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Autore: 1rebeccam    17/09/2012    13 recensioni
"Sarebbe tutto così semplice. Non ci vuole niente. Un secondo, un secondo soltanto per perdermi nei tuoi occhi e dirti che ti amo... Vorrei avere la forza di aprire la porta e stringerti tra le braccia, perché lo so che sei ancora qui. Ti sento, sento il tuo dolore e anche la tua rabbia."
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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...Visti i nuovi sviluppi del caso, ascoltate tutte le testimonianze a favore,
questa Corte ritiene che tutte le prove di colpevolezza a carico dell’imputata, siano da considerare nulle, per questo motivo,
dichiara che Katherine Beckett, non sarà processata per l’omicidio di Alec Freeman, in quanto innocente del reato prescrittole. 
Lei è una donna libera signorina Beckett e verrà reintegrata nel suo ruolo di pubblico ufficiale al più presto.
Kate sorride a Hemerson, un sorriso luminoso e pieno di gratitudine, tanto che il giudice si schiarisce la voce,
imbarazzato dalla bellezza di quel sorriso rivolto alla sua persona...



 

La Resa Dei Conti


*
Ferite e Cicatrici

*
37° Capitolo 

 

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Una decina di giorni dopo, il viso di Castle si era completamente sgonfiato, c’erano ancora i punti, i lividi e la benda, ma andava sicuramente meglio. Non passava più l’intera giornata a letto e riusciva a scendere le scale, anche se le costole gli dolevano ancora.
Sulla stessa scia, la salute di Stan che, con le costole ammaccate, i punti e i lividi al viso, continuava a ripetere di essere il gemello bello di Richard Castle.
Jim Beckett aveva cominciato una terapia per tornare a muovere la spalla e anche i lividi di Kate erano quasi del tutto sbiaditi.
Cercavano di tornare alla normalità, anche se l’FBI non rendeva la cosa facile.
Per i primi quattro giorni, tutti i membri della squadra, compresi Jim e Stan, erano stati sottoposti ad interrogatori continui, il giudice federale si era perfino scomodato ad andare personalmente fino al loft di Castle ben tre volte per interrogarlo, visto che ‘il paziente non era in grado di lasciare il letto’, come enunciava il certificato medico dell’ospedale.
Domande su domande, sempre uguali, sempre le stesse, come se volessero essere sicuri che non sorgesse nessuna incongruenza tra una dichiarazione e l’altra a distanza, non di giorni, ma di ore.
Cercando di tornare ad una sembianza di normalità, Kate aveva ripreso possesso del suo appartamento, con grande rammarico di Rick, che con lo sguardo da cucciolo, stavolta bastonato sul serio, avrebbe desiderato che restasse con lui giorno e notte, ma non aveva comunque insistito, capendo l’esigenza della donna di mettere ordine anche nel suo piccolo mondo.
Lentamente riprendevano possesso delle loro vite, soprattutto lei.
Il sindaco in persona le aveva ridato distintivo e pistola, reintegrandola, con tutti i poteri di pubblico ufficiale, al suo lavoro di detective. Aveva voluto farlo al dodicesimo distretto, davanti ai suoi colleghi e soprattutto davanti alle telecamere; a nulla erano valse le lamentele della donna sul fatto che fosse allergica a questo tipo di cerimonie.
‘La stampa sa crocifiggere e l’opinione pubblica fa presto a dare giudizi negativi… è giusto che, sia l’una che l’altra, siano pronte anche a riabilitare il buon nome della persona giudicata.’
Queste erano state le parole di Robert Weldon per mettere in chiaro con Beckett, che le telecamere ci sarebbero state con, o senza il suo permesso.
