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Autore: ChiiCat92    18/09/2012    2 recensioni
"Credo di essere morta.
Dico “credo” perché vorrei non esserne tanto sicura.
Però è così: sono morta.
[...]" tratto dal Prologo
ATTENZIONE: la storia non contiene credenze religiose, tutto ciò che vi è scritto è pura fantasia atta a dare forma e scorrevolezza al racconto; vi sono presenti elementi autobiografici.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- 21 -

- Perché non me l'hai mai detto? - di colpo la voce diventa salda, senza un'incrinatura, le lacrime si cristallizzano sulle ciglia - E non ti inventare che non te l'ho mai chiesto, conosci i miei pensieri. -
Eden si tormenta le mani, afflitto, ha l'espressione di un soldato ferito a morte da un compagno traditore. Ma non ho intenzione di tirarmi indietro, neanche se questo dovesse farlo soffrire.
Per anni ho creduto di essere pazza, di sognare cose che non potevano esistere. Ho pianto e sofferto al mio risveglio quasi ogni singolo giorno della mia esistenza, pregando perché quei sogni non mi facessero definitivamente impazzire, divisa tra la ragione e la follia. A tratti credevo che fosse tutto vero, che quelle sensazioni brucianti fossero necessariamente reali, a tratti mi rinchiudevo nella mia depressione fustigando il mio spirito per aver mai potuto concepire quei pensieri.
Cos'altro avrei potuto fare?
I miei sogni non sono mai stati normali. Eccessivamente colorati, eccessivamente veri, eccessivamente pieni di esperienze che sono sperimentabili solo nella realtà.
Ho sentito il contatto con la sua mano, ho sentito il calore della sua pelle, il battito del suo cuore quando mi abbracciava. Queste cose non poteva averle inventate la mia mente, non poteva, non in modo così dettagliato.
Però saperlo...saperlo è una pugnalata al cuore.
- Io non potevo dirtelo. Dovevi arrivarci da sola. Ci sono delle cose che devono venire da te. Te l'ho detto, io non posso interferire, neanche adesso, posso solo starti accanto e accompagnarti. -
La sua voce è rotta dalla commozione, ancora una volta i suoi occhi si riempiono di lacrime dorate. Si morde le labbra e tira su con il naso, cercando di trattenersi.
Non riesco a farmi intenerire da quello sguardo così denso di tristezza. Non adesso. Non dopo questo.
- Voglio andare da lui. -
- Si è svegliato, e con lui Beatrice. -
- Con questo vorresti dirmi che non posso? Non me ne frega niente di Beatrice, potrebbe anche essere la mano destra di Dio. -
Faccio per andarmene ma Eden mi afferra per un braccio.
- Ti sto dicendo proprio questo. Non puoi andare, lei ti farebbe del male, non importa che sia un Arcangelo, se pensasse che tu fossi una minaccia per il suo Protetto e, credimi, sono sicuro che lo pensa, ti ucciderà. -
- Sorpresa: sono già morta! -
- Non è questa la vera morte! -
Urla, la sua voce mi fa venire un brivido lungo tutta la schiena. Solo adesso mi rendo conto di quanto sia terrorizzato, di quanto i suoi occhi siano grandi paura.
- Mi stai facendo male. -
Sibilo tra i denti. Lui lascia la presa con reticenza.
- Non andare, ti prego. Io non sono forte abbastanza da proteggerti. Lei ti distruggerà. -
- Dio non permetterebbe mai una cosa del genere. -
- No, tu non sai come ragiona Dio. Tu non lo sai. Non c'è Redenzione per chi si mette contro i suoi Vassalli a discapito di un'altra Anima. È ben più terribile di un semplice omicidio. -
Afferro il volto di Eden con entrambe le mani e lo costringo a guardarmi.
- Non mi interessa di morire. Non c'è niente di peggiore di questo. Io sono qui, e vedo lui soffrire. E sono io la sua sofferenza. - gli stampo un bacio in fronte - Devo andare da lui, capisci? -
Una lacrima gli cade dagli occhi.
