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Autore: The Cactus Incident    18/09/2012    2 recensioni
Il mio spettacolo era arrivato al termine, il sipario si abbassava e le luci si spegnevano, tingendosi di un applauso rosso scarlatto.
[...]
L’ascia si sollevò, pronta a calare senza esitazioni, ma il sibilo della lama che vibrava nell’aria fu interrotto, quando un verso infernale squarciò l’innaturale silenzio che per quella giornata aveva riempito Asgard.
[Daenerys Targaryen -Il torno di Spade]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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dany chapter 2



Alfheimr, la terra degli elfi chiari, creature dai corpi lunghi ed eterei, ben differenti dagli elfi scuri, massicci e dalla pelle nera come il carbone.

Il viaggio fu lungo e quando arrivammo nella “terra della luce” era ormai buio.
O almeno, quello che loro intendono per buio. Il cielo aveva assunto delle tonalità di viola indaco lambite da colori più scuri a est, ma niente di comparabile con una vera notte.
Era un territorio fatto di grandi prati muschiosi che sembravano disporsi in terrazzamenti su terrazzamenti, puntellati di alberi mastodontici e dove la tecnologia si fondeva con la natura rigogliosa e viva, nelle chiare tonalità che contraddistinguevano tutto il regno e i suoi abitanti.
Volammo a cavallo di Drogon fino ad arrivare al palazzo di Alfheimr.
Era ben diverso da quello di Asgard. Questo si estendeva in larghezza e sembrava vivo, gonfio e mobile in volute argentee e opalescenti, intricate ed estremamente naturali, morbide alla vista e luminose anche il quell’insolito chiarore violaceo che loro chiamavano notte.
Riluceva come acqua illuminata dal sole e le mura sembravano percorse da brividi di luce che ricordava l’arcobaleno.
Le forme del castello si confondevano e fondevano con i grossi alberi dai tronchi neri e chiome bianche con leggere sfumature colorate che ricadevano in grappoli dai nodosi e contorti rami.
La luna splendente e grande di Alfheimr brillava alla mia destra e illuminava chiaramente tutta la città che invece dormiva, rassicurata dalla sua notte.
Scivolammo in uno degli ampi cortili sul retro, e arrivammo alle stalle dove alcuni addetti ci avvicinarono.
Non erano esageratamente alti, almeno una spanna più bassi di me, ma la struttura fisica longilinea e i visi lunghi donavano una figura più allungata che invece di lasciarli ondeggiare instabilmente, conferiva una grazia innata anche a uno stalliere giovane dai capelli a spazzola, gli occhi cerulei e le classiche orecchie a punta che avevano tutti gli elfi.
“Lady Daenerys, vi aspettavamo domani” disse tranquillo con un sorriso, l’aria leggermente stanca.
“Abbiamo preferito partire col favore della notte. Immagino che i miei zii stiano dormendo” disse lei, gentile. Perché si rivolgeva così a uno stalliere? E soprattutto perché lo stalliere era così…. riverente?
“Come tutto il regno, vostra grazia” Vostra grazia? Stiamo scherzando?
“Vorrà dire che li saluterò domattina” Liberò il drago dalla cavalcatura e lasciò le bisacce allo stalliere. Il giovane osservò il contenuto e sorrise.
“Gentile da parte sua”
“Figurati, so che ti piacciono molto, Edd, e smettila di parlare così, siamo cresciuti insieme” il ragazzo scoppiò in un risata fragorosa e incontrai lo sguardo del drago, scocciato quanto il mio.
Quindi non ero l’unico a trovare noiosi e ridicoli questi due.
“Ok Dany, le tue stanze sono pronte. Devo farti mandare delle ancelle?” Qualcosa mi dice che quello non è lo stalliere. Errore mio, non vogliatemene.
Solo allora, il ragazzo spostò lo sguardo su di me. Oh, era ora.
“Signore”
“Edd, ti presento Senna, ambasciatore di Asgard” Mi presentò Daenerys. Senna? Come?
Voltai la testa di scatto nella sua direzione e provai a parlare, ma la mia lingua sembrava atrofizzata.
Quella piccola rettilaia ne sapeva anche qualcosa di magia, allora. Trucchetti che io utilizzavo con estrema maestria a otto anni, ma comunque erano delle nozioni di magia utili che molti Asgardiani (esempio lampante: Thor) ignoravano completamente.