Castle aveva assistito anche a questo evento da casa, davanti alla tv. Aveva guardato la sua detective prendere il distintivo, passarci sopra le dita e con l’altra mano stringere la catenina che aveva al collo, gesto di cui pochissime persone conoscevano il significato. Si era sentito orgoglioso della sua donna che, con un lieve rossore sulle guance, si era ripresa la sua vita con sofferenza e coraggio, una vita che si era spezzata ben 13 anni prima, insieme a quella di sua madre.
Giorno dopo giorno cominciavano a fare i conti col passato e a metabolizzare tutto quello che era successo. Kate cercava di stare vicino a Rick, che mostrava, in modo poco convincente, di essere tranquillo e anche Martha sembrava essere tornata la grande diva di sempre, sorridente e spensierata, ma in silenzio, avevano imparato a conoscersi bene a vicenda e a vedere tra le righe, la sofferenza che ancora si portavano dietro.
Le ferite esterne e visibili stavano guarendo, ma quelle interne, dentro l’anima, sanguinavano ancora in ognuno di loro.
Quelle di Castle in modo particolare.
Una strana oscurità lo sorprendeva all’improvviso, senza preavviso e senza un apparente motivo. Per un attimo si estraniava da qualsiasi cosa o persona, arrivava in un mondo sconosciuto fatto di buio e silenzio e pochi secondi dopo si ritrovava catapultato nella realtà, nella sua realtà, quella fatta di dolore non mostrato, di dolore non parlato, di dolore lasciato a marcire nella parte più nascosta del suo cuore. Solo un attimo, un paio di secondi, poi si riscuoteva, tornando ad essere per tutti il vecchio Castle, quello sorridente, brioso e sereno.
Così si era mostrato il pomeriggio del reintegro di Beckett, felice per lei, felice che si fosse riappropriata di tutto ciò che la caratterizzava e che amava.
Voleva festeggiare Kate per essere stata scagionata e reintegrata al distretto con tanto di onori.Con una decisione presa al volo, aveva organizzato una cenetta in famiglia. Niente di che: una semplice pizza e un paio di birre con tutta la squadra a casa sua, Stan e Jim compresi. La prima serata tranquilla tutti insieme dopo la tempesta.  Qualche aneddoto, qualche risata e un brindisi speciale alla fine di un incubo e all’inizio di un capitolo più piacevole della storia.
Ma proprio durante la serata, le sue ferite tornano improvvisamente a sanguinare.
Per tutto il tempo non è riuscito ad essere il solito compagnone, con la stessa espressione sul viso di qualche giorno prima, in auto con Stan, quando l’amico gli aveva chiesto cosa ci fosse di ancora più grave della situazione ingarbugliata di Beckett e lui non aveva risposto. Guarda i suoi amici sorridere e chiacchierare del più e del meno tra di loro e qualcosa lo fa sentire fuori posto. Quel peso è di nuovo lì, sul suo stomaco. Lanie sapeva del suo legame con Jordan, era stato inevitabile dirglielo, ma il fatto che Stan, dopo avere rischiato la vita, restasse all’oscuro dell’ultima verità, gli faceva male. Sentiva di tradire quella fiducia che lui gli aveva dimostrato, senza insistere sul suo ‘presunto sesto senso’.
Martha lo aveva osservato per tutta la sera e mentre gli altri si spostano in salotto ad aspettare il caffè, gli si avvicina con un bicchiere di vino in mano.
-Cosa c’è Richard?-
Lui sorride e, sollevando le spalle, cerca di rassicurarla che è tutto a posto, ma lei lo stupisce ancora una volta.
-Se senti il bisogno di mettere al corrente Stan su tuo padre, perché non lo fai?-
Lui resta un attimo senza parole e lei gli sorride, mettendogli una mano sulla sua.