- Sì, capisco. -  
- Tu ti meriti il Paradiso, e non sai quanto odio che qualsiasi cosa faccia possa ricadere su di te. Tu non devi pagare per le mie colpe. Vai via, proteggi qualcun altro. Io rischierei di farti soffrire ancora e ancora. - raccolgo con la punta del dito una sua lacrima - Vedi? Anche adesso stai soffrendo. Soffri per una mia scelta. E questa è la cosa peggiore che potrei costringerti a fare. Se è stato Dio a darti questo compito...bhè allora è un Dio cattivo, una creatura bella e pura come te non dovrebbe mai soffrire. Io continuo a sbagliare, continuo a non prendere la strada giusta, ma è mia la colpa, mia, solo mia. -
- Io sono te... -
- No, no non sei me. Io non sono così, tu sei te stesso. Ti hanno costretto dalla notte dei tempi a fare qualcosa che ti rendesse niente; ti hanno detto che non hai un'anima, ma non è vero, è una bugia, è una bugia enorme. Non sono soltanto io a dovermi fare le domande giuste al momento giusto. -
- Tu...non sai... -
- Io so troppo bene Eden, io ho visto, nel corso di questi milioni di anni, ho visto. E sono stanca. -
Eden trema tutto, lo abbraccio con forza, spingendo la sua testa sulla mia spalla. Non credo di potergli dare il conforto che merita, non credo di poter essere nient'altro che fonte di dolore per lui.
Vorrei che potesse capire quanto è importante, non per il ruolo che svolge, ma per quello che lui è.
- Non posso lasciarti. -
Piagnucola lui.
- Non vuol dire che devi farti male. Lasciarmi fare quello che devo, da sola. -
Mi stringe come se fossi la cose più importante dell'intero Universo, e so per certo che per lui è proprio così.
Annuisce, tirando un sospiro liquido di lacrime.
- Devi tornare da me, promettimi che torni. -
- Non mi succederà niente, solo è meglio che tu non gironzoli tra i piedi di quella vipera bionda. -
Sembra pensarci. Forse ha capito che ho ragione, o forse non vuole dirmi di lasciare perdere per l'ennesima volta.
Lo allontano per vederlo in volto.
- Eden, sono morta. Tutte le persone che amo piangono per me. E io non posso fare nulla. Ho perso tutto quello che avevo, non mi rimane che niente. Morire davvero sarebbe una liberazione. Non voglio vivere ancora e dimenticare loro, lui, te. E so che ti ho promesso che avrei scelto di tornare a Dio, ma non merito il Paradiso. Posso stare accanto all'uomo che credo di amare solo di notte, come una criminale, e non mi sta bene. Io devo sapere cosa sa di me, cosa pensa di me, e devo esserci per questo. Ho passato un quarto della mia vita pensando di amarlo, adesso che so che in qualche modo lui sa, non posso ignorarlo. Questa è forse la ragione della mia intera esistenza. È il mio conto in sospeso. -
Lui tace. Non mi aspetto un risposta.
Avrei potuto aggredirlo, avrei potuto arrabbiarmi, avrei potuto urlare. Ma non l'ho fatto.
Io amo Eden, come si ama la parte migliore di se stessi, e non posso permettere che gli succeda qualcosa.
Se ha taciuto, è perché è stato costretto a farlo, e non posso biasimarlo: la sua non deve essere un'esistenza facile, né invidiabile.
È un Angelo e soffre come un mortale, soffre le mie sofferenze, pena per le mie pene.
È straziante.
Capisco che non agisce nel male, capisco che è solo il suo modo di tenermi alla larga da un dolore che lui ha provato già milioni di volte. Ma non posso restare qui senza fare niente.
Ero pronta a morire già da un pezzo, anzi, penso di essere sempre stata pronta a morire. Questa non è vita, non è neanche paragonabile alla vita; dunque che cosa me ne faccio?
