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Autore: Melanto    04/04/2007    3 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Huzi

  - Capitolo 2 -

Sanae si sciolse dall’abbraccio, osservandolo con occhio critico. “Ma guarda come sei abbronzato! È incredibile: noi qui, preoccupati per te, e tu spaparanzato a prendere il sole!” scherzò, prendendolo sotto braccio. “E questo cappello? Non avrai rinunciato alla cattedra all’Università per correre dietro a vacche e buoi spero!”.
Lui rise, lasciandosi guidare dalla manager. “Non è il massimo del fashion, ma ha impedito che mi abbrustolissi il cervello in Guatemala.”.
Lei parve sorpresa “Guatemala? Ma non dovevi essere in Indonesia?”.
“Solo per sei mesi, gli altri due anni e mezzo li abbiamo passati nel Centro America. Il Pacaya[1] ha fatto dei bei fuochi d’artificio.”.
“Ora mi racconti tutto, ma prima vieni a salutare Yukari… e la sua prole!”.
“Prole?!” fece eco inarcando un sopracciglio. L’ultima volta che l’aveva vista, la signora Ishizaki, era in attesa del primo figlio, anzi ‘figlia’ visto che era una femmina.
Avanzarono a passo deciso fino a che Yuzo non riconobbe Yukari affiancata dalla più grande carrozzina che avesse mai visto, e si ritrovò a strabuzzare gli occhi.
“Salute!” esclamò, mentre Sanae se la rideva di fianco a lui, fino a che non furono abbastanza vicini, poi la ex-manager esordì.
“Ehi Yukari!”.
La giovane, sentendosi chiamare, si volse ad incrociare lo sguardo dell’amica, per poi soffermarsi sul suo accompagnatore. I suoi occhi si allargarono per la sorpresa appena lo riconobbe “Prof!” esclamò, prendendo in braccio la figlia per alzarsi e salutarlo. “Oh mio Dio! E dire che noi stavamo davvero per fare la denuncia della tua scomparsa, vero Sanae?”.
La signora Ozora annuì con decisione.
“Come siete esagerate, stavo solo lavorando…” tentò di difendersi.
“Ed è quello che ci preoccupa di più: lavori troppo!” lo redarguì Yukari, tornandosi a sedere.
“Oh beh, anche tu ti sei data parecchio da fare, a quanto vedo!” ed indicò i pargoli con un cenno del capo, lei arrossì.
“Scemo!”.
“Non sono bellissimi?” domandò Sanae e lui sbirciò i tre gemellini dai pugnetti stretti e le espressioni teneramente sopite.
Sorrise. “Questo lo hanno preso da Ryo.” disse sedendosi accanto alla manager, che lo separava da Yukari “Anche lui dormiva, sempre e comunque, indipendentemente dal rumore che lo circondava!”.
“E’ vero!” rise la moglie del difensore.
“E questa graziosa signorina?” domandò, sollevando leggermente il cappello in cavalleresco saluto.
“Lei è Mika, la primogenita. Saluta, tesoro.”. La bambina gli rivolse un timido sorriso, arrossendo, per poi nascondersi tra le braccia della madre, che la strinse “Si vergogna.” bisbigliò quest’ultima.
“Complimenti Yukari, hai una bellissima famiglia.” lo disse senza malinconia nella voce e Sanae non seppe se sentirsi sollevata o meno per questo, ma, prima che potesse dire qualcosa, venne interrotta da una vocina squillante a lei ben nota.
“Mamma! Mamma!” il piccolo Hayate corse verso la donna, poggiandosi contro le sue ginocchia “Hai visto? Papà ha fatto una cosa bellissima!” e, mentre lo diceva, aveva gli occhi che brillavano nello stesso identico modo di Tsubasa. “Ha preso la palla, poi ha saltato tre giocatori!” e mimava l’intera sequenza. “Poi ha fatto un passaggio in rovesciata e…” solo allora si accorse dell’altra presenza accanto alla madre.
Dal canto suo, Yuzo lo osservava in attesa che continuasse la sua personale telecronaca. Hayate si mise le mani dietro la schiena, recuperando un improvviso contegno.
“Ciao.” disse rigirando la punta del piede per terra.
“Ciao a te. Vediamo se indovino, tu sei Hayate?”.
Il piccolo annuì “E tu sei un cow-boy?” domandò osservando il suo cappello.
Lui scosse il capo, sorridendo.
“Ma conosci la mia mamma?”.
“Sì, ed anche il tuo papà!” poi si tolse il vecchio copricapo e glielo mise in testa. L’oggetto era enorme e gli cadde sul viso. Hayate se lo tirò su sorridendo.