-Richard, io ti conosco come nessun altro ti conosce. Per quanto stramba e inaffidabile, io ti ho portato dentro di me, io ti ho accarezzato anche prima che nascessi, io ti recitavo Shakespeare per farti calmare quando scalciavi di continuo, io conoscevo il motivo di ogni tuo sorriso o pianto da bambino, io saprò sempre cosa c’è dentro il tuo cuore, perché sono tua madre e ti amo come non amerò mai nessuno.-
Lui le dà un bacio sulla guancia e resta un momento con la fronte appoggiata alla sua.
Ha sempre amato sua madre.
I loro scherzi, i loro battibecchi, il loro fingere di non sopportarsi a vicenda… il loro modo di essere uniti, di non mostrarsi fragili all’altro o al mondo. Ma adesso è completamente diverso. Adesso guarda quella donna e sa che l’ama senza riserve, perché il vuoto che lui ha sempre sentito da quando ha avuto la ragione, è solo una minima parte di quello che lei si è portata dietro per 40 anni, nel silenzio, nel segreto, nel rimpianto. Il suo fare da diva l’ha sempre tolta dall’imbarazzo e fatta sentire forte, ma quando, quella mattina, dopo aver raccontato la sua verità, davanti a tutti gli ha preso il viso tra le mani e gli ha detto ‘non ho mai pensato di liberarmi di te, non l’ho pensato nemmeno per un momento’, è tornata ad essere solo una mamma… la sua!
Si stacca da lei e le bacia le mani.
-Non ti dispiace? Voglio dire, già quel giorno è stato difficile davanti a tutti…-
Martha lo ferma scuotendo la testa.
-Diglielo Richard, se questo ti farà stare meglio con lui e con te stesso.-
Dopo aver salutato la sua detective con un bacio, lasciandola nelle mani dei colleghi che l’avrebbero riaccompagnata a casa, Castle chiede a Stan di fermarsi un altro paio di minuti.
Rimasti soli, gli offre un’altra birra e si accomodano sulle poltrone nello studio.
-Che devi dirmi Richard? E’ sorto qualche altro problema? Conosco quella faccia… è uguale a quella che avevi quando sei scappato correndo dal laboratorio di chimica, dopo l’esplosione che ha carbonizzato il preside Denton.-
Cerca di sorridere, ma si rende conto che lui è davvero serio.
-C’è una cosa che non sai… sul… sul drago…-
-Oddio Richard! Balbetti pure, allora è grave, non era tutto finito?-
Gli dice scherzando. Vuole smorzare l’atmosfera, diventata improvvisamente pesante. Lui scuote la testa.
-Certo che è tutto finito, però il governatore… vedi Stan… lui era…-
-Lui era un assassino e per puro miracolo tu e Kate siete vivi, che altro c’è da sapere di peggio?-
-Victor Jordan… lui… era mio padre!-
Stan perde la presa sulla bottiglia di birra, che si rovescia a terra. Per un attimo non se ne cura nemmeno, guarda Rick, che invece tiene lo sguardo fisso davanti a se e non dice nulla. Dopo il primo momento di stupore, raccoglie la bottiglia, ormai vuota per m età e asciuga alla meglio il pavimento con dei tovaglioli di carta, poi riprende posto sulla poltrona accanto a lui.
-L’hai scoperto dopo che Lanie ed io siamo usciti dal tuo appartamento, prima che andassimo a parlare con Jensen?-
Castle si volta a guardarlo.
-Come fai a saperlo?-
Stan solleva le spalle e si dirige verso il frigo a prendere un’altra birra.
-Quando sei venuto in ospedale dopo la mia aggressione, sembravi distrutto, ricordi? Ti ho perfino chiesto cosa fosse successo di strano nelle ultime due ore e … sembrava quasi che ti sentissi in colpa. Ora capisco perché! E capisco anche la tua paralisi quando te lo sei trovato davanti al tribunale.-
Rick annuisce.
-E’ strano Stan, non ci vediamo spesso come una volta, eppure non abbiamo smesso di conoscerci fino in fondo.-
-Per anni io sono stato il tuo solo confidente e tu il mio, non sei cambiato molto dal ragazzino che mi passava i compiti di grammatica e che copiava i miei di matematica… come lo hai scoperto?-