“Un ambasciatore dalla spendente Asgard! E’ un onore, io sono Eddard, il figlio del primo cavaliere del re” disse portandosi il pugno sul cuore nel saluto formale e chinando appena la testa. Sorrisi mestamente e feci un segno della testa. Sembrò offendersi. Ringrazia il cielo che tu sia vivo, insulso omuncolo stupidamente biondo.
“Bene, si è fatto tardi, noi ci ritiriamo nei miei appartamenti. Buona notte Edd e non avvicinarti troppo a Drogon, è più nervoso del solito” Daenerys entrò dal cortile sul retro, dove cresceva uno di quegli enormi alberi che si vedevano anche dall’esterno.
Io mi fermai in mezzo alla porta.
“Se non cammina ci penso io, dico sul serio” incrociai le braccia al petto, le labbra strette e la vena sulla fronte che pulsava pericolosamente.
Sarai morta Targaryen, parola di Loki.
Insulsa creatura che per qualche assurdo motivo ha degli appartamenti nel castello di Alfheimr.
Lei non era un elfo chiaro, non del tutto almeno. I suoi capelli e i suoi occhi viola indicavano le sue origini elfiche, ma Daenerys era molto più bassa, aveva delle forme ben diverse, morbide e generose e una carnagione ambrata ben diversa dal pallore ceruleo degli elfi chiari. Per non parlare del fatto che dalla sua pallida chioma abilmente intrecciata non spuntavano orecchie a punta, caratteristica che invece sfoggiava qualsiasi elfo, chiaro o oscuro che fosse.
Una mezzosangue? Un incrocio fra un gigante di fuoco e un elfo chiaro? Si, quasi sicuramente.
Visto che non accennavo a muovermi, mosse le dita della sua mano sinistra dalla quale sprigionarono pallide scintille lilla e le mie gambe cominciarono a camminare da sole.
Ero alla stregua di un burattino, di uno schifosissimo umano, nelle sue mani.
Camminammo negli interni che sembravano opale puro, decorati da motivi floreali neri o in colori tenui.
Il castello di Alfheimr era intriso del loro regno, simboleggiava il loro modo di vivere e il loro tipo di ricchezza ben diverso da quello di asgard, ricca di metalli.
Come avevo sospettato dall’esterno, i muri erano sul serio percorsi da luce che sembrava passarvi all’interno, facendo brillare le migliaia di sfaccettature dell’opale bianco di cui sembravano essere fatte.
I gradini erano bassi e larghi e non c’erano grosse scalinate, i corridoi erano ampi ma non altissimi come i tetti quasi infiniti di Asgard.
Finalmente arrivammo alle sue stanze e non notai molte differenze con quelle che un tempo avevo io ad Asgard, tranne per il fatto che lì era tutto in opale bianco con motivi neri o come il pavimento che era di opale nero con motivi dorati.
La stanza principale era ampia e divisa in diversi settori. Sulla sinistra c’era un grosso tavolo con qualche sedia. Più a sinistra, quasi al centro della stanza, alcuni divani e un tavolino mentre su molte pareti scaffalature piene di libri, vasetti o insoliti oggetti.
A i due capi più estremi si aprivano due aperture ovali davanti alle quali pendevano fitte tendine di perline. E fra di loro si apriva un ampio terrazzo.
“Quella è la mia camera, quella al vostra e lì c’è il bagno grande, ma non temere, la tua camera è dotata di un bagno privato”  
La sua camera aveva davanti all’apertura una tenda rosa tenue, oserei dire quarzo rosa e cristallo bianco, quella che mi era stata assegnata, di cristallo bianco e agata grigia, il bagno aveva una porta scorrevole che sembrava ricavata da un unica lastra di quello che, dal colore, sembrava iridio.
Mosse ancora la mano e recuperai il completo controllo del mio corpo.
La mai mano scattò sulla sua gola e la sua pelle si tinse di rosso, ustionandomi e facendomi ritrarre ringhiando.
“Senna? Ambasciatore? Potresti spiegarmi questo cumulo di baggianate?!” ringhiai osservando la mia mano ustionata. Il dolore era indicibile, ben diverso da quello di una banale ustione. La mia mano diventò immediatamente rossa e gonfia, sentivo la pelle ipersensibile pizzicare dolorosamente fino alle ossa.
“Tu evita di toccarmi ancora se vuoi sopravvivere!” ringhiò a muso duro.
“E tu smettila di dire stronzate!” le urlai.