“Tu sì che sembri un cow-boy!” esclamò l’ex-portiere della Nankatsu, facendogli il segno della pistola con due dita.
“Ora corri a fare il tifo per papà, tesoro! Altrimenti non vincerà se non lo inciti!” gli disse Sanae ed il bambino annuì con convinzione, correndo di nuovo alla ringhiera, e tenendosi ben stretto il cappello sulla testa.
“Accidenti se è cresciuto anche lui.” esclamò Yuzo, con un sorriso. Quando era partito, Hayate aveva circa quattro anni e già rotolava dietro ad una palla, ora era divenuto un ometto identico a suo padre. “Ha lo stesso entusiasmo di Tsubasa. Scommetto che è già un piccolo campione!”.
“Puoi dirlo forte!” rise Sanae, scuotendo il capo “Ha il pallone incollato ai piedi! Eh, tali padri...!” poi si decise a rivolgergli uno sguardo indagatore “Bene, bene!” cominciò, pungolandogli un fianco con l’indice “Ora però non cercare di cambiare discorso: voglio il resoconto di questi anni di silenzio! A proposito, quando sei rientrato?”.
Yuzo si passò una mano tra i corti capelli scuri. “Ho messo piede in casa ieri sera e, come benvenuto, ho trovato una montagna di posta davanti la porta!” disse con un sorriso “Così l’ho passata tutta al setaccio, ed è spuntata la tua lettera… tra la partecipazione al matrimonio di Mamoru, di due anni fa, e quelle dei tre matrimoni di Genzo…” scosse il capo, incrociando le braccia al petto e rilassandosi contro lo schienale del posto su cui era seduto. Con lo sguardo osservava il portiere giapponese fermo tra i pali “Santoddio, ma la smetterà di comportarsi come un bambino? Tre matrimoni in meno di un anno…”.
“Sta preparandosi al quarto.” affermò Sanae annuendo “Lo sai che non è fatto per il matrimonio, deve solo rendersene conto.”.
“E meno male che ho saltato gli altri tre!” rise lui “E Mamoru, invece, come va?”.
“Kumi è incinta.”.
“Ah, però. Almeno lui la testa a posto l’ha messa. E si è pure tagliato i capelli!” poi sospirò teatralmente “Eh… questo è amore!”.
Sanae gli diede una gomitata, mentre lui sghignazzava senza ritegno “Quanto sei cinico!” lo rimproverò con un sorriso.
“Scusa, scusa, hai ragione.”. Poi mosse lo sguardo oltre Yukari, aggiungendo “E dov’è la futura mamma?”.
“E’ con Yayoi, stanno organizzando la festa di stasera…”.
Mentre lei parlava, Yuzo estrasse un’altra sigaretta dal pacchetto, portandola alla bocca. “A proposito di Yayoi, non ho visto Jun né in campo né in panchina.” e si mise a cercare lo zippo nelle tante tasche “Come mai? Si è ritirato dalla Nazionale?... ma dove diavolo…!”.
Sanae rimase a fissare i suoi movimenti per qualche secondo, sfilandogli poi la sigaretta dalle labbra. Lui la osservò con espressione interrogativa, senza smettere di tastare la giacca. Era divenuta improvvisamente seria.
“Ho provato a mandarti un’e-mail, ma già da un paio di anni mi ritornavano indietro perché il tuo account era troppo pieno.” gli disse, rigirando il rotolino di tabacco tra le dita. “Da quanto tempo non lo controlli?”.
Lui aggrottò le sopracciglia, alzandosi in piedi per frugare nelle tasche dei pantaloni. “Più o meno da quando sono partito. A dire il vero non ricordo più nemmeno il mio indirizzo! Ah, eccolo!” esclamò infine, estraendo lo zippo da uno dei tasconi.
“Jun è morto.”.
L’accendino gli scivolò dalle mani senza che lui nemmeno tentasse di riprenderlo e toccò terra con un secco rumore metallico. Rimase come paralizzato, mentre teneva lo sguardo fisso in quello di Sanae. La bocca semiaperta e l’incapacità di formulare alcuna domanda, tanto era lo sconcerto. Poi sbatté un paio di volte le palpebre, come a tentare di riprendersi.
“Puoi… puoi ripetere?” ebbe solo la forza di chiedere.
Sanae raccolse lo zippo, che era rimasto a marcire ai suoi piedi, e glielo porse insieme alla sigaretta. “E’ successo l’anno scorso.” cominciò la donna, mentre lui si sedeva lentamente “Il suo cuore, alla fine, ha ceduto.”.
Yuzo osservò la sigaretta per qualche secondo, facendo un paio di profondi respiri, poi se la portò alle labbra accendendola quasi con un gesto di rabbia. “Ma non lo avevano rimesso a nuovo?” domandò osservando, senza realmente vederlo, il campo da calcio.