Mi sembra di concepire sempre gli stessi pensieri, di pensare cose che sono già state pensate. Perché Eden non capisce? Se mi conosce così bene dovrebbe aver già aver capito tutto. Ero disposta a morire per il mio errore di incarnazione, pensa che non sarei a farlo per questo? Allora forse non mi conosce come dice.
Gli do un altro bacio in fronte.
- Che cosa può succedermi di peggio? Di finire all'Inferno? Questa è una pena già sufficiente, quindi sconterò qualsiasi altra mi venga afflitta. Almeno non avrò il rimpianto di non averci provato. Sarà anche una causa persa, ma ci sono modi e modi di uscire dalla sconfitta. - cerco di sorridergli - Da qui in poi gradirei che mi dicessi tutto, o almeno che me lo dicessi con un certo tatto invece di farmi incazzare. -
- Non dire parolacce... -
- Sai che continuerò a farlo. -
Lui sbuffa e scuote la testa.
- Sei sempre stata così cocciuta. Non ti è mai importato della tua vita. Mai. Né come Essere Umano né come Spirito. Hai sempre cercato la realizzazione massima del tuo sentimento. - mi guarda dritta negli occhi - Mi dispiace che tu non abbia mai provato l'amore. -
Gli pizzico il naso con due dita.
- Ti sbagli, io ho amato e amo ancora, e fin quando mi sarà permesso di esistere da qualche parte in qualche modo, io continuerò ad amare. -
Eden non fa in tempo a rispondermi: mi lascio cadere in picchiata, il più velocemente possibile, tanto che i miei occhi lacrimano per l'eccessiva velocità e la vista è sfocata e la pressione dell'aria mi schiaccia i polmoni come palline di carta.
Per quanto possa fare male, non è niente in confronto alla consapevolezza del male che ho fatto a lui.
La casa mi appare davanti agli occhi, ingrandendosi sempre di più, sempre di più. Devo di schiantarmici contro ma non rallento, neanche per un attimo. Solo all'ultimo secondo, prima di attraversare tutto il primo piano e ritrovarmi in cantina (anche se per la velocità potrei benissimo arrivare al centro della Terra), mi fermo in un istante.
Mi guardo velocemente intorno per capire in quale stanza io sia atterrata, poi esco sul corridoio, dato che non è la sua.
Brandelli del sogno mi tornano in mente mentre cammino tra le porte; ho quasi l'impressione che da un momento all'altro io ne debba incontrare una nera con ghirigori dorati. Mi viene un brivido.
Riconosco la porta della stanza di Tom e m'infilo dentro.
Il letto è vuoto, le lenzuola tutte sfatte, il cane dorme sul tappeto, anche il gatto ancora sonnecchia. Lui non c'è.
Esco di nuovo sul corridoio, cercando di sentire i rumori della casa.
Non mi spaventa niente, eppure mi muovo sulle punte, come se avessi paura di essere scoperta.
Scendo al piano terra. Si sente un giornalista ciarlare delle ultime notizie di gossip, di quale attore è stato a letto con chi e quale modella è anoressica o no.
Lo vedo attraversare il salotto con una tazza di tè in mano e sedersi comodo sul divano.
Mi tengo il petto, mi fa male.
Finisco di scendere i gradini con attenzione, squadrandolo dalla testa ai piedi.
Tom ha gli occhi gonfi e rossi, lo sguardo annuvolato e in tempesta come il cielo del suo sogno. Sorseggia il tè caldo (alla pesca, il profumo si espanda con dolcezza per tutta la stanza) e poi lo lascia sul tavolino a raffreddare.
Tira su con il naso e strizza gli occhi.
Sembra arrabbiato, e deluso, e sofferente.
Si avvolge nella coperta abbandonata sulla spalliera del divano e comincia a fare zapping.
Un orologio sulla parete annuncia che sono appena le 5 del mattino.
L'ho svegliato ancora prima dell'alba.
Mi avvicino e faccio per sedermi in un angolo del divano.
- Tom! Che è successo? -
Bill, i capelli spettinati, il pigiamone enorme dentro cui ci naviga, pantofole ai piedi e occhiaie grosse, nere e profonde.