Prese un respiro profondo e la sua pelle tornò bronzea, mentre gli occhi tornavano del loro colore.
“Siediti, ti medico e ti spiego. Dobbiamo cambiare la fasciatura al torace” disse asciutta.
Feci una smorfia e lei mi guardò diritto negli occhi.
“Ho detto siediti” m’intimò.
“Quando ti avrei accordato il permesso di darmi del tu?”
“Quando hai provato a strangolarmi” schioccai la lingua e mi sedetti sul grande divano che troneggiava nell’ingresso.
Lei si avvicinò ad una scaffalatura dall’aria molto grezza, ma elegante di quel legno nero che riempiva il regno e si avvicinò con un vasetto di vetro che conteneva un unguento semitrasparente.
Si sedette sul mio stesso divano a una distanza massima che permettesse un contatto delle sue mani con la mia.
Aprì il vasetto e mi sporco le mani della crema per poi ungermi il palmo della mano. Il sollievo fu immediato. La pelle arrossata si alleviava man mano che la crema mi ungeva la pelle.
“Sto aspettando spiegazioni” ribadii mentre osservavo le sue mani.
“Sei Loki di Asgard, sulla tua testa c’è una condanna, ho mentito per salvarti la vita e tu dovrai fare lo stesso domani, con il re. Per il Dio degli Inganni dovrebbe essere facile, no?”
“Il punto della questione è un altro: perchè mi hai salvato?”
“Perché mi è stato ordinato”
“Da chi” dissi secco. Chiuse il vasetto e rimase a massaggiare la mia mano.
“Non da Thanos” Wow, molto esaudente.
“Questo restringe il campo a…. tutti i restanti essere viventi nove regni? Davvero di aiuto”
“L’importante è che non ti sto portando da lui, no? Ti giuro su Drogon che non è Thanos a mandarmi. Vivrai ancora molti secoli, non sei destinato a morire. Non per il momento, almeno”
E a quel punto calò un momento di silenzio in cui lei si alzò e andò a posare il vasetto, prendendone altri due e delle bende pulite.
“Non mi dirai di più riguardo a questa questione, vero?” chiesi mentre si avvicinava.
“Non mi è possibile dirti altro, il mio mandante preferisce parlartene di persona, appena potrà raggiungerci. Adesso togliti la casacca”
Feci come mi aveva detto e lei poggiò quello che aveva in mano sul tavolino di onice e madreperla che avevamo davanti, con degli insoliti piedi di legno scuro che si ramificavano sulla superficie liscia e piatta portando grappoli di fiori pallidi.
Tolse la spilla con cui aveva fissato la benda e cominciò a srotolarla dal mio torace.
Si sedette dietro di me e pulì le ferite sulla schiena per poi cospargerle nuovamente di unguento mentre recitava formule in lingua arcaica che conoscevo anche io e ripetevo nella mia mente.
Fece lo stesso col torace e la spalla, dopodichè passò un secondo unguento e mi medicò con le bende pulite.
“Ne sai molto di magia?” chiesi.
“Non quanto te” un sorrisetto malinconico mi dipinse le labbra.
“Figurarsi quanto può essere utile la mia conoscenza con questi bracciali ai polsi”
“Personalmente non sono in grado di aprirli e anche se potessi non lo farei. Non mi è stato ordinato”
“Oh ma che brava bambina, esegue sempre tutti gli ordini assegnatigli da questo capo misterioso e fa parte della famiglia reale degli elfi chiari. Notevole, non c’è ché dire. Come fa ad averti in pugno? Tu sei una donna potente, di certo non sei fatta per sottostare agli ordini di un qualche barbaro che mi vuole per se” sorrise divertita.
“E’ un tentativo d’istigazione? Il mio mandante mi aveva avvertito, ma sinceramente mi aspettavo di meglio” fissò la benda e rimise a posto le cose utilizzate.
“Bene, adesso con il tuo permesso andrei a dormire. Fai una sola mossa falsa e c’è Drogon che dorme su un manto erboso due metri sotto al terrazzo. Sogni d’oro principe Loki”e sparì dietro la tendina.
Sbuffai e mi diressi in quella che era stata designata come la mia camera.
Era abbastanza grande con un bel letto grande e ovale, coperto lenzuola bianche e coperte lilla tenue. I muri e i pavimenti erano esattamente uguali a quelli del grande ingresso/soggiorno e un grosso baule sempre di quel legno scuro era messo in una posizione troppo visibile per essere ignorato.