“E’ stata una cosa improvvisa. Tutti sapevano che per lui il rischio di infarto era più alto che per altri, ma nessuno si aspettava che potesse colpirlo così presto.”.
Esalando una densa nube di fumo grigio, Yuzo cercò di fare mente locale: Jun Misugi era morto a 29 anni.
“Yayoi come sta?” ma era una domanda della quale conosceva già la risposta.
“E’ stata dura…”.
E lui poteva immaginare quanto.
“…ma ora sembra aver trovato nuova forza, per andare avanti, nei suoi figli e nell’associazione benefica che ha fondato in ricordo di Jun.”.
Yuzo si massaggiò gli occhi, che ancora non si erano abituati al cambio di fuso orario, e li sentiva pesanti per la stanchezza. “Cristo…” mormorò tra i denti in una specie di sospiro.
“Va tutto bene, Prof?”.
“Sì, sì certo.”.
Sanae gli prese una mano, attirandosi il suo sguardo “E tu come stai?”.
Ma non era una di quelle generiche domande di circostanza a cui rispondere ‘io bene e tu?’.
Lui fece un profondo sospiro, mentre cercava la risposta giusta ad un quesito al quale si era sempre sottratto ogni maledetto istante in cui non pensava al suo lavoro. “Mi avevano detto che il tempo sarebbe stata l’unica cura.” cominciò “Ma sono passati quattro anni ormai, e a me sembra ieri che le ho detto addio.”.
“Forse hai solo bisogno di ancora un po’ di tempo, non credi?”.
“Sì… ancora un po’…” fece eco, mentre un sorriso triste gli incurvava le labbra.
“Perché non ti trasferisci? Vendi l’appartamento e cambia città. È così piena di ricordi quella casa, non ti fa bene.”.
Lui fece spallucce “Figurati, tanto sono sempre fuori. E forse non sono ancora pronto per lasciarmeli alle spalle.”.
“Non sei ancora andato a trovarla?” domandò, addolcendo il tono “Zio Hiroshi se n’è preso cura durante la tua assenza e non le ha mai fatto mancare le bocche di leone che le piacevano tanto.”.
Yuzo annuì “Lo dovrò ringraziare, ad ogni modo volevo passare nel pomeriggio.” diede una lunga aspirata dalla sigaretta, alzandosi lentamente, mentre Sanae lo guardava perplessa.
“Ma come? Vai già via?” domandò dispiaciuta.
“Sì, essendo rientrato solo ieri sera, ho molte cose da fare: passare in dipartimento, disfare le valigie...” poi indicò la sua giacca “...cercare qualcosa di più appropriato da mettere! Se non mi cambio finisce che mi pianto a letto con la bronchite!”.
La manager sorrise, mettendo mano alla borsa che aveva adagiato accanto a lei. “Prima che tu vada...” disse estraendo una busta in carta di riso di un tenue color paglia “...questo è l’invito per la festa di beneficenza di stasera, Yayoi l’ha organizzata in memoria di Jun. Ovviamente tu verrai, altrimenti ti vengo a prendere fino a casa!”.
L’espressione del giovane fu piuttosto eloquente, mentre afferrava l’invito con due dita, nemmeno fosse stato un oggetto radioattivo. “Ma... devo proprio? Lo sai che gli eventi mondani non sono il mio forte...”.
“Vedi di non fare storie, Prof! Non vorrai darti alla macchia così di fretta spero! E poi hai tutti gli altri da salutare, non provare a scappare! Per non parlare del fatto che dovresti farla una visita a Yayoi, visto che non sei nemmeno andato al funerale di Jun!”.
Lui osservò lo sguardo severo che Sanae gli stava rivolgendo, emettendo un profondo sospiro: non aveva scampo. “Va bene, va bene...” acconsentì, dando una scorsa al biglietto che era all’interno della busta, per poi esclamare “Naaaa, e dove lo prendo un ‘abito scuro’? Non ho nulla di elegante!”.
“Poche storie! Per quel che mi riguarda vai benissimo anche in jeans, ma non cercare stupide scuse! Sono stata chiara?”.
“Sissignora.” e, dopo aver salutato anche Yukari, fece per allontanarsi quando Hayate lo richiamò.
“Signore! Il tuo cappello!”.
Yuzo glielo calcò meglio sulla testa. “Tienilo tu, campione, e non fare arrabbiare la mamma!” disse strizzandogli l’occhio, ed il bambino annuì energico, sorridendo. Il giovane gli volse le spalle e se ne andò, dando un’ultima occhiata al campo.
In quel momento, l’arbitro fischiò la fine dell’incontro.
 