-Quando abbiamo visionato i documenti ed è venuto fuori il suo nome, mia madre era presente, per poco non le prendeva un colpo e così è stata costretta a dirmi la verità.-
Rick racconta la storia della giovane Martha, la verità sulla morte del governatore e di come i documenti siano finiti in camera di Lucas.
Stan sorseggia lentamente la birra e ascolta in religioso silenzio, un silenzio continuato anche dopo la fine del racconto dell’amico.
-Ti ha protetto!?-
Esclama dopo aver finito la birra, Rick annuisce e finalmente Stan si gira verso di lui a guardarlo.
-Direi che ha fatto il suo dovere. Per una volta, forse la prima in tutta la sua vita, il signor Victor Jordan, ha fatto una cosa degna di un essere umano.-
Rick non risponde, continuando a guardare davanti a sé.
-Ricordi quando al terzo anno ti era presa la fissa che ogni uomo che incontravi per strada avrebbe potuto essere tuo padre? Fissavi gli uomini sopra la quarantina che ti passavano accanto e cercavi qualcosa di te in ognuno di loro, uno ti voleva perfino denunciare per stalking… te lo ricordi?-
Tornando indietro nel tempo, Rick lo guarda e finalmente sorride annuendo.
-Meno male che ti è durata soltanto un paio di mesi. Tu cercavi un padre e io volevo scrollarmi il mio di dosso, perché diventare un uomo con la sua figura ingombrante attaccata al collo, mi sembrava veramente impossibile; certo che la vita è proprio strana!-
Stan si dirige di nuovo al frigo, stappa l’ennesima birra e la versa in due bicchieri, ne offre uno a Rick e solleva il suo in aria, aspettando che l’amico faccia lo stesso, ma lui resta immobile, guardando il bicchiere.-
-Richard, anche se lo avessi incontrato quando eri al liceo, non avresti trovato niente di tuo in lui, credimi. Chi era tuo padre non ha importanza, non per me, se è questo il motivo per cui me lo hai raccontato. Sei stato il mio migliore amico durante gli anni più difficili dell’adolescenza. Io avevo una grande famiglia alle spalle e tu avevi soltanto tua madre, ma eravamo soli tutti e due, allo stesso modo. Se la nostra vita e il nostro diventare adulti fosse dipeso veramente dai geni, io sarei il banchiere più stronzo di tutto lo stato di New York! Anche mio padre a questo proposito è un assassino: succhia il denaro delle piccole imprese e poi le uccide per accaparrarsene… non è un economista, è un killer! Grazie al cielo i suoi geni si devono essere persi per strada mentre venivo concepito!-
Rick lo guarda stranito, poi finalmente scoppiano a ridere e Stan alza di nuovo il bicchiere.
-A Martha Rodgers… senza il suo coraggio, avrei passato la mia adolescenza ad obbedire a mio padre, perché senza un gemello completamente matto vicino, non avrei mai trovato il coraggio di farlo incazzare, combinando guai su guai e ragionando con la mia testa.-
Rick guarda per l’ennesima volta la birra dentro al bicchiere.
-Io non ero matto!-
-Hai ragione Richard, tu non eri matto… lo sei ancora… completamente!-
Rick fa tintinnare finalmente il suo bicchiere a quello dell’amico.
-Uh! A proposito… una cosa l’hai presa da tuo padre: la mente omicida… lui era davvero geniale, meno male, però, che tu la sfoghi solo sulla carta!-
Stan ride di gusto alla sua stessa battuta, mentre Rick lo guarda storto, ma quando l’amico si zittisce mostrando un familiare sguardo da cucciolo, scoppia a ridere anche lui, sollevando ancora il bicchiere.
-Grazie Stan! Sono felice che ci siamo ritrovati, non allontaniamoci di nuovo, adesso che è tutto finito.-
-Non ci penso nemmeno, mi piace la tua nuova famiglia e poi, mi sono guadagnato con il sangue l’entrata in squadra e non ho intenzione di rinunciarci… anzi… a questo punto devo proprio trovarmi una ragazza!-
 