Mi avvicinai e lo aprii. Abiti da uomo, che mi sarebbero entrati perfettamente, fra cui un completo esattamente identico a uno che talvolta indossavo a Asgard, quando ancora ero un vero principe, ma confezionato con tipiche stoffe tenui largamente utilizzate ad Alfheimr.
Svuotai il baule e in totale trovai tre dei miei abiti asgardiani.
Ero allibito, come avevano fatto a recuperare i miei abiti? Chi, tanto abilmente si era infilato nell’inespugnabile fortezza dorata senza che Odino se ne accorgesse?
Doveva essere un mago molto potente e la cosa mi spaventava.
Cosa voleva da me? Perché mi voleva e perchè voleva che mi sentissi a mio agio? O forse era un modo per spaventarmi, come a dire “Sono in grado di farla al famigerato Odino, tu per me sei meno di zero”.
Con chi avevo a che fare?
Oltre a quei tre completi c’erano diversi abiti Alfheimr dai colori pallidi e decori scuri o tenui.
Non riuscivo a venire a capo di niente, era una rete molto intricata e conoscevo troppi pochi fattori per venirne a capo.
Rimisi tutto nel baule e mi tirai sopra diritto.
Mi guardai meglio attorno a solo allora mi resi conto della scrivania di Onice con intarsi di madreperla su cui era poggiato un oggetto fin troppo familiare.
Mi avvicinai e i miei palmi si scontrarono con il metallo dorato del mio elmo.
Com’era possibile che non l’avessi notato prima? Troppo attratto dal baule? Forse si.
Era il mio primo elmo, quello regalatomi da Odino con le corna dorate, ben diverso da quello usato su Midgard, con le corna più sporgenti verso il davanti.
Possibile che avessero rubato anche quello? Era custodito nelle mie stanze, insieme ai miei abiti. Era assurdo che nessuno si fosse accorto dell’intrusione.
Poggiai l’elmo sul tavolo e incrociai il mio riflesso nel grande specchio postovi al disopra. Per un secondo stentai a riconoscermi.
Avevo la barba nera incolta sulle guance e i capelli ormai superavano abbondantemente le spalle. Il viso emaciato e scarno, gli occhi più infossati di quanto ricordassi con le cavità oculari completamente violacee o nere. Le labbra viola e martoriate in modo indecente.
Anche il mio fisico ne aveva risentito, ero più magro, rasentavo lo scheletrico, ma almeno le mie spalle erano diritte e la mia schiena non si era in alcun modo incurvata.
Il giorno dopo mi sarei dato una sistemata come si deve, al momento avevo solo voglia di dormire e quel grosso letto faceva proprio al caso mio.
Mi spogliai e buttai sotto le coperte. Avevo voglia di rimanere un po’ a rimuginare su tutta la questione, ma ero talmente distrutto che non resistetti a lungo.
Erano mesi che non sentivo qualcosa di così comodo sotto il mio corpo, che non dormivo davvero.
Se non ero ancora destinato a morire avrei potuto aspettare il tempo di una notte per pensare alla mia vita.
E così piombai in un sonno senza sogni, tranquillo e ristoratore.
Era insolito e non vi avevo mai creduto, ma molti decantavano il famoso effetto calmante e benefico di Alfheimr. Un mucchio di sciocchezze, avevo sempre creduto, ma quella mattina dovetti ricredermi.
Visti tutti gli avvenimenti avrei dovuto avere un sonno tormentato che mi avrebbe lasciato al mattino più stanco e distrutto di prima, eppure non fu così.
Una volta sveglio passai un sacco di tempo nel bagno, prima a mollo nella vasca e poi mi rasai la barba troppo lunga per i miei gusti.
Infilai i pantaloni di quell’insolito completo elfico cucito sulla base del modello asgardiano e mi spostai nel salone per farmi medicare.
Rimasi a scrutarmi allo specchio a lungo.
Le ferite stavano guarendo velocemente, merito sia della mia natura che delle cure di Daenerys che, mi costava ammetterlo, conosceva bene il fatto suo.
Il drago avevo contribuito abbastanza a evitare molte ribellioni, lo ammetto, ma chi sano di mente avrebbe sbraitato contro una creatura di diverse tonnellate che non aspetta altro che un pretesto per mangiarvi?
A cosa mi ero ridotto.