Il VRC[2], Volcano Research Center, era una sezione distaccata dell’ERI[3], Earthquake Research Institute, dell’Università di Tokyo. La sede principale si trovava nella capitale, ma l’ingente quantitativo di vulcani sul territorio aveva richiesto la disseminazione di numerose stazioni di osservazione, ed anche la città di Nankatsu aveva la sua. Si presentava come uno squadrato palazzone a cinque piani, il cui tetto era stracolmo di parabole di tutte le grandezze.
Era situato in una delle zone più periferiche della città, alle cui spalle si ergeva, bellissimo, il Monte Fuji con la sua caratteristica vetta innevata.
Yuzo ne varcò l’anticamera, estraendo la sua tessera magnetica. La fece passare nella macchinetta situata accanto alla porta scorrevole, che si aprì lentamente con un ronzio dopo che ebbe riconosciuto i suoi dati presenti sul tesserino. La guardia Shiguro gli rivolse un sorriso appena lo vide.
“Bentornato, Professore Morisaki.” disse, togliendosi il cappello “Siete stato via parecchio questa volta.”.
“Salve, Shiguro.” salutò di rimando, imboccando le scale di fianco al più pratico ascensore. “Più a lungo del solito, sì.” rispose con un sorriso, eclissandosi lungo la tromba.
La sua destinazione era il terzo piano.
Salì gli scalini con il solito passo spedito, simile ad una corsetta. Da che lavorava all'FVO, Fuji Volcano Observatory, non aveva mai preso l’ascensore, per due motivi precisi: 1) era giovane e le scale le poteva fare anche ad occhi chiusi, 2) in caso di terremoto era meglio non essere nel mezzo metallico. Eppure, quando giunse al terzo piano, si disse che non era poi tanto giovane visto che aveva un leggero affanno. O era colpa del fumo degli ultimi quattro anni? Naaa era solo perché stava invecchiando, ovvio! L’anno prima, mentre osservava il Pacaya insieme alla sua squadra, Ricardo gli aveva fatto notare la comparsa del suo primo capello bianco. L’avevano ribattezzato ‘Paco’ in onore del vulcano guatemalteco.
Sorrise tra sé.
- Quante scuse pur di non ammettere che dovrei smettere di fumare! -.
E varcò la porta a vetri dalla quale si poteva vedere l’interno: numerose scrivanie erano disposte in file ordinate, ma sormontate da scartoffie e computer. Tecnici e ricercatori mantenevano sotto costante controllo non solo il gigante dormiente alle loro spalle, ma erano in contatto diretto sia con le sedi centrali – dell’ERI e del VRC – che con tutte le altre succursali sparse sul territorio, creando come un filo continuo di informazioni che attraversava l’intero Giappone: dall’Hokkaido al Kyushu.
“Ed ecco Michael Jordan, signori e signore, che tenta il tiro da tre punti!” disse Ricardo, lanciando una pallina di carta dall’altra parte della stanza, mentre Toshi gli reggeva il cestino della spazzatura adibito a canestro.
Yuzo osservò la pallina disegnare un arco sopra la sua testa e centrare il bersaglio, mentre l’esecutore del tiro balzava in piedi esultando “E segna!”.
Lui scosse il capo “Buonasera.” disse a voce alta.
“Prof!” esclamò Rick “Ma non ti avevo detto che dovevi goderti la tua rimpatriata?!”.
“Ed io non ti avevo detto che sarei passato ugualmente?”.
“Sei un dannato stacanovista!” borbottò, incrociando le braccia al petto.
“E tu uno sfaticato. Mettiti al lavoro. Voglio sapere cosa è successo al Giappone negli ultimi tre anni.” l’altro sbuffò, cominciando a smanettare sulla tastiera, mentre lui se la rideva rivolgendosi a Toshi. “Il capo ‘is in’?” domandò, mentre l’altro posava il cestino.
“Sì, ma ha detto di dirti che non c’è e che devi andartene a casa a dormire e che non ti vuole vedere al lavoro fino a domani!” .
Yuzo sorrise, portandosi una sigaretta alla bocca senza accenderla, e fece per allontanarsi quando estrasse lo zippo dalla tasca “Ehi, Rick!” chiamò, attirandosi la sua attenzione per poi lanciarglielo. Il giovane agguantò l’oggetto al volo, con espressione interrogativa, dandogli una rapida occhiata. “Toh! Guarda cosa è tornato all’ovile! L’avevo perso ‘solo’ sei mesi fa!” disse ironico.
“Muoviti con quei dati!” lo rimbeccò, dandogli le spalle ed agitando una mano, mentre passava oltre le varie scrivanie, salutando gli altri presenti.
“Sì, sì…” borbottò Ricardo.
 