Lui non fa neanche in tempo ad avvicinarsi al fratello che mi lancia un'occhiataccia di quelle fulminanti.
Mi faccio indietro e lui prende il mio posto accanto a Tom sul divano.
Cerco con gli sguardo Beatrice, ma non sembra essere nei dintorni. Magari oggi è il mio giorno fortunato.
- Niente. Perché ti sei alzato? -
Sbotta Tom in risposta, parecchio arrabbiato.
Bill mi indirizza un'altra brutta occhiataccia e mi sento rabbrividire.
- Ti ho sentito... -
- Piangere? Mi hai sentito piangere? - lo interrompe Tom, alzando la voce e tirandosi su; sia io che Bill saltiamo in aria - E sei corso a consolarmi? Non ho bisogno del tuo conforto. Non ho bisogno neanche di pensarci. Tornatene a letto. -
Bill aggrotta le sopracciglia come se fosse stato colpito da un coltello.
- Io volevo solo essere d'aiuto... -
- Non voglio neanche il tuo aiuto. Voglio stare solo, e basta. -
- Almeno dimmi cos'è successo...hai avuto ancora gli incubi? Lo sai che con me puoi parlare. -
- Non voglio parlare. Cosa delle parole “voglio stare solo” non riesci a capire? -
Lo sguardo di Tom è così bruciante che sento il suo tocco sulla pelle. Agli angoli degli occhi gli brillano lacrime di rabbia e frustrazione.
Perché si tiene tutto dentro?
- Bill, mi dispiace, mi dispiace tantissimo, ma devo farlo. - lui si volta a guardarmi, gli occhi sgranati. So che mi sta chiedendo cosa ho in mente, ma non posso dirglielo. Il cuore mi fa male, ho pianto tutte le mie lacrime, riesco a sentire la sofferenza farmi venire la pelle d'oca su tutto il corpo. Non m'importa niente delle conseguenze. - Scusami, scusami davvero, faccio in fretta te lo giuro. -
- Che cosa...? -
Balbetta lui sottovoce, con gli occhi di Tom incollati addosso altrettanto confusi e storditi.
Spero di farcela.
Mi getto dentro Bill. È come andare contro un muro di cemento armato.
Sento il suo corpo dimenarsi e la sua voce mandare uno stridulo grido spaventato.
Stringo i denti e mi faccio strada.
Prenderò possesso del suo corpo, non importa quanto difficile possa essere.
Sento che si ribella e cerca di scrollarmi di dosso come farebbe un cavallo imbizzarrito. Ma non è un movimento fisico, ho la certezza, anche se non so da cosa mi venga, che il suo corpo è rimasto immobile sul divano, con la bocca leggermente aperta e lo sguardo vacuo. È il suo spirito che si sta ribellando, che sta lottando con tutte le sue forze.
Ma io non posso farmi sconfiggere, ho bisogno di un corpo di carne e ossa con cui toccare e una voce con cui parlare. Ho bisogno di un corpo umano. Il suo.
- No ti prego, vai via! -
Urla Bill, e so che è un urlo interiore.
- No, tu va' via. Fatti da parte o dovrò farlo con la forza. -
- M-mi fai male. - trema tutto, sento il suo Spirito scuotersi con violenza - B-basta! -
- Non farà più male se mi lasci prendere il controllo. Arrenditi. -
Lo sento gemere come un animale ferito. Poi perde coscienza. Non so cosa succede esattamente al suo Spirito, ma è come se fosse svenuto. Riesco a sentire sotto le mani il suo corpo che diventa il mio, ora ho capito cosa dovrei provare e cosa no, sono in grado di tirarmi fuori quando voglio.
Ti giuro che finirà presto Bill, te lo giuro. Dopo di che sarai libero di fare di me, o di ciò che di me rimane, quello che vuoi. Se è una punizione quella che mi attende sono pronta ad affrontarla.
E non temere, non farò niente che possa pregiudicare il rapporto con tuo fratello.