Scampato alla morte per decapitazione, ma ingabbiato da una donnetta irascibile e la sua cavalcatura nervosa e scomoda in un regno di pace e benessere.
Beh, quantomeno ero vivo. Dovevo però trovare un modo di liberarmi dei sigilli.
Liberatomi di quelli, in breve avrei richiamato il mio scettro e riavuto tutta la mia gloriosa potenza.
A quel punto non avrei più commesso errori, li avrei sterminati tutti, uno per uno con le mie mani, senza perdere tempo in torture che avrebbero appagato la mia vena sadica.
E la prima sarebbe stata quell’insulsa Daenerys.
Nella sala più grande dei suoi appartamenti, Daenerys stava facendo colazione al tavolo massiccio presente nella stanza. Era fatto sempre di quel legno nero e con i piedi del tavolo che erano radici vive su cui proliferavano muschi e licheni.
“Buongiorno principe” salutò freddamente.
“Daenerys” risposi con ugual gelo mentre mi sedevo.
“Finisco di mangiare e la medico subito. Sta molto meglio a quanto posso notare” Era tornata a darmi del lei. Meno male, troppa confidenza.
Non le avrei mai dato la soddisfazione di elogiarla come guaritrice.
“Si, la mia rigenerazione è molto rapida. Oggi si potrebbero anche evitare le bende”
“Magari non sullo squarcio che ha sulla schiena. Cosa ve lo ha procurato?”
Mi sedetti a tavola e mi riempii il piatto senza rispondere. Ero affamato e la vista della carne ben cotta mi aveva ricordato quanto magri fossero stati i miei pasti ultimamente.
Mangiammo in silenzio e una volta finito mi medicò come la sera precedente.
Andai a finire di vestirmi e mi scrutai di nuovo allo specchio. A pancia piena e dopo una bella dormita avevo un aspetto migliore rispetto alla sera precedente. Fra l’altro i segni sulle labbra si erano alleviati di molto e il mio riflesso cominciava a somigliare di nuovo a quello di un tempo. Anche se avrei dovuto accorciare i capelli. Magari avrei chiesto a Daenerys.
Almeno era più o meno utile. Insulsa, ma utile.
Il colloquio col re di Alfheimr, Aegon, fu abbastanza breve.
Si dimostrò essere un sovrano buono e saggio come tutti lo descrivevano, il cui pensiero principale era mantenere la pace nel suo regno.
Come tutti gli elfi chiari aveva capelli pallidissimi che non arrivavano alle spalle, tirati indietro sulle tempi e un fisico allungato, ma muscoloso.
Le iridi erano pressoché bianche dal contorno delimitato di nero che sembrava arrivare fino alla pupilla.
I lineamenti del viso erano allungati ed eleganti oltre modo, i modi di fare fluidi e gentili.
La regina Sheira era di una bellezza eterea ed elegante, effimera come tutte le donne elfiche.
La pelle chiara e perfetta quasi risplendeva e lunghi capelli folti che oltrepassavano abbondantemente la schiena avevano una leggera tonalità rosata, come un riflesso della lunga chioma pallida.
Loro non sarebbero morti. Il loro unico interessa era preservare Alfheimr e il suo popolo, non si sarebbero mai invischiati in questioni di vendetta o altro.
Loro sarebbero rimasti al loro posto, solo se disturbati avrebbero scatenato tutta la loro potenza e si narra di epiche battaglie nelle quali i nemici di Alfheimr nulla hanno potuto.
“Che tu sia il benvenuto, Senna, gli abitanti di Asgard saranno sempre i benvenuti su Alfheimr” disse il re a mo di saluto, con un sorriso quasi nascosto dalla barba platino.
Dopo una risposta diplomatica e qualche breve scambio di frasi, mi congedò e il figlio del primo cavaliere, il ragazzo, Edd, si offrì di mostrarmi l’intero palazzo e la città.
Ottimo, una volta trovato il modo di liberarmi, avrei già saputo da dove passare.
Mentre però mi allontanavo dalla sala del trono, sentii chiaramente il re chiamare Daenerys “Nipote mia” e chiederle di portare i suoi omaggi a sua sorella, sua madre.
Daenerys era la figlia della principessa di Alfheimr che doveva aver sposato un importante nobile di Muspell.
I nodi più piccoli cominciavano a sciogliersi e la possibilità che la mia carceriera fosse una mezzosangue aumentavano.