Hideki Yoshikawa era il direttore di quella succursale del VRC, e non aveva mai avuto un bel carattere. Era un ometto basso e tondeggiante, con lo sguardo perennemente stretto in fessure, che scrutava tutti da sopra le lenti che portava sul naso. Yuzo ricordava ancora la sua prima settimana al centro. Era fresco di laurea e pieno di entusiasmo: Hideki gli aveva letteralmente spezzato le gambe, facendogli credere di essere finito in un incubo. Ma l’avere a che fare con lui gli aveva rafforzato il carattere e, alla fine, quando era stato assunto a tempo indeterminato, era divenuto perfettamente in grado di tenergli testa.
Abbozzò un altro sorriso, spostando la sigaretta spenta da un lato all’altro della bocca, mentre ormai era davanti la porta del suo ufficio.
Diede solo un colpo deciso ed entrò, senza nemmeno attendere una eventuale risposta dall’interno. L’uomo era seduto alla scrivania, intento a compilare qualche relazione. Yuzo si accomodò nella poltrona all’altro lato del tavolo.
“Toshi è un idiota.” disse Hideki senza alzare lo sguardo dalle sue carte “Gli avevo detto di rimandarti a casa.”. Tra le labbra rimestava il suo solito cubano, rigorosamente spento.
“Amo il mio lavoro.” rispose il giovane con un sorriso “Non sei felice di rivedermi vivo?”.
L’uomo gli rivolse i suoi occhi ridotti alle solite fessure. “Sei sopravvissuto al Ruiz[4]. Non mi scandalizzo più di nulla.” ma si pentì subito di aver detto quella frase, facendo trapelare un lampo di rimorso che Yuzo colse al volo, accentuando il sorriso e spostando lo sguardo altrove, mentre Hideki posava la penna incrociando le mani sotto al mento, osservandolo attentamente.
“Da quanto hai cominciato a fumare?” gli disse notando la sigaretta.
“Da un po’.” rispose vago “Divento sempre più simile a te!”.
“Per essere come me dovresti fumare cubani.”.
Lui storse il naso con ironia “Fanno venire il cancro alle gengive.”.
“E quelle il cancro ai polmoni.”.
Yuzo si rilassò contro la poltrona, afferrando la sigaretta tra due dita “A ciascuno il suo veleno.” disse con un sorriso.
“Con che testa sei tornato?” gli domandò Hideki, facendosi serio “Ho parlato con Tatsumoto dell’Università di Tokyo. Mi ha detto che ti hanno spedito un’ennesima lettera…”
Il Prof roteò gli occhi, piuttosto seccato. “E’ già finita nel cestino della carta straccia…”.
“Dovresti accettare.”.
“No. La cattedra non è il mio posto.”.
“E cosa conti di fare?”.
Lui fece spallucce. “In un mese avrai la relazione su questi tre anni, dopodichè la mia intenzione è ripartire. Voglio studiare la Rift Valley[5].”.
Hideki scosse il capo, contrariato. “Questo non è ‘amore per il proprio lavoro’, ma ‘scappare’ e lo sappiamo tutti e due. Se ti è così difficile restare a Nankatsu, per più di un mese, perché non ti fai trasferire al centro di ricerche del Sakura-Jima[6]? Potrei metterci una buona parola…”.
“E liberarti di me così facilmente? Ma smettila! E poi, se fosse solo questa città il problema, avrei potuto accettare la cattedra a Tokyo, no?”.
L’uomo si tolse il sigaro dalla bocca, con un moto di stizza “Diosanto! Tentare di ragionare con te è come parlare ad un mulo sordo!” e Yuzo rise, alzandosi in piedi; se prima usciva sempre sconfitto dai loro scontri, ora ne era sempre il degno vincitore, ma Hideki non aveva ancora finito. “Adesso apri bene le orecchie, ragazzo!” continuò, agitando minacciosamente il cubano “Gli anni passano anche per me ed il traguardo della mia tanto auspicata pensione si fa sempre più vicino, ebbene, sappi che, quando sarà il momento, io farò il tuo nome a quelli del VRC per metterti a capo di questa baracca; a meno che tu non ti decida ad accettare la famosa cattedra. Sono stato abbastanza chiaro? Ti inchioderò il culo a questa sedia!” e si scambiarono una lunga occhiata. “Ora sparisci dalla mia vista!” concluse, ritornando a dedicare le sue attenzioni alle carte che aveva sulla scrivania, mentre Yuzo lasciava lo studio sorridendo e scuotendo il capo.
Lui non voleva ‘fermarsi’. Era fatto per stare sul campo, per vedere con i suoi occhi la lava che veniva vomitata fuori lentamente oppure scagliata nel cielo con rabbia violenta tra polveri, ceneri e gas. Doveva toccare la terra con le sue mani, sentire l’odore dello zolfo, percepire il calore rovente sotto gli abiti.
E tutto per lei, solo per lei. Con cui aveva condiviso quella passione comune dai banchi universitari fino a che, quattro anni prima, quella stessa passione, che lui continuava ad inseguire e studiare in tutte le sue forme, non gliel’aveva strappata dalle mani.
La Vulcanologia era tutto ciò che gli fosse rimasto.
Con le mani in tasca osservò il Fuji, da una delle finestre, che si stagliava maestoso e tinteggiato di rosso oro per il tramonto che si stava consumando. Attraversò nuovamente la sala comune, dirigendosi alle scale. Afferrò lo zippo dalla scrivania di Ricardo che tentò di protestare “Ma… ma…”.
“Ah, Rick, voglio quei dati per domani mattina, nel mio ufficio. Buona serata!” e se ne andò, agitando una mano.
“Schiavista!” gli urlò dietro l’altro “E ladro di accendini!”.
Yuzo rise, scendendo velocemente le scale, fino a raggiungere la portineria dove Shiguro restava di guardia.
“Shiguro!” chiamò appena gli fu abbastanza vicino “Vorrei le chiavi del mio Pick-up.”.
L’uomo annuì, con un sorriso, afferrando uno tra i tanti mazzi di chiavi presenti nella bacheca alle sue spalle.
“Grazie mille per essersene preso cura, in tutti questi anni.”.
“Si figuri, professore, Dante fila che è un piacere!” e Yuzo sorrise a sua volta, ringraziandolo di nuovo, prima di inforcare la rampa di scale che lo avrebbe portato al parcheggio sotterraneo.
Quel mezzo lo aveva scelto lei e, sempre lei, aveva deciso di dargli un nome…
 