Quando apro gli occhi e prendo un respiro capisco di avere un peso in questo mondo, di avere un corpo. È strano come respirare sia difficile, come i pensieri facciano male viaggiando nel cervello. Forse perché niente di tutto questo è “mio”.
Non è come per il gatto, non mi sento aderire perfettamente, è come avere indosso un vestito di molte taglie più grandi della mia, o, al contrario, di molte taglie più piccolo.
- Bill? È tutto ok? - Tom si sporge verso di me, cauto - Sei arrabbiato? Scusami...sono solo...sconvolto, e vorrei riuscire a mettere ordine nella testa...tutto qui...non ce l'ho con te. Mi dispiace di averti svegliato. -
Lui...mi sta guardando. Guarda me. Mi vede. Sta parlando con me.
Non riesco a trattenermi e scoppio in lacrime. È la sensazione peggiore che si possa provare. So di stare piangendo lacrime che non sono le mie.
- B-Bill! -
Balbetta Tom.
Non posso fare a meno di gettarmi su di lui e stringerlo, stringerlo forte tra le braccia.
Per quella che probabilmente sarà l'unica e ultima volta della mia vita posso sentire veramente il suo corpo aderire al mio, posso sentire il suo calore, posso sentire il suo profumo, posso sentirlo respirare sotto di me.
- Tom...Tom...perdonami... - piango, senza riuscire a controllarmi - ...è colpa mia, è solo colpa mia! Tom...io sono morta, sono morta davvero, ma...ma va tutto bene...solo...perdonami... -
- Bill...ma cosa...cosa stai dicendo? -
Gli prendo il volto tra le mani, lo costringo a guardarmi dritto negli occhi. Quante volte ho sognato di poterlo fare? Quante volte è successo realmente? Quanto di me si ricorda? Quanto invece ignora?
E perché?
Perché non posso smettere di piangere, perché questo dolore non mi uccide, perché la Morte non fa quello che deve fare e mi salva da quest'incubo?
- Se è vero che ci siamo già incontrati...ti prego, ti prego, adesso dimenticami. Io sono morta, capisci? Sono morta. -
Tom annaspa, guardandomi come se fossi pazza. E in fondo è quello che devo sembrare. Ho l'aspetto di suo fratello, la voce di suo fratello, le mani di suo fratello. Non vede altro che lui.
Guarda i miei occhi, il mio viso, famelico ma spaventato.
- T-tu...sei...sei lei. Sei lei, la ragazza...la ragazza del sogno. -
Il mio cuore si ferma.
Uno sbalzo di tensione fa saltare la corrente, due lampadine esplodono; un urlo straziante e doloroso mi trapana il cervello. Qualcuno mi afferra con tanta violenza che mi sento fatta a pezzi.
Mi ritrovo sbattuta contro il pavimento mentre Bill barcolla.
Tom lo afferra per le spalle, lo scuote.
- Che cosa ti è successo? Chi sei? Parlami! -
Bill si accascia tra le sue braccia, singhiozzando. È pallido come un lenzuolo, riesce appena a muoversi.
- Se...n'è...andata... - dice solo, la voce rotta e rauca - Se n'è andata. -
No, perché! Perché adesso! Ci ero così vicina, così maledettamente vicina!
Mi alzo in piedi traballando, mi sento svuotata di ogni energia, ma non m'importa. Non voglio che finisca così, non adesso, non in questo modo.
- Dove credi di andare? - riconosco all'istante la voce. La sua mano forte eppure dalle sembianze così delicate mi afferra i capelli e mi costringe a urlare. - Hai finito di giocare con i miei Protetti, per sempre. -
Beatrice mi trascina in alto, lontano, fuori dalla casa.
Non riesco e ribellarmi, il dolore è troppo forte.
Cerco di dimenarmi, cerco di tornare da lui. Voglio soltanto lui, voglio soltanto abbracciarlo ancora una volta. Voglio solo dirgli che lo amo.
Riesco a percepire nello stesso istante in cui succede quando Beatrice mi risucchia via anche l'ultima briciola di energia che mi è rimasta.
Soffiata via come la fiamma di una piccola candela consumata.  
   
 
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