Qualche giorno dopo, in un pomeriggio in cui Rick era stato tanto gentile da lasciarla libera, Kate si era fermata al suo appartamento per sistemare un po’ di cose rimaste arretrate, come fare il cambio di stagione, cosa che odiava già in casi normali, figuriamoci se insieme a lei c’era Lanie, che invece di aiutarla, parlava, parlava, parlava…
-Allora tesoro, dopo tutti questi giorni non è cambiato niente tra te e il tuo scrittore?-
Le chiede stringendo le labbra maliziosamente, Kate appende nell’armadio la camicetta che ha messo sulla gruccia e si volta a guardarla.
-Cambiato… in che senso?-
-Come in che senso? Ora siete una coppia, tu passi la maggior parte del tempo a casa sua e, a quanto ne so, avete dormito un paio di volte inieme… allora?-
-Allora cosa? Continuo a non capire Lanie!-
Risponde Kate sorridendo, mentre ripone una maglietta in un cassetto.
-Kate la finta tonta! Voglio i particolari.-
-Vuoi sapere se il famoso scrittore russa? No, è piuttosto silenzioso.-
La dottoressa comincia a perdere la pazienza e Kate sorride, mentre ha ancora il naso dentro l’armadio, poi si volta a guardare l’amica.
-Lanie che particolari vuoi? Rick è stato impossibilitato a muoversi fino ad un paio di giorni fa. Quando sono rimasta a dormire da lui… abbiamo… solo dormito!-
-Si… però…-
Continua Lanie con uno strano tono.
-Si… però… cosa Lanie?-
-Ah! Mi dai sui nervi credimi. Si può sapere perché stai facendo il cambio di stagione? Prendi semplicemente un paio di valigie e fai direttamente il cambio di armadio… o vuoi dirmi che Castle non ti ha chiesto di trasferirti da lui?-
Lei le volta ancora le spalle per riporre altra roba dentro l’armadio.
-Veramente me lo ha chiesto… ma…-
-Ma tu hai detto no! Sospira Lanie. Io non ti capisco Kate, tu lo ami, lui ti ama e te lo ha dimostrato in ogni modo, che aspetti?-
Lei non riesce a rispondere, perché il campanello le disturba, Lanie sbuffa scocciata e si alza per andare ad aprire.
-La signorina Beckett? Katherine Beckett?-
-Kate! C’è un ragazzo carino alla porta per te. Oltre che carino, ha anche qualcosa per te.-
Lanie alza la voce per farsi sentire dall’altra stanza e Kate si affaccia sulla porta. Il ragazzo in effetti è carino ed ha in mano un immenso fascio di rose rosse.
-E’ lei la signorina Beckett? Queste sono per lei.-
Il ragazzo le porge il pesante mazzo e mentre Lanie lo congeda con un sorriso, Kate resta imbambolata a guardare le rose.
-Beh… sono tante! E come sono belle! E chissà quanto gli saranno costate!-
Esclama la dottoressa, avvicinandosi ad ammirarle, con le mani dietro la schiena.
-Uh! Guarda… c’è un bigliettino!-
Lanie lo afferra prima che Kate possa leggerlo e fa cenno di aprirlo, poi guarda l’espressione imbronciata che lei ha messo su e glielo restituisce.
-Tieni! Leggilo pure, a voce alta però!-
Lanie si sofferma sul viso di Kate. Le sue espressioni cambiano man mano che legge la calligrafia morbida ed elegante, fino a che si ritrova con la punta del pollice tra i denti e uno strano sorrisetto di contorno.
-Ho detto a voce alta Beckett!-
Lei sbuffa…
Possibile che non si possa avere un minimo di privacy?!
-Ok… ok… leggo…-