… “Prenderemo un Pick-up!” esordì, balzando in piedi e battendo il pugno in una mano.
Lui la osservò, inarcando un sopracciglio, fermando la macchina fotografica a mezz’aria. In lontananza le colate dell’Etna illuminavano la montagna in quello scenario notturno.
“Perché un Pick-up?” domandò incuriosito.
“Come perché? È la macchina perfetta per degli avventurieri come noi!” e, mentre parlava, era piena di entusiasmo “E’ grande, aggressiva e resiste ai terreni impervi! Perfetta, perfetta!” e prese a saltellargli intorno come una trottola. Lui rise, tornando alle sue foto.
“Va bene, vada per il Pick-up.”.
“E gli darò un nome!”.
“Addirittura?!” e tornò ad osservarla interdetto. Lei annuì con decisione.
“Ovvio! Passeremo così tanto tempo con lei che sarà come una di famiglia!”.
Lui rise sonoramente “Oh Dio, questa poi. E sentiamo: come la vorresti chiamare?”.
Lei non ebbe dubbi nemmeno su quello “Dante!”.
“Dante?” fece eco perplesso “Come Dante di Devil May Cry[7]?” in risposta ricevette una leggera spinta.
“Scemo! Parlavo di Dante Alighieri, il poeta italiano.”.
“Ah! Come omaggio al fatto che stiamo fotografando l’Etna[8]?”.
“A parte che Dante era toscano, ignorantone, e noi siamo in Sicilia!” lui le fece una smorfia, mentre lei continuava.
“Scrisse un’opera in cui raccontava di un suo viaggio all’Inferno…”.
“Accidenti, una vera botta di vita!” scherzò lui, per poi aggiungere “E che c’entra con noi?”.
“Beh, noi non abbiamo a che fare con frammenti di Inferno?” sorrise, spostando il suo sguardo sulle fluide lingue infuocate che scendevano lungo i fianchi del vulcano. Lui si ritrovò ad annuire, mentre osservava quei fiumi sanguigni scivolare lentamente a valle, sotto lo stretto controllo della Protezione Civile.
“Allora è deciso.” disse rivolgendole un sorriso “Si chiamerà Dante.”.
E lei si illuminò, felice, saltandogli al collo e facendolo pericolosamente sbilanciare. “Piano piano o ruzzoliamo di sotto tutti e due e ci rompiamo l’osso del collo! Poi non riusciremo a fare nessuna foto e Hideki te lo senti tu!”.
Lei rise, stampandogli un sonoro bacio sulla guancia “Ti amo! Ti amo! Ti amo!”…
 
