornare mai più su in superficie… “No… Non c’è l’ho la ragazza.” Disse imbarazzato. Voleva dire pure dell’altro, che dentro allo scatolone c’erano cose riguardanti ad Athena e molte cose relative ad essa, ma non vi riuscì poiché riprese a parlare il padre.
“Peccato… Sai… Io alla tua età ne avevo una… Com’è che si chiamava? Ah, sì! Josephine, proprio una bella ragazza, aveva dei capelli rossi pazzeschi e poi il sedere...” Sospirò estasiato nel ricordare quel nome. “L’ultima volta che l’ho rivista era diventata una Hippy, quando sarà stato… Nel ’75 mi pare… Tu eri già nato, sì!”
Michael voleva letteralmente morire. Però alla fine prese un po’ di coraggio e disse il motivo per cui l’aveva chiamato. “Papà! Ti ho chiamato per un motivo particolare; dentro a quello scatolone parlavi di questo fantomatico cosmo e altre cose. Mi chiedevo se mi potevi spiegare meglio. Voglio cercare una persona.”
“Ah.” Ad un tratto si fece serio. “E’ una cosa particolare Michy… Servono mesi, se non anni di esercizio….”
“Come?” Sembrava deluso “Ci deve essere un modo più semplice, no? Ti prego.”
Athur sospirò “Figliolo… Ci sarebbe un modo, ma è diverso dal cosmo… Ma dimmi… Chi stai cercando?”
“… Il mio amico Edgard, sai, è scomparso e ho un brutto presentimento… Già prima che scomparisse era strano. L’hai già conosciuto… E’ stata quella volta che sei venuto qua in Austria due anni fa.”
“Me lo ricordo, era quel ragazzetto un po’ particolare, emanava strane sensazioni.” Si grattò il mento “Cosa gli è successo?”
“E’ scomparso, voglio trovare un modo per ritrovarlo… E’ il mio migliore amico. Però una cosa… Quella cosa della dea Athena, cosmo e tutta quella roba lì”
L’uomo dai capelli arancioni era dispiaciuto di quel fatto e voleva aiutare suo figlio. “Beh, figlio mio, quella è una faccenda particolare… Te lo ricordi quello spettacolo televisivo di due anni fa, dove c’erano dei ragazzi con delle armature? Ecco… Non era finzione e lì quei giovani erano stati sottoposti a duri anni d’allenamento, quindi, Michael…”
“Ma tu li conosci, no? Nei tuoi appunti c’era scritto che ne conoscevi uno!”
“Sì, ma è da tanto che non lo sento… Un momento! Forse ho trovato un modo. E’ diverso dal cosmo, ma è sempre una variante, però non stare troppo in pensiero per il tuo amico! Sicuramente ritornerà e non cercarlo.”
Il biondo fece finta di non ascoltare le raccomandazioni del padre “Hai detto che c’è una maniera alternativa, quale?” Chiese, come se non aspettasse altro una risposta del genere.
“Basta che tu abbia una foto del tuo amico, oppure un suo oggetto; poi pensi intensamente a lui, libera l’energia che è in te e lo troverai… Ovviamente con te devi avere una cartina geografica, prenditi anche una penna, così mentre rimarrai concentrato con gli occhi chiusi così saprai dov’è. Ma come ho detto prima: non andare a cercarlo.” Corrugò la fronte.
“Ho capito. Grazie Papà, ci sentiamo. Ti voglio bene e salutami Charlotte e il mio fratellino” Riagganciò la cornetta del telefono. Ora doveva provare a cercare di rintracciare Edgard.

Erano giorni che il giovane cercava, o meglio dire provava a rintracciare il suo amico, siccome non vi erano tracce al riguardo, neanche un avvistamento, nulla. E la cosa iniziava a innervosirlo. Per un giorno aveva cercato di dare retta alle parole del padre, ma la alla fine decise di fare a modo suo, sebbene quello che andava a fare erano cose più da sensitivi, in un certo qual senso e non ci credeva più di tanto, ma poiché voleva ritrovare il suo amico valeva provare. Ogni volta che ritornava da scuola prendeva la cartina geografica del mondo che si era procurato in una cartolibreria, una foto del suo amico e cercava di focalizzare, ma dopo una settimana non era riuscito a ricavare nulla. In certi momenti pensava che fosse proprio colpa sua la causa di tutto, magari se avesse insistito con Edgard non sarebbe fuggito chissà dove.
Voleva piangere.
Una sera dopo l’ennesimo tentativo si era addormentato seduto sul pavimento di camera propria, aveva fatto uno strano sogno e giurava di aver visto il suo caro amico che gli diceva qualcosa, ma non capì neanche una parola. Poi una mano blu gli era apparsa all’improvviso, fortuna volle che si svegliò di colpo.
Aveva caldo, con una mano si asciugò la fronte sudata e diede uno sguardo a terra, sorprendendosi di quello che stava vedendo. Sulla cartina c’era un segno di matita, un cerchio che segnava una città. Baghdad.
Che fosse quello il posto in cui si trovava il suo amico?



 
*Bobtail: è una razza di cane, avete presente il cane nel cartone "la sirenetta"? E' quello!
Ignis: è il diminutivo di Ignazio che significa "Fuoco"
Nives: il suo nome significa "Neve"
Baghdad: Capitale dell'Iraq.

Ringrazio tutti coloro che hanno letto questo capitolo, a chi gli piace questa storia soprattutto e chi rcensisce e mette la storia tra le seguite/Preferiti e altro ancora, davvero. Spero vi sia piaciuto, nel prossimo capitolo il destino di Michael s'incrocerà con quello dei Saint. Credo che la cosa che il padre di Michy conosca i Saint e cose varia sia una forzatura, ma non ho trovato altro modo per poter andare avanti e dare una svolta abbastanza decisiva e comprensibile alla storia. Spero che non vi dispiaccia e al prossimo capitolo!

   
 
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