'Buon giorno Kate, almeno spero che stia leggendo Kate e non Beckett, perché lei non è romantica!
Tieniti libera per stasera, ti aspettano un ristorante di lusso con vista mozzafiato sulla città, cibo prelibato, musica per ballare e uno scrittore affermato, nonché uomo affascinante e raffinato, play boy elegante e megalomane (dicerie, giuro!) pronto a corteggiarti e a regalarti un primo appuntamento schifosamente tradizionale. Non si accettano rifiuti.'


-O mio Dio! Kate, se rifiuti di andarci ti faccio l’autopsia al cervello!-
Esclama Lanie, conoscendo anche questa allergia dell’amica, ma con sua grande sorpresa, si rende conto che Kate, sempre con il pollice tra i denti, sorride come una ragazzina e scuote lentamente la testa.
-Ci vado e come! Non solo, ora tu ed io usciamo e mi aiuti a scegliere un vestito per l’occasione.-
Lanie è allibita.
-Kate Beckett, stai… stai bene?-
Le chiede mettendole una mano sulla fronte.
-Vuoi davvero andare a fare spese?-
Nemmeno stavolta Kate ha il tempo di risponderle, perché qualcuno suona di nuovo al campanello e anche stavolta Lanie sbuffa per l’interruzione, prima di andare ad aprire. Restano entrambe sorprese di ritrovarsi davanti il ragazzo carino di prima, stavolta con le mani impegnate da una grande scatola con un bel fiocco rosso.
-Chiedo scusa… avevo dimenticato questo.-
Dice strizzando l’occhio. Porge il pacco a Lanie e sorridendo sparisce.
La dottoressa ammicca maliziosa.
-Chissà perché ho l’impressione che non sarà necessario andare in giro per negozi.-
Kate poggia le rose sul tavolo e aspetta che Lanie apra lo scatolo.
-Avevo ragione… caspita Kate! Guarda che meraviglia!-
Prende l’abito dalla scatola e se lo poggia addosso, Kate lo guarda con gli occhi lucidi.
Il colore celeste è reso brillante dalla lucentezza della seta. La scollatura ampia, sorretta da spalline sottili, è contornata da un ricamo di fiorellini di strass sul bordo e sull’incrocio del seno. Il corpetto, stretto fin sotto la vita e pieghettato finemente, fascia il busto con gli stessi fiorellini della scollatura, disposti in tre file trasversali che s’incrociano al centro. I ricami si allargano dal davanti, fino a fasciare i fianchi, disegnando il profilo in modo da valorizzare le curve, da qui, l’abito scende morbido; il davanti si apre formando un incrocio con il tulle in uno spacco fino alle ginocchia, mentre dietro si allunga fino ai piedi arrivando a sfiorare a terra, in modo irregolare.
-Mia cara, il nostro scrittore ha scelto proprio bene. Qui dentro terrà sotto stretta sorveglianza ogni curva e sinuosità del tuo corpo.-
Kate continua a guardarlo imbambolata e sembra non essere preoccupata, né tanto meno imbarazzata, dall’affermazione di Lanie sulle curve, e quando le squilla il cellulare, non può fare a meno di sorridere appena legge sul display il nome di Castle.
-Pronto!-
-Parlo con Beckett o con Kate?-
-Piantala Castle, fa il serio una volta tanto!-
-Oddio… Beckett! Dì a Kate che la chiamo più tardi…-
-Rick… smettila!-
Risponde lei dolcemente.
-E’ arrivato tutto? Tutto, tutto?-
-Rose e abito, se non c’è altro… si… è arrivato tutto.-
-Spero che il vestito ti piaccia, secondo me è perfetto.-
-Anche secondo me, è splendido Rick, grazie. Non riesco a credere che hai memorizzato ogni delirio di quella mattina! Parola per parola…-
Lui sorride, consapevole che se lo stesse guardando negli occhi, arrossirebbe come un peperone.
-Io memorizzo tutto di te, da quasi 4 anni ormai!-
Lei abbassa lo sguardo sulle rose, poi passa al vestito e comincia ad attorcigliarsi una ciocca di capelli tra le dita, mentre Lanie alza gli occhi al cielo.
-Dove mi porti?-
Gli chiede sussurrando.
-Ah-ah… non essere curiosa… questa è una sorpresa. Piuttosto, ho pensato una cosa, io non posso ancora guidare, perciò potresti venire a casa mia con un taxi e poi andiamo da qui con la Ferrari, naturalmente guidi tu…-
Lascia la frase sospesa, sapendo che lei sta ridendo e magari saltellando silenziosamente su se stessa, poi riprende.
-Allora, cosa ne pensa della mia idea, signorina Beckett?-
-Che è splendida signor Castle.-
-Bene… ti aspetto alle 9.00, a dopo…-
-A dopo!-
Risponde lei chiudendo la chiamata e mentre si morde il labbro, Lanie, oltre agli occhi, alza anche le braccia verso il cielo e poi le lascia andare giù di peso lungo i fianchi.
-Ho perso un’amica! Le si è proprio bruciato il cervello…-
Kate torna alla realtà e corruccia la fronte, per poi essere sopraffatta dall’abbraccio isterico di Lanie.
-Finalmente… adoro le malattie d’amore e voi due siete gravi… estremamente e irrimediabilmente gravi…-


Continua...


Angolo di Rebecca:

E con Stan, abbiamo chiuso la parentesi drago, almeno noi, perchè Rick, non ha ancora chiuso niente con se stesso.
E il bigliettino?
E le rose?
E il vestito?

Ma non è un orsetto quell'uomo!?

Questo è il vestito che Rick/Io ha scelto per lei :p
 



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