Yuzo fece scattare l’antifurto del Mitsubishi dal fiammante colore ‘rosso magma’. Sulla portiera compariva una piccola scritta aeorografata.
Dante.
“Ehi, ciao bambinone.” lo salutò il giovane, passandogli una mano sul cofano lucido. Shiguro gli aveva davvero riservato la massima cura, sembrava appena uscito dall’autosalone. “Ti hanno trattato con i guanti, vero? Dai, al prossimo viaggio ti porto con me.”. Non si sentì stupido a parlargli come fosse stato una persona reale e non solamente un Pick-up.
Lei lo faceva sempre.
Si mise al volante, infilando le chiavi nel comando di accensione. Poteva ancora sentire il suo profumo nell’abitacolo. Sorrise, mettendo in moto.
“Andiamo Dante, Aiko ci sta aspettando.”.
 


 
 
[1]PACAYA: è un complesso massiccio vulcanico situato a circa trenta chilometri dalla capitale del Guatemala. E’ un complesso poiché, allo stratovulcano principale e più antico, si sono affiancate altre bocche di successiva formazione (duomi lavici e un altro stratovulcano). Presenta numerosi picchi, tra i quali: il Cerro Chino, il Cerro Grande ed il MacKenney Cone il quale è la cima attiva del Pacaya. La sua attività vulcanica è di tipo effusivo- esplosivo (stromboliana). (Fonte: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI).
 
[2]VRC e[3]ERI: il Volcano Research Center e l’Earthquake Research Institute esistono per davvero ed hanno sede all’Università di Tokyo. L’ERI è il nucleo composto da varie divisioni, come il VRC ad esempio, ma non solo. Lo scopo di questo centro, nato il 13 Novembre 1924, è quello di comprendere al meglio fenomeni come i terremoti e le eruzioni, in modo da ridurne al minimo i danni. Il VRC ha invece il nobile scopo di ‘prevedere’ le eventuali eruzioni tramite lo studio del magma e dei processi vulcanici. Gli osservatori del VRC sono sparsi un po’ ovunque, ed il Fuji ne ha ben cinque… ed uno ho voluto piazzarlo proprio a Nankatsu, dandole il nome fittizio di FVO, Fuji Volcano Observatory! XD (ecco che mi prendo un po’ di libertà!XD). potete trovare altre informazioni (molto poche, a dir la verità, visto che la maggior parte delle pagine sono in giapponese!O_O) cliccando sui rispettivi nomi: ERI & VRC.
 
[4]RUIZ: Il Nevado del Ruiz è uno stratovulcano colombiano appartenente ad una catena vulcanica composta da quattro apparati principali denominati: Nevado del Tolima, Nevado Santa Isabel, Nevado del Ruiz e Cerro Bravo. Il Ruiz si presenta come un piccolo massiccio costituito dalla sovrapposizione di colate di lava, con una sommità piuttosto pianeggiante sormontata da un ghiacciaio di 17 chilometri quadrati. La sua attività passa da eruzioni fortemente esplosive (pliniane) ad emissioni fumaroliche. (Fonte: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI).
 