Un altro grande interrogativo però, rimaneva legato alla Targaryen: com’era entrata in possesso di Drogon?
I draghi erano estinti e tutto sapevano che non erano creature generabili attraverso la magia.
Io lo sapevo, avevo studiato a lungo come creare, generare, far nascere creature di qualsiasi genere, ma i draghi erano un’incognita.
Gli unici in grado di generare draghi erano altri draghi, dalle loro uova la cui schiusa era sempre un mistero.
Potevano schiudersi nel giro di pochi minuti dalla deposizione, come dopo anni. Più i tempi si allungavano e meno possibilità c’erano che si schiudesse. Dopo più o meno un secolo, le uova si fossilizzavano e allora erano solo dei sassi molto decorati.
Alcuni fossili si trovavano ancora a prezzi esorbitanti vista la rarità, ma erano comunque più reperibili di un drago vivente, ovviamente.
Edd mi tenne occupato molto a lungo e mangiammo ospiti di alcuni nobili che vivevano fuori dalle mura della città.
Quando tornammo era quasi il tramonto ormai e un’importante cena ci aspettava.
Così dopo essermi lavato e cambiato andammo nella grande sala dei festeggiamenti, gremita di gente e sedetti al tavolo di seconda importanza nelle serate del genere, insieme a Edd, Daenerys e molti altri personaggi come guerrieri particolarmente importanti, membri secondari della famiglia e similia.
Daenerys aveva acconciato i capelli in modo molto più complicato rispetto alle numerose trecce che già di norma le adornavano la testa. Gli intricati giochi di platino che la incoronavano erano impreziositi da gemme lilla della stessa tonalità dei suoi occhi. Avevano un abito di stoffa leggera color indaco con alcuni gioielli di metallo in cui erano incastonate pietre di luna od opali di vario tipo.
Al collo aveva una collana che montava un importate opale nero dalle mille sfaccettature.
Continuava a ricevere complimenti su complimenti, ma io in lei vedevo semplicemente la mia carceriera, nient’altro.
La festa mi annoiava come tutte le feste e non avrei mai partecipato se non fosse stato per Daenerys che mi minacciava con Drogon.
Dovevo dimostrarmi accondiscendente e grato con il re quindi, invitai anche Daenerys a ballare per aprire le danze. Dovevo sembrare felice e grato di essere lì, avevo bisogno di tempo e farmi cacciare dal re era l’ultima cosa che avrei dovuto fare.
“Cosa vuole fare?” chiese Daenerys mentre ci alzavamo da tavola.
“Fare il buon ospite” dissi secco, una tranquilla (e finta) espressione sul viso. Cominciammo a ballare e dopo meno di metà della canzone, tutte le altre coppie si unirono in una di quelle complicate danze in cui le dame cambiano di continuo e il non sapersi destreggiare è simbolo di stupidità e inadempienza. (si, queste feste sono una fregatura).
“Hai bisogno di tempo, vero?” Ed ecco di nuovo il tu confidenziale. Sorrisi allegro e parlai a denti stretti in modo che nessuno potesse sentirci.
“Sai che ti ucciderò, vero? Appena sarò libero non avrai via di scampo, Daenerys Targaryen” il mio palmo destro sul suo, la mano sinistra piegata dietro la schiena. Due passi avanti, uno indietro, giravolta.
“Io credo di si invece. Sono un gigante di fuoco e tu uno di ghiaccio, non puoi uccidermi” disse sorridendo come se l’avessi invitata a fare un giro del giardino con me.
“Non ho mai parlato di usare il ghiaccio. Conosco altri numerosi modi per spegnere una vita” ci separammo di qualche passo e facemmo un inchino, per poi scivolare in avanti e far sfiorare le nostre spalle.
“Io invece conosco diverse cose che le farebbero comodo e che con la mia morte verrebbero perdute”
“Staremo a vedere” dissi con un sorriso gentile prima di cambiare dama.


Oh yess, sono tornata v.v
Ed ecco Loki che si destreggia a corte v.v
Mica male, eh?
Capisco bene che per il momento la storia non ha avuto questo granché di particolare, ma di solito me la prendo sempre con calma
Ringrazio Efy per la recensione allo scorso capitolo ;)
Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate, mi sarebbe davvero di grande aiuto :D
Al prossimo capitolo
The Cactus Incident

PS: gli elfi chiari li sto inventando di sana pianta, non voletemente se sembrano copie di Legolas

  
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