[5]RIFT VALLEY: la Great Rift Valley è una stretta e lunga fascia (dell’estensione di circa 9000km) che taglia l’Africa orientale dal Djibuti fino al Mozambico, creando una vasta area depressa e distensiva. Questa distensione provoca un assottigliamento della crosta e, quindi, la risalita del magma, poiché presenta una densità inferiore rispetto alle rocce circostanti, che riemerge in superficie attraverso la formazione di numerosi vulcani (circa 99 al momento). Nelle depressioni della Rift Valley si possono formare anche numerosi laghi, poiché le acque discendono lungo le pareti delle scarpate raccogliendosi in suddette zone (un esempio è il lago Tanganika). Tra i vulcani più famosi della Rift Valley è possibile citare il Kilimanjaro ed il Nyragongo.
 
[6]SAKURA-JIMA: sito nella regione del Kyushu, il Sakura-Jima è uno stratovulcano tra i più attivi e pericolosi del Giappone. Ubicato all’interno di una baia, a soli 8 chilometri da una delle città più popolose della nazione giapponese (Kagoshima), questo vulcano viene considerato come il gemello orientale del Vesuvio, anche se è decisamente molto più attivo di quest’ultimo. L’ultima eruzione risale al 4/giugno/2006. Ha un’attività di tipo esplosivo freato-magmatica (vulcaniana) con alte formazioni di nubi di fumo e ceneri. (Fonti: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI – e VRC).
 
[7]DEVIL MAY CRY: per i non appassionati di videogames, Devil May Cry è un gioco per playstation ideato dalla CAPCOM. Dante è il protagonista di questo prodotto videoludico.
 
[8]ETNA: il noto vulcano a scudo siciliano e considerato il più grande d’Europa. Nella parte sommitale vi sono quattro strutture crateriche attive, denominate: Bocca Nuova, Voragine, Cratere di Nord-est e Cratere di Sud-est. La struttura principale del vulcano è la Valle del Bove, una depressione a forma di anfiteatro di circa quattro chilometri di ampiezza. Alterna attività eruttive effusive-esplosive (stromboliana), con ingenti emissioni fumaroliche. (Fonte: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI).

 
 

 

…E poi Bla bla bla…

Che vi avevo detto? XD credo che ora le cose siano decisamente più chiare!
Io AMO la Vulcanologia, non a caso studio Scienze Geologiche con indirizzo Geofisico. Il mio sogno, quindi, è divenire vulcanologa, gironzolare per il mondo e vedere quelle meravigliose montagne, e non, che sputano e sbuffano i prodotti di Madre Terra.
AMO il mio Vesuvio e voi non avete idea della sensazione meravigliosa che si prova a guardare il Golfo di Napoli dall’alto del cratere.
Potete quindi capire la mia passione per il genere catastrofico in sé, e la cinematografia offre molto, da questo punto di vista, ma, tranne… mmm… un paio di prodotti (non ho ancora visto The Day After Tomorrow, purtroppo)… il resto fa veramente CAGARE!
Non ho mai visto sparare tante cazzate immonde come in questi film: dico, ma qualcuno ha mai visto ‘Volcano’? Quello con Tommy Lee Jones? Ecco, mi spiegate come cazzo fa il capo della Protezione Civile a NON sapere cosa diamine sia un vulcano?O_O che cavolo protegge? L’aria fritta? La gente dall’abbronzatura? Ma andiamo! Ammerecani, mah!
E perché ‘The Core’? patetico.
‘Armageddon’? Terrificante!
‘Deep Impact’? Osceno!!
Gli unici due film che sono riuscita a salvare sono: ‘Twister’ (che, nonostante la mega minchiata dei due tizi dentro l’F5, si fonda su basi reali come il progetto ‘TOTO’.) e ‘Dante’s Peak’ (anche lui con qualche pecca, ma credibile!).
Ed è proprio a quest’ultimo che si avvicina Huzi (infatti, il nome del Pick-up, ha un doppio riferimento: omaggio al Poeta, ma anche al su citato film.).
 
Il fine principale di questa fanfiction è quello di dare, alla trama ed i meccanismi, ciò che manca in moltissimi film catastrofici: la credibilità e la verosimiglianza.
Le cose di cui parlerò non sono campate in aria, ma si fondano su libri, cinque anni di studi universitari e ricerche personali. Quando ce ne sarà bisogno, citerò anche le fonti.
Ovvio: non pretendo di scrivere la verità rivelata, anche io tirerò la corda a mio piacere, ma di certo le minchiate colossali non ci saranno (si spera! XD).

 
Amen.
   